Creatività fa maleEssere creativi è bello, non c’è dubbio: in fondo è il divertimento principale alla base dell’homebrewing. Abbiamo a disposizione una infinità di ingredienti, di strumentazione, di stili birrari e di processi. Però, come in tutti i campi, la creatività da sola non basta. Ci si può divertire a sperimentare, e alle volte buttando ingredienti a casaccio in un pentolone viene fuori pure il capolavoro. Per passare di livello, però, serve ben altro.

Un bravo homebrewer si riconosce per la costanza qualitativa delle sue birre, non per un primo posto spot a un concorso. E’ a quello che puntiamo noi (alla costanza); oggi vi raccontiamo come la stiamo affrontando.

Il processo ideale per migliorare una ricetta è ripeterla tante volte, cercando di modificare ogni volta un singolo parametro fino a raggiungere il risultato che avevamo in testa. In teoria, si dovrebbe fare così. Nella pratica, la maggior parte di noi homebrewer non lo fa: passare il poco tempo libero che abbiamo a fare sempre la stessa birra sarebbe stressante per chiunque. Ciò non toglie però che per migliorare bisogna ripetere. Correggere. Ripetere ancora. Procedendo a vista difficilmente si migliora.

Come fare allora?

Prendete nota, di tutto: degli ingredienti, delle percentuali, delle tecniche che avete utilizzato per quella particolare cotta (BIAB, dry hopping, whirpool, sifone, etc…), dell’acqua, del lievito, delle temperature di mash e fermentazione. Costruitevi una base dati (in excel, in un quaderno, su una pergamena, dove diavolo volete basta che esista e sia vostra).

Ricette

La prossima volta, quando avrete dei dubbi su quanto malto speciale utilizzare in una ricetta, andate a guardare nella vostra base dati e cercate una ricetta che utilizza quel malto o un malto simile. Partite da quello. Non importa che lo stile sia lo stesso: cercate di ricordare il sapore che avete sentito con i vostri sensi e il contributo di quel particolare malto al sapore/aroma complessivo della birra in questione. Sicuramente un 5% di crystal non dà lo stesso contributo a una porter o a una pale ale, ma sicuramente è un punto di partenza. E poi, con il tempo, avrete abbastanza ricette in cantiere per trovare il giusto parametro di confronto.

Anche per l’amaro, non vi affidate a quello che viene indicato genericamente nelle ricette online o ai numeri che vi passano gli amici. Pensate a una birra che avete già fatto e che aveva il livello di amaro che state cercando. Partite da quello che ha funzionato sul vostro sistema. Partite da quello che avete sentito con i vostri sensi.

Quando devo imbottigliare una nuova birra non penso ai volumi di carbonazione assoluti, ma a una birra che ho già fatto e che aveva sul mio palato una sensazione di carbonazione simile a quella che ho in mente ora.  Parto da quel valore, non da un valore astratto. Non riuscirò mai a misurare i volumi di pressione nelle mie bottiglie, mentre ho ben chiaro quali birre mi sono venute troppo carbonate e quali no. Perché me lo sono segnato da qualche parte. E so quale concentrazione di zucchero ha funzionato sul mio sistema (con la mia bilancia, i miei termometri, i miei fermentatori).

Eppoi: non usate in ogni ricetta il 100% di ingredienti che non avete mai provato. Andate per gradi. Consolidate alcuni blocchi e sperimentate solo con una parte della ricetta. Non utilizzate 5 luppoli in una IPA, non capirete mai il vero contributo di ciascuno, anche se la birra sarà venuta buona. Molti birrifici lo fanno per gestire eventuali indisponibilità dell’uno o dell’altro luppolo nel corso degli anni. Oppure perché hanno mastri birrai esperti. Ma non è (ancora) il vostro caso (e nemmeno lontanamente il mio).

Se progredite per blocchi fisserete meglio le vostre conoscenze. Certo, l’ideale sarebbe fare una serie di birre identiche utilzzando un luppolo diverso ogni volta. Splittare lo stesso batch su due fermentatori e provare lieviti diversi. O luppoli diversi.

Però, diciamoci la verità, chi ha tempo per farlo? Io, personalmente, no.

E invece, di migliorare, ho una gran voglia.

7 COMMENTS

  1. Ciao Frank,
    condivido in toto l’approccio che avete per l’homebrewing.

    Sto cercando di fare come dici nell’articolo. Faccio batch di 5L e cambio un parametro alla volta. Ho iniziato da poco, uso ricette SMaSH e finora ho provato a cambiare solo il luppolo. Questo mi serve per imparare quale sia il contributo di ogni singolo parametro sulla birra finale.

    Se invece quello che vogliamo è ottimizzare il processo, mi era venuta in mente questa idea: copiare la ricetta di una birra commerciale, ed usare questa come “birra ideale”. I vantaggi sarebbero che uno può compararsi, e uno sa dove deve andare a finire. Requisiti per questa birra dovrebbero essere: ricetta semplice, relativamente economica, reperibile, non lager (solo per i principianti). Esiste? Che ne pensi?

    Complimenti per il blog.

    • Ciao Doppler,

      innanzitutto grazie per i complimenti! Le birre SmaSh (Single Malt Single Hop) sono indubbiamente il modo migliore per imparare a conoscere gli ingredienti. Tra l’altro, spesso vengono anche fuori ottime birre. Quindi: avanti così!

      Per quanto riguarda la riproduzione di ricette commerciali, anche se teoricamente l’idea è buona, il problema è che che ogni ricetta dipende dall’impianto su cui viene prodotta. In particolare, adattare le ricette di birre commerciali ai nostri piccoli impianti non è così facile. Se conti poi che i birrifici utilizzano lieviti non sempre ben identificati, arrivare a fare un clone perfetto partendo da una ricetta è molto difficile e richiede tempo e prove.

      Alla fine credo sia sempre meglio confrontarsi con le proprie ricette già sperimentate, perché è l’unico modo per “sapere dove andare a finire” con una ragionevole certezza.

      A presto!
      FranK.

      • Compararmi con una commerciale serviva anche a eliminare i difetti della mia birra, puntando sempre su migliorare il processo.

        Comunque si, non è semplice. Buttavo il commento li, magari a qualcuno viene una idea migliore.

  2. Ciao Frank!
    Ottimo articolo, penso che davvero la semplicità e la perseveranza faccia la differenza anche nel mondo dell’homebrewing. Ti volevo chiedere: secondo te, può tornare utile al fine “didattico” una session di degustazione delle varie single hop prodotte ultimamente dei birrifici più in voga? (Mikkeler e Brewdog tra tutti)
    Simone

      • Bene, allora le prossime io e Michela le berremo alla tua salute 😀
        Tornado al tema del post, secondo me hai messo in luce un problema serio: troppo spesso si è tentanti di abbandonare le vecchie ricette e provare qualcosa di completamente diverso…semplicemente per noia! Però la cosa più importante è invece riuscire a stabilizzare una ricetta, eliminando poco alla volta i difetti o gli ingredienti superflui (w il minimalismo anche qui!). Questo vale a maggior ragione per gli hombrewers che ambiscono a fare il grande salto: quello di trasformare una grande passione in una professione. A presto e complimenti ancora per i vostri ottimi articoli che non mancherò di condividere!
        Simone

        • Grande Simone!

          Come ho cercato di dire nell’articolo, sicuramente fare la stessa birra più e più volte cambiando un solo parametro alla volta è il metodo migliore in assoluto. Solo che, devo essere sincero, è talmente tanta la voglia di sperimentare che difficilmente riesco a farlo. Se ci metti anche qualche particapzione ai concorsi qui e là (con stili spesso particolari), il tempo per ripetere è davvero poco. Per questo, come scrivevo, cerco sempre di prendere un blocco di ingredienti base che conosco bene anche per fare stili diversi. In molti casi stili diversi hanno ingredienti simili. Pensa per esempio a porter, mild e belgian dark strong ale: abbastanza diverse tra loro (specialmente la terza) hanno comunque molto in comune sulla base maltata. Sperimentando tra stili “vicini” si impara comunque tanto anche producendo birre diverse.

          FranK

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