Oggi sono qui a proporvi una riflessione a titolo personale (per questo scriverò in prima persona) sul tema delle competenze, dello studio e più in generale dell’approccio all’homebrewing. Proprio su questi aspetti mi sono ultimamente scontrato online con alcune persone (verbalmente, per carità) trovandomi di fronte un coro compatto  in difesa dell’homebrewing “di buon senso”: un hobby dove essenzialmente ci si diverte, si sperimenta molto e si scelgono ingredienti e soluzioni senza eccessiva cognizione di causa. Si beve senza analizzare i risultati delle proprie creazioni secondo stili codificati (BJCP per esempio).  Insomma: ci si diverte e basta.  Si tratta del famoso approccio “la mia birra è bbbona” (lo dice mia madre e lo dicono i miei amici tu che cavolo vuoi). Un approccio che spesso critichiamo nei nostri post (bonariamente, si intende) e che è molto lontano dal mio modo di intendere questo hobby (perché sempre di hobby si tratta, giusto?).

Con questo non voglio dire che il mio approccio sia giusto e quello degli altri sbagliato (al limite posso pensarlo, ma non scriverlo). Sono sempre stato dell’idea che ciascuno può fare (anzi dovrebbe fare) quello che vuole in casa propria. Se vuoi produrre una birra con approccio leggero, berla la sera a cena e fregartene di eventuali imperfezioni di stile, va benissimo. Non ho nulla in contrario. Però in questi giorni mi è tornato alla mente un passaggio di un post che Andrea Turco di Cronache di Birra scrisse qualche tempo fa. Un post che fece incazzare parecchi homebrewer (me compreso) e che scatenò un discreto flame circa un annetto fa. Ne riporto un passaggio a mio avviso significativo:

Essere un homebrewer – cioè un appassionato di produzione brassicola casalinga – non significa essere anche un appassionato di birra artigianale, e viceversa. Vi dirò di più: da quando frequento questo mondo ho sempre notato che il gruppo degli homebrewer e quello dei beer lover quasi mai coincidono. Nonostante si parli di birra “artigianale” in entrambi i casi, non è automatico che chi produce tra le mura della propria abitazione abbia anche interesse a conoscere i birrifici italiani, la storia della bevanda e le caratteristiche degli stili classici e moderni

Il post fu scritto in occasione della terza tappa del concorso Brassare Romano dello scorso anno in cui Andrea, come spesso accade, era uno dei giudici. All’epoca rimasi contrariato anche io. Mi sentii offeso per la forte generalizzazione, sebbene non avessi presentato una mia birra in quella specifica tappa. Presi le difese degli homebrewer perché quelli che avevo conosciuto fino ad allora studiavano molto e si documentavano tantissimo. Per carità, era un gioco e dovevamo starci, ma secondo me Andrea si era spinto un po’ oltre.

Quindi pensai: Turco, stavolta hai toppato.

Solo in questi ultimi tempi, da quando mi sono spostato dai soliti luoghi di conversazione virtuale, ho realizzato che forse Andrea aveva intuito qualcosa. La mia visione era polarizzata perché da subito, forse per istinto o magari solo per fortuna, mi ero affidato alle persone che avevano un approccio all’homebrewing simile al mio. Persone che studiavano, approfondivano e si autocriticavano: veri appassionati di birra, insomma. Ma la verità, e non lo dico con sufficienza – credetemi, è che molte delle persone che si avvicinano a questo hobby lo fanno a cuor leggero. Non studiano. Non approfondiscono. Non assaggiano. Semplicemente fanno birra come io, che non capisco nulla di calcio, vado a giocare a calcetto il lunedì.

Cosa c’è di male in questo? Nulla. Veramente.

Inizialmente mi incazzavo con queste persone, e non poco. La banalizzazione del mio hobby preferito mi faceva uscire di testa. La teoria “la birra si impara sul campo” mi faceva inorridire. Il loro modo di contestare qualsiasi mia affermazione (spesso citazioni molto ben documentate prese da libri molto famosi e riconosciuti) mi faceva imbestialire. Poi ho riflettuto e sono arrivato a questa conclusione: ognuno ha il diritto di divertirsi come meglio crede, in ogni campo. Alla fine, chi è in linea con il mio modo di vivere questo hobby (non necessariamente il modo giusto, lo ripeto) seguirà pian piano chi è come lui. Insomma, ognuno si circonderà delle persone che lo faranno sentire a proprio agio. Va bene così.

Però, su quanto detto da Andrea, mi trovo ora abbastanza d’accordo. Diciamo che molti degli homebrewer (ovviamente non tutti) non sono dei veri beer lover, ma piuttosto dei bevitori sociali. Nessuno è meglio di nessun altro, sono solamente approcci diversi.

E con questo messaggio di pace e speranza potrei anche chiudere il post. Ma non lo farò. C’è invece un aspetto della questione che proprio non mi va giù. Mi riferisco a quei casi in cui questo approccio viene monetizzato in contesti più o meno “ufficiali” di promozione della cultura birraria. Quando si cavalca la moda del momento cercando di capitalizzare competenze evidentemente inesistenti. Insegnanti non si nasce e non ci si improvvisa. Ci vuole studio, esperienza e dedizione. Metto volutamente l’accento sulle prime due: perché dedizione e buona volontà sono importanti, ma competenza ed esperienza sono assolutamente imprescindibili quando si vuole essere professionali. Finché parliamo di hobby e birre con gli amici, sono con voi: divertiamoci. Ma quando si sale di livello, bisogna avere sotto dei gradini solidi.

L’ho detto.

14 COMMENTS

  1. Anche io sono dell’idea live and let die (o il meno cinico live and let live).
    Alla lunga la maggior parte di quelli che iniziano a cuor leggero e non mollano finiscono per approfondire le conoscenze.
    Odio chi vuole trar profitto dall’ignoranza altrui comercializzando prodotti di scarsa qualità. Ma l’unico modo di combatterli é con educazione, cosa che fà il tuo blog.

  2. Beh questo post mi fa estremamente piacere 🙂 All’epoca partii dalla tappa di Brassare Romano perché mi aveva solleticato un pensiero che non era necessariamente legato a Brassare Romano, ma capisco che qualcuno può aver frainteso. Era un ragionamento sviluppato in anni e anni di esperienza e che trovo valido tutt’oggi.
    Sul discorso sono perfettamente d’accordo con te. In un commento a quell’articolo aggiunsi anche:

    “Che poi io un approccio del genere lo invidio anche: farsi la birra in casa e basta, senza ulteriori pippe mentali. È qualcosa che nel profondo mi affascina. Giusto per precisare che non sto dando un giudizio sul modo di intendere la birra.”

    Ma chiaramente se si travalica il confine del semplice hobby, il discorso cambia radicalmente.

  3. Fra sono d’accordo fino ad un certo punto su quanto detto in alcuni punti.
    Va benissimo prendere la propria passione, il proprio hobby, come più ti piace ma quando inizi a dare consigli ai neofiti, a chi ha dubbi, o magari a chi approccia a problematiche complesse per la prima volta, il tuo (dell’homebrewer della domenica) essere banale, approssimativo e superficiale non va più bene. Non puoi dare consigli se fai le cose AD MINCHIAM, non puoi pretendere che quelli che ne sanno più di te stiano zitti se ti esponi in un forum pubblico. Se le tue teoria casuali sono supportate da qualche dato ben venga, se ne può discutere, in caso contrario la tua parola ha valore quasi nullo. Non puoi pretendere che la gente che inizia con l’hobby segua il tuo fancazzismo in tutto e per tutto, non puoi insegnargli che lo studio di certe cose non serve e che libri ed articoli di personaggi affermati a livello mondiale debbano essere sempre messi in discussione per principio. Anzi secondo me non leggi
    Va benissimo il vivi e lascia vivere, ma se vai in giro a fracassare i cabbasisi a tutti allora è anche giusto che le persone che ne sanno più di te ti smentiscano ogni volta che apri bocca o che dici boiate.
    Se poi vuoi metterti a fare corsi devi essere impeccabile, non mi interessa se ci fai i soldi o meno, devi esserlo e basta.
    Concludo dicendo che in questi casi non vedo nè beer lovers nè tanto meno homebrewers, quindi Turco non aveva ragione 🙂

    • Claudio,

      anche io la pensavo come te fino a qualche giorno fa (ricordi come ho reagito a certi consigli “sprovveduti” trovati su vari forum, no?). Poi ci ho riflettuto su e ho pensato: ma come mai io sono riuscito a capire quasi da subito chi seguire e chi no? Eppure nemmeno io ci capivo nulla fino a un paio d’anni fa. Sono più sveglio degli altri? Non credo (oddio, di qualcuno sì).

      Come ho scritto nel post, credo veramente che nel medio termine ognuno individua i modelli da seguire che più si avvicinano al proprio modo di essere. Chi ha sete di conoscenza e si pone degli obiettivi (ad esempio partecipare ai concorsi birrari) alla fine si renderà conto che lagerizzando una pilsner per 3 giorni verrà una birra bbbona secondo lui ma non secondo i giudici. Alla fine nei forum si possono sparare tutte le cazzate del mondo, è legittimo.

      Tutt’altro discorso invece per chi pretende di insegnare in corsi più o meno ufficiali non avendo un minimo di competenze. In questo caso il vivi e lascia vivere non vale più per quanto mi riguarda.

      FRanK

      • Infatti.
        Il bello dei forum è proprio quello, ad esempio:
        Io so una cosa sbagliata, e la dico a qualcuno.
        Arrivi tu e mi dici che quella cosa è sbagliata, così io capisco che ero in errore.
        Un problema, secondo me, è quando non si è sicuri di una cosa ma la si dice lo stesso priva di un “Secondo me” o un “Non sono sicuro, però” nonostante sei cosciente che potresti star per dire una cagata galattica 😀

        • Leonardo,

          sul principio hai ragione, solo che purtroppo a volte succede che un utente di un forum dica una cosa sbagliata, tu glielo fai notare citando delle fonti più o meno autorevoli e lui ti risponde “siete troppo accademici, leggete troppo a me ha funzionato così la mia birra è bbbona”.

          Poi rimane della sua opinione e continua a proporla agli altri.

          E’ questo che mi ha fatto perdere le staffe a volte, ma ho deciso di farci pace. Alla fine ognuno è libero di seguire i consigli di chi vuole, prima o poi ne valuterà da solo gli effetti.

          Un saluto,
          FranK

          • Chi vede sempre nei consigli un problema e una perdita di tempo non può valutare gli effetti di nulla. Basta che sia felice

  4. Assolutamente d’accordo ma con alcune precisazioni.

    Anch’io ricordo quando ci fu quel discorso con Turco a cui presi parte ma nel mio caso non criticavo il giudizio sull’aderenza allo stile che in una competizione per hb ci DEVE essere e deve anche essere sprezzante. Piuttosto era una critica sull’eccessiva leggerezza con cui alcuni giudici si approcciavano alle birre spesso non motivando adeguatamente i propri giudizi o mostrando carenze sulla conoscenza di alcuni stili. (fu celebre l’esclamazione di un certo giudice che di fronte a una birra presentata come american stout disse: ma che cos’è un american stout?)

    Per il discorso sul modo in cui ci si approccia a questo hobby mi sento di appoggiare in pieno quanto scritto da Francesco. Nella mia esperienza devo dire che ho sempre incontrato hb con una vera passione, sempre in cerca dell’errore nella propria birra per capire di più su come migliorarsi e fare meglio, documentandosi continuamente su libri, forum, blog e quant’altro ma sono sicuro che non tutti abbiano la stessa propensione. Tuttavia non va confuso il non focalizzarsi su una certa variabile come un non riconoscerne l’importanza perché in molti casi (me compreso) l’acquisizione di conoscenza procede per gradi. Io, ad esempio, ho iniziato solo recentemente a controllare la temperatura di fermentazione e la composizione dell’acqua ma non perché giudicavo le 2 cose come poco importanti “tanto la mia birra viene bona uguale” ma semplicemente perché volevo prima acquisire una certa esperienza sul bilanciamento delle componenti di una ricetta prima di compiere il passo successivo. Partire dal semplice per aumentare gradualmente la complessità del processo e perfezionare sempre di più le proprie creazioni.

    Per il discorso de “la birra si impara sul campo” ritengo che le procedure di base necessitino di conoscenza “accademica”, è veramente impossibile imparare a brassare senza leggere per lo meno un manualetto tipo Bertinotti-faraggi, ma credo anche che poi le diverse scelte tecniche vadano necessariamente perfezionate sul campo anche perché ci troviamo in un mondo in cui non esiste un’unica soluzione al medesimo problema. Francesco, tu stesso hai dimostrato questa cosa in diversi articoli del blog, in uno prendevi in rassegna i diversi metodi di ossigenazione del mosto motivando con dovizia di particolari e prove sul campo quale fosse il metodo migliore secondo te. In un altro fai un confronto tra diversi pitch calculator mostrando mi pare parecchio disaccordo tra i tre.. La stessa esistenza di 3 diverse formule per il calcolo delle IBU è emblematica.

    Inoltre è anche diverso il modo in cui diversi hb giudicano le procedure come più o meno aderenti a un certo stile, qui il discorso presenta gradi variabili di elasticità. Per esempio siamo tutti d’accordo sul fatto che una pils necessiti di un periodo più o meno lungo di lagering. Ma siamo ugualmente d’accordo sul fatto che una pils necessiti di essere brassata con una tripla decozione? Sarebbe comunque una pils se brassata con un monostep?

    Scusate per il lungo papiello, complimenti comunque per l’articolo!

    Andrea

    • Andrea,

      concordo con te su tutta la linea. Ma proprio alla fine del tuo intervento stigmatizzi senza volerlo la differenza tra un approccio e l’altro. Dici “siamo tutti d’accordo sul fatto che una pils necessiti di un periodo più o meno lungo di lagering.”. Ebbene, ti garantisco che molto spesso sui forum trovi commenti del tipo ” io ho lagerizzato per tre giorni e la mia pilsner è venuta bbbona lo stesso”.

      Sta qui la differenza.

      Sulla decozioni si può discutere all’infinito, del resto anche molte fonti autorevoli hanno opinioni discordanti. Ma sulla lagerizzazione no. Poi, per carità, è probabile che la birra sia venuta bbbona, ma il discorso è un’altro.

      Un saluto,
      Francesco.

  5. Ovviamente con periodo più o meno lungo non intendevo 3 giorni! Scusa ma ho dato per scontato che determinate cose fossero universalmente accettate..

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