ttm-dreams-v-reality-t-bk_1Vorrei ritornare ancora sul tema dell’auto suggestione ovvero quel fenomeno che gli americani definiscono confirmation bias. Nella scienza cognitiva (oggi userò molti paroloni solo per darmi un tono) ci si riferisce con questo termine a uno specifico fenomeno che accade quando cadiamo in un errore deduttivo cercando di confermare una certa ipotesi a noi nota a priori. Questo accade per esempio a chi è convinto che se non travasa la birra dopo i primi 7 giorni di fermentazione questa acquisirà irrimediabilmente un aroma e un sapore di brodo dovuto all’autolisi del lievito. Al di là della discussione sulla veridicità di questa teoria (qui trovate la mia posizione sul tema), torniamo invece al punto di oggi: se assaggi una birra cercando il sapore dell’autolisi, al 99% lo trovi.  Questo, sì, è un fatto: confirmation bias.

Senza fare delle prove alla cieca è veramente difficile rendersi conto di quanto questa cosa sia vera. Ne ho avuto conferma quando ho assaggiato la mia ultima birra. Vi racconto come è andata.

Qualche settimana fa ho fatto una semplice IPA. Dopo la fermentazione primaria, ho diviso i dieci litri in due piccole e identiche damigiane di vetro per fare due dry hopping differenti. Stessi luppoli (Cascade e Perle), stessa quantità complessiva (2.5 grammi/litro) ma in percentuali diverse: in una damigiana ho usato 70% Cascade e 30% Perle, nell’altra l’esatto contrario. Dato che non volevo che il Cascade sovrastasse completamente il più morbido e timido Perle, ho pensato che un confronto fianco a fianco delle due versioni mi avrebbe aiutato nell’individuare il giusto mix.

Ho lasciato il dry hopping di luppoli in pellet liberi nelle damigiane per quattro giorni, abbattuto a 1 grado la temperatura per altri tre giorni e imbottigliato. Passate le canoniche due settimane di carbonazione a temperatura ambiente, ho assaggiato le due birre. Chiaramente sapevo quale era l’una e quale l’altra perché avevo usato tappi di colore diverso. Gli assaggi li ho fatti in due giorni diversi, uno per ciascuna birra.

Risultato? Be’, ovviamente quella con il 70% di Cascade l’ho percepita molto più agrumata e intensa, mentre nell’altra avvertivo una sfumatura speziata molto più presente e un aroma decisamente più sfumato. Giravo per casa agitando il bicchiere come un sommelier blaterando descrittori olfattivi finissimi e articolati.

Ma la questione non mi convinceva fino in fondo. Così, qualche giorno dopo, ho preso tre bicchieri e due bottiglie (una per ogni versione dalla birra che avevo fatto) e ho chiesto a mia moglie di versare le due birre nei tre bicchieri. Come? Non importava, doveva scegliere lei. Poteva anche versare in tutti e tre i bicchieri la stessa birra, l’unico vincolo era che non doveva dirmelo. Si tratta in pratica di una versione un po’ più spinta del test a triangolo, dove chi assaggia deve individuare tra 3 bicchieri i 2 che contengono la stessa birra.

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Bicchieri pronti per il test a triangolo

Che ve lo dico a fare: non sono stato in grado di avvertire alcuna differenza tra i tre bicchieri (dopo ho saputo che solo due contenevano la stessa birra). Non sapendo se avessi davanti effettivamente tre bicchieri con la stessa birra oppure no, il cervello si è resettato e ha smesso di condizionarmi. Le due birre non sono proprio uguali in effetti, ma è vero che il Cascade tende comunque a sovrastare il Perle anche se usato in una percentuale nettamente a favore del Perle. O almeno, così è stato per la birra che ho fatto io con i luppoli che mi sono arrivati da Mr Malt.

Una conclusione che si potrebbe trarre da questa esperienza è che sono un pessimo degustatore. Il che, per carità, potrebbe anche essere vero. Proprio oggi però ascoltavo l’ultimo podcast di Beersmith in cui Denny Conn (simpaticissimo e abilissimo homebrewer americano, autore del libro Experimental Homebrewing) racconta un esperimento fatto dal Dr. Charlie Bamforth (Food Science and Technology, UC Davis).

Denny Conn
Denny Conn

L’esperimento viene raccontato intorno al minuto 20:00. In pratica Bamforth ha selezionato tre gruppi di assaggio: uno costituito da esperti degustatori, uno da medi, e uno da persone che non avevano alcuna esperienza nella degustazione. Ha fatto assaggiare loro due birre, dicendogli che una delle due era stata prodotta con metodi e ingredienti tradizionali, mentre l’altra era stata fermentata in poche ore e prodotta con aggiunte tipo zucchero.

Charlie Bamforth
Charlie Bamforth

Come avrete intuito, in realtà le due birre che i gruppi di assaggio avevano davanti non erano affatto diverse. Hanno detto loro un sacco di balle sul processo produttivo, ma la birra nei due bicchieri era esattamente la stessa. Sebbene i degustatori più esperti abbiamo individuato meno differenze tra l’una e l’altra birra, la preferenza generale, indipendentemente dal livello di esperienza degli assaggiatori, è stata per la birra che era stata indicata come prodotta con metodi e ingredienti tradizionali.

Questo è il confirmation bias, ne siamo affetti tutti indistintamente.

Che dire quindi? Siete ancora sicuri di sentire il sapore di brodo nelle vostre birre non travasate? Io vi consiglio di chiudere gli occhi e assaggiare, vi stupirete di quello che accadrà.

2 COMMENTS

  1. Francesco, mi fa piacere che hai scritto questo articolo. Mi piacerebbe molto passare una serata con te e fare un test alla cieca confrontando birre commerciali e artigianali. Secondo me tutti i partecipanti non avrebbero più pregiudizi dopo i risultati.

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