FEAT - Fermentation

Torniamo a parlare di fermentazione, la mia parte preferita del processo di birrificazione (si era capito, immagino). Nel post precedente ho raccontato come gestisco il lievito prima dell’inoculo, oggi affronteremo invece quello che avviene dopo. Ovviamente non ho nessuna pretesa di essere esaustivo né ritengo che il mio metodo sia il migliore in assoluto. Si tratta semplicemente di un approccio che ho adattato alle mie esigenze e che mi pare funzioni bene. Come sempre, qualsiasi osservazione è ben accetta.

DOVE FERMENTO

La prima cosa indispensabile per una buona fermentazione è il controllo di temperatura: a mio avviso è essenziale per ottenere birre pulite e piacevoli. Come tutti, anche io sono partito con una fermentazione senza controllo di temperatura piazzando il fermentatore in un armadio di casa al centro del corridoio. Vivendo a Roma in una casa con i termosifoni condominiali, la temperatura interna rimaneva abbastanza stabile intorno ai 20/22 gradi con piccole oscillazioni notturne. La pacchia è durata pochi mesi però, perché con l’arrivo della primavera è aumentata l’escursione termica tra giorno e notte rischiando di bloccare la fermentazione. Con l’arrivo dell’estate, poi, è diventato impossibile fermentare birra in casa con risultati decenti.

Sono quindi passato con poco sforzo e una spesa contenuta alla camera di fermentazione in polistirolo controllata da termostato STC-1000 (link). Con questo setup non potevo certamente gestire le basse fermentazioni, ma con un cambio di due bottiglie di ghiaccio ogni 24 ore e un cavo riscaldante (link) potevo mantenere senza difficoltà e con una buona stabilità temperature tra i 16 e i 25 gradi sia in inverno che in piena estate.

Oggi utilizzo un frigo con lo stesso cavo riscaldante e lo stesso termostato STC-1000 (non ho smantellato la camera di fermentazione: è ancora molto utile come appoggio quando il frigo è occupato). Il vantaggio che offre il frigo, oltre a eliminare la necessità di cambiare in continuazione le bottiglie, è la possibilità di abbattere la temperatura a 0 gradi a fine fermentazione per fare depositare lievito, luppoli e proteine sul fondo del fermentatore ed evitare di portare residui visibili in bottiglia (qualsiasi frigo mantiene generalmente gli 0 gradi, in inverno anche qualche grado sotto lo zero).

camera
Nella fase di maturazione riesco a tenere bottiglie e fermentatori insieme nel frigo

Per la fermentazione tumultuosa (di solito i primi 3 o 4 giorni) preferisco tenere la sonda del termostato in un pozzetto inox a contatto con il mosto (ho forato il fermentatore) e la cintura di calore avvolta attorno al fermentatore anziché in giro per il frigo. In questo modo ho un controllo molto più preciso sulla temperatura del mosto che è influenzata in maniera significativa dall’attività del lievito (di solito è un paio di gradi più alta di quella dell’ambiente circostante). In questo caso la cintura di calore è essenziale per gestire l’inerzia termica: essendo la sonda immersa nel mosto, il termostato stacca il frigo solo quando il mosto è arrivato alla temperatura target. Nel frattempo, la temperatura interna del frigo è scesa molto al di sotto di quella del mosto: senza cintura di calore, la temperatura del mosto continuerebbe a scendere anche a frigo spento a causa della differenza di temperatura tra frigo e mosto. Il termostato invece accende la cintura di calore riequilibrando il tutto.

Una volta terminata la fermentazione tumultuosa, stacco la cintura di calore e attacco la sonda con un po’ di scotch alla parete esterna del fermentatore. Non venendo più generato calore dalla fermentazione, se la temperatura del frigo rimane costante, anche quella del mosto rimarrà costante senza problemi. In questo modo risparmio energia e faccio sforzare meno il compressore del frigo.

I CONTENITORI

Per gestire la fermentazione primaria utilizzo fermentatori in plastica con apertura larga (tipo questi): sono molto facili da pulire e da sanitizzare e si possono forare senza difficoltà per inserire i pozzetti inox per la sonda di temperatura (io in realtà utilizzo questi, più piccoli, di Pinta.it). Li lavo sempre con acqua e sapone dopo l’utilizzo e prima del successivo; li sanitizzo prima con un passaggio di candeggina diluita in acqua (4ml di candeggina per litro di acqua) riempendoli fino all’orlo e lasciando agire per 15 minuti: questo passaggio aiuta a rimuovere eventuali microrganismi cresciuti durante il periodo di stoccaggio a vuoto. Dopodiché risciacquo con acqua calda e faccio una ulteriore passata di ChemiPro Oxi (senza riempire fino all’orlo ma scuotendo per bene un paio di volte a coperchio chiuso): in questo modo sono sicuro di eliminare eventuali organismi introdotti dal risciacquo con l’acqua calda (sono paranoico, ma in questi casi la paranoia paga, ve lo garantisco). Questo approccio garantisce una buona sanitizzazione senza consumare chili di ChemiPro Oxi (la candeggina è decisamente più economica).

Ho anche un paio di damigiane in vetro da 5 litri (quelle che si usano per il vino, sono visibili nella foto precedente) e un fustino in inox della Sansone (attenzione a farvi dare anche il rubinetto in inox e non in ottone). Le damigiane sono utili quando ho necessità di dividere un batch in due per provare ad esempio diversi dry hopping. Il fusto inox lo uso quando prevedo di tenere la birra ferma nel fermentatore per diverso tempo poiché riesco a riempirlo fino all’orlo scongiurando il più possibile l’ossidazione della birra.

Il vetro lo sanitizzo usando lo stesso approccio della plastica facendo però un passaggio con Enzybras che rimuove per bene i residui organici (le damigiane hanno il collo stretto, non si riesce a pulirle bene con spugna e olio di gomito). Sull’inox evito di usare la candeggina poiché alla lunga rischia di ossidarlo facilitando la ruggine (anche se credo che un passaggio da 15 minuti una volta ogni tanto non sia estremamente pericoloso). Lo lavo quindi bene dopo l’uso (con spugna e sapone e ogni tanto con Enzybras) per poi riempirlo fino all’orlo di ChemiPro Oxi (uso raramente il fusto in inox e comunque è piccolino, lo spreco di ChemiPro Oxi è relativo).

Il mio consiglio è di lavare sempre tutto benissimo con spugna e olio di gomito dopo ogni utilizzo: la rimozione completa dei residui organici aumenta incredibilmente l’efficacia della sanitizzazione.

LA FERMENTAZIONE

Quanto segue di riferisce solo alte fermentazioni perché di basse ne ho fatte solo un paio: la prima con esito per nulla convincente, la seconda decisamente meglio (link). A ogni modo, mi sembra un po’ presto per dispensare consigli sulle basse fermentazioni.

Premesso che ogni lievito può essere usato in mille modi diversi e che ciascun ceppo ha il proprio range di fermentazione ottimale, con il tempo ho individuato alcuni passaggi chiave comuni a tutte le alte fermentazioni.

Il giorno della cotta, smetto spesso di raffreddare il mosto dopo la bollitura anche tre o quattro gradi prima della temperatura target di fermentazione (risparmio tempo e acqua). Dato che il frigo nel giro di un paio d’ore riesce a far scendere la temperatura del mosto anche di due/tre gradi, non mi preoccupo se inoculo il lievito qualche grado al di sopra della temperatura di fermentazione: nelle prime ore il lievito è occupato ad adattarsi al mosto in cui è finito e non produce aromi particolari (cfr. articolo BYO). Troverete sicuramente chi vi dirà il contrario, sostenendo di aver percepito difetti abissali in birre prodotte con inoculo a temperature più alte di quella di fermentazione. Personalmente ho prodotto birre molto pulite in questo modo, quindi continuo a non preoccuparmi più di tanto e vado avanti. L’importante è arrivare alla temperatura di fermentazione nel giro di tre/quattro ore, prima che la fermentazione vera e propria abbia inizio. Ancora più importante è misurare l’effettiva temperatura del mosto (con pozzetto e sonda) e non quella del frigorifero o della parete del fermentatore (in questo caso si rischia di più, perché il mosto al centro del fermentatore potrebbe essere a un temperatura più alta di quella che leggete con la sonda poggiata sulla parete del fermentatore o nel frigo).

Fermentazione
Fonte: https://commons.wikimedia.org

Il sito della Wyeast (ma anche tanti altri articoli e libri) ci dicono che la maggior parte dei componenti aromatici viene prodotta dal lievito nella prima fase della fermentazione. Per questa ragione, in genere, è bene arrivare alla temperature giusta prima che l’attività fermentativa sia partita. Passati due o tre giorni dall’avvio della fermentazione (dipende dall’intensità dell’attività e dal lievito) solitamente inizio ad alzare la temperatura di un grado al giorno fino ad arrivare a due/tre gradi oltre quella della fermentazione. Questo aiuta ad aumentare l’attenuazione perché risveglia il lievito senza produrre effetti significativi sul profilo aromatico, dato che la maggior parte degli aromi sono stati già prodotti nei primi giorni di fermentazione.

Una volta stabilizzata la densità, assaggio il mosto e cerco di capire se la birra necessita di qualche ulteriore giorno a contatto con il lievito per riassorbire quegli aromi tipici di una fermentazione non ancora pulita, quali:

  • diacetile (aroma di burro, caramello forte)
  • acetaldeide (può presentarsi come aroma di mela verde o anche di aceto di mele)

Questi aromi a volte possono anche essere riassorbiti dal lievito durante la carbonazione e maturazione in bottiglia, ma per non rischiare è sempre meglio lasciare la birra qualche giorno in più nel fermentatore alla temperatura di fermentazione. Male di sicuro non fa (attenzione in particolare al diacetile che può emergere anche dopo qualche giorno dalla fine del lavoro del lievito).

Come già detto in altro post, non travaso quasi mai se non nei casi in cui la temperatura di fermentazione è molto alta (per esempio nella produzione di saison) oppure se so già che la birra dovrà passare più di un mese nel fermentatore. Se vi fa stare più tranquilli, travasate pure, ma a mio avviso è solo un’ulteriore occasione per rischiare infezioni e soprattutto una gran rottura (la mia pulizia e sanitizzazione maniacale dei fermentatori richiede non meno di un’ora, se posso me la evito volentieri).

A questo punto, con densità stabile e aromi indesiderati riassorbiti, abbatto al temperatura fino a 0 gradi (una birra da 5 gradi gela a diversi gradi sotto lo zero). Anche qui c’è chi giura che se non fate scendere la temperatura di un grado al giorno il lievito si innervosisce rilasciando puzze nella vostra birra. Conferme sperimentali non ne ho trovate, anzi, Giovanni Turbacci, storico birraio del birrificio Turbacci, ci ha raccontato (qui) che nel raffreddare la loro pilsner fanno scendere la temperatura il più velocemente possibile. E parliamo di una birra che ha vinto diversi premi. Inoltre, nessuno di noi mette il fermentatore in un abbattitore di temperatura: se la differenza tra temperatura interna del frigo e temperatura interna del mosto non è eccessiva, il raffreddamento avviene comunque piuttosto lentamente. Per sicurezza uso l’accortezza di abbassare la potenza del frigo nella prima giornata di abbattimento, in modo da rallentare ancora di più il processo. Di certo non passo quindici giorni ad abbassare la temperatura di un grado al giorno.

E se poi il lievito si riaddormenta e la birra non carbona più? Credo sia altamente improbabile, e comunque a me non è mai successo (né ho conosciuto homebrewer a cui sia successo). Spesso la ragione per cui le birre non carbonano in bottiglia è l’elevata concentrazione di alcol (per birre sopra i 10%). In quel caso aiuta inoculare un po’ di lievito da champagne (link) al momento dell’imbottigliamento (il Bayanus regge fino a 17% di alcol).

Più giorni la birra passa in abbattimento, maggiore sarà la sua limpidezza e pulizia (anche organolettica). Mediamente la tengo in abbattimento tre giorni. Ma quattro o cinque sono ancora meglio. Ovviamente l’abbattimento non è indispensabile, ma per una buona pulizia è una pratica estremamente consigliabile.

Nel caso di dryhopping, sia in fiore che in pellet, non uso hopbag né altri marchingegni. Lascio i pellet e i fiori liberi nel fermentatore. Un buon abbattimento è di solito sufficiente per non portarseli nelle bottiglie (ovviamente sifonando dall’alto e facendo molta attenzione durante il travaso).

Dopo l’abbattimento trasferisco in un altro fermentatore e imbottiglio.

Fine della storia. E voi? Come gestite la fermentazione? Avete qualche osservazione o consiglio particolare?

56 COMMENTS

  1. ciao! avrei tre domande sul frigo usato come camera di fermentazione:
    1) visto che in ogni caso devo comprarli,per scaldare il fermentatore pensi sia meglio la brewbelt o il cavo che linkato?
    2) i cavi della sonda e del cavo riscaldante vengono chiusi nello sportello del frigo? il frigo si chiude bene anche se ci sono i cavi di mezzo?
    3) nel caso propendessi per il cavo riscaldante al posto della brewbelt, quello da 50 watt pensi sia sufficiente per un classico batch da 20-23 litri o meglio salire di potenza?
    Grazie!

    • Ciao Andrea, allora:

      1) ho preso il cavo riscaldante poiché per cotte da 10 litri è sufficiente da 25W e costa meno della brewbelt.

      2) sì, i cavi passano tranquillamente dalla guarnizione del frigo senza nessun tipo di foratura. Non ho mai capito perché la gente si impicchi a forare il frigo quando questo metodo funziona più che bene.

      3) Per 25 litri, 50W sono più che sufficienti.

      FranK

  2. Molto interessante e preciso; una domanda che non c’entra nulla con l’argomento: cosa usi per sifonare dall’alto? So che è una banalità…

  3. Ciao, per curiosità stavo guardando il fusto sansone.. mica male, ma mi chiedevo, lo usi a fermentazione finita giusto, come maturatore? quindi niente gorgogliatore.. perchè mi sembrava una buona soluzione anche come fermentatore vero e proprio

    • Ciao Marco, io lo uso come maturatore ma ho comunque messo il gorgogliatore per evitare che all’interno del fusto si accumuli troppa pressione. Funziona bene come fermentatore, ma personalmente non vedo enormi vantaggi rispetto a un classico fermentatore in plastica dato che la birra ci sta dentro per poco tempo.

  4. Ciao,
    Mi piacerebbe avere da te un’opinione su questo possibile metodo di misurazione della temperatura del mosto durante la fermentazione.
    Poniamo il caso che, a raffreddamento ultimato, la temperatura del mosto sia già quella di inoculo del lievito. Pensavo di fare in questo modo: inoculo il lievito, prelevo un campione di mosto e lo metto in un bicchiere dentro alla camera di fermentazione, e qui dentro immergo la sonda del termostato. Il mosto dove è immersa la sonda dovrebbe replicare abbastanza fedelmente la temperatura all’interno del fermentatore, o sbaglio? Alla fine anche questo piccolo quantitativo andrà a fermentare.
    Perdonami sin d’ora se ho detto una str***ata, ma non sono decisamente abile in queste cose 🙂
    Complimenti naturalmente per il blog, molto interessante e ben fatto.
    Grazie!

    • Ciao Riccardo, grazie per i complimenti. Non credo che quello proposto da te sia un buon metodo, principalmente per una questione di volumi: 25 litri di mosto si comportano in maniera del tutto diversa da un bicchiere di mosto. Anche se partono dalla stessa temperatura. Premesso che per la mia esperienza il metodo migliore per controllare la temperatura durante la fermentazione tumultuosa è una sonda immersa nel mosto, ci si può arrangiare abbastanza anche con la la sonda attaccata sulle pareti del fermentatore. In questo modo la misura non sarà super precisa ma almeno riesci a gestire bene le dinamiche freddo/caldo (l’importante è che il cavo riscaldante non sia sul fermentatore ma sulle pareti del frigo). Diciamo che in questo modo mantieni costante la temperatura esterna (la lettura della sonda è corretta leggermente poiché la sonda è sul fermentatore, quindi è meglio che misurare semplicemente la temperatura esterna). Ma così stai più sicuro.

      • Capito. Beninteso che il cavo riscaldante è attaccato alle pareti del frigo e non a quelle del fermentatore, dovrò tener conto che la temperatura effettiva all’interno del fermentatore sarà, diciamo, un paio di gradi più alta di quella rilevata dalla sonda attaccata alle pareti del fermentatore? Parlo per quanto riguarda la fase tumultuosa della fermentazione

  5. Secondo me se metti la sonda attaccata al fermentatore e regoli la temperatura un grado sotto a quella a cui vorresti fermentare, stai a posto. Comunque ti consiglio di comprare pozzetto inox e fare un buco nel fermentatore: con una trentina di euro sistemi in tutto a vita. Buona birra!

  6. Ciao Frank,
    ti volevo chiedere una info, il pozzetto che inserisci nel fermentatore ha una guarnizione per far si che non esca il mosto dal foro che hai fatto? (tipo quella che ha il rubinetto del fermentatore)
    Se sì, questa guarnizione viene fornita insieme al pozzetto oppure l’hai dovuta acquistare a parte?
    Grazie.

  7. Infatti, avevo visto anch’io quelli su sensorshop24, che vende anche su amazon, però dalla foto sul loro sito non si vedevano le guarnizioni e mi era sorto il dubbio.
    Proverò a contattare bacbrewing.
    Grazie per i consigli

  8. Ciao,
    dopo aver abbattuto la temperatura in frigorifero, fai tornare la birra a temperatura ambiente prima di imbottigliare?

    • No, non la faccio tornare a temperatura altrimenti il deposito (almeno in parte) ritornerebbe in soluzione. Non c’è ragione per farla tornare a temperatura ambiente prima di imbottigliare, ci tornerà piano piano una volta in bottiglia.

      • grazie della risposta.
        La mia domanda era perché ho letto da qualche parte che, quando si immette lo sciroppo prima di imbottigliare, sarebbe meglio che questo sia alla stessa temperatura della birra per evitare stratificazione e bottiglie non omogenee. A questo punto per sicurezza metterò la soluzione di acqua e zucchero per un po’ in frigo prima di imbottigliare.

        • Sicuramente devi raffreddarlo un po’ se hai fatto bollire l’acqua, ma non c’è bisogno del frigo: lo sciroppo è talmente poco rispetto alla birra… in pochi secondi si uniforma alla temperatura della birra. “Ho letto da qualche parte” è sempre pericoloso, ricorda. 🙂

  9. ciao Francesco, intanto complimenti per il blog (è uno dei pochi che leggo proprio perchè cìè chi scrive tutto è il contrario di tutto e avolte è più la confusione che si crea che altro cmq…volevo chiederti questo: anch’io per fermentare uso un frigo con stc 1000. Come fonte di calore uso un piccolo phon da viaggio regolato al minimo della potenza. Pensi possa andar bene o è meglio il cavetto?
    P.s. una piccola osservazione: leggendo la tua recensione sul libro di Bertinotti “le tue birre….” mi trovi abbastanza d’accordo. Allora mi chiedo : perchè non fai qualche post dove pubblichi una tua ricetta spiegando il motivo della scelta degli ingredienti?
    Grazie

  10. Ciao Frank,complimentissimi per il blog, una domanda sulle damigianette in vetro, volevo provare ad usarle anch’io, visto che come te faccio cotte da 10 lt , per provare vari dry hopping.
    che tipo di tappo usi ? mi sembra di vedere che sia in plastica , ma ha una specie di attacco per tubo.
    grazie in anticipo e complimenti ancora!!!!

    • Ciao Cesco, nulla di particolare: a volte uso GIMP, altre semplicemente Powerpoint con qualche bel font. Poi stampo e taglio. 🙂

  11. Grazie Frank per la condivisione delle tue esperienze!

    Mi spiegheresti meglio perché sposti la sonda dal mosto al contenitore dopo i primi 4 giorni?

    Più ci penso e meno ne trovo ragione….

    • Premesso che non lo faccio sempre, la ragione è semplice (ma non facilissima da spiegare): dato che a quel punto la fermentazione non rilascia più calore, non è necessario monitorare puntualmente la temperatura del mosto. Per capirci: se il mosto scende per esempio di 0.3, è facile che il frigo rimanga acceso per molto tempo prima di riportare il mosto su di 0.3 (per via dell’inerzia termica). Siccome in questa fase della fermentazione non mi interessa la precisione al millimetro della temperatura, preferisco monitorare la temperatura sulle pareti del fermentatone che ha una inerzia molto più bassa (perché influenzata da quella del frigo). In questo modo il frigo si accende e spegne meno.

          • i frigo sono progettati per cicli standard di accendi spengo del compressore, quindi gestiscono da soli l’usura nel tempo. Ovvio che la vita media in ore ha un limite e quindi se “accendi meno il frigo” dura di più. Ma stiamo uscendo dal nostro campo d’interesse ; )

  12. CIao Frank.
    Nel pozzetto che usi (a proposito quanto è lungo lo stelo interno?) ci infili la sonda in dotazione con l’stc oppure ne hai una diversa, magari in inox della stessa lunghezza del pozzetto?
    Stavo valutando bene che acquisto fare e volevo capire se posso risparmiarmi la spesa della sonda.
    Grazie mille.

    • Ciao Luigi, ora non ricordo la sonda esattamente quanto è lunga. A ogni modo, l’importante è che arrivi più o meno nel centro del fermentatore. La sonda dell’STC standard ci sta bene, io la uso senza problemi. Essendo di gomma, a volte fa fatica a entrare, ma con un cacciavite la spingi fino in fondo senza grossi problemi.

      • Un’altra domanda, se posso.
        Volendo far fermentare lo starter (beuta e agitatore) ad una certa temperatura e avendo a disposizione frigo e fascia riscaldante con stc per il controllo, ha senso tenere la fascia “volante” dentro il frigo come elemento che fornisce calore?
        Il mio dubbio è legato al fatto che questo setup ce l’ho nel balcone e la notte la temperatura scende molto in questi giorni. Non vorrei quindi che la fascia, messa così, non sia sufficientemente potente a farmi salire la temperatura nel frigo ad esempio a 22-24 gradi. Che dici? Grazie come sempre.

        • Ciao Luigi, se fossi in te metterei semplicemente lo starter dentro casa (a meno che di notte non faccia veramente tanto freddo anche dentro): non è particolarmente importante il controllo della temperatura di fermentazione dello starter, l’importante è che si mantenga sopra i 20 gradi. A ogni modo, ti consiglio di fare una prova con il frigo e la fascia di calore accesi senza starter: è sufficiente acquistare un termometro digitale che salva la max e la minima temperatura (ce ne sono tanti modelli a pochi euro) e tenerlo nel frigo una notte.

          • Si si certo, potrei tenerlo in casa, ma il punto è che l’ancoretta girando tocca un po’ il fondo della beuta (a seconda della potenza) e fa rumore e di notte sarebbe un trauma. Però se vuoi ti passo il numero di mia moglie e la convinci tu 🙂 Scherzi a parte, potrei fare questo test ma ho appena controllato che la fascia è da 25 watt, quindi la vedo dura.
            Nel frattempo ho avuto questa idea: la fascia la avvolgo alla beuta da 2 litri facendogli fare due giri. Fine delle trasmissioni 🙂

            • Conosco quel rumore, effettivamente è piuttosto fastidioso… 🙂 Avvolgere la cintura di calore può essere una soluzione, ma a quel punto dovresti avere una sonda nel mosto altrimenti come la controlli la temperatura?

  13. Ciao Frank, mi necessita una “consula”… ho in fermentazione una Irish Red e ho voluto provare a fermentare con Us 05 a 15° (per circa 26 litri di mosto due dustine reidratate…)
    Og 1046, dopo 9 gg siamo a 1013… ho alzato a 18°….
    Te che faresti: alzeresti comunque fino a 20°/21° oppure no?

    • Puoi alzare senza problemi a questo punto. Comunque non è detto che vada oltre 1013 che potrebbe anche andare bene (la mia ha finito a 1016).

  14. ciao Frank, mi inserisco anchi’io per chiederti una info… ho un frigo con cavo riscaldante da 75W…mentre per la fermentazione vado con pozzetto bac ed inkbird dentro il mosto…nella rifermentazione dove conviene mettere la sonda???? io pensavo magari in una bottiglia piena di acqua… non sarà uguale ma almeno un po somiglierà alla temperatura del mosto… tu come ti regoli??? grazie daniele

    • Ciao Daniele, per la rifermentazione non c’è bisogno di essere così precisi con la temperatura come in fermentazione. Va benissimo tenere la sonda tra le bottiglie. Anche una bottiglia con l’acqua potrebbe andare bene, ma devi fare in modo che l’acqua parta dalla stessa temperatura della birra, altrimenti fai casini. Però, ripeto, posizionare la sonda tra le bottiglie è più che sufficiente.

  15. Ciao Frank,
    complimenti per il blog, sempre argomenti interessantissimi..una domanda banale..che dimensione ha il tuo frigo per contenere comodamente i fermentatori da 32 litri?
    Grazie,
    Ciao
    Andrea

    • Ciao Andrea, non ricordo le dimensioni del frigo ma comunque i miei fermentatori sono per cotte da 12 litri. 🙂 A ogni modo è il classico frigo verticale con congelatore sopra, e riesce a contenere anche un fermentatore da 32 litri.

  16. Ciao frank,
    Tutti i tuoi articoli sono sempre stra utilissimi !! Complimenti.. approfitto per chiederti visto la tua esperienza di cosa ne pensi della tecnica no wort chiller.. avrei intenzione di allungare di 30 min la bollitura per espellere tutto il DMS e poi travasare il mosto in un contenitore di INOX sigillato per lasciarlo raffreddare .. raggiunti in 24h i 22 gradi inoculerei il lievito e lascerei avviare la normale fermentazione..
    grazie mille

  17. Ciao Frank, domanda veloce a livello lessicale: tu per maturazione intendi la fase dopo la fermentazione tumultuosa o l’abbattimento a 0 gradi? perchè allora non capisco se travasi o meno

    • L’abbattimento, se breve, lo chiamo winterizzazione o cold crash. Se è lungo lageruzzazione. Tutto il resto, successivo al raggiungimento della FG, lo chiamo maturazione.

  18. Ciao frank un consiglio,vorrei fare una camera di fermentazione con un pozzetto freazer,visto che ne ho trovato uno usato a basso costo,tu che dici si puo fare o è preferibile farla con un frigorifero?grazie per l’informazioni preziose che dai!

  19. Ciao Frank,
    come la vedi la possibilità di inserire la sonda direttamente al posto del rubinetto (i travasi li faccio solo con sifone) evitando quindi di bucare il fermentatore?
    Non ho ancora acquistato la sonda e non so se il diametro è corretto

    grazie 😉

  20. Ciao, sono alle prese con la prima cotta e come consigli mi affido alla nuova edizione di How to Brew di John Palmer. Anche lui consiglia di aumentare la temperatura di qualche grado alla fine della fase tumultuosa per il diacetil rest e successivamente di abbassarla di 3-5°C sotto la T di fermentazione per il cold crash.

    Quello che non mi è chiarissimo è cosa si intenda per temperatura di fermentazione:

    prendo come riferimento quella da me impostata (Es: 18°C) o quella tollerata dal lievito (Es: 15-25°C).

    Mi spiego: se fermento a 18°C con il lievito da 15-25, 3°C sopra sono 21 o 28? e 5 sotto sono 10 o 13?
    Non posso utilizzare il metodo “vado a 0 che va sicuramente bene” perchè non ho ancora un frigo ma uso una camera di fermentazione simile a quella che hai descritto in articoli precedenti.

    Grazie,
    Giovanni

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