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Homebrewing: è un hobby, non una professione

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Qualche giorno fa Marshall Scott del blog Brulosophy ha pubblicato una lettera aperta agli homebrewers scritta dall’autore e homebrewer americano Denny Conn (autore di Experimental Homebrewing). In questa lettera, Denny lancia un accorato appello agli homebrewers, esortandoli a sperimentare con intelligenza nuovi metodi e approcci senza fossilizzarsi su pratiche consolidate ma anzi esorta a metterle sempre in discussione. Denny è una voce molto più autorevole di questo blog, ovviamente, ma nel nostro piccolo anche noi abbiamo sempre cercato di non rimanere legati ai metodi tradizionali e alle pratiche illustrate nei soliti libri scritti ormai 10 anni fa. Ci siamo sempre chiesti “ma ne vale davvero la pena?” e la sorprendente risposta è stata, più di una volta, “no“.

Mi ha colpito in particolare il motto di Denny (già citato nel suo libro), che ho subito fatto mio:

Fare la miglior birra possibile, divertendosi il più possibile e facendo allo stesso tempo il minor sforzo possibile

A prima vista potrebbe sembrare una esortazione alla pigrizia o a fare le cose in modo approssimativo, ma non è così. Fare birra in casa è per me in primo luogo un hobby, non ho nessuna intenzione di diventare un birraio professionista (come mi ha detto un amico qualche sera fa: se uno ha l’hobby della pesca, raramente ha l’obiettivo di diventare un pescatore professionista). Il mio tempo libero è poco e voglio usarlo al meglio. Cerco di fare birre buone, di migliorarle regolarmente, ma cerco sempre di ricordarmi che prima di tutto questo hobby mi deve rilassare e divertire. Per cui, se riesco a passare tutto il mash con i piedi sul divano bevendo una birra, sono più felice. Se riesco a risparmiare mezz’ora nella giornata della cotta e l’unico rischio che corro è ottenere una birra un po’ torbida, be’: ci posso stare. Alla fine, come disse Doc Brown a Marty McFly in ritorno al futuro – be’, ho pensato: chissenefrega.

Ecco quindi una piccola lista di alcuni passaggi di produzione che ho quasi del tutto eliminato dalla mia pratica di birrificazione casalinga, guadagnando tempo prezioso e rendendo il tutto più piacevole. Non voglio convincere nessuno, il mio metodo non è assolutamente il migliore in assoluto. La mia vuole essere come sempre un’occasione di confronto.

Il mash multistep

Non so per quale ragione, ma la maggior parte degli homebrewer sembra impazzire per il mash multistep. Ho quasi l’impressione che molti siano convinti che aumentando il numero di step la qualità della loro birra migliori. Sempre, a prescindere. La realtà è che nella maggior parte dei casi questi step servono a ben poco, ma molti li fanno lo stesso “tanto male non fa”. Dici: vabbé, ma dieci minuti in più non ti cambiano la vita. A me invece la cambiano, specialmente se sommati ad altri piccoli risparmi di tempo che posso guadagnare nella giornata di cotta. E comunque preferisco accendere il mio PID e lasciare andare tutto in automatico per un’ora: nel frattempo posso pesare i luppoli, pulire i fermentatori, farmi una birretta, fare quattro chiacchiere con un amico senza dover tenere sempre gli occhi sul mash e sui maledetti step di temperatura.

La bollitura da 90 minuti e oltre

La bollitura, lo sappiamo tutti, serve a tante cose. Tra le più importanti, oltre alla ovvia sterilizzazione del mosto, serve a: estrarre l’amaro dal luppolo, ridurre il DMS (aroma di mais o verdura cotta nella birra finita) e far coagulare le proteine e più in generale il trub.  I precursori del DMS sono presenti solitamente in concentrazione maggiore nei malti meno tostati (tipo il malto pilsner). Per questa ragione spesso si praticano bolliture di 90 minuti nel caso di birre in cui la percentuale di malto pilsner è alta. La domanda è: servono davvero 90 minuti? Boh, c’è chi vi giurerà di sì e chi invece ha fatto esperimenti addirittura con bollitura da 30 minuti. Io, personalmente, faccio bollire un’ora in ogni caso e non ho mai rilevato DMS nella birra finita (anche facendola assaggiare in giro ad amici homebrewer e giudici). Forse nelle basse fermentazioni il DMS può essere più rilevante per via dei delicati equilibri organolettici di questo tipo di birre. Per le alte fermentazioni, secondo me, bollire 90 minuti non serve. Poi ci sono i casi in cui si vuole ottenere un effetto di leggera caramelizzazione e colorazione del mosto, ma anche qui siamo nei casi borderline (scotch ale, barley wine, etc…) e comunque effetti simili si possono ottenere anche con un utilizzo intelligente dei malti (che oggi sono disponibili in tantissime varietà a differenza di un tempo, quando l’unico modo per ottenere un certo effetto era prolungare la bollitura) o facendo bollire a parte un estratto del mosto. Detto ciò, non ne faccio un caso scientifico, ma personalmente non faccio mai bollire più di un’ora  il mosto solo perché “mi hanno detto che si fa così”. Con i 10 minuti del punto prima siamo a 40 minuti recuperati nella giornata di cotta. Me li tengo tutti.

La luppolatura continua

In questo caso la colpa è di Sam Calagione e del suo birrificio Dogfish Head. Calagione è noto per produrre alcune famose birre a luppolatura continua, ovvero aggiungendo il luppolo in maniera continuativa durante la bollitura (si è fatto costruire un macchinario apposito per questo). C’è gente che ama replicare questa pratica a casa, convinto che sia quello il segreto delle IPA di Calagione. A me sembra una cosa completamente inutile: pensate a quanto tempo sprecato a pesare le singole gittate di luppolo ma anche il tempo passato ad inserirle una ad una dentro al software utilizzato per costruire la ricetta. Nella stragrande maggioranza dei casi, facendo al massimo tre aggiunte a 20, 10 e 0 minuti (oltre a quella a inizio bollitura, ovviamente) si ottengono gli stessi identici effetti.

Randy mosher, in Mastering Homebrew, concorda:

Mosher

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I travasi

Oddio mio, i fantomatici travasi! Retaggio di una cultura dell’homebrewing vecchia di almeno vent’anni. Non mi dilungo di nuovo a raccontare perché secondo me (ma non solo secondo me) i travasi siano completamente inutili (se non dannosi) nella maggior parte dei casi; piuttosto, vorrei sottolineare quanto siano noiosi e quanto tempo richiedano! Io, che travaso solo 12 litri di birra, non ci metto meno di un’ora per portarla da un fermentatore all’altro, e non credo ci si possa impiegare meno tempo. Bisogna prendere un nuovo fermentatore con relativo rubinetto, gorgogliatore e guarnizione. Smontare tutto, pulire per bene e sanitizzare. Travasare. Rismontare il fermentatore appena svuotato e pulirlo per bene. Insomma, ma chi ve lo fa fare? Credo sia una delle attività più noiose dell’homebrewing dopo l’imbottigliamento. Ovviamente se lagerizziamo per mesi o prevediamo di far maturare per un lungo tempo (diciamo oltre le tre settimane/un mese) ha senso travasare, sempre nella logica di ottenere la miglior birra possibile. Fosse per me eviterei anche il travaso pre-imbottigliamento, ma quello purtroppo è necessario per portarsi meno fondo possibile nelle bottiglie.

Gli starter con i lieviti secchi

Si possono fare, non si possono fare, servono? Ne abbiamo già parlato (link), riepilogo in estrema sintesi: certo che si possono fare. Servono? L’ho sempre detto: inoculare una buona quantità di lievito è un must per ottenere una buona birra. Quello che serve però è un buon tasso di inoculo, non necessariamente uno starter. Dato che i lieviti secchi costano così poco e si mantengono così bene anche nelle bustine, che senso ha fare uno starter? Basta semplicemente comprare più buste. Fare uno starter non richiede meno di un’ora, è un’operazione che evito volentieri se posso garantire un buon tasso di inoculo per altre vie. Ovvero comprando un maggior numero di bustine!

22 COMMENTS

  1. Più che starter bisognerebbe, per risparmiare, coltivare lieviti riutilizzando quelli della fermentazione precedente. Io ho provato una volta tra cotte riavvicinate della stessa birra e non mi è andata male. Ma una discussione/approfondimento sulla materia non sarebbe male.

    • Il mio personale obiettivo è risparmiare tempo, non necessariamente soldi. Ho provato a riutilizzare lievito da una cotta all’altra ma vincola molto la pianificazione delle cotte (devi farle molto ravvicinate) e richiede ulteriore tempo per il lavaggio del lievito (specialmente se riusi lievito da birre molto luppolate). Inoltre, facendolo in casa, corri sempre il rischio di contaminazioni o mutazioni genetiche. Tutto questo va contro il principio base di Denny. 🙂

      • Credo che la soluzione migliore sia non tanto ricoltivare il lievito della cotta precedente, quanto seguire proprio l’approccio di Brulosophy, cioè conservare parte dello starter in frigo per la cotta successiva, poi rifare starter.. ecc. ecc.
        In questo caso il rischio di mutazioni genetiche è bassissimo, si conserva solo lievito e non rimasugli di luppoli e della birra precedente…

        http://brulosophy.com/methods/yeast-harvesting/

        l’anno prossimo intendo provarci per fare in sequenza, ma senza lo stress pianificativo di cui parla Frank (e concordo di brutto, che palle concatenare le cotte!!!)
        una blond ale belga, una dubbel e due tripel. il tutto con una sola fiala di lievito liquido

        • Non so, non mi convince come approccio. Non si risparmia tempo (devi comunque rifare lo starter ogni volta) e il conteggio delle cellule diventa completamente approssimativo (più di quanto già lo sia in realtà quando stimiamo la vitalità delle fiale). Sicuramente è utile per risparmiare qualche soldo, ma, ripeto, non mi convince in termini di qualità della birra ottenuta (il conteggio di pitching si basa su approssimazione successive fatte dopo ogni starter, se non conti le cellule al microscopio secondo me rischi di sballare parecchio).

          • beh non ti posso dare torto in via teorica, ma mi chiedo: e se uno approssima per eccesso? e per eccesso dico, parecchio in eccesso?

            A favore di questo metodo ad esempio c’è il fatto che ogni volta metti via cellule freschissime, quindi con un’altissima vitalità, e finiscono dritte in frigo.
            Se rifai la birra entro due settimane, sei praticamente sicuro di avere quasi tutte le cellule vive. Ne conti metà per stare tranquillo, e via..

            Rifare lo starter, bello abbondante, costa comunque molto meno di una ulteriore fiala/busta più il relativo starter (che rifaresti cmq).

            Rimane il fatto che in via teorica le tue affermazioni sono giustissime, ma la prima cosa che a me viene da dire è che anche la stima della conta cellulare per la fila/busta è molto approssimata, nonostante ci piaccia tanto fidarci delle formule 😉

              • Ah, ecco! Allora si spiega tutto. 🙂 Comunque, scherzi a parte, io credo che con questo metodo si aggiungono incertezze alle incertezze che, come dici tu, sono sempre derivanti dall’utilizzo di modelli matematici. A ogni modo, il mio obiettivo non è risparmiare soldi, ma tempo. In questo caso tempo non si risparmia, e per me che faccio pochi litri (una decina a volta) non è fondamentale risparmiare sulle fiale. Però può funzionare tenendosi parecchio in overpitching, non lo metto in dubbio.

  2. Ciao Frank, è sempre un piacere leggere i tuoi articoli, davvero notevoli e carichi di contenuti.
    Non sono un senior nel nostro hobby, per ora ho fatto solo kit e sto cercando di terminare un impianto a 3 pentole. Ma ne manca sempre un pezzo! appena sembra esserci tutto ecco che leggo qualche post in giro e parte la corsa all’optional vitale per una buona riuscita della mia prima all grain.
    Conosco molto bene la tua avversione per le pratiche inutili e ti posso dare ragione solo a prescindere in quanto non ho l’esperienza per valutarle.
    Sai cosa mi piacerebbe? una tua bella guida sulle cose UTILI. Quello che secondo te serve di base per riuscire a ottenere una buona birra, da brassare e bere senza troppe seghe mentali, completa di materiale, ingredienti e procedure.
    Un essential kit dell’homebrewer per ottenere un buon risultato senza troppi fronzoli.
    Aspetto fiducioso, è l’unico spiraglio che ho per terminare il mio impianto!

    • Ciao Mauro, diciamo che nulla è inutile a priori, dipende sempre dagli obiettivi che ci si pone. L’articolo che mi hai suggerito è interessante, lo terrò sicuramente da conto per un prossimo post. Comunque, se giri un po’ per il blog trovi parecchie informazioni sul mio impianto BIAB, sulle mie pratiche di fermentazione, su come gestisco i lievito. Mi rendo conto che è tutto un po’ sparso, prometto che in futuro raccoglierò tutto in un unico post. Grazie mille per la bella idea!

  3. 90 minuti di applausi!

    Negli ultimi anni sto notando (correggetemi se sbaglio) che molti homebrewers cercano di riprodurre impianti da microbirrificio (che producono anche parecchi litri) , imitano procedure industriali e si perdono tutta l’empiricità e la sperimentazione. Poi vabbè è un hobby ed è giusto che ogniuno si approccia come meglio crede.

  4. Sì, è vero. Spesso si tenta di replicare in casa pratiche da birrificio senza alcun senso. Poi, per carità, come dici tu: ognuno trova in questo hobby le proprie soddisfazioni. Quello che non condivido, però, è quando queste persone sostengono che il loro sia l’unico modo di produrre buona birra in casa solo perché i birrifici fanno così. Ecco.

    • C’è anche chi sostiene che fa “la birra bona” buttando ingredienti a caso, evitando lo starter e fregandosene della temperatura di fermentazione… -_- …Dal mio punto di vista è meglio un approccio un pò più tecnico, senza esagerare però.

      Posso capire che per un microbirrificio perdere 1000 litri è un guaio, ma per noi homebrewer 20/30 litri persi non è così drammatico (ps: sto cercando di autoconvincermi a fare quella birra con il lievito madre su cui esito da mesi..)

  5. Ciao Frank,
    come ovvi al problema del residuo se non fai i travasi? Sifone o tappo antisedimento sul rubinetto?

    • Abbattimento di temperatura di due/tre giorni e sifone dall’alto. Uso il comodissimo autosyphon americano che ora vendono anche su Mr Malt e altri siti di materiale hb italiani.

      • Si ho presente e dovrei averlo anche io ( se stiamo parlando del sifone ” a pompetta” si, ce l’ho :D); abbattere la temperatura 2-3 giorni si puo’ fare anche con le alte fermentazioni? Ho appena costruito la camera di fermentazione e non vedo l’ora di sfruttarla!

        • Certo che si può fare, non c’è alcun problema. Occhio al sifone! Se hai quelli “vecchio stile” (da vino per intenderci, con la pompetta a metà) lascia perdere: sono scomodissimi e rischi di ossidare (all’interno della pompetta si forma una piccola “cascata” di mosto). Investi qualche decina di euro nell’autosifone di tipo americano (lo trovi su mr. malt, cerca autosifone).

  6. Ciao Frank e grazie per i mille utili consigli di brewingbad!
    Sono pienamente d’accordo con l’articolo ma nn capisco come fai ad imbottigliare senza fare nemmeno un travaso. Come lo fai il priming? Io sciolgo lo zucchero in un po di acqua e poi lo aggungo al fermentatore mescolando. Così facendo, anche se ho abbattuto la temperatura, mi ritrovo la birra torbida causa mescolatura che fa alzare i sedimenti. Per questo devo fare un travaso pre imbottigliamento.

    • Il travaso pre-imbottigliamento lo faccio, forse nell’articolo non è abbastanza chiaro. Ho corretto, grazie. 🙂

  7. Innanzitutto voglio farvi i complimenti per questo blog, che è senza dubbio il migliore d’Italia e non solo!
    Grazie a questo ed altri vostri articoli mi sono deciso per provare ad evitare il classico travaso dopo una settimana di fermentazione (che ho sempre odiato, penso che sia la parte più noiosa di tutto il processo). Proprio in questo momento ho una American Blonde Ale con OG 1051 nel fermentatore dove rimarrà indisturbata per 15 giorni, compresi gli ultimi 4 dove la porterò a circa 2°C per renderla più limpida e pulita.

  8. P.S.: E’ sottointeso che se la birra viene male la colpa sarà tua.

    …ovviamente sto scherzando 😉

    • Dài tommaso, grande! Mi raccomando fammi sapere poi come viene la birra e soprattutto se sa di lievito o di carne in scatola 🙂 E grazie per i complimenti.

  9. Ciao a tutti e a Frank.
    Niente travasi e abbattimento T per un paio di giorni: I sedimenti si compattono bene e non danno noie. Unico accorgimento se non usi il sifone: Riempire un bicchiere dal rubinetto per raccogliere eventuali depositi nel rubinetto e via con travaso( senza splashare) pre-imbottigliamento. Invece i lieviti secchi li reidrato 45 minuti prima dell’inoculo e ovviamente nella quantità giusta (0,8/1 gr x litro). Ma conosco birrifici che inoculano 0,3 gr x litro (s-05) con ottimi risultati…buona birra a tutti.

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