homebrewers incazzatiEra da un po’ di tempo che non scrivevo un bel post di sfogo. Sono stato troppo buono ultimamente, non ho tenuto alto il nome e lo spirito del blog. Oggi ho voluto rimediare a queste mancanze con un post che prende spunto dallo sfogo di un homebrewer apparso qualche giorno fa nel gruppo facebook Accademia Delle Birre.

Lo sfogo era diretto ai rivenditori italiani di materiale per homebrewing, in particolar modo criticava la gestione dell’e-commerce. Premetto che non è mia intenzione offendere nessuno né criticare in assoluto il  lavoro e l’operato di persone che da anni operano in questo settore. Capisco perfettamente le condizioni difficili in cui queste aziende si trovano ad operare, non le metto assolutamente in discussione e apprezzo comunque il lavoro che viene fatto.

Credo però che qualche critica costruttiva potrebbe essere utile a tutti e portare magari a un miglioramento complessivo dell’ecosistema; non solo per offrire un servizio migliore a noi piccoli birrificatori casalinghi, ma anche per diffondere la passione per l’homebrewing e per la buona birra in generale.

Do quindi libero sfogo ai miei pensieri snocciolando, punto per punto, le criticità che a mio avviso (e anche a parere di tanti altri homebrewers, stando a quello che ho letto) sono più sentite di altre.

Disponibilità delle informazioni. Ok, faccio la mia parte e lo ammetto: noi homebrewers siamo delle grandi palle al piede. Spesso nerd e quasi sempre maniaci delle informazioni tecniche sulle materie prime, rompiamo le balle fino alla morte per sapere la percentuale di oli nei luppoli, l’indice di Kolbach dei malti, il colore in EBC fino alla terza cifra dopo la virgola. Esagerazione? Può darsi, anzi, sicuramente è così. Anche perché, diciamocelo sul serio, quando si fa birra in casa i probblemi so artri. Però, a tutto c’è un limite. Le informazioni disponibili sui vari siti che vendono materiale per homebrewing sono mediamente lacunose. Vediamo perché:

  • Anno del raccolto dei luppoli. Spesso non viene riportato, o viene aggiornato con un certo ritardo rispetto alla effettiva disponibilità. Avete paura che così facendo non vendiate più i vecchi luppoli? Fate delle offerte. Alla fine, se il luppolo viene usato per l’amaro, potremmo anche essere disposti ad acquistare buste del vecchio raccolto. Non allo stesso prezzo del nuovo, però. E, soprattutto, non senza averne la consapevolezza. Non ci vuole molto. Provateci.
  • Specifiche dei malti. Posso anche essere d’accordo che l’homebrewer medio non ha bisogno di informazioni specifiche come l’indice di Kolbach o il potenziale di ogni malto (anche se sarebbe utile), ma qualche sforzo in più potrebbe essere fatto. Troviamo sempre le stesse descrizioni, tipo “usato per porter, stout, mild” (e grazie al ciufolo, verrebbe da dire). Un esempio di riferimento su tutti: il sito BSG Craft Brewing, per tutti i malti della Weyermann, pubblica la ruota aromatica (tipo questa). Utilissima per capire il range aromatico dello specifico malto. Altre info potrebbero essere aggiunte, anche nell’ottica di fare un po’ di cultura e insegnare qualcosa agli homebrewers quando fanno un acquisto.
  • Data di produzione del lievito liquido. Lo so, questa non è facile da gestire, ma con un po’ di impegno si può fare. Quando ci arrivano a casa buste di lievito prodotte ai tempi della seconda guerra mondiale, vi prendete certe imprecazioni che nemmeno potete immaginare. Non è bello, né per noi homebrewers né per voi commercianti. Dici, vabbè: ma è difficilissimo gestire l’aggiornamento del sito con tutte le date di produzione delle singole buste. A parte che no, non è enormemente difficile (certo non immediato, me ne rendo conto, ma siamo nell’era dell’internet 145.0); basterebbe comunque anche un piccolo avvertimento prima di imballare e spedire il pacco nel caso in cui ci stiate per appioppare un lievito vecchio. Magari fatecelo semplicemente pagare meno. Qualcuno lo acquisterebbe comunque, alla fine basta saperlo e ci si organizza per tempo con un bello starter. Ma non posso pagarlo 9€ come se fosse nuovo. Non ha senso, o sbaglio?

La mail, questa sconosciuta. Perché quando scriviamo un mail per chiedere informazioni (tra l’altro compilando uno scomodissimo form online) ci rispondete dopo due settimane? E perché se invece telefoniamo siete spesso gentilissimi e super efficienti? Vi rendete conto che le mail, se ben gestite, vi fanno perdere molto meno tempo di una telefonata che, magari, arriva all’improvviso mentre state facendo un’altra cosa? Quanto costa rispondere a una mail? Perché non le usate? Gli homebrewers sono abituati a gestire la comunicazione online, sempre. Perché se scrivo a Vinnie Cilurzo di Russian River per chiedergli quanto tiene la birra in botte mi risponde prima di quanto facciate voi? Lui manco è tenuto a farlo, tra l’altro, voi sì visto che siete un negozio. Basta poco, che ce vo’?

Le attrezzature. Questo è un tasto molto dolente, almeno per me. Mi chiedo come sia possibile che dopo aver passato anni in questo ambiente, non abbiate capito che il sifone che veniva usato per fare i succhiotti di benzina alle macchine negli anni 80 (o per cambiare l’acqua agli acquari) non è adatto per travasare il mosto? Per fortuna, dopo diverse pressioni (anche da lettori di questo blog) qualcuno ha iniziato a vendere il sifone americano, ma cavolo quanto ci avete messo. Questo discorso vale per mille altre piccole cose: i tubi in silicone, tutti li cercano e nessuno li trova. Le guarnizioni da mezzo pollice in teflon alimentare, i pozzetti inox per tenere le sonde dei termostati. I fermentatori piccoli (da 12/16 litri) in plastica. Qualcuno si sta attrezzando qui e là, ma cavolo se siete lenti. Per costruire il mio piccolo impianto inox ho dovuto acquistare i materiali all’estero da un tipo che, senza che gli rompessi le balle, aveva già scritto sul sito quale portagomma andava bene per uno specifico tubo di silicone. Quando gli ho scritto via mail, tra l’altro, mi ha risposto nel giro di mezz’ora. Ed è uno che ha messo su un negozio di materiale per hb da solo. Per dire.

Vi siete messi forse d’accordo? Perché per fare una cotta devo acquistare da almeno due siti (quando va bene, spesso anche da tre)? Capisco le esclusive (forse esistono sui lieviti, immagino), ma perché avere il Caramunich II e non il III? Perché il Carafa I sì e il Carafa III no? Perché il Munich sì e il Vienna no? Qualcuno poi ha una selezione ottima di malti, ma ovviamente non ha i lieviti liquidi. O ha solo una marca di lieviti secchi (solitamente quella che non mi serve). Posso capire indisponibilità periodiche perché una certa cosa finisce, ma qui parliamo di impostazione generale. Questa cosa ci fa incazzare come delle iene, ve lo dico.

Divulgazione della cultura birraria. Questo aspetto l’ho lasciato appositamente per ultimo, perché delicato e non direttamente collegato all’e-commerce. Ma è molto importante, a mio avviso. Io non posso credere che non sappiate come si produce birra. Non è possibile. Servite molto spesso i più bravi birrifici artigianali italiani, fornite consulenze, lavorate nell’ambiente da anni. E allora perché vendete ancora kit lager con lieviti ad alta fermentazione? Lo so che il nome dei kit non lo scegliete voi (e nemmeno il lievito), ma potreste aggiungere qualche commento nella descrizione del kit. Fareste felici tanti homebrewers e aiutereste questo mondo a crescere. Come è possibile che pubblichiate sempre ricette discutibili (nel migliore dei casi) o completamente assurde (in alcuni casi). Ci vuole tanto a creare una buona ricetta? Qualcuno di voi ha collaborato con alcuni homebrewers per costruire kit e ricette: in qualche caso con ottimi risultati, in altri la selezione è stata, per così dire, di dubbio gusto. Ci vuole veramente poco a scovare un bravo homebrewer e a chiedergli di collaborare con voi. Molti lo farebbero solo per la gloria. Diversi siti stranieri che vendono materiale per hb hanno dei blog interessantissimi, pubblicano interviste che girano per il web e portano clienti. Ci vorrebbe così poco, veramente. E il ritorno per voi, e anche per noi hb, sarebbe enorme.

Mi fermo qui, anche se avrei ancora tanta carne da mettere al fuoco. Ripeto che le mie vogliono essere critiche costruttive, non è nelle mie intenzioni denigrare il lavoro di aziende comunque serie e dedicate. Dico solo che ci vorrebbe davvero poco per fornire un servizio migliore e contribuire in maniera significativa alla diffusione di una maggiore consapevolezza e cultura birraria. Farebbe bene a tutti, venditori compresi.

21 COMMENTS

  1. hai veramente ragione, ma sai quante parolacce ho tirato , la descrizione dei malti, i possibili sostituti…ma scriveteli no?
    e poi alcuni non ti fanno fare l’account se non sei microbirrificio, ma insomma adesso ho l’account pure sul sito del supermercato perchè non da loro…io faccio circa 10/12 cotte l’anno da 50 litri e per recuperare un vecchio ordine gli devo mandare una mail…tenere un account con uno storico ordini è difficile secondo voi?
    Perchè l’inox lo comprà ovunque tranne che sui siti di attrezzature per HB , come anche il teflon??
    Perchè le pentole in acciaio costano un rene?
    Perchè ho dovuto automatizzare tutto da solo con arduino spendedo pochissimo e invece voi me volete vendè le peggio cose??

    Perchè , perchè…..insomma si potrebbe migliorare veramente

        • Anche io in passato ho bevuto parecchia acqua dalla vasca dei pesci, fino a quando non acquistai al negozio di acquari il mitico sifone!

      • Ciao, ho visto che fermenti anche nelle damigiane da 5 litri “dell’olio”. Mi chiedevo quale sifone automatico utilizzassi perché io ho preso quello di birramia e non entra per un millimetro!

        • In alcune non entra, è vero. In quei casi uso solo il tubo di plastica rigido interno del sifone: aggancio il tubo crystal, lo riempio di soluzione sanitizzante per avviare il succhio, scarico in un barattolo finché esce la soluzione, poi passo il flusso nel fermentatore quando inizia ad uscire la birra. Detto così sembra difficile, ma con un po’ di pratica si riesce senza problemi.

          • Ah peccato, speravo avessi trovato un sifone “ultrafine”! Il sistema che dici lo avevo provato tempo fa con risultati disastrosi! Dovrò allenarmi un po’. Forse l’unica alternativa per i boccioni a collo stretto sarebbe un tappo con due fori (quello che alcuni hb americani usano) e soffiare in uno per creare pressione. Non il massimo ma almeno un minimo più igienico che risucchiare dal tubo che poi finisce nel mosto(?). Grazie per la risposta e complimenti per il blog, sempre interessante!

  2. D’accordo.. Io tra l’altro sono andato direttamente alla fonte, cioè dal fornitore, nel magazzino. Non dico il nome ma c’è dentro la k…. Conclusione:trovato malissimo. Luppolo scelti non consegnati perché erano finiti, nonostante li abbia chiamati la sera prima, ma soprattutto una scortesia glaciale, va bene che siamo in piena pianura Padania,.. Ma cazzo su con la vita.. Sono un cliente, non un ladro!!! Era meglio fare l’ordine online.. Almeno non vedi le facce..

  3. non è un rant, è una lezione -gratuita- di marketing, quello che servirebbe al 99% dei siti di e-commerce italiani.
    le aziende chiudono o si lamentano che sopravvivono a fatica ma cazzo se gli dici di studiare è come se glia avessi bruciato la nonna e tutta la progenie.

    Avanti rompipalle fino alla vittoria! 😀

  4. 2 appunti: a me personalmente per email m’hanno sempre risposto abbastanza velocemente, se non il giorno stesso sicuramente il giorno dopo (perlomeno, da quel che mi ricordo).
    Secondo: la cosa che mi fa più incazzare, è che lavorano male online. Siamo nel 2016 e trovo incredibile che un’azienda che vende tantissimo online non sappia lavorare in questo mondo. Già le email sarebbero superate, se si pensa che riguardo a BacBrewing si può contattare l’account Facebook personale di Francesco Teboni senza il minimo sbattimento e ricevendo risposte esaurienti e velocissime (in più è anche presente nei vari gruppi di homebrewing, e mi è capitato di vederlo partecipare e rispondere, così come Davide Polsinelli). Non hanno la minima strategia di comunicazione, tanto che mi fa pensare che non abbiano proprio un reparto dedicato alla comunicazione. Basti pensare a Pinta: sono anni ormai che gira la voce che hanno luppoli scadenti. Cos’hanno fatto in merito? Assolutamente nulla. Ciò non fa altro che confermare questa tesi, e magari poi uno può anche iniziare a farsi domande su come vengono conservati anche gli altri ingredienti. Se assumessero il primo coglione laureato in scienze della comunicazione si ripagherebbero ampiamente lo stipendio con le vendite che gli recupererebbe.
    E comunque, anche riguardo agli altri, non vedo foto sui loro profili nè sui siti dei luoghi dove tengono i materiali. E non credo che abbiano qualcosa da nascondere. Semplicemente, non hanno qualcuno che ci pensa. Ma ripeto, nel 2016 dovrebbe essere chiara l’importanza della comunicazione online per aziende di questo calibro.

  5. Ed ecco che finalmente un sito italiano ha inserito la data di scadenza e di conseguenza quella di confezionamento dei lieviti liquidi….!!!

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