Qualche tempo fa, un articolo di questo blog fece scaturire una lunga discussione sulla pagina facebook. L’oggetto del sostanzioso scambio di commenti è stata la mia tendenza a inoculare il lievito secco direttamente nel fermentatore, senza la preventiva reidratazione in acqua calda (almeno per birre fino a 1.060 di OG). L’obiezione che mi veniva fatta è che così facendo uccidevo una buona parte delle cellule del lievito. Cosa di cui sono sempre stato cosciente, ma che ho sempre compensato inoculando una quantità leggermente superiore di lievito. Del resto, diversi birrifici che stimo (e che hanno vinto premi con le loro birre), inoculano il lievito secco senza reidratazione.

Quello che si dice, e soprattutto quello che è scritto su alcuni testi (come per esempio Yeast di Chris White), è che l’inoculo diretto nel mosto porta alla morte istantanea di una buona parte delle cellule del lievito inoculato (quasi la metà, afferma sempre Chris White nel suo libro). Questo effetto può ovviamente essere compensato utilizzando più bustine di lievito, ma è anche vero che avere troppe cellule morte in giro per il mosto non è il massimo della vita: potrebbero andare in autolisi prematura e rilasciare composti indesiderati nella birra. È anche vero che si tratta di poche cellule rispetto al volume totale della birra (il lievito non si è ancora moltiplicato), ma il rischio remoto c’è.

Oggi, grazie alla segnalazione di un lettore del blog (Alessandro Scaglione, che ringrazio) mi sono imbattuto in un interessante articolo pubblicato da un certo Khris Lloyd, di cui al momento ignoro le generalità. 🙂 Premesso che l’affidabilità dell’autore è tutta da dimostrare, il procedimento descritto nell’articolo sembra robusto e i risultati piuttosto interessanti. Ho qualche dubbio sull’affidabilità del conteggio cellulare tramite conta al microscopio, ma sto verificando la questione con un amico che lavora con i lieviti in laboratorio. Per ora, ipotizziamo che il metodo sia affidabile.

Loyd ha diviso in due contenitori un mosto prodotto da estratto di malto. Nel primo contenitore ha inoculato lievito secco US05 non reidratato, mentre nel secondo lo stesso lievito reidratato in acqua calda. Ha tenuto anche un flask di controllo dove il lievito secco è rimasto in acqua. La conta cellulare, condotta a 45 minuti dall’inoculo, ha rivelato una differenza trascurabile nel tasso di mortalità tra lievito reidratato (primo campione), lievito tenuto semplicemente in acqua (secondo  campione) e lievito inoculato nel mosto senza reidratazione (terzo campione). Le cellule morte nel lievito reidratato sono il 3% del totale inoculato, in quello non reidratato la percentuale sale di pochi punti (8%).

lievito secco non reidratato 1

Questi numeri sembrerebbero ben lontani dal tasso di mortalità del 50% paventato da Chris White. Ovviamente il tutto va preso con il beneficio del dubbio, visti i volumi ridotti di lievito e mosto utilizzati nell’esperimento. A ogni modo, a detta dell’autore dell’articolo, questi risultati sarebbero significativi fino a batch da 10 galloni (circa 40 litri). C’è da considerare poi che diversi ceppi di lievito potrebbero comportarsi in maniera differente, ma per ora questo mi sembra un risultato interessante sul lievito più utilizzato dagli homebrewers. Ultima nota non trascurabile: le bustine utilizzate nell’esperimento, che avevano nove mesi sulle spalle, mostrano una perdita di cellule comunque molto bassa (3% nel caso della reidratazione). Segno evidente dell’eccellente tasso di conservazione dei lieviti secchi rispetto ai liquidi.

 lievito secco non reidratato 2

L’articolo completo è disponibile a questo link. Mi riservo di fare qualche verifica e aggiornare il post nei prossimi giorni. Voi cosa ne pensate? Qualche esperienza al riguardo?

14 COMMENTS

  1. Ciao come sempre complimenti per il blog.
    Leggendo l’articolo originale ti direi che il metodo di conta è corretto. (una diluizione 1:10 per diminuire il numero di cellule da contare e evitare “grumi” e una diluizione 1:1 per colorare le cellule totale 1:20).

    Sarebbe ancora più interessante capire da ” da quanto è ” l’emocitometro che usa per poter risalire alla concentrazione delle cellule per ml o L.

    Cmq. io a parte le prime volte ho sempre messo lievito secco nel mosto sinceramente senza curarmi troppo delle conseguenze. Ora dormo più tranquillo.

  2. Esperienza mia, senza avere alcun microscopio e senza effettuare conta alcuna…e che io non reidrato da che facevo e+g…dal 2008.
    Con soddisfazione devo dire.
    Il che significa che per me uguale è.
    Un passaggio in meno.
    Una fonte di errore e/o contaminazione in meno.
    Come te nel caso tendo ad avere un pitching rate leggermente superiore al richiesto.
    E in caso di og alte concateno.
    Poi negli anni ne ho letta di ogni…e bla bla….e bla bla bla….e bla bla bla bla….ma solo il boccale per me (come sempre) canta.
    Poi so che a te piace andar a leggere in ogni dove….e fai bene eh, per carità, nella vita c’è sempre da imparare. 😉

    P.s La stout…come procede?

    • Ciao Conco, la stout con il roasted è diventata una Irish Extra Stout, quindi leggermente più tostata e alcolica (siamo comunque bassi, intorno ai 5.5% ABV). La imbottiglio domenica, vorrei tenermela per le celebrazioni di San Patrizio. Dagli assaggi diretti dal fermentatore non sembra niente male, ma mi sono tenuto basso con il roasted (5%, accompagnato da un altro 7% di chocolate e un 5% di malto brown).

  3. Ciao!
    Acc….però così non vale…se qualcosa non andrà sarà colpa del roast….e non del chocolate o del brown…ahahah
    Ovviamente scherzo….ottimo!
    Un mese mi pare un po’ pochino comunque per fargli la festa, io sotto il mese nemmeno le tocco, giusto per controllare volume di co2 ne apro una al mese di vita.
    Su quell’abv e su quello stile in genere le mie sono al top ai 6 mesi…e faccio priming mooolto light, forse pure troppo. 🙂

    • Un mese probabilmente è poco, ma sei sono un casino! Me le dovrei nascondere per non finirle prima 🙂 Anche io carbono bassissimo, odio le le bolle nelle birre inglesi/irlandesi.

  4. Quel tipo di birre per me devono essere come il mare d’agosto in bonaccia nel boccale.
    Dove il mare e nero…e la birra.
    E il cielo e bianco…la schiuma…al limite marroncino nel caso di imperial stout.
    Tra il cielo e il mare deve essere piatta!!! 🙂
    Quello e aspetto che cerco….e che non sempre ottengo purtroppo.
    Ma ti sto portando fuori discussione….purtroppo e più forte di me.
    Comunque io per reidratare si/no supponevo che alcuni articoli che ho letto in passato fossero (molto) pessimisti…se i valori che riporta il tipo sono corretti sarebbero in linea con quanto mi aspettavo!
    Anzi…sinceramente io avrei detto perfino peggio come conta…nel senso che mi aspettavo una mortalità leggermente più elevata non reidratando…..leggermente eh.

  5. Ciao Frank!…sempre molto istruttivo seguirti infatti da buon seguace non reidrato mai il lievito e come tu insegni ammostamento sempre a single step a 68°C.
    I risultati sono un pò variabili a dir la verità (attenuazioni che vanno dal 49% al 78%!) ma li probabilmente il problema sta nel test dello iodio che non riesco proprio a capire!!!!(vederci il rosso fuoco mi sembra pura utopia e nell’interpretare se si tratti di marrone tendente al rosso o al nero non sono proprio capace)

    • Non so quanto possa dipendere dal test dello iodio: in genere, se fai mash a 68°C, dopo una quarantina di minuti al massimo è stato tutto convertito. Se aspetti un’oretta come facciamo tutti, difficile che rimangano amidi residui. Per aiutarti nell’interpretazione del test dello iodio (che anche io ho sempre trovato ostico), puoi prelevare un campione di mosto a pochi minuti dal mashin, metterlo in frigo (altrimenti glie enzimi continuano a lavorare) e usarlo come termine di paragone per il test dello iodio a fine mash.

  6. Ah spettacolo!grazie mille per la dritta!…comunque credo che a me non siano sufficienti 60 minuti per la conversione dato che nella maggior parte delle volte dopo un’ora non ho superato il 50% di efficienza!( tutto questo lavorando in BIAB e senza ricircolo).

  7. Grazie Frank per aver condiviso ancora una volta un articolo dove si cerca in maniera quantitativa di far luce su di una questione piuttosto controversa. Dando per scontata l’affidabilita della metodologia e dell’autore il risultato farebbe sembrare esagerata l’affermazione di White sulla morte istantanea del 50% delle cellule di lievito non reidratate che vengono a contatto con il mosto (che peraltro sembrava confermata dal famoso esperimento di Terrill). Del resto senza dati oggettivi alla mano è sempre difficile dimostrare qualcosa e, da quando lo bazzico, ho scoperto che non c’è mondo come quello dell’homebrewing dove fantasie, leggende, credenze popolari e deliri personali si fondono per dare origine ad un unico magma di dubbio ed incertezza. Un altro dato piuttosto interessante che emerge dall’esperimento è che rapportando i risultati della conta cellulare ai grammi di lievito inoculati, ai volumi in gioco e alle diluizioni varie, l’autore otterrebbe un numero totale di cellule per grammo di lievito vicino ai 24 miliardi, di gran lunga superiore quindi alla quantità minima dichiarata nel datasheet di Fermentis per l’US-05 che è di 6 miliardi, anche se su quest’ultimo punto mi piacerebbe avere una conferma da qualcuno perché ammetto di non averci perso più di tanto tempo sui calcoli. Il dato sarebbe comunque in linea con quello ottenuto sulla densità cellulare/g del lievito in questione dall’esperimento di Terrill che se non erro è intorno ai 23 miliardi/g. Come si dice sempre in questi casi… la questione rimane aperta e ulteriori prove sono necessarie per confermare o smentire i dati ottenuti.
    Al di là di ogni curiosità scientifica rimane comunque sempre valida la considerazione che se il nostro metodo ci dà risultati costanti e riproducibili che soddisfano noi e chi beve le nostre birre si può tranquillamente proseguire per la strada intrapresa senza cambiamenti,….ma ahimè ormai il tarlo ha comiciato a scavare!
    Roberto

    P.S. Frank a giorni ti invio per e-mail i dati di cui ti avevo parlato in questo post http://brewingbad.com/2016/11/lievito-quando-la-passione-diventa-ossessione/#comment-9740

    …meglio tardi che mai!

    • Ciao Roberto, assolutamente condivisibili le tue osservazioni. Nicola Coppe, un homebrewer che ha a che fare con il lievito in laboratorio per lavoro, mi ha anticipato che il conteggio delle cellule colorate di blu è in realtà poco preciso. Il punto è che con questo metodo si individuano le cellule che non hanno le pareti cellulari distrutte, non quelle che successivamente saranno in grado di fermentare. Capita infatti spesso che una cellula apparentemente in “buone condizioni” non si riproduca e non partecipi poi alla fermentazione. In pratica con questo metodo si valuterebbe la “viability” e non la “vitality” del lievito. Sempre Nicola mi diceva che lo scarto potrebbe andare anche oltre il 20%. Appena ho tempo aggiorno anche l’articolo (sono in attesa di altre precisazione da Nicola). Aspetto anche i tuoi dati, allora!

  8. Frank, come sempre, complimenti!
    Io appartengo a quella nicchia di Homebrewers che prepara starter anche x i lieviti secchi, nonostante tutti dicano che per l’esiguo costo delle buste di lievito, tanto vale…
    Ti dico che ho provato anche a scrivere a Fermentis (non mi hanno mai risposto, nemmeno con le risposte automatiche) in merito alla questione della conta cellulare di ste fantomatiche buste.
    Se è vero che una singola bustina (x ex. di US-05) basta per un batch da 23l con gravità sino a 1.050, è altresì vero che la conta di cellule vitali è di 20 miliardi/grammo, ben lontana dai “maggiore di 6” dichiarata nel datasheet!

    Se x caso emergessero dati più coerenti in merito a questo argomento, sarei davvero felicione, xkè altrimenti, la stima delle cellule utilizzando il secco è tanto scientifica quanto i metodi di Wanna Marchi…. 🙂

    Ancora complimenti per il blog!

    Happy Brewing!

  9. A mio modestissimo parere in questo articolo si fa un sostanziale errore di valutazione, è molto più importante valutare le cellule vive piuttosto che quelle morte.
    Premetto che sto studiando da birraio ma resto comunque un neofita.
    Ho avuto la possibilità di studiare i lieviti con un birraio che ha lavorato anni a Brixton nel birrificio moor.
    La reidratazione in acqua calda del lievito serve a far recuperare alla cellula la sua forma originaria garantendo che possa lavorare al 100% della sua potenzialità.
    Una cellula disidrata invece, inserita direttamente nel mosto, non ha il tempo e le condizioni per riprendere a pieno la sua forma, viene stressata obbligandola a lavorare nel mosto da subito.
    Quindi è utile reidratare il lievito, non tanto per perdere meno cellule quanto per garantire che lavorino nel modo corretto.
    Cmq ottimo blog!

  10. La tua osservazione è assolutamente pertinente. Approfondendo ulteriormente il tema, infatti, è venuto fuori successivamente che il marcaggio con blu-metilene “presenta due ordini di problemi: in primis, rovina il campione che non si può più utilizzare per la fermentazione; inoltre, la non colorazione evidenzia le cellule con la parete cellulare integra, ma non si può essere certi che queste siano poi effettivamente in grado di portare avanti una fermentazione”. Puoi trovare maggiori info in quest’altro post:

    http://brewingbad.com/2017/02/il-lievito-liquido-non-e-per-tutti-parte-seconda/

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