Chiunque si avvicini al mondo dei lieviti liquidi, prima o poi, si dovrà confrontare con le stime di vitalità delle cellule. Non avendo molto altro a disposizione, ci si affida ai soliti calcolatori online che stimano il tasso di vitalità delle cellule in base a formule estrapolate da esperimenti condotti in laboratorio (calcolatori come quello di Brewer’s Friend o Mr Malty). Il risultato di queste stime è influenzato da diversi fattori, alcuni dei quali fuori dal nostro controllo e sopratutto dalla nostra conoscenza. Su tutti, quello che influisce maggiormente sui risultati è la modalità di conservazione del campione di lievito che abbiamo tra  le mani. Oltre alla data di produzione, stampata sulla busta, sappiamo poco o nulla. Come è stato conservato? È stato tenuto sempre il frigo? Ha subito sbalzi di temperatura? Quanti giorni ha passato al caldo nei magazzini o nei camion del corriere? Senza una risposta precisa a queste domande, le stime dei calcolatori si avvicinano molto a una estrazione del lotto.

La situazione si è resa ancora più intricata da quando la White Labs ha introdotto le nuove confezioni Pure Pitch: teoricamente dovrebbero migliorare la conservazione del lievito, ma per ora non sono disponibili modelli di calcolo adatti a stimare il tasso di mortalità delle cellule impacchettate in questo nuovo formato. Tramite il lotto, stampato sulla busta insieme alla data di scadenza, si può risalire al numero di cellule vive al momento del confezionamento (link), ma rimane l’incognita sulle variazioni di temperatura subite dalla confezione durante lo stoccaggio e il trasporto.

White-Labs-PurePitch-Packaging-MiresBall

Come ovviare a questo problema? L’ideale sarebbe, ovviamente, contare le cellule vive prima di ogni produzione; una pratica, questa, che richiede esperienza e strumentazione che non sono alla portata di tutti. Inoltre, immaginate che noia se prima di ogni cotta dovessimo metterci a contare le cellule di lievito disponibili nelle buste che ci vengono spedite a casa. I birrifici come fanno? Be’, solitamente (almeno per quanto ne so io, ma correggetemi se sbaglio), chiedono a dei laboratori specializzati di coltivare il numero di cellule di cui hanno bisogno. Dopo qualche giorno gli arriva in birrificio la confezione bella e pronta per l’inoculo e via.

Noi poveri mortali siamo invece costretti a ricorrere allo starter. Questo introduce ulteriori passaggi nel processo di produzione aumentando il rischio infezione. A ogni modo,  se si seguono tutti gli step con attenzione, il gioco vale indubbiamente la candela. Come vedremo tra qualche riga, le stime che abbiamo sempre preso come rifermento sono molto, ma molto ottimistiche. Per questo fare uno starter con i lieviti liquidi non è solo importante, ma è fondamentale. E ancora: è sempre bene produrre un po’ di cellule in più, visto che la situazione di partenza è spesso molto meno rosea di quanto pensiamo. Insomma, sottoscrivo e confermo quello che scrissi diverso tempo fa nella ipotetica prima parte di questo post (il lievito liquido non è per tutti).

Ma torniamo a noi.

Qualche tempo fa ebbi alcuni scambi interessanti con Roberto Orecchia, un ragazzo che lavora in laboratorio. Mi disse che stava conducendo dei semplici test sulle buste di lievito della Wyeast e che se avessi voluto avrei potuto pubblicare i risultati sul blog. I risultati sono arrivati, sono interessanti e meritano una attenta lettura.

In cosa consiste l’esperimento di Roberto? Colto anche lui dal dubbio sull’affidabilità dei calcolatori online, si è messo a contare le cellule vitali contenute in tre buste di lievito ordinate online e consegnate a casa dal corriere. Una menzione d’onore va al processo utilizzato per il conteggio delle cellule che dovrebbe essere piuttosto affidabile (anche qui, correggetemi se sbaglio). Il metodo più semplice per contare le cellule vive (consigliato anche da Chris White nel libro Yeast e sul sito della White Labs) è il marcaggio tramite blu metilene: se la membrana cellulare è integra, questa sostanza non viene assorbita dalla cellula e rimane trasparente. Contando tramite un microscopio le cellule macchiate di blu, si riesce a stimare la quantità complessiva di cellule vive. Questo metodo però presenta due ordini di problemi: in primis, rovina il campione che non si può più utilizzare per la fermentazione; inoltre, la non colorazione evidenzia le cellule con la parete cellulare integra, ma non si può essere certi che queste siano poi effettivamente in grado di portare avanti una fermentazione. Il problema di questa tecnica, quindi, è che consente di individuare e contare le cellule con le pareti integre ma non quelle in grado fermentare il mosto. Mi è stato detto che l’errore potrebbe arrivare anche al 30%, ovvero si potrebbero avere fino al 30% di cellule senza colorazione blu ma comunque non in grado di portare a termine la fermentazione. Questo dubbio lo sollevai già qualche tempo fa analizzando i risultati di un altro esperimento (link), dove la conta dava risultati estremamente positivi.

Roberto ha usato invece un altro metodo, decisamente più valido. Ha isolato le cellule di lievito e le ha messe in condizioni di riprodursi. Dopo diversi giorni, ha contato le cellule che hanno dato luogo a colonie, ovvero quelle veramente in grado di fermentare un mosto. L’esperimento è stato fatto su tre buste di lievito Wyeast, i risultati sono davvero sorprendenti. Roberto ha inserito nella tabella la stima di vitalità ottenuta dal noto calcolatore online Brewer’s Friend. Guardate cosa è venuto fuori.

 Wyeast Vitality.

Chiaramente questo esperimento singolo non dimostra nulla: potrebbe trattarsi di lotti sfortunati o semplicemente di un pacco gestito male dal corriere. Quello che vorrei sottolineare però è l’importanza dello starter quando si utilizzano i lieviti liquidi: sicuramente non risolveremmo il problema nei casi in cui la stima cellulare fosse così lontana dalla realtà (vedi tabella), ma l’assemblaggio di uno starter, unito a un atteggiamento conservativo sulle stime fornite dai calcolatori online, aiuta indubbiamente a evitare il  disastro.

Ringraziando infinitamente Roberto Orecchio per il lavoro svolto e soprattutto per averlo condiviso, consiglio di leggere per intero il suo articolo, che allego qui sotto per comodità.

11 COMMENTS

  1. Ma a questo punto, visto che le maggiori variabili sono le condizioni in cui il lievito è stato mantenuto, mi pare salgano di molto le quotazioni dell’harvesting. Mi spiego: si potrebbe fare una stima (visto che disponi anche di un aiuto in laboratorio) di quante cellule vive ci sono in – supponiamo – mezzo litro di starter ancora sull’agitatore, con tutte le cellule in sospensione (dovrebbe essere una costante, indipendente da quante cellule vive c’erano all’inizio…). Cacciarlo in frigo a 4°, e toglierlo solo per misurare le cellule vive ogni mese che passa. Diminuiremmo così considerevolmente le variabili e le sostituiremmo con delle costanti. Basterà di volta in volta sovradimensionare lo starter di mezzo litro. Sarebbero di gran lunga compensati i rischi di infezione e varrebbe veramente la pena costruirsi un personale deposito di lieviti… Potrebbe essere o sparo boiate?

    • Ciao Simone, premesso che non ho un aiuto in laboratorio, ma solo un lettore volenteroso che ha condotto un interessante esperimento, ti rispondo per quello che ne so. Il modo migliore per propagare il lievito non è uno starter, che è una piccola fermentazione che produce alcol (tossico per il lievito, alla lunga). La conservazione dello starter in frigo fa morire le cellule molto velocemente, così come la conservazione di un lievito recuperato dal fondo di una cotta. La propagazione e conservazione del lievito vanno fatte con criteri ben precisi e richiedono conoscenze specifiche. Per noi “comuni mortali”, la stima e un buono starter restano i mezzi migliori per lavorare. Magari cercando di non acquistare lieviti troppo vecchi (ormai quasi tutti i rivenditori riportano la data di produzione sul sito).

      • Grazie Frank! Altra piccola osservazione, prendendo spunto dal tuo consiglio di non comprare lieviti troppo vecchi: se dall’esperimento vogliamo e possiamo trarre qualcosa, si può affermare, paradossalmente, che avremmo molte più probabilità (quasi il doppio!) di centrare il cell count con una busta più vecchia, visto che il margine di errore del lievito più vecchio è drasticamente più basso. Certo, dovremmo comunque aumentare considerevolmente la quantità di starter, e a quel punto tanto vale partire comunque da una busta giovane, visto che l’overpitching non dovrebbe avere particolari controindicazioni… o no?

        • Osservazione corretta, ma è sempre meglio partire da un lievito più giovane e andare al limite un po’ in overpitching. Le cellule vecchie, anche se ancora vitali, sempre vecchie sono! 🙂

  2. interessante ma mi sarei aspettato un proseguo dell’esperimento con conta delle cellule dopo vari starter per valutare le differenze rispetto ai modelli matematici di white e di braukaiser (che già differiscono tra loro). in america considerano brewer’s friend troppo conservativo e qui ne esce fuori che invece sovrastimi enormemente! curiosità, in che mese dell’anno sono state acquistate le bustine? il corriere ha consegnato entro le 18 ore?

    • Questo non te lo so dire Francesco, bisognerebbe sentire Giuseppe. Cmq la variabile “temperatura di conservazione” secondo me influisce molto.

      • L’articolo dice che i «tre ceppi Wyeast […] facevano parte di una singola spedizione avvenuta nella seconda metà di settembre dell’anno scorso». Non dice invece in quanto tempo sono state consegnate le buste.

      • La confezione è arrivata dopo circa 48 ore dalla spedizione, ma del resto il venditore non garantiva la consegna entro le 18 ore. Avevo scelto per la spedizione la confezione contenente un sacchetto di gel refrigerante. Il problema è che, anche se meglio di niente, l’imballaggio non è sufficiente a mantenere la temperatura in un range idoneo per il tempo necessario. La spedizione dei lieviti infatti non avviene a “temperatura controllata”, cosa che avrebbe costi ben diversi, ma a temperatura ambiente. Lo stesso tipo di problema secondo me ricorre durante la spedizione dagli USA all’Italia per cui vi è un sommarsi di criticità. Wyeast dal canto suo si tutela scrivendo sul retro delle confezioni che “il lievito dà il suo meglio quando usato entro 6 mesi dalla data di produzione e quando conservato tra 1 e 4 °C. Lieviti più vecchi o che siano stati esposti a temperature superiori od inferiori possono richiedere più tempo per diventare attivi o gonfiare la busta” e purtroppo credo ci sono svariati motivi che rendono i lieviti particolarmente sensibili alle variazioni di temperatura.

    • la conta post starter è fondamentale perché se ha ragione brukaiser anche partendo da pochi miliardi di cellule (3-5 presenti nelle sfortunate buste di giuseppe) con uno starter di 1,5Lt potremmo già fermentare con tranquillità i canonici 23 litri. secondo il modello di white invece quelle buste sarebbero semplicemente da cestinare.

  3. Sempre pensato, ora ho una minima conferma. Le birre fatte con lieviti vecchi mi sono sempre venute una chiavica, nonostante avessi fatto bene i calcoli. Ora so perchè 🙂
    Grazie Frank!

  4. Bell articolo, interessante come sempre. E resto sempre di più dell idea che con i lieviti secchi, la cui qualità negli ultimi anni è migliorata moltissimo, e una gestione curata e puntuale della fermentazione uniti a una corretta ossigenazione si possano creare birre dello stesso livello che con i liquidi con meno rischi e spesa. Certo, non per tutto esiste un lievito secco ad hoc, ma è anche vero che spessissimo, a livello casalingo, le altre variabili della fermentazione non vengono curate così bene rendendo di fatto inutile la spesa. Inoltre moltissimi birrifici usano lieviti secchi, alcuni versando direttamente le bustone nel fermentatore. E le birre vengono fantastiche lo stesso ( visto e assaggiato di persona)

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