La storia di questa birra è un po’ travagliata. Si tratta della versione “sperimentale” della Abigail Session IPA, di cui ho già scritto tempo fa. Questa versione muove i passi da cinque litri di quel mosto, fermentati con un lievito belga che mi aveva già dato soddisfazione su birre molto luppolate (vedi recensione della Balegian Pale Ale “Dar Adal”).

Purtroppo per questa birra non ho foto delle prime bevute, ma solo dell’ultima bottiglia, aperta qualche giorno fa dopo poco più di un mese di maturazione. Nonostante le bottiglie siano state tenute sempre in frigo, risulta evidente l’imbrunimento del colore. Ossidazione? Di questo parleremo a fine post, confrontando il colore di questa birra con la versione “session IPA” che sembra aver resistito meglio.

A ogni modo questa hoppy belgian ale rimane valida, a mio avviso. Visivamente si è parecchio deteriorata (alcune ipotesi sulle cause in fondo al post), ma devo dire che aroma e flavour hanno tenuto bene per ora. Mi è piaciuta parecchio, e trovo questo lievito molto adatto allo stile.

RICETTA

Poco da dire sulla ricetta, se non che è la stessa della Abigail Session IPA (link) con l’unica variazione nel lievito utilizzato, che in questo caso è il Belgian Ale della White Labs (WLP550).

La preparazione dello starter merita invece qualche riga in più. La confezione era piuttosto vecchia, aveva quasi raggiunto i sei mesi dalla data di confezionamento. Il calcolatore online di Brewer’s Friend stimava a zero la concentrazione di cellule vitali. Dovendo fermentare solo 5 litri con OG piuttosto bassa, ho deciso di tentare la rianimazione del lievito.

Ho quindi preparato prima un piccolo starter da mezzo litro, senza agitatore. L’obiettivo principale di questo step è quello di stressare il meno possibile il lievito, evitando di inoculare in tanti litri di mosto le pochissime cellule eventualmente sopravvissute. Ho preferito non avviare l’agitatore per avere una evidenza visiva più chiara sul vigore fermentativo. Che è stato scarso, ma nel giro di un paio di giorni qualcosa si è mosso, facendo scendere la densità dello starter.

A questo punto ho messo il tutto in frigo per far depositare il poco lievito e separarlo dalla parte liquida. Al fine di poter utilizzare gli algoritmi del calcolatore online (che dava zero come numero di cellule vitali, inibendo i conteggi successivi) ho ipotizzato di partire da 3 miliardi di cellule. Questo primo step dovrebbe aver portato il conteggio delle cellule del mio lievito a circa 15 miliardi.

Una volta decantata la parte solida da quella liquida, ho preparato quindi un secondo starter da un litro. Stavolta con agitatore, seguendo il modello di Chris White (quello più conservativo). L’attività del lievito in questo secondo starter è stata decisamente più evidente e veloce rispetto al primo step. Secondo i calcoli teorici dovrei essere arrivato a 75 miliardi di cellule con questo secondo step: più che sufficienti per fermentare i miei cinque litri di mosto con OG 1,046.

FERMENTAZIONE

Dopo aver somministrato una buona dose di ossigeno al mosto, ho inoculato il fondo dello starter. In poche ore il gorgogliatore dava già qualche colpetto, come accade solitamente quando si inocula uno starter con pochi giorni di vita sulle spalle. La fermentazione è stata piuttosto vigorosa, tanto da costringermi alla temporanea sostituzione del gorgogliatore con un tubo per il blow-off.

Per queste piccole cotte non utilizzo la camera di fermentazione, quindi la fermentazione ha seguito la temperatura di casa. Nel precedente esperimento con questo lievito (vedi ricetta e assaggio della Dar Adal) mi ero tenuto un po’ più basso partendo da 20°C.

Ho misurato la FG solo al momento dell’imbottigliamento, confidando sul fatto che la fermentazione fosse finita. Il valore era uguale a quello della “sorella” fermentata in parallelo con US-05: 1,009. Ho quindi imbottigliato direttamente dal fermentatore con priming in bottiglia, puntando ai 2.0 volumi.

ASSAGGIO

Quello descritto nel seguito è l’assaggio di una delle prime bottiglie (erano solamente 8 in tutto), a un paio di settimane dall’imbottigliamento. Dopo un mesetto ho iniziato a notare un imbrunimento “sospetto”, possibile indice di ossidazione. Ne parlerò a fine post, intanto ecco la degustazione della versione “fresca” (la foto è invece dell’ultima bottiglia aperta).

 ASPETTO  Si presenta nel bicchiere con una schiuma bianca, a bolle fini. Poca, ma con buona persistenza. La birra è piuttosto velata, quasi torbida, di un colore giallo dorato.

 AROMA  L’aroma è un tripudio di frutta. Come nella sorella fermentata in parallelo con US-05, emergono le note citriche dei due luppoli utilizzati in ricetta: pompelmo, soprattutto scorza, limone ma anche un leggero mandarino. L’aspetto interessante di questa versione è la comparsa di altre tonalità di frutta, prevalentemente a polpa gialla, come pesche e albicocche. Spunta a tratti un lievissimo sbuffo di banana che tuttavia non stona. Chiude il cerchio uno spunto fenolico molto delicato ed elegante che ricorda il pepe rosa. Complessità e bilanciamento decisamente interessanti e ben riusciti. Quando la birra si scalda, emerge a tratti quella nota polverosa che si affacciava, con vigore maggiore, anche nell’altra versione.

 GUSTATIVO   L’ingresso al palato è fruttato, ma rispetto all’aroma prevale la componente citrica (scorza di pompelmo e limone). L’amaro è deciso ma non tagliente con persistenza media. Sul finale fa capolino il malto nella forma di mollica di pane e leggerissimo cracker. Il finale è secco.

 MOUTHFEEL  Corpo leggero ma non acquoso. Carbonazione bassa, forse si poteva osare un po’ di più. Astringenza sotto controllo, alcol non pervenuto (e ci mancherebbe, ha solo 5% ABV).

 IMPRESSIONI GENERALI  Sono molto colpito da questa birra, particolarmente dall’interazione, a mio avviso ben riuscita, tra lievito e luppoli. Gli aromi prodotti da questi due ingredienti si complementano generando un bouquet aromatico di buona complessità in cui nessun aroma prevale sull’altro. Lievito molto adatto per questo tipo di ricette, dove la dose di luppolo è significativa (più di 10 gr/L tra aggiunte in late boil e dry hopping). Fenolico sotto controllo senza fastidiose virate sul chiodo di garofano. Da rifare assolutamente.

E L’OSSIDAZIONE?

Pur avendo conservato le bottiglie sempre in frigo, dopo un mesetto ho iniziato a notare una virata nel colore della birra: dal giallo-dorato è passata a un giallo-ambrato con venature grigiastre che la rendono decisamente poco attraente nel bicchiere. Devo dire che questo non ha influito particolarmente su aroma e flavour, o almeno io non me ne sono accorto. Ovviamente è impossibile fare assaggi affiancati della stessa birra in momenti diversi della maturazione, ma a memoria (e in base agli appunti presi) non ho notato particolari variazioni nell’aroma. C’è da dire che era passato poco più di un mese dall’imbottigliamento e che la birra era stata tenuta sempre in frigo: se si fosse devastata mi sarei dovuto fare qualche domanda.

L’aspetto curioso è che la sorella in versione IPA sembra aver sopportato meglio la conservazione, anche nel mantenimento del colore (vedi foto sotto). Senza voler perdere troppo tempo in astruse speculazioni filosofiche, posso buttare lì un paio di idee che mi sono venute in mente per spiegare questa differenza di evoluzione in due birre imbottigliate nello stesso giorno:

  • la versione belga è stata imbottigliata in bottiglie con tappo a corona da 29 mm, mentre la versione IPA in bottiglie da mezzo litro con tappo sempre a corona ma da 26 mm. Ho notato, anche in passato, che altre birre chiuse con tappo da 29 mm hanno subìto un imbrunimento del colore nel giro di poco tempo. Possibile che questi tappi grandi (acquistati da un altro fornitore rispetto a quelli più piccoli) lascino entrare più aria? Aggiungo anche che la versione belga, imbottigliata con lo stesso priming, mi sembrava leggermente meno carbonata (questo supporterebbe l’ipotesi sui tappi).
  • nella versione IPA non ho ossigenato prima dell’inoculo del lievito (non ossigeno più quando uso lievito secco) mentre nella versione belga ho ossigenato con bombola di O2 puro. Forse l’ossigeno era troppo e il lievito non è riuscito a consumarlo tutto?

Con questi due quesiti chiudo la scheda di questa birra, che comunque è stata buona fino all’ultima bottiglia. 🙂

A sinistra, la Hoppy Belgian dopo un mese di bottiglia. A destra, la versione session IPA appena carbonata.

9 COMMENTS

  1. Io una volta, più per divertimento che altro, resuscitai due buste di 3427 che avevano tipo 2-3 anni sulle spalle.
    La birra non venne affatto male…anzi mi piacque discretamente.
    E io non sono biologo o un espertone su lieviti…però in casi di vitalità stimata misera…io in genere procedo con un primo step molto ma molto più contenuto…fino ad avvertire attività, poi faccio come hai fatto tu, mezzo litro (senza separare) e poi step finale in base a target cotta.
    Per tappi del 29 io avevo una boccola difettosa…ho dovuto sostituirla, perché a volte non serrava bene tappi…certo difetto era evidente, da foto mi pare che co2 sia in linea, le mie non tenevano proprio…però te la butto lì. 😉

    P.s molto divertente “giocare” con i profili del belgio e luppoli…non semplicissimo in alcuni casi, impossibile in altri, ma se trovi combinazioni compatibili c’è da divertirsi…certo profilo in alcuni casi va contenuto…io nella mia che ti feci assaggiare lo feci fin troppo…pareva quasi us 05…ahahahah

  2. Buongiorno Frank, come posso fare per contattarti tramite e-mail? Posso utilizzare l’indirizzo presente nella pagina contatti? Avrei bisogno di un aiuto

  3. Ciao Frank e complimenti per l’articolo!
    Riguardo al primo punto anch’io ho notato che se il tappo non appare ben sigillato, la carbonazione stenta a formarsi…
    Per il secondo punto penso che il grado di ossigenazione del mosto dipenda unicamente dalla temperatura dello stesso (un po’ come per il calcolo dei volumi di CO2) e in ogni caso quello in eccesso dovrebbe andare via dal gorgogliatore non appena inizia la fermentazione.

    • Sul secondo punto condivido quello che dici, ma il problema è quello che succede tra il momento in cui l’ossigeno viene insufflato e la partenza della fermentazione. In questo caso in effetti è passata solo qualche ora, ma in altri casi, per esempio quando si ossigena e si usa lievito secco, la fermentazione tumultuosa può partire anche 24 ore dopo. Nel frattempo l’ossigeno può aver fatto danni, anche perché il ripristino della condizione di equilibrio non è immediato, e comunque la concentrazione residua che può restare in soluzione, anche alla pressione atmosferica, non è poca. Pensa che nell’acqua, a pressione ambiente, possono esserci anche 2 mg/L di ossigeno che equivalgono a 2000 ppb. Il limite di concentrazione dell’ossigeno considerato “pericoloso” si aggira intorno alle 100 ppb, per dire. È un discoros molto complesso e decisamente difficile da sviscerare senza adeguati strumenti di misurazione.

  4. Ciao. Ho avuto lo stesso problema con i tappi da 29 . Per controllare il serraggio basta che provi a girarli. In comunque dei casi danno problemi sia quelli con la Bitulla che senza . Se trovi una soluzione facci sapere !!

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