E venne il giorno dell’imbottigliamento. Arrivo nel nostro laboratorio e Franko mi confessa di vedere delle microbolle dentro il fermentatore, una visione mistica di lieviti ancora attivi. Io butto un occhio e non vedo niente, tranquillizzo Franko e gli dico che può succedere quando si ha un rapporto così stretto con il fermentatore. A questo punto preleviamo un campione del prodotto per verificare se la densità avesse raggiunto il valore atteso. E qui abbiamo avuto la prima sorpresa: la birra si presenta con una gravità superiore alle aspettative, qualcosa non è andato come volevamo, probabilmente durante la cotta. Poco male, assaggiamo la proto-birra e il sapore non ci delude affatto. Decidiamo di non aspettare ancora e passiamo alla carbonificazione in bottiglia.
Il primo step è aspirare con il mitico sifone la birra dal fermentatore per travasarla in un altro contenitore con dentro dello zucchero (che servirà alla carbonificazione, insomma per renderla gasata grazie all’azione dei lieviti). Bisogna stare attenti a non aspirare il deposito di lievito e non fare ossigenare troppo la birra (ma ormai siamo assi del sifone). E vi assicuro che il deposito era proprio tanto!
Dopo aver giocato con il lievito come due bambini passiamo a sanificare tutte le bottiglie (in pratica metà del tempo della birrificazione si passa a igienizzare) per poi mettele a scolare nel pratico scolabottiglie (mai senza!).
A questo punto è il momento tanto atteso.. La prima bottiglia riempita e tappata. Passiamo 10 minuti buoni a guardarla e fotografarla, poi passiamo alle sue sorelle. Alla fine usciranno fuori una quarantina di bottiglie per una produzione totale di circa 18 litri.
A questo punto dobbiamo solo attendere due settimane per poter bere la prima birra carbonificata. Stiamo come due bambini che vedono i regali sotto l’albero ma non possono toccarli. E visto che le birre sono da Franko forse era meglio se le numeravo..