Ci eravamo lasciati nell’ultimo post con un dubbio amletico: cosa diavolo era quell’odore di zolfo che usciva dal fermentatore? La nostra birra (l’esperimento 187) sarebbe finita dritta nella tazza del cesso? Era colpa del lievito o di un’infezione? Siamo dei pessimi mastri birrai? E soprattutto: 9×9 farà 81? (cit.)
Bene, la risposta è no: la birra non è finita nel cesso.
Ieri abbiamo travasato il mosto nel fermentatore secondario (che poi è sempre la stessa damigiana, pulita dalla torta di lievito, sciacquata e sanitizzata) e con l’occasione abbiamo annusato, assaggiato e misurato: l’odore sulfureo si percepiva appena e sembra non aver lasciato tracce nella birra. Ne deduciamo quindi che il lievito California Ale V della White Labs tende a rilasciare questo tipo di odore durante la fase finale della fermentazione primaria, senza però indurre effetti negativi sulla birra. Lo terremo a mente.
La densità è scesa da 1046 a 1015, il che ci dà un’attenuazione apparente di ca. il 77% (in linea con quello che ci aspettavamo e con le indicazioni della White Labs).
Sul gusto della birra (l’esperimento 187, fatta con gli avanzi della cotta della “Serendipity IPA“) per ora sorvoliamo. D’altronde, si tratta di un esperimento.
Già esserci liberati del mefistofelico zolfo ci pare un buon segno.