Da poco tempo ho scoperto Brülosophy, un blog di un homebrewer americano con un approccio alla produzione casalinga di birra che mi è piaciuto da subito. Si chiama Marshall, nella pagina dei credits sul suo blog dice di amare la semplificazione, l’efficienza e la sperimentazione e di ritenere il lievito l’ingrediente principale e più interessante della birra. Mi sono subito ritrovato molto in quello che scrive e ho iniziato a seguirlo e a condividere alcuni dei suoi post sulla pagina Facebook di Brewing Bad. Ho notato che molte altre persone si sono appassionate come me ai suoi esperimenti che spesso cercano di mettere in discussione, in maniera sempre umile, interessante e divertente, le convinzioni più radicate nel mondo dell’homebrewing. L’aspetto che apprezzo molto nel suo blog è che non si limita a postare le foto delle sue birre dicendo “tanto è bbbona lo stesso”, ma organizza gruppi di assaggio cercando di coinvolgere persone esperte, spesso giudici certificati BJCP o comunque appassionati di vario livello. Sicuramente non si tratta di ricerche ed esperimenti con valenza statistica assoluta, ma è indubbiamente un approccio che condivido e che ritengo piuttosto valido.
Molti di voi ci hanno scritto lamentandosi per i troppi link in inglese che condividiamo sulla nostra pagina Facebook. Spesso questi link portano ad articoli lunghi, effettivamente ostici da leggere per chi non ha padronanza con la lingua inglese (non è colpa nostra se in italiano c’è ben poco di approfondito e interessante in giro). Ho pensato quindi di iniziare a tradurre ogni tanto qualcuno di questi articoli, almeno quelli che mi sembrano più interessanti e utili. Ho contattato subito Marshall di Brülosophy e gli ho chiesto se potevo tradurre qualcuno dei suoi post. Ha accettato con entusiasmo. Ecco quindi il primo articolo tradotto (spero il primo di una lunga serie): enjoy!
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Articolo originale: 7 CONSIDERATIONS FOR MAKING BETTER HOMEBREW
Dal blog Brülosophy
Molti homebrewers mi chiedono consigli su come poter migliorare le birre che producono. A dire la verità, provo un certo imbarazzo nel rispondere a questa domanda dato che nessuno di loro ha mai assaggiato le mie produzioni. In teoria potrei essere tranquillamente un pessimo hombrewer che si fa bello su internet pubblicando foto di birre perfette solo in apparenza. Immagino però che il solo fatto che io scriva di homebrewing su un blog sia stato sufficiente per convincere molti di voi sulla effettiva bontà delle mie birre (non sono male, tutto sommato). Del resto, anche io in passato ho seguito i consigli di altri homebrewer senza aver mai assaggiato le loro birre. Nonostante la mia risposta alla domanda “come fare birre migliori” sia stata sempre alquanto generica, molti di voi mi hanno contattato successivamente ringraziandomi per i consigli ricevuti. Da qui, l’idea di scrivere questo breve e potenzialmente noioso articolo.
Fare una birra “buona“ ha un significato diverso per ogni persona. Alcuni homebrewers cercano di riprodurre fedelmente una certa birra commerciale; altri sono motivati dalla creatività e puntano a inventare ricette focalizzate su ingredienti particolari; altri ancora inseguono la sperimentazione continua per imparare sempre nuove cose. Alla fine dei conti, qualsiasi sia la ragione per cui facciamo birra, puntiamo sempre a creare il miglior prodotto possibile. Per arrivare a un buon risultato, esistono alcuni aspetti che è bene tenere sempre in considerazione. Ovviamente non vi racconterò passo passo come si fa la birra: i miei consigli sono di carattere generale, derivano dalla mia esperienza personale e sicuramente da soli non vi porteranno a produrre una birra perfetta. Vi racconterò semplicemente alcune cose che ho imparato negli anni e che hanno avuto un impatto positivo sulla qualità delle birre che produco. Su alcuni punti potreste non essere d’accordo, su altri invece sì. Vediamo.
1) Un ricetta complicata non sempre produce una buona birra
Probabilmente avrete già sentito tante volte questo consiglio, ma è sempre bene ripeterlo. Quando iniziai a produrre birra in casa, è capitato anche a me di lanciarmi nella creazione di mirabolanti ricette che prevedevano l’utilizzo di 10 tipi di malto e 8 tipi di luppolo, fermamente convinto che questo approccio avrebbe prodotto birre fantastiche dalla meravigliosa complessità. Be’, sicuramente complesse lo erano, fantastiche non proprio. Mi è capitato di produrre alcuni batch di birre decenti con questo approccio, per carità, ma erano sempre birre strane che ti facevano in qualche modo storcere il naso. Fu solo quando provai a produrre una birra con un solo malto nella ricetta che mi resi conto di quanto un semplice malto base sia in grado di caratterizzare una birra in termini di aromi e sapori. Indubbiamente esistono stili per i quali è indispensabile utilizzare una miriade di malti diversi nella ricetta, ma ogni volta che si immagina una nuova ricetta è fondamentale valutare l’impatto che ogni singolo ingrediente avrà sul risultato finale piuttosto che tirarne dentro una manciata a caso solo perché hanno un nome intrigante. Allo stesso modo, ridurre l’utilizzo dei luppoli a 1 o 3 varietà al massimo per ricetta aiuta a esaltare le qualità positive dei singoli luppoli senza creare qull’aroma indefinito e spento che spesso si ottiene mischiando troppe varietà. Il mio insegnante di matematica mi diceva sempre: non complicare le cose inutilmente, cazzone.
2) Esistono altri malti base oltre al pale ale e al pilsner
È facile perdersi nella terminologia che i birrai e i produttori utilizzano per indicare i diversi tipi di malto: malti base, malti speciali, succedanei vari. Mi è capitato di parlare con molti homebrewers alle prime armi che definiscono speciali alcuni malti che in realtà possono essere tranquillamente utilizzati come malti base dato che hanno enzimi sufficienti per convertire i propri amidi in zuccheri durante il mash. Prendiamo per esempio il Monaco o il Vienna, tostati quel tanto da impartire alla birra un aroma di pane al forno mantenendo la giusta dose di enzimi per auto convertirsi. Se vi siete mai chiesti come ottenere un maggiore carattere maltato in una APA o IPA senza caricarla di malti crystal, la risposta potrebbe essere quella di utilizzare un Vienna o un Monaco in una percentuale del 30%-70%. Per chi volesse sperimentare, è possibile sostituire del tutto il malto base utilizzando il 100% di Vienna o Monaco in una ricetta già consolidata, mantenendo inalterati tutti gli altri ingredienti: rimarrete stupiti del risultato, ve lo garantisco! In base alla mia esperienza, il malto Monaco poco tostato (tipo il Monaco 10 prodotto dalla Gambrinus) apporta alla birra un leggero aroma di Cherry Icee (una sorta di granita di ciliegia, NdT) se utilizzato in percentuale che va dal 30% in su. Il malto Monaco maggiormente tostato dona invece interessanti aromi che mi ricordano il pane leggermente tostato. Un’altra cosa che faccio spesso quando creo una ricetta per una pale ale è quella di sostituire qualche chilogrammo di malto pale con del pilsner per ottenere un aroma di pane (alcuni dicono che questo sia il vero segreto per produrre delle ottime session IPA).
3) C’è vita fuori da Chico
Sappiamo tutti che molte delle tante (e ottime) birre prodotte dai birrifici artigianali fanno ampio uso di quello che è divenuto il ceppo di lievito più famoso nell’universo: il WLP001 California Ale/Wyeast 1056/US-05 conosciuto comunemente come “il ceppo di Chico” (dal nome della città dove risiedeva il birrificio da cui questo ceppo sembra sia stato isolato). Si tratta indubbiamente di un ottimo lievito che può essere utilizzato per produrre birre con un livello di esteri molto basso (se non nullo). Birre che puntano tutto sui luppoli e che… be’, sembrano tutte uguali! Non fraintendetemi, non ce l’ho con chi ama e utilizza questo ceppo di lievito, ma piuttosto ho perso interesse per un lievito che rimane in genere piuttosto neutro. Molte delle birre prodotte con questo lievito mi sono piaciute molto, per carità, ma il punto è che sembrano tutte uguali e ben presto mi annoiano. Ormai i ceppi di lievito disponibili per gli homebrewers sono tantissimi, è veramente un peccato non divertirsi a sperimentare con i diversi aromi che questi ceppi possono produrre durante la fermentazione. Se quello che volete è necessariamente un lievito neutro, potete provare come alternativa al Chico il San Diego Super della White Labs (WLP090) o addirittura un ceppo inglese come il WLP002 fermentato a basse temperature (18C). Volete invece enfatizzare il carattere fruttato del luppolo nella vostra prossima IPA? Scegliete uno dei lieviti Vermont prodotti dalla Yeast Bay, famosi per produrre aromi fruttati che ricordano pesca o albicocca. Certo, chi preferisce lieviti con una attenuazione massiccia ha una scelta più limitata, ma ricordiamoci che oltre all’US-05 esistono anche il BRY-97 della Danstar e l’M44 West Coast della Mangrove Jacks, tra gli altri. E se invece fermentassimo una IPA con un lievito saison? Ricordiamoci che a volte, grazie a una approccio a mente libera, sono stati creati tanti nuovi stili. E poi la sperimentazione è sicuramente più interessante e divertente.
4) L’imitazione può essere la più sincera delle forme di adulazione…
..ma non sempre il risultato è dei migliori. Di tutte le cose che ho imparato dai miei esperimenti, la più importante è che non sempre ha senso replicare in casa le pratiche utilizzate dai birrifici. Sebbene avere in casa un impianto che ricalca pezzo per pezzo quello di un birrificio ci faccia sentire dei gran fighi, il vero aspetto interessante dell’homebrewing è proprio quello di poter semplificare processo e attrezzature senza avere un impatto significativo sul risultato finale. Conosco alcuni homebrewer che hanno iniziato a produrre birre decisamente migliori da quando hanno semplificato i loro impianti casalinghi. Siamo tutti indubbiamente debitori nei confronti dei tanti birrai che negli anni hanno portato la birra artigianale e l’homebrewing al livello a cui siamo arrivati oggi, ma ad un certo punto gli obiettivi del mondo dei pro e quello degli homebrewers iniziano anche divergere, si forma nuova conoscenza e ci si trova a dover fare una scelta: continuare a fare le cose come sono state sempre fatte nei birrifici, o percorrere nuove strade. Personalmente propendo più per il secondo approccio. Siamo ormai in un momento storico molto interessante per l’homebrewing: le nuove tecniche che svilupperemo saranno quelle che gli homebrewers del futuro chiameranno un giorno “metodi tradizionali”. Credo che questa sia davvero una grande opportunità per noi. Capisco comunque (e apprezzo) che ci siano in giro tantissimi homebrewer che provano soddisfazione quasi unicamente nel replicare in casa gli impianti dei birrifici, come se la costruzione in se’ fosse il loro unico hobby. Discorso diverso se parliamo di riprodurre le ricette dei pro: in questo caso l’emulazione è un ottimo modo per imparare e accrescere le proprie abilità.
5) Andateci piano con gli ingredienti strani, almeno all’inizio
Un paio di anni fa ho aiutato un amico ad avvicinarsi al mondo dell’homebrewing: sono andato a casa sua e insieme l’ho guidato passo passo nella produzione della sua prima birra all grain, una semplice amber ale. Trascorsi appena due giorni dalla cotta, il mio amico mi mandò una mail chiedendomi se potevo dare un’occhiata a una nuova ricetta che aveva appena pensato. Non aveva ancora idea se la sua prima birra fosse venuta bene (la amber ale aveva iniziato a fermentare solo da due giorni) e già si riteneva in grado di creare ricette da zero. È proprio vero che quando uno si entusiasma è difficile poi fermarsi! Leggendo la sua ricetta avvertii una sensazione molto simile a quello che provo quando entro in cucina e trovo mia figlia in bilico sul tavolo – argh, non muoverti, ferma lì, questo non è un gioco, sul serio… ma come diavolo sei finita lassù? La ricetta del mio amico era un azzardo simile: prevedeva un mix assurdo di malti base e malti speciali, un po’ di miele e più o meno otto diverse varietà di luppolo da aggiungere in altrettante fasi della bollitura. Ma non finisce qui: la ricetta prevedeva anche un paio di cucchiaini di canella, noce moscata, chiodo di garofano e zenzero. Il bello è che il mio amico riteneva di avere una valida ragione per voler utilizzare ciascuno di questi ingredienti (il che era comunque una buona cosa). Lo chiamai e gli dissi: sarebbe meglio produrre qualche birra bevibile (almeno una!) prima di sentirsi il Jackson Pollock dell’homebrewing. Non sto dicendo che un homebrewer alle prime armi non possa produrre una super birra con una ricetta piena di ingredienti strani, ma solo che sarebbe bene padroneggiare un minimo processo, attrezzature e ingredienti prima di lanciarsi in mirabolanti creazioni. C’è anche da dire che sbagliando si impara e alle volte fare qualche birra assurda aiuta a capire cosa è meglio non fare (anche io ho iniziato facendo qualche errore grossolano). A ogni modo, credo che procedere per piccoli passi modificando ricette già consolidate sia un approccio che porta maggiori soddisfazioni (e anche risparmi economici) invece di cercare di voler inventare ogni volta qualcosa di completamente nuovo. Ricordate che pseudo-birre cariche di ingredienti assurdi venute male sono tremendamente più difficili da bere rispetto a birre che principalmente sanno di birra ma che hanno qualche piccolo difetto.
6) Non sempre i metodi classici portano i risultati migliori
Ho appena smesso di pontificare sul fatto di non spingersi troppo oltre con le sperimentazioni e ora mi metto a elogiare chi va controcorrente! Mi rendo conto come tutto ciò possa sembrare contraddittorio, per questo cercherò di spiegarmi meglio. Il principale obiettivo del mio blog (Brülosophy) è quello di incoraggiare gli homebrewers a pensare fuori dagli schemi: è bene cercare sempre di capire perché si sta facendo una certa cosa evitando di emulare qualcuno solo perché sembra saperne più d noi. Badate bene, dico questo con tutto il rispetto per le tante figure autorevoli che popolano il mondo dell’homebrewing: senza di loro non saremmo arrivati dove siamo oggi, su questo non c’è dubbio. Ricordo però che quando comprai il mio primo kit ci trovai dentro una confezione di gypsum con una nota che recitava qualcosa tipo “aggiungere un cucchiaino in bollitura per insaporire”. Molta acqua è passata sotto i ponti da allora e con il tempo e l’esperienza ho imparato che la chimica dell’acqua per fare birra è ben più complessa di una semplice aggiunta di gypsum a cuor leggero durante la bollitura, anche se sulla confezione del mio primo kit c’era scritto così. Questo per dire che se alcune istruzioni vi sembrano strambe o estremamente semplicistiche, ponetevi qualche domanda e cercate di approfondire, provare e sperimentare finché non sarete davvero convinti di quello che state facendo! Io stesso faccio tantissime cose che a tanti homebrewer sembrano assolutamente terribili tipo riutilizzare per birre “normali” fermentatori in plastica che hanno contenuto birre acide, eppure personalmente non ho mai riscontrato problemi e per questo continuo a farlo. Non consiglierei certo a tutti di farlo, ma alla fine dei conti l’importante è che non abbiate paura di mettere in discussione le pratiche comuni e che cerchiate sempre di trovare la vostra strada. Altrimenti si rimane immobili e non si cresce, il che non è una gran cosa.
7) Ricordate che fare birra in casa è prima di tutto un divertimento!
Conoscete sicuramente tutti il motto coniato da Charlie Papazian: Relax, don’t worry, have an homebrew! (rilassati, non temere, fatti una birra!). Sebbene non ami particolarmente le massime che girano su internet, questo mi sembra davvero un consiglio sensato. Fare birra in casa è un hobby, e come tutti gli hobby dovrebbe essere prima di tutto un divertimento. Se fare birra vi innervosice o vi stressa, se vi arrabbiate spesso, be’, forse è il caso che facciate un passo indietro per valutare se avete scelto l’hobby giusto per voi. Magari siete contrariati perché le vostre birre non ricevono un buon punteggio nei concorsi oppure vi sentiti sconfitti perché non riuscite a capire la ragione per cui negli ultimi tempi vi si stanno infettando tutte le birre. Ricordate sempre che per ogni problema esiste una soluzione e che in genere è molto più semplice trovarla se date il giusto peso alle cose e, soprattutto, se nel frattempo sorseggiate una birra fatta in casa.
Con questa iniziativa diventate definitivamente il miglior blog del settore imo
Ah ah, grazie! 😉
complimenti bellissima iniziativa non c’e che dire
Grazie!
Ottimo articolo molto interessante,
che sia il caso di iniziare a imparare un po di inglese?
Eh eh, direi proprio di sì… 😉
ottimo lavoro, e bellissima iniziativa! non è che per caso ti serve una mano a tradurre qualcosa? 😉
Per ora tengo botta, più in là vederemo. Grazie!
grazie per la traduzione !!!! 😉 complimenti.
A te!
Grande Frank, come sempre ottimo lavoro!!
Ogni articolo di Frank è eccezionale, al di fuori , più su.
Una lezione di alta specializzazione e/o di approfondimento.
Resto incantato durante tutta la lettura.
Grazie Frank… sei un grande.
Grazie luigi, sono onorato!
Bellissimo articolo!
Grazie Frank