Tornano su Brewing Bad le traduzioni del blog Brülosophy. Per questa puntata ne ho scelta una incentrata sul luppolo, dato che su Brewing Bad si parla sempre poco di luppolo vista la mia scarsa propensione alla produzione di birre spinte sull’amaro. Nulla di contrario in assoluto, per carità: come dice anche Marshall nel suo post, il luppolo mi piace e anche le IPA mi piacciono (quelle buone, chiaramente, non quelle super amare fatte solo per sfida e prive di senso). Diciamo che la gestione di lievito e malti mi dà più soddisfazione, e inoltre non avere in giro nei fermentatori tonnellate di luppolo mi semplifica la vita. Se voglio una buona IPA, ho una scelta infinita nei negozi e nei mille pub di Roma. Ma ora lasciamo la parola a Marshall e al suo esperimento sul doppio dry hopping.
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Articolo originale: SINGLE VS DOUBLE DRY HOP
Dal blog Brülosophy
Credo che alcuni abbiano male interpretato il fatto che non faccio molte IPA a casa pensando che non apprezzi questo stile. Non potrebbe essere più distante dalla verità. In realtà io bevo IPA spessissimo – è impossibile evitarle in questo periodo – ma non le faccio di frequente per una miriade di ragioni: esistono numerosi esemplari commerciali di ottimo livello, molti degli amici che frequento ne producono abbastanza da fornirmi la mia “dose” e, onestamente, sono birre che richiedono un discreto investimento economico. I luppoli sono dannatamente costosi, specialmente le varietà che ci piace tanto mettere nelle nostre birre fatte in casa. Quando comunque decido di brassare una IPA, ne faccio una di mia creazione e non uno scrauso clone di un esemplare commerciale già buono (smettetela, su), e il mio obiettivo è quello di estrarre dai luppoli più carattere tropicale/agrumato/fruttato/danky /resinoso possibile, un obiettivo che credo sia condiviso da tutti i fanatici del luppolo. Un metodo comune che tutti usiamo e che aiuta a raggiungere questo scopo consiste nell’aggiungere una dose di luppolo, di solito 2 once [57 grammi] per un batch da 5 galloni [19 litri], verso la fine della fermentazione, lasciandolo nella birra per un certo periodo di tempo in modo da estrarre tutti gli oli aromatici possibili – il cosiddetto dry hopping. Se c’è una gemma di conoscenza degna di essere esaltata tra quelle che gli dei della birra hanno donato agli homebrewers, è sicuramente il dry hopping.
Con l’aumento della popolarità degli stili birrari molto luppolati è cresciuto anche il nostro interesse nella comprensione delle migliori strategie di utilizzo di questo prezioso fiore. Negli anni ho sentito molti esperti di luppolo discutere dei diversi modi di fare il dry hopping, ma uno in particolare ha catturato la mia attenzione. Un paio di anni fa, mentre ascoltavo un’intervista a un produttore di birra commerciale – non ricordo chi fosse – le mie orecchie si drizzarono quando cominciò a discutere di una tecnica da lui usata regolarmente per ottenere un carattere luppolato maggiore in fase di dry hopping. Invece di fare una singola aggiunta abbondante di luppolo, questo birraio divideva i luppoli e li aggiungeva a blocchi a distanza di alcuni giorni. Una pratica che, a quanto diceva, aveva avuto un impatto molto positivo sul prodotto finito. Visto che sembrava piuttosto semplice, decisi di provare, e bada-bing bada-boom, nacque la “A Lil’ Slack IPA”. Anche a distanza di un paio di mesi dalla sua produzione, questa birra si guadagnò il secondo posto in una competizione targata BJCP ed entrambi i giudici espressero commenti sulla piacevolezza dell’aroma del luppolo. Fu abbastanza per convincermi del fatto che il metodo del doppio dry hopping aveva funzionato.
A quel punto però la parte scettica e fastidiosa del mio cervello si accese. Così iniziai a domandarmi se la birra sarebbe stata la stessa se avessi aggiunto lo stesso quantitativo di luppoli in una singola tranche. Ignorai quella piccola vocina molesta per un paio d’anni e continuai a fare il doppio dry-hopping nelle mie IPA, convincendomi ogni volta di essere in grado di riconoscere la differenza, sicuro del fatto che le mie IPA fossero migliori a causa di quel nuovo metodo. Soltanto quando ho partecipato ad una competizione con degli amici nella realizzazione di un clone della House of Pendragon Lancelot IPA, ho deciso di testare nella pratica questa mia teoria. Sapete, non sono una persona molto competitiva, ma se una cosa così semplice come dividere in due l’aggiunta del luppolo avesse aumentato le mie chance di vincere, hey, perchè non provare?
| OBIETTIVO |
Valutare le differenze tra due campioni della stessa birra che subiscono, rispettivamente, un dry-hopping singolo e uno doppio.
| METODO |
Come dicevo poco fa, mi sono trovato a fare un “clone” di una birra locale che ci piace molto, la Lancelot IPA (link Untappd) che sarebbe poi stata paragonata, in una sessione di assaggi alla cieca, con le versioni fatte da sei dei miei amici, oltre che ovviamente, alla birra originale. Un paio di giorni prima della cotta ho preparato uno starter con il lievito che Tommy usa per questa birra: un mio vecchio amore, il WLP090 San Diego Super Yeast.
Dopo due giorni ho messo da parte un quarto di questo ben di dio per un uso futuro e ho piazzato la beuta in frigo per il raffreddamento notturno. La mattina dopo alle 4:30AM avevo già fatto il mash in.
Dato che avrei fatto un batch da 6 galloni [23 litri] per poi dividerlo in due, ho preferito optare per la tecnica no sparge perché tanto il mio picnic cooler modificato poteva contenere l’intero volume del mash senza problemi.
Dopo un’ora di mash e tre belle mescolate, ho iniziato a raccogliere il mosto bello chiaro.
Una volta avviata la bollitura, sono andato a pesare i luppoli. Questa ricetta prevede due sole aggiunte di luppolo: una piuttosto contenuta di Magnum a 60 minuti e una bella gettata al flameout/hopstand [ovvero attesa di alcuni minuti prima del raffreddamento, NdT] di diverse varietà di luppolo.
Le gittate di luppolo sono talmente poche che quasi mi sono dimenticato di mettere la serpentina autocostruita nel mosto per gli ultimi 15 minuti di bollitura. A fine bollitura ho raffreddato il mosto a 66F [19C], la mia temperatura target di fermentazione, e diviso il batch in due PET carboy da 3 galloni [11 litri] girando costantemente il mosto per far in modo che il trub si dividesse equamente tra i due fermentatori. Dopodiché ho messo i due fermentatori nella mia camera di fermentazione, inoculato lo starter di lievito dividendolo equamente tra i due e impostato il mio Black Box Temp Controller con il profilo standard da alta fermentazione. Entrambe le fermentazioni sono partite alla grande poco meno di 24 ore dopo.
Il primo luppolo in dry hopping è stato inserito 5 giorno dopo quando entrambe le fermentazioni erano verso la fine dell’attività tumultuosa. Per il batch con single dry hopping ho usato subito tutte le 5 2.5 once [140 70 grammi] di luppolo, mentre per quello con doppio dry hopping ne ho usato esattamente la metà. Due giorni dopo ho aggiunto l’altra metà del luppolo al batch con doppio dry hopping. Dopodiché ho lasciato le birre tranquille per altri due giorni, aggiunto gelatina per chiarificare e travasato ciascun carboy nel suo keg da 3 galloni [11 litri]. Dopo qualche giorno passato al fresco nel keezer con aggiunta di CO2, le birre erano chiarificate, carbonate e pronte per essere assaggiate!
| RISULTATI |
Durante un lasso di tempo di 18 ore, sono riuscito a coinvolgere in questo xBmt [ExBeeriment, NdT]] 15 persone, tra cui 4 Giudici Provisional del BJCP [quelli che hanno passato l’esame online, NdT], 4 Cicerone Certified Beer Servers, un birraio professionista e un pugno di altri bevitori esperti di craft beer e/o homebrewers. Forniti del campione, almeno 9 assaggiatori (p<0.05) dovevano individuare correttamente la birra diversa per raggiungere un livello minimo di rilevanza statistica. Ogni assaggiatore ha ricevuto due campioni, assaggiati in un ambiente sufficientemente tranquillo: un campione con il dry hopping singolo e un campione di birra con il dry hopping doppio. Su 15 partecipanti al test, soltanto 4 sono stati in grado di distinguere con precisione la birra con il dry hopping doppio da quella con il singolo, un numero ancora più basso di quello che avremmo ottenuto se gli assaggiatori avessero preso le loro decisioni in modo del tutto random. Statisticamente, il responso dei 4 assaggiatori che hanno risposto correttamente nel test a triangolo, nella successiva valutazione comparativa, è insignificante, il che sembra abbastanza plausibile visto che le loro risposte erano tutto meno che coerenti. In ogni caso, visto che il dry hopping viene normalmente visto come un metodo che incide molto sulle qualità aromatiche della birra, vi potrebbe interessare sapere che 3 degli interrogati hanno dichiarato che l’aroma delle birre era “abbastanza simile”, mentre gli altri partecipanti lo hanno percepito come “esattamente uguale”.
Le mie impressioni: Nonostante fosse per me praticamente impossibile essere del tutto neutrale, non sono stato in grado di percepire nessuna differenza tra le due birre. Mi sono messo alla prova con multipli test a triangolo quasi-alla-cieca e con più semplici esercizi di comparazione diretta, e, anche conoscendo la natura del xBmt, non sono stato in grado di individuare in maniera chiara le differenze. Aroma, gusto, mouthfeel: mi è sembrato tutto identico.
| APPROFONDIMENTI |
Ok, quindi questa storia del dry hopping doppio non sembra poi così efficace come dicono. Forse non succede niente di magico aggiungendo i luppoli in dosi multiple a distanza di alcuni giorni.
Ma forse no.
Il credulone idealista che c’è in me è in conflitto con la mia parte più pragmatica ed empirica. Vorrei tanto credere che le differenze qualitative individuate da alcuni siano reali, ma i numeri, oltre che le mie impressioni più recenti durante l’esperimento, non depongono a favore, lasciandomi con una strana sensazione, a metà tra una discordante confusione e un leggero senso di soddisfazione. Voglio dire, non mi dispiacerebbe eliminare il passaggio extra del doppio dry hopping, che tra l’altro richiede tempo e pianificazione. Tuttavia, mentre sto qui seduto a riflettere, sento una parte di me che vorrebbe minimizzare i risultati di questo xBmt, gettando la colpa su una cattiva organizzazione, sulle limitazioni di metodo e sui palati scadenti dei partecipanti. Ma, di nuovo… sarebbe ridicolo. Lo dico spesso: probabilmente si tratta di una delle tante variabili che farebbero la differenza su scala commerciale e che non la fanno invece per gli homebrewer. Mi trovo sempre a ribadire i pericoli insiti nell’accettare ciecamente i risultati di questi xBmts e usarli come scuse per adottare metodi potenzialmente sbagliati. Questo caso non è diverso: i risultati rimangono dei dati singoli e non sufficienti per farci accomodare sul divano dell’assolutismo. Ma in realtà, se devo essere totalmente onesto, salvo altri futuri xBmts sul tema, da ora farò soltanto una singola aggiunta di luppolo, se non altro perché è più semplice. So che non sono l’unico ad aver fatto una comparazione come questa e sono terribilmente curioso di conoscere i risultati ottenuti dagli altri. Che siate dei fissati del dry hopping doppio, oppure dei fedeli del singolo, sentitevi liberi di commentare sotto a questo articolo. Cheers!
Ma usa veramente 140 gr per 11 litri? Circa 12.7 gr/litro?
Sono rimasto stupito anche io quando l’ho letto, pensavo di aver sbagliato la conversione in grammi. Comunque gli ho scritto, vediamo cosa risponde.
Mi ha risposto Marshall: 5 once (140 grammi di luppolo) erano sull’intero batch (22 litri). Ogni carboy da 11 litri ha quindi ricevuto un dryhopping di 70 grammi. Abbondante ma ragionevole. 🙂
Ciao,
avendo consolidate proprietà antimicrobiche, il luppolo, inserito in DH con gettate più leggere e in un lasso di tempo più lungo, potrebbe cambiare qualcosa a livello di metabolismo microbico, più che in quantità di sostanze amaricanti-aromatiche rilasciate.
Quindi le differenze organolettiche potrebbero essere dovute a quello.
Ps: forse solo due giorni di distanza tra il primo getto e il secondo sono pochi per notare differenze, sia per un’azione diretta del luppolo che una indiretta sui microrganismi.
PPs: la mia è una domanda/riflessione…
Mah, non credo. Anche perché parliamo di una birra fortemente luppolata in partenza: il mosto aveva già abbastanza luppolo per inibire la crescita di microbi (essenzialmente batteri lattici). Pur non avendo grande esperienza nella produzione di birre iper luppolate, anche io credo che gittate multiple non facciano una grande differenza nella produzione casalinga. E’ molto più importante la freschezza dei luppoli, che spesso ahimé arrivano nelle nostre case in uno stato tutt’altro che ideale per il dry hopping.
Si giusto.
sparo a caso….Non è che può essere questa Iper luppolatura che falsa i risultati? Se si fosse già “saturata” la soluzione con i primi 6 grammi litro gli altri sarebbero inutili e quindi i due metodi darebbero lo stesso risultato.
Un test più significativo sarebbe con un dry hopping più “normale” (es dai 3 ai 6 grammi litro)
Potrebbe, sì. Sinceramente credo abbia sbagliato a scrivere, perché mi pare un dry hopping spropositato. Gli ho scritto, vediamo cosa risponde.
Mi ha risposto Marshall: 5 once (140 grammi di luppolo) erano sull’intero batch (22 litri). Ogni carboy da 11 litri ha quindi ricevuto un dryhopping di 70 grammi. Abbondante ma ragionevole. 🙂
Grazie della precisazione
Ma si parla di comune gelatina? quella che trovi al super? e quanta se ne deve usare?
Ciao,
il link a brulosophy è sbagliato .
Ti è partito un colpo…
volevo chiedere e qualcuno ha fatto il DHEA, ossia creare un infuso di Luppolo in alcol puro per il DH, se si,cosa ne pensate ? da più effetti o è solo un altro mito da hb, ciao
Ciao Andrea, conosco molto persone che l’hanno fatto e si sono trovate bene (c’è chi è un vero e proprio fan di questa tecnica). Personalmente credo no ne valga la pena, con il dry hopping classico mi trovo più che bene.
Ciao Frank vorrei un tuo parere o consiglio su un DH ,con pellet in sacca per grani, per una bassa fermentazione,ragionavo su quando fare DH e a che temperatura.Ho fatto due considerazioni,la prima sul fare la pausa diacetile ,lagherizzare e fare DH gli ultimi 4-5 giorni di lagering ad una temperatura di 2 gradi circa ma ho paura di estrarre poco,la seconda sul fare DH durante i 3 giorni di pausa diacetile a 15-16 gradi….che ne pensi?Grazie
Ciao Emiliano, anzitutto ti consiglio di non usare la sacca. Non serve a nulla, se non a limitare l’estrazione e a rischiare infezioni se per caso torna a galla. Butta i pellet liberi, con la lagerizzazione il luppolo finisce tutto sul fondo. Per quanto riguarda il dryhopping nelle fermentazioni, ho ottenuto buoni risultati con l’approccio che trovi in quest’altro post:
http://brewingbad.com/2017/01/american-hoppy-lager/
Benissimo,mi ero perso l’articolo,per ora le uniche due volte che ho fatto DH ho usato la sacca bollita,nessuna infezione ma effettivamente non saprei se la resa è stata ottimale,ora seguirò il tuo consiglio di metterli liberi e poi laghering.Grazie mille
Ciao Frank,
grazie per i risultati riportati
Un dubbio, fare un secondo dry-hopping durante il coldcrash di una ale, quando la T° è prossima allo zero, potrebbe portare a un risultato diverso? Cioè la T° di infusione influenza il processo di estrazione degli aromi?
Grazie mille per la risposta.
Ciao Mattia! Sì, la temperatura influisce: più bassa è la temperatura, minore è l’estrazione di aromi. Fare un dry hopping a una temperatura prossima allo zero limita moltissimo l’estrazione degli aromi dal luppolo. Non è una pratica comune.
E di aggiunte multiple in piccole quantita’ che ne pensi?
Un po’ una sorta di tecnica di luppolatura costante come quella applicata da Sam Calagione, ma a livello di DH.
Ho letto diverse ricette, da fonti autorevoli, alcune cercano di clonare la famosissima Pliny The Elder ed utilizzano questa tecnica.
Personalmente non ho mai provato, ma sarei curioso.
Grazie
Milo
Aggiunte in dry hopping alla Sam Calagione mi pare esagerato. 🙂 So che per la ricetta della Pliny sono previste più aggiunte, ma in genere evito di farlo. Sicuramente in birrificio può avere il suo senso, ma nel nostro caso secondo me crea più rischi che altro (tra cui il maggiore è l’introduzione di ossigeno quando si apre il fermentatore).
Sono d’accordo, ma a questo punto mi sorge una domanda, nel caso fossimo in grado di evitare l’introduzione di ossigeno nella birra questa tecnica potrebbe avere senso?
C’è chi lo fa, quindi qualche senso ce l’ha sicuramente. 🙂
Ciao Frenk, una curiosità, la sparo li…
Se durante il dry hopping, dopo 24 ore dall’infusione del luppolo, agito il fermentatore senza far entrare aria in esso, si può avere una maggiore percezione dell’aroma?
Non credo faccia grande differenza una agitata dopo 24 ore.
Ciao Frank,
una domanda, ho letto che a seconda del momento in cui viene introdotto il luppolo in dry hopping, se all’inizio della fermentazione o in fase finale, gli aromi estratti cambiano grazie all’azione del lievito che “elabora/lavora” il luppolo a seconda della fase in cui si trova.
A tuo avviso è percepibile la differenza, e, quindi, ha senso fare un doppio dry hopping se lo si esegue dapprima subito dopo dell’inoculo del lievito, e il secondo verso fine fermentazione?
Grazie mille
L’effetto delle biotrasformazioni non dipende solamente dal momento del in cui si fa dry hopping ma anche dal tipo di lievito e dal luppolo utilizzato. Non tutti i lieviti si comportano allo stesso modo, alcuni hanno enzimi che scompongono ad esempio i glicosidi liberando molecole aromatiche, altri no. Gli effetti sono inoltre diversi a seconda del composto su cui agisce la biotrasformazione. Il Citra, per esempio, è ricco di geraniolo che viene trasformato in citronellolo durante la fermentazione, potenziando la componente agrumata dell’aroma. Ma l’effetto finale dipende molto dal lievito e dal luppolo utilizzati. Conviene provare e valutare di persona.