Per lungo tempo mi sono rifiutato di trattare questo argomento sul blog. Volevo evitare di scrivere l’ennesima trattazione sulle differenze tra saccarosio, destrosio, zucchero invertito e simili. Di articoli di questo genere ne esistono a decine sul web, con una breve ricerca si ottengono tantissime informazioni al riguardo. Poi, qualche giorno fa, ho cambiato idea e ho deciso di approfondire a mio modo la questione. La principale ragione che mi ha spinto a questa svolta è stato constatare che di informazioni ne esistono molte, ma come spesso capita si tratta di nozioni contraddittorie e a volte confuse. In molti casi mi sembra che si raccontino impressioni piuttosto che fatti, o comunque retaggi di pratiche di produzione casalinghe ormai superate.
Cercherò di non ripetere cose già scritte ovunque, ma di soffermarmi sui dettagli che ritengo importanti. Per alcuni aspetti non ho trovato una risposta chiara ai miei dubbi, quindi qualsiasi chiarimento è ben accetto. In questa puntata parleremo di saccarosio, destrosio e zucchero invertito; in una successiva ci addentreremo nei meandri di candy sugar e candy syrup.
SACCAROSIO (ZUCCHERO DA TAVOLA)
Il saccarosio è un disaccaride composto da due monosaccaridi legati tra loro: fruttosio e glucosio (quest’ultimo conosciuto anche come destrosio). Vengono fermentati dopo che l’enzima “invertasi”, sintetizzato dal lievito, rompe il legame tra queste due molecole. Il saccarosio (noto comunemente come zucchero da tavola) viene spesso demonizzato perché potenziale produttore di off-flavours quali aromi solforosi o sidrosi.
È veramente così? Vediamo.
In uno dei passaggi del processo di produzione, lo zucchero da tavola subisce un trattamento con anidride solforosa; questo, secondo alcuni, potrebbe trasmettere aroma di zolfo nella birra. A me non è mai capitato, ma non sono un grande produttore di birre che richiedono alte percentuali di zucchero (stili belgi). Non è una cosa che mi sento di escludere a priori, anche se sui maggiori testi che trattano gli off-flavours lo zucchero non viene mai menzionato tra le cause di aromi legati allo zolfo. Escludo tuttavia che questo aroma possa venir fuori dalle esigue quantità che si utilizzano per la ricarbonazione in bottiglia.
Per quanto riguarda invece la produzione di aromi “sidrosi” (cidery), non sono riuscito a trovare alcuna fonte che spieghi nel dettaglio il legame tra zucchero da tavola e produzione di questo off-flavour. Ciò mi porta a pensare che si tratti di un’altra di quelle leggende che abbiamo ereditato dai primordi dell’homebrewing. È molto più probabile, invece, secondo me ma anche secondo altri (link), che l’aroma sidroso sia più che altro legato alla produzione eccessiva di acetaldeide dovuta a una gestione non ottimale del lievito e della fermentazione. L’acetaldeide viene infatti riassorbita con maggiore difficoltà se il lievito non è in forma. L’utilizzo di zuccheri semplici in alte percentuali può indurre nel mosto una scarsa concentrazione di FAN (aminoacidi e peptidi derivanti dalla degradazione delle proteine nei malti) portando alla sintesi di cellule di lievito meno performanti. L’utilizzo di estratti di malto di scarsa qualità (o vecchi) insieme a una alta percentuale di zucchero semplice in ricetta (qualsiasi tipo di zucchero semplice, dato che non contiene amminoacidi) potrebbero produrre un mosto povero di FAN e generare quindi sofferenza nel lievito. Escludo con sufficiente certezza, anche in questo caso, che l’aroma sidroso possa venir fuori dalle esigue quantità che si utilizzano per la ricarbonazione in bottiglia.
DESTROSIO (GLUCOSIO)
Il destrosio viene prodotto partendo dal mais, ma di questo non eredita alcuna proprietà organolettica per via del processo di raffinazione. Nella forma più utilizzata (destrosio monoidrato) è costituito destrosio e acqua. L’assenza del fruttosio e quindi del legame intermolecolare con esso ne rende più veloce l’assimilazione da parte del lievito (il destrosio passa direttamente nelle membrane cellulari del lievito senza l’azione dell’enzima invertasi). Per questa ragione viene spesso usato dai birrifici artigianali che cercano di tenere le bottiglie il minor tempo possibile nella stanza calda per la rifermentazione.
Questa maggiore velocità di fermentazione del destrosio da parte del lievito potrebbe inoltre aiutare a ridurre i fenomeni di ossidazione dovuti all’ossigeno introdotto in fase di imbottigliamento: se viene consumato più velocemente dal lievito, ha meno tempo per esercitare il suo effetto ossidativo sulle componenti della birra. Questo sembrerebbe l’unico vantaggio organolettico derivante dall’usare il destrosio al posto dello zucchero da tavola per la ricarbonazione.
Ricordo infine che ne serve un 10% in più in fase di ricarbonazione per via della presenza di acqua (minore potere fermentativo e quindi minore produzione di CO2 a parità di peso rispetto allo zucchero da tavola).
ZUCCHERO INVERTITO
La questione si fa un po’ più complicata. Non tanto per la composizione dello zucchero invertito in se’, ma per la varietà di ingredienti che vengono indicati con questo nome. Partiamo dalla definizione: in soldoni, si tratta di zucchero da tavola liquido. Nulla di più. Si ottiene scaldando una soluzione di acqua acidificata in cui è stato sciolto dello zucchero da tavola. L’acidità , l’acqua e il calore scindono il legame tra le molecole di fruttosio e glucosio; l’acidità della soluzione ne mantiene la dissociazione in forma liquida una volta raffreddata. Si manifesta più dolce al palato rispetto allo zucchero da tavola (glucosio e fruttosio sono più piccole del saccarosio) ma una volta dato in pasto al lievito fermenta allo stesso modo dello zucchero da tavola, ovviamente saltando la fase di scissione del legame intermolecolare tra fruttosio e glucosio (già operato in fase di produzione). Il risultato è una fermentazione più veloce, come nel caso del destrosio. La forma liquida ne rende inoltre più semplice lo scioglimento nel mosto.
Fin qui, niente di particolarmente esaltante.
Quando una ricetta (in particolare per stili inglesi) elenca lo zucchero invertito tra gli ingredienti, di solito fa riferimento a quello che gli inglesi chiamano “treacle”. In italiano lo indichiamo generalmente come melassa, anche se sembrerebbe che la melassa derivi da un processo di produzione leggermente diverso (le opinioni mi sembrano discordanti).
Il treacle per antonomasia è quello prodotto dall’azienda inglese Lyle’s, in due versioni: Golden e Black. Il Black treacle dovrebbe essere quello che una volta veniva utilizzato nelle porter e soprattutto nelle old ale per aumentarne la gradazione alcolica senza diluirne il colore (lo cita anche il BJCP tra gli ingredienti delle old ale). Non l’ho mai assaggiato né utilizzato, ma ha senso immaginare che, oltre ad aumentare l’alcol, contribuisca anche al profilo organolettico per via del processo di produzione che porta al colore scuro (caramellizzazione, immagino).
Il Golden (che in realtà è chiamato syrup e non treacle ed è solo parzialmente invertito) veniva probabilmente utilizzato nelle bitter. Sospetto però che le differenze a livello organolettico non siano in questo caso significative rispetto al semplice zucchero da tavola, viste anche le ridotte percentuali di utilizzo (le bitter sono poco alcoliche, lo zucchero si utilizza più che altro per snellire il corpo a fronte di un utilizzo sopra le righe dei malti crystal).
Come vedremo nella prossima puntata dedicata a candy sugar e candy syrup (link), bisognerebbe capire se il processo di produzione di questo sciroppo chiaro (e anche di quello scuro) partendo da zucchero invertito preveda anche la formazione di aromi derivanti dalla reazione di Maillard.
Salve Frank,
grazie per l’articolo e le tue considerazioni e delucidazioni relative agli zuccheri. Una precisazione sullo zucchero invertito: si tratta di una miscela di glucosio e fruttosio. Si può ottenere per idrolisi (serve acqua; ecco perché è liquido) catalizzata da acidi (ovvero la presenza di acidi in soluzione ne velocizza la reazione); oppure può essere ottenuta grazie all’azione dell’invertasi sempre per idrolisi. Inoltre è interessante capire perché è chiamato “invertito”: il disaccaride saccarosio quando inserito in un polarimetro strumento usato per conoscere il potere rotatorio specifico di una sostanza) si ottiene un valore positivo, mentre con un campione della miscela glucosio – fruttosio ottenuta per idrolisi, si ha un valore negativo (cioè inverso). Anche il nome dell’enzima “invertasi” prende il nome da questo fenomeno.
Grazie per le informazioni, Filippo. Lo avevo letto, ma non volevo scendere troppo nel dettaglio per non appesantire il post. Il punto era capire che si tratta di zucchero in forma liquida in cui glucosio e fruttosio sono “separati” e quindi “digeriti” più velocemente dal lievito.
Bell’articolo anche questo!
Scusa una domanda però: quando diciamo che un mosto più ricco di destrine (causa temperatura mash o uso di carapils ecc.) donerà maggior corpo alla birra perchè meno fermentabili, il tutto è dovuto a quel 10% di acqua di cui parli sopra?
Ciao Teo, mi sa che non ci siamo capiti. Il destrosio è meno fermentabile (a parità di peso) perché è composto dal 5% da acqua. Questo significa che se diamo in pasto al lievito 100 grammi di glucosio, 95 vengono trasformati in CO2 e alcol, mentre 5 restano ACQUA che si mescola al resto del mosto. Tutto ciò non contribuisce in alcun modo al corpo della birra, anzi, rende la birra meno corposa (alcol e acqua diluiscono il mosto). Nel caso delle destrine il discorso è completamente diverso perché si tratta di zuccheri non fermentabili dal lievito, quindi restano in soluzione e finiscono sul nostro palato. Questo da una sensazione di “maggior corpo” alla birra. Spero di essermi spiegato meglio.
Ok sì sei stato chiaro….. Il fatto è che nella mia mente destrine e destrosio fossero la stessa cosa…. o meglio che il destrosio fosse una destrina. Ecco perchè ho fatto la domanda… ora è chiaro, denghiu!
ciao bellissimo articolo. Vorrei sapere come si fa la conversione tra destrosio e zucchero o ancora meglio come si fa la conversione da destrosio a estratto liq/secco?
grazie in anticipo
Ciao Thomas. Di destrosio ne serve in genere il 10% in più rispetto allo zucchero, mentre per l’estratto o liquido puoi usare le seguenti formule:
1000 g di zucchero = 1300 g di estratto secco
1000 g di zucchero = 1600 g di estratto di malto liquido