Dal momento dell’ispirazione fino all’assaggio, l’homebrewer passa diversi stati emozionali spesso in estremo contrasto tra loro. Una sorta di montagne russe dell’umore tra cui, fortunatamente, la passione per questo hobby ha (quasi sempre) la meglio.
(1) La gioia delle infinite possibilità
Il prima: il momento più bello.
La fantasia galoppa, libera e felice. Le possibilità sono infinite, il cuore sobbalza di fronte alle molteplici strade che si diramano di fronte al tuo sguardo. Stavolta decidi di impegnarti, le vuoi assaggiare tutte prima di scegliere quale stile brassare. La testa ti dice di riprovare con quella saison che ti è venuta bene, solo per far vedere a tutti che non è stata una casualità. Oppure la tua bitter da battaglia, una birra semplice che si lascia bere a secchiate: le scorte si stanno esaurendo, hai bisogno di carburante per affrontare degnamente la vita.
E invece no, come al solito prevale l’istinto di libertà, la voglia di rischiare, di osare, di spingerti oltre. Hai letto quell’articolo assurdo sulle Brut IPA, questo strano ibrido tra spumante e luppolo, una roba che non ti fa dormire sereno da settimane. Fanculo le IGA, sono già passate di moda, stavolta vuoi strafare. E Brut IPA sia, anche se non hai la più pallida idea di cosa siano. Il cuore batte forte, quasi ti manca il respiro al solo pensiero. Ti vedi già stappare la tua birra sul bordo di una piscina a Miami, oppure tra le corsie di un supermercato di Los Angeles insieme a Fedez e alla Ferragni. Pum! (è il rumore del tappo di sughero che schizza via).
(2) La dura realtà del libero mercato
E niente. Come al solito hai perso due settimane a studiare come produrre lo stile, leggendo qualsiasi informazione disponibile fin dalla storia ancestrale dello champagne francese. Hai perso giorni a tarare la ricetta, scegliere l’acqua, gli enzimi, gli ingredienti, il lievito. Poi accedi al solito sito web, inizi a scorrere gli ingredienti disponibili e il sorriso piano piano sparisce. Trovi il malto pilsner che cercavi, sorridi, esulti, poi leggi bene e scopri che è disponibile solo in sacchi da 25 Kg. Per un attimo pensi di comprarlo lo stesso, magari ti rimane per altre 500 cotte, ma improvvisamente rinsavisci e ti rendi conto che non hai spazio in casa per tenere un sacco da 25 Kg di malto. Non vivi in un mulino, non ancora almeno.
Ripieghi su un altro produttore, non sarà la fine del mondo. Il sorriso torna. Cerchi gli enzimi mangiatutto che avevi visto proprio su questo sito, indispensabili per produrre una Brut IPA, ma ovviamente non sono disponibili. Lo erano fino a ieri, cazzo. Vabbè, cambi sito e li trovi. Farò l’ordine su due siti, non è un problema. Poi vai a cercare il lievito: il tuo sito di fiducia ne ha uno scaduto da due mesi, che palle, l’altro nemmeno lo commercializza. Apri un altro sito: uaho, lievito fresco di un mese, lo prendo! Vai a guardare se per caso ha anche gli enzimi o il malto che ti servono, ma col cazzo.
Alla fine, dopo una triangolazione incrociata su 19 siti di e-commerce (tra cui uno su un’isola di fronte alla costa est giapponese), riesci a ordinare tutto quello che ti serve. La depressione monta, soprattutto quando ti rendi conto che hai speso complessivamente 50€ di spese di spedizione per 40€ di ingredienti. E che dovrai tracciare 5 spedizioni di 5 corrieri, prendendo probabilmente 5 giorni tra ferie e permessi dal lavoro per intercettare i pacchi.
(3) Andare in psicoanalisi per colpa dei corrieri
Eccola, arriva la prima notifica. Uno dei pacchi è partito. Quello critico, con i pacchetti di lievito che dovranno stare in viaggio il meno possibile. Ti fai due conti sui tempi di consegna, chiamando il numero verde per conferma. Avverti il capo al lavoro che mercoledì arriverai più tardi, e inizi a fare refresh sul sito del corriere. Ogni due ore.
Arriva un’altra notifica, il secondo pacco è partito. Ti fai i conti e ovviamente non arriva lo stesso giorno dell’altro. Consegna prevista tra le 6 AM e le 5 PM. Come se uno non avesse nulla da fare nella vita. Avverti il capo, prendi un’altra giornata di ferie. Il pacco dal Giappone non hai idea di dove diavolo sia, non lo vedrai per un altro mese almeno. Ma non ti sconforti, lo sapevi già: farai a meno della pompa magnetica per questa cotta, la vecchia Solar non ti tradirà (spoiler: la vecchia Solar si sfonderà durante la cotta).
Arriva il gran giorno. Il primo corriere deve consegnare. Sei a casa, ansioso, mentre fai refresh sul sito del corriere ogni 30 secondi. Arriva una mail, all’improvviso: “il corriere è passato ma non ti ha trovato a casa“. Ma come è possibile? Ero qui! Ti affacci, chiami un passante a caso e gli chiedi per favore di citofonarti. Il citofono funziona, quel bastardo del corriere non si è fermato! Prendi il telefono, con le mani tremanti, insulti per dieci minuti il poveraccio che ti risponde e riesci a convincerlo a far ripassare il tipo col pacco. Alla fine arriva, a tarda sera, quando l’ansia ti ha ormai divorato. Apri di corsa, prendi la busta di lievito e la metti in frigo, sperando abbia retto il viaggio. Vai finalmente a riposarti, domani ti attende la gestione di un’altra consegna.
(4) Notte prima degli esami
La felicità è tornata. Sei emozionato come un bambino mentre prepari l’impianto per la cotta che farai la mattina successiva: la sveglia è stata programmata alle 4, con riscaldamento automatico dell’acqua che partirà da solo alle 3. È notte fonda, hai cenato e ora stai tirando a lucido l’attrezzatura, predisponendo ogni singolo dettaglio dell’impianto. Il cuore batte forte mentre tari il misuratore di pH. Annusi il Gypsum come se fosse zafferano, guardi in controluce i tubi per goderti la pulizia impeccabile mentre ti specchi sul fondo della pentola per darti una sistemata ai capelli. È tutto perfetto, ideale, magnifico. Ti lavi i denti davanti ai pentoloni con un enorme sorriso stampato in faccia. Il giorno della cotta sta arrivando.
(5) Prima di partire per un lungo viaggio
Suona la sveglia alle 4, fuori è ancora notte. Hai il cuore a mille, come se dovessi andare a un colloquio di lavoro o al primo appuntamento. Ti avvicini piano al terrazzo, sperando di avvertire nell’aria il suono della pompa solar che gira e fa circolare l’acqua calda in pentola. La senti. Sei sicuro. Gira. L’acqua è alla temperatura perfetta per il mash-in. Ti fermi un attimo, quasi in lacrime, fai una carezza al PID e una piccola giravolta su te stesso. Prendi i grani che avevi macinato la sera prima, butti tutto dentro, giri, chiudi il coperchio, imposti la temperatura sul PID e vai a fare colazione. Hai raggiunto il picco massimo della felicità, da qui in poi potrà solo andare peggio.
(6) Quando il gioco si fa duro
Prendi un campione di mosto per misurare il pH, fiducioso di trovarlo nel giusto range. La sera prima hai rivisto tutti i calcoli sul tuo bel foglio Excel che non sbaglia mai. Infili la sonda nel mosto e osservi il valore sul display scendere. Inizia a rallentare intorno a 5.8. Sudi. Giri veloce la sonda nel mosto, sperando di confonderla e portare il pH dove vuoi tu. Ma non scende. 5.7, poi 5.65. Gira, gira, gira. Giri così forte che il polso ti fa male. Niente. Il pH è piantato a 5.65 contro i 5.2 che avevi come obiettivo. Imprechi.
Corri a prendere altro acido lattico. Non sai quanto aggiungerne. Fai una stima a caso. Aggiungi. Misuri di nuovo. Da 5.65 scende di botto a 5. Sudi di nuovo. Stavolta col cazzo che giri. La sonda è immobile, la misura si stabilizza a 4.95. Troppo basso. Corri in dispensa a cercare del bicarbonato, ma non ne hai. Vedi tutta la vita passarti davanti. Vorresti piangere. La birra verrà una merda. Poi piano piano ti convinci che non è poi così male, in qualche modo riprendi un minimo di tranquillità e torni fuori.
(7) I duri iniziano a mollare
La pompa si è bloccata. La temperatura nel pentolone è salita a 75°C, contro i 67°C previsti. Botta di adrenalina. Spegni tutto di botto staccando con forza la presa della corrente dal muro. La pompa si blocca all’improvviso, tirando dentro al motore un bel po’ di grani per via del risucchio. Imprechi. Stacchi di corsa il tubo della pompa scordandoti di chiudere il rubinetto: un’ondata di mosto bollente ti inonda i piedi. Imprechi di nuovo. Il terrazzo è un casino, il mosto sta a 70°C e il pH a 4.9. Non può essere una bella giornata. È tutto finito. Valuti la possibilità di sparire dalla scena ritirandoti in un piccolo paesino nel Nord della Norvegia lavorando come pescatore.
(8) The show must go on
Seduto nel mezzo della cucina. Ti guardi attorno, la scena è quella di un campo di battaglia. Sono le due di pomeriggio. Avresti dovuto finire alle 10, ma hai avuto un problema dopo l’altro. In qualche modo ti sei ripreso e sei riuscito a mettere il mosto nel fermentatore, anche con il sifone rotto. Hai aperto il rubinetto e hai lasciato scendere il mosto dal basso, torbido come un passato di verdure. Sei riuscito a inoculare il lievito, ossigenare e mettere il tutto in camera di fermentazione. Ti sei reso conto solo ora di esserti dimenticato di misurare la densità e il volume del mosto prima della bollitura, quindi per l’ennesima volta stimerai l’efficienza in base alla posizione di Venere rispetto a Giove. Sei stanco, depresso, demotivato. Ti chiedi perché hai scelto questo hobby invece di fare sport. Che ne so, una bella corsa all’aperto. Due bracciate in piscina. Bere. Uscire. Vedere gente. Pensi che forse questa è l’ultima volta, che la birra farà schifo e sarà stato tutto tempo sprecato. Inizi a pulire, sapendo che finirai, forse, tra due ore. Mai più una sofferenza del genere, in fondo non te la meriti.
(9) Il travaglio
Parte, non parte. Fa bolle, non fa bolle. Sei piantato davanti al frigo da 24 ore. Fissi il livello del liquido nel gorgogliatore cercando di valutare se si è leggermente spostato negli ultimi dieci minuti. Forse sì, l’equilibrio pende di un millimetro verso sinistra. Cerchi di trapassare con lo sguardo le pareti opache del fermentatore, magari in controluce riesci a vedere il profilo irregolare della schiuma. Forse sfiata da qualche parte, per questo non fa bolle. Perché non parte? Perché?
Poi, come al solito, parte. Non c’è stata una volta in cui non è partito il gorgogliatore, e tu ogni volta sei qui a chiederti se stavolta partirà. Roba da perdere fiducia nel genere umano.
(10) Il primo stappo
Bottiglia sul bancone della cucina. Non sono passati nemmeno cinque giorni dall’imbottigliamento, ma non resisti. Vuoi assaggiare. Avvicini l’apribottiglie al tappo, lo poggi delicatamente, fai una leggera leva e stappi. Al suono del “psss” il cuore salta un battito, senti un brivido in tutto il corpo. Versi nel bicchiere. La birra è torbida, e già parti depresso. Assaggi: tanti sapori slegati, amaro tagliente, leggero residuo dolce. Tieni a stento le lacrime. Versi il contenuto di bottiglia e bicchiere nel lavandino, esci dalla cucina e corri a sbronzarti al pub. Con la birra. Quella vera.
Un paio di mesi dopo
Cielo sereno, leggera brezza da est, il sole spunta da dietro gli alberi in fondo alla strada. Nel tuo terrazzo stappi l’ultima bottiglia di Brut IPA, con il cuore pieno di gioia. La versi nel bicchiere, ti godi il suono delle bollicine che salgono in cima per formare la schiuma. Osservi in controluce il colore oro brillante, ti inebri della sua limpidezza. Il profumo del luppolo sale dal bicchiere e arriva al naso. Prendi un sorso, hai quasi i brividi. Come i reduci di una guerra o di un naufragio, pensi che questa birra sia un piccolo miracolo. Ma lo pensi ogni volta. Guardi il bicchiere e ti viene in mente la brodaglia torbida che passava dalla pentola di bollitura al fermentatore. Il pavimento del terrazzo tutto appiccicoso per il mosto. La cucina che pareva un campo di battaglia. La stanchezza. La delusione prematura. E invece ora eccoti qui: sorseggi una birra splendida, pulita, profumata. Stai già pensando di rifarla e magari partecipare a un concorso, o magari provare a brassarne una versione sour con quel ceppo di Brett che…
coff coff
Ogni libro sulla birra , dovrebbe avere questo articolo come prefazione.
Complimenti per la ‘scrittura’ del racconto
Grazie, Luciano!
Il primo pensiero leggendo, “sembra la mia vita ad ogni cotta”.
Seguito da “la prossima volta sarà diverso!”
Certo è che non impariamo mai.
Slainté Frank!
92 Minuiti di applausi.
Ogni volta che credo di essere in orario c’è sempre qualcosa che mi fa perdere tempo.
HAHAHAHHAHAHA! bellissimo
Sembra la storia della mia prima cotta! Non sai quanto ho riso leggendo questo splendido racconto, mi sono rivisto in ogni passaggio.
Spettacolare !
Credo ognuno di noi senta sé stesso nel racconto..
Oscar alla narrativa
Ah ah ah ah ah!!! TI AMO!
Hai scritto qualcosa di memorabile…
I punti critici che hai evidenziato e che mi sento di condividere in pieno sono sicuramente i corrieri, il cui servizio sta diventando sempre più scadente, e gli immancabili IMPREVISTI… ed è qui che entra in azione il MacGyver che è in noi.
Un 110 cum laude per la prosa: la leggera brezza da est è appena entrata nel mio studio…
Best. Post. Ever.
Tanto per dire nell’ultima cotta mi son visto cedere un piedino della pesa davanti agli occhi (in realtà ero girato di spalle che scrivevo) così che i 5 kg di grani appena pesati sono potuti spargersi per tutta la cantina.. esattamente dopo aver ripulito tutto, nella fretta mi scivola il sacchetto nuovo dello special b mentre lo aprivo e mi sono infilzato il palmo con entrambe le punte delle forbici. 😂 la cotta l’ho comunque fatta
Attentooo!!! A volte il nostro birrificio casalingo ci si rivolta contro!
Suggerisco in questi casi la presenza di un esorcista ben allenato o magari l’influsso purificatore di Lorenzo “KUASKA” Dabove, invocato per 3 volte durante il 3° plenilunio dopo il solstizio d’estate.
Oppure fai molta più attenzione… Visto mai che cede la zampetta del fornello e cade il pentolone con 30 litri di mosto bollente?!
Grandiioosooo
Stupendo! Il migliore!
La citazione a Dexter eccezionale!!!
Ci ho messo un po’ a capire a quale passaggio ti riferissi. 🙂 Immagino al pescatore sulla costa norvegese, ma la similitudine con Dexter (SPOILER ALERT) che va a fare il boscaiolo in Canada non era voluta, giuro. Ciò non toglie che rimane il peggior finale di sempre! Ah ah!
La vita di tutti noi in poche simpatiche righe.
Bravissimo!
p.s. poi capisci perchè su ogni libro sulla birra c’è scritto di non fare affidamento sul gorgogliatore…è un consiglio che può salvarti la vita, ma ogni volta viene puntualmente disatteso 😂 ah povere coronarie!!!
salute!
Sono a letto, mi sono fatto male alla schiena (sollevando un fermentatore) e sono bloccato. La situazione è decisamente triste, e questa lettura mi costerà un paio di giorni di convalescenza in più per quanto ho riso. Mi fa male tutto più di prima. Questo articolo è il manifesto dell’homebrewing!
Grazie.
Grazie, e buon recupero!
Caro Francesco, il racconto è veramente un figata. Dovresti scrivere un libro 😉 .
Nel mio, però, ci metterò un personaggio in più: la moglie! Quella figura NEMICA che ti urla contro per il casino combinato in balcone, salone e cucina, mentre tu patisci per gli errori commessi e i disastri accaduti. Ma alla fine, quando si degusta la poca birra prodotta, Lei è la prima a farti i complimenti e ti dice che sei bravo! E mentre tu gongoli soddisfatto di te stesso e del mondo, lei, tra un sorso e l’altro ti sibila: ma non farlo mai più.
Un single, da poco.