La mia passione per l’Irlanda e per le stout in generale è cosa nota. Con questa produzione concludo l’esplorazione degli stili scuri irlandesi, dopo aver consolidato, a valle di vari tentativi, una versione convincente della mia Irish Stout (la Roight!) e una interessante Extra Stout, prodotta invece una sola volta (Cuppocoffee). Vediamo come se l’è cavata la maggiore delle tre sorelle originarie dell’isola di smeraldo.

LO STILE

Le Foreign Extra Stout non sono uno stile molto battuto dai birrifici, specialmente da quelli italiani. In molti beershop online non viene nemmeno citato tra gli stili a catalogo, accorpato alle generiche “stout”. Fa parte della famiglia delle birre scure di ispirazione irlandese, anche se il BJCP lo inserisce tra le generiche “Dark British Beers” e non nelle “Irish Beers”. Probabilmente perché, a differenza delle Irish Stout, venivano prodotte anche in UK, principalmente per l’esportazione.

Io le colloco mentalmente nel filone delle stout irlandesi che prendono vita dalle Irish Stout, caratterizzate, rispetto alle Porter inglesi, da un tostato piuttosto focalizzato sul caffè e un amaro deciso, con un finale che non lascia spazio alla dolcezza. Le Irish Stout sono più monocorde e meno alcoliche, le Extra Stout leggermente più alcoliche e complesse, le Foreign Extra Stout (per gli amici FES) svettano per una maggiore complessità aromatica e gustativa, che spazia dal caffè – sempre centrale – per toccare punte di cioccolato, molassa, liquirizia e frutta secca. Le note tostate sono sempre prepotenti, arrivando a sconfinare anche in una leggera sensazione di bruciato.

Si dice siano nate nel 1801 in Irlanda, quando la Guinness modificò le ricetta della Porter caricando su alcol e luppolo come si faceva all’epoca, quando la birra doveva viaggiare. Nacquero così le West India Porter, poi divenute Foreign Extra Double Stout e poi Foreign Extra Stout, o anche semplicemente Export Stout. Il loro mercato era quello delle colonie, ma ancora oggi sono vendute per lo più in Africa, Asia e nei Caraibi. Sembra che all’estero questa birra venga prodotta aggiungendo una miscela pronta al mosto, chiamata Guinness Flavour Extract (GFE), confezionata a Dublino in taniche e spedita in giro per il mondo. Ma siamo nel regno delle supposizioni, visto che la Guinness, come sempre, è abbottonatissima su ingredienti e processo produttivo. Storicamente, come tutte le birre dell’800 bevute non giovanissime, potevano essere contaminate dai Brettanomyces, che donavano note di cuorio, tabacco, cantina e forse qualche spunto fruttato (un esperimento del genere ho provato a farlo con la Brett Cupocoffee).

Esempio moderno classico dello stile è la Foreign Extra Stout della Guinness, da non confondere con la Guinness Special Export, quest’ultima con un livello di alcol simile ma più dolce, pensata per il mercato Belga. Da qualche anno la Guinness ha ricreato anche la West Indies Porter originale, seguendo – così dicono – la ricetta del 1801. Non è proprio una Foreign Export Stout, anche perché il tenore alcolico è modesto. Intendiamoci, parliamo sempre di birre industriali, quindi non c’è da aspettarsi miracoli organolettici.

Tra le mie bevute preferite dello stile ricordo la FES di Ridgeway, non male, e la Export Stout degli inglesi di The Kernel, davvero ottima. Ultimamente è uscita sul mercato italiano la Cave ‘n’ Castle, Foreign Export Stout prodotta dai pugliesi di Lieviteria in collaborazione con il birrificio Irlandese Brú, che purtroppo non sono ancora riuscito ad assaggiare. Proprio vedendo le foto del viaggio di Angelo, birraio di Lieviteria, a Dublino, mi è venuta voglia di provare a farne una anche io.

RICETTA

Come malto base ho scelto il Pale (in realtà c’era anche un 15% di Pils, perché non avevo abbastanza Pale, ma poco importa), al Black la responsabilità di occuparsi, da solo, della componente fortemente tostata. Nel mezzo un po’ di malto Brown, che dà quel tocco di caffe d’orzo che, in piccole dosi, mi piace molto. Infine un po’ di Crystal chiaro per arrotondare leggermente gli spigoli tostati.

Come novità rispetto alle altre due Stout irlandesi che ho fatto (Irish ed Extra Stout) ho introdotto un pizzico di candi rock sugar scuro. In parte perché mi era avanzato dalla Belgian Dark Strong Ale, ma anche per tirare un po’ su l’alcol senza ingolfare troppo il finale. Non credo il contributo organolettico dello zucchero candito scuro si possa sentire in questa modesta quantità, ma – nel caso – si è integrato bene.

Come lievito mi sono affidato questa volta al BRY-97 secco della Lallemand, che mi sta dando grandi soddisfazioni nelle birre scure (nelle prossime settimane pubblicherò anche la recensione della Russian Imperial Stout, fermentata sempre con questo lievito).

Luppolo solamente in amaro, acqua sbilanciata sui cloruri con un pizzico di sodio in più del solito, per esaltare le note di cioccolata e caffè e arrotondare il corpo (ho aggiunto sale da cucina per alzare sodio e cloruri).

FERMENTAZIONE

Fermentazione senza intoppi: partita a 17°C per limitare gli esteri, lasciata poi parecchi giorni a 18°C per essere sicuro che il lievito avesse terminato il lavoro.

L’idea iniziale era di rifermentarla, ma poi mi sono impigrito e l’ho carbonata forzatamente nel fustino da 10 Litri in cui la avevo travasata dopo la fermentazione, per servirla alla spina. Carbonazione obiettivo circa 2 volumi. Le bottiglie sono state fatte in contropressione, direttamente dalla spina, con l’asta cinese.

ASSAGGIO

Questa birra è stata alla spina nel mio frigo per diversi giorni, in un fustino da 10 litri. Le prima pinte le ho bevute quando era ancora molto giovane, trovandola già molto bevibile e per nulla spigolosa. Per valutarne l’evoluzione nel tempo, ho comunque fatto una decina di bottiglie in contropressione. Questo assaggio viene da una bottiglia con circa un mese sulle spalle.

 ASPETTO  Scende nel bicchiere formando un bel cappello di schiuma con bolle molto fini, di colore marrone chiaro, cremosa e abbastanza persistente. La birra è di colore marrone molto scuro, quasi nera. In controluce sembra abbastanza limpida.

 AROMA  Buona intensità. Sale subito al naso un aroma netto di caffè, presto supportato da note più delicate di caramello ben tostato, pane nero, toast sbruciacchiato. Man mano che si scalda, salgono note più morbide di cioccolato, cacao, leggero pan pepato. Molto pulita, buona complessità.

 AL PALATO  Intensità medio-alta. L’ingresso è piuttosto focalizzato sulla liquirizia amara. Dopo qualche istante vira sul caffè, sempre amaro, che sul finale si ammorbidisce, arricchendosi di tonalità più dolci: nocciola, noce, mandorla tostata, fino a stabilizzarsi su un retrolfatto terroso con note di cacao in polvere. L’amaro è ben presente, molto netto all’inizio, si stempera man mano che il sorso prosegue. Il finale non è eccessivamente secco, piuttosto maltato ma non stucchevole.

 MOUTHFEEL  Corpo medio-pieno, carbonazione bassa adatta allo stile. Alcol appena percepibile con un lieve calore alcolico, molto piacevole. Astringenza ai minimi termini, in linea con lo stile.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Sono veramente soddisfatto di questa birra: oltre a rappresentare – secondo me – molto bene l’idea dello stile, si lascia bere con estrema piacevolezza nonostante l’alcol e il tostato piuttosto spinto. Non cambierei una virgola nella ricetta, probabilmente nemmeno il lievito: trovo che il BRY-97 della Lallemand si comporti molto bene sulle birre scure, specialmente se la gradazione alcolica è sostenuta. Ho ricevuto riscontri molto positivi su questa birra, il che ha confermato le mie sensazioni personali. Da rifare assolutamente.

 

10 COMMENTS

  1. Ciao Francesco
    Sono un appassionato di Stout anche io e leggo sempre con molto piacere i tuoi post su questo stile.
    Leggendo questo ho notato che il rapporto SO4/Cl dell’acqua usata è di 0,38. Non è un po’ troppo basso?
    Chiedo per sapere, non ho ancora una lunga esperienza come te 🙂

    A.

    • Troppo basso rispetto a cosa? Hai un qualche riferimento? Semplicemente volevo dare più enfasi ai malti, e ho alzato i cloruri basandomi sulla mia esperienza ina ltre birre. Non credo ci sia un valore assoluto per questo rapporto che possa essere definito troppo basso o troppo alto: semplicemente sopra 1 accentua la parte amara, il luppolo,; minore di 1 il malto.

    • Buongiorno Frank e complimenti per questa ricetta! ( Anche se sono le prime ore della giornata mi hai fatto venire sete… Auahahah!) Volevo porti delle domande a riguardo.
      1- Sostituendo il malto black con un pealed Roasted barley dingemans si snatura la ricetta?
      2- Quali differenze si riscontrano usando US-05 sempre a 17-18 gradi?
      Tnx, Rino

      • Non credo che si sconvolga la ricetta usando un malto decorticato, andrie tranquillo. US-05 anche va bene, è molto simile al BRY97.

  2. Faccio riferimento a 1, ovviamente. Ma la mia perplessità è dovuta alle indicazioni che mi da il software più che alla esperienza pratica. Del resto, se Brewfather, a 0,4, mi dice “Troppo corpo o maltato”, capisco che forse sono ad un estremo da evitare. Personalmente, nella mia brevissima storia di hb, non sono mai sceso sotto 0,7, o salito sopra 1,3, per non rischiare di buttare 10 L di birra e due giorni di lavoro. Vedendo quel valore mi é venuta qualche perplessità (più sul software che sulla tua esperienza) e da qui la domanda.

    • Oddio, buttare tutto per un rapporto solfati-cloruri troppo alto o troppo basso lo vedo improbabile, almeno se ci si mantiene nei range standard dei singi ioni (100-150 ppm). Per me questo è uno stile centrato sul malto, quindi punto a un rapporto basso. I sw spesso tagliano con l’accetta, come prime indicazioni sono utili ma poi piano piano ci si regola con l’esperienza.

  3. Ciao Frank, sulle Foreign Extra Stout il lievito deve apportare qualche sentore gustativo/olfattivo nella birra finita oppure deve essere praticamente neutro ? te lo chiedo perche’ non so se prendere un secco tipo US-05 o Nottingham oppure altro, e proprio in questa seconda ipotesi ti chiedo un consiglio
    saluti

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