Probabilmente la fine di Giugno, con i suoi 35°C all’ora di pranzo, non è la stagione migliore per parlare di Imperial Stout. Ma se la birra, prodotta ormai alla fine dello scorso anno, arriva a un livello di maturazione interessante, non ne posso fare a meno. Così prendo una bottiglia, tra le poche rimaste dopo diversi assaggi, la stappo e inizio a sorseggiarla. Del resto, cade a fagiolo: la scheda della precedente versione era uscita sul blog il 29 Giugno 2021, siamo praticamente a un anno preciso di distanza.
Sono contento, il risultato è decisamente migliore rispetto alla Nero Forte dello scorso anno. Non è esattamente come la avrei voluta – per quello serviranno ancora prove nei prossimi anni – ma è una birra più che piacevole. Per uno stile che non è facile da produrre e che ogni anno mette a dura prova il mio impianto e la mia pazienza, non c’è male. Gli sforzi e la lunga attesa sono stati in buona parte ripagati.
RICETTA
Ricette di Imperial Stout ne esistono a milioni. È la birra ideale come svuotadispensa, dentro può davvero finirci di tutto. Il grado acolico, ma soprattutto le intense tostature, possono accogliere centinaia di sfumature organolettiche differenti. Proprio la varietà di ingredienti utilizzabili, però, rende difficile la stesura e il perfezionamento progressivo della ricetta. Procedendo con un piccolo cambiamento alla volta, ci potrebbero volere anni prima di arrivare al risultato desiderato.
Rispetto alla ricetta dello scorso anno, che comunque non mi era affatto dispiaciuta, non ho cambiato molto. Ho lavorato soprattutto sul bilanciamento dell’amaro, che era risultato eccessivo, puntando a una densità finale più alta e impiegando una dose maggiorata di malti crystal. Anziché togliere IBU, ho aggiunto dolcezza. Mash più alto di un paio di gradi, nel tentativo di lasciare più zuccheri residui a fine fermentazione.
Ho ridotto la percentuale di malti scuri, nel tentativo di smorzare le sfumature di liquirizia. Via il Pale Chocolate, sostituito da un più morbido Brown Malt. EBC sensibilmente ridotti.
Al BRY-97 della Lallemand ho aggiunto una bustina di London, sempre della Lallemand, nel tentativo di bilanciare il tutto anche con un lieve tocco di esteri.
Dello zucchero Cassonade parlerò a breve, ovviamente non era previsto.
L’ammostamento è andato bene dal punto di vista tecnico, non ci sono stati grandi intoppi. A differenza dell’altra volta ho completamente evitato lo sparge, dato che di acqua me ne sarebbe rimasta ben poca. Ho ridotto la bollitura da due ore a un’ora, tanto senza sparge non avrebbe avuto senso utilizzare più acqua.
Purtroppo, non so bene perché, ho avuto una efficienza di ammostamento molto al di sotto delle aspettative, già ridotte dopo l’esperienza della scorsa volta. Mi sono trovato con dieci punti in meno di densità prima della bollitura, imprecazioni annesse. Avevo dello zucchero Cassonade avanzato dalla produzione della Belgian Dark Strong Ale, ho deciso di aggiungerlo a inizio bollitura per arrivare alla OG pre-boil prevista.
Avrei potuto bollire di più ma poi, dei miseri otto litri in fermentatore previsti, me ne sarebbero rimasti ancora meno.
Sono così arrivato nel fermentatore con OG e litri previsti, tutto sommato è andata bene. Efficienza complessiva del 42%, ridicola ma è andata così. La prossima volta, che sarà probabilmente a Ottobre di quest’anno, mi sono deciso a provare il mash reiterato. Tutto questo spreco di malti mi sta dando ai nervi.
FERMENTAZIONE
Tutto regolare. Ho ossigenato con bombola per un minuto, per dare una mano ai lieviti secchi anche se non avrebbero bisogno di ossigeno. Dopo 5 giorni le bolle avevano già decisamente rallentato.
Ho misurato la densità solo al travaso nel fustino da 10 Litri, dopo 22 giorni di fermentazione: ero a 1.028, di più non è scesa. Potrebbe in sé sembrare alta come FG, ma per una Imperial Stout ci può stare. Anzi, era anche l’obiettivo che mi ero dato per bilanciare meglio l’amaro e le tostature. Senza l’aggiunta del Cassonade sarebbe probabilmente stata più alta, credo che anche la prossima volta lo userò, magari inserendolo verso la fine della fermentazione e non in bollitura.
Dopo il travaso ho lasciato che maturasse a lungo a temperatura ambiente, che in casa era intorno ai 22 gradi, per circa tre mesi. Poi ho imbottigliato.
Il piano era di rifermentarla in bottiglia aggiungendo lievito da rifermentazione, ma mi sono impigrito e ho finito per carbonarla forzatamente tenendomi basso con la carbonazione. Troppo basso, qualche decimo di volume in più ci sarebbe stato bene.
ASSAGGIO
Al momento dell’assaggio la birra ha circa 6 mesi di bottiglia. Potrebbe ancora evolvere in positivo, ma mi è sembrata arrivata a un buon punto di maturazione. Prima di passare in bottiglia aveva trascorso tre mesi in fusto, quindi nel complesso parliamo di una Imperial Stout che ha 9 mesi di maturazione. Un tempo congruo.
ASPETTO Scende nel bicchiere formando poca schiuma. Se la si versa con attenzione, allontanando la bottiglia dal bicchiere, si riesce a formare una discreta schiuma di colore marrone chiaro, a bolle fini, compatta e di media persistenza. Il colore della birra è marrone molto scuro, quasi nero. Non si riesce bene a valutare la limpidezza, ma sembrerebbe buona.
AROMA Intensità medio-elevata. Colpisce subito un deciso tostato con note prevalenti di liquirizia. In secondo piano, suggestioni di caffè. Man mano che la birra si scalda, iniziano a fare capolino sfumature dolciastre di toffee che si integrano bene con le note tostate. Alcol presente ma non fastidioso, lascia intuire la gradazione alcolica senza disturbare. Non avverto esteri fruttati né sentori di luppolo. Aroma nel complesso non particolarmente complesso, ma di buona intensità e pulizia.
AL PALATO Tornano le note tostate percepite la naso, ma al palato il profilo organolettico si apre mostrando una maggiore complessità. Ingresso amaro e decisamente tostato pervaso da liquirizia e caffè. A media corsa iniziano a fare capolino venature di toffee e caramello che permangono nel finale, dove compaiono anche note terrose insieme a piacevoli richiami di cioccolato e cacao. L’amaro inizialmente è deciso e per un pelo non si scontra con le note tostate, dando quasi l’impressione di masticare una radice di liquiriza, ma nel finale per fortuna si addolcisce diventando più morbido. Lascia un retrogusto nocciolato e caramelloso piacevole, morbido, di lunga persistenza.
MOUTHFEEL Corpo medio-alto, buona setosità. Leggerissima astringenza, appena percepibile, che non disturba la bevuta. Carbonazione bassa. Calore alcolico presente ma piacevole, quanto basta per godersi il sorso.
IMPRESSIONI GENERALI Seconda prova per questa Imperial Stout “della casa”. La prima, di un anno fa, non era male ma nel complesso la avevo percepita troppo amara e con eccessivo sentore di liquirizia. In questo secondo tentativo, piuttosto che abbassare le IBU, ho preferito bilanciare con una dose maggiore di malti caramello e un mash più alto, al fine di lasciare una quantità maggiore di zuccheri residui. Ha funzionato.
La liquirizia invece è sempre lì. Sicuramente, in questo secondo tentativo, ha trovato un bilanciamento più convincente nei malti caramello, ma per i miei gusti è ancora troppa. Difficile capire dove intervenire. Forse può aver senso ridurre il Roasted Barley per dare più spazio al Chocolate, ma non sono convinto.
Azzeccata la scelta del mix dei due lieviti, mi pare. La carbonazione va sicuramente alzata, forse nel complesso la birra avrebbe guadagnato da una rifermentazione, che nel tempo avrebbe potuto portare una evoluzione diversa del profilo organolettico (ma non è detto). Un po’ di elementi su cui riflettere, ma la strada è decisamente quella buona.
Da rivedere anche le modalità di ammostamento per arrivare alla corretta densità senza dover all’ultimo ricorrere alle aggiunte di zucchero o di estratto di malto. Magari la prossima volta proverò il mash reiterato.
Che gran bell’articolo! Ma ti stampi l’etichetta delle tue birre?
Sì, in una cartoleria vicino casa. Su carta semplice, a colori. Poi le incollo.