Era tanto che volevo provare a produrre in casa questo stile che si beve e si trova sempre troppo poco. Tranne in questo ultimo periodo, dove nelle due ultime tappe del campionato MoBI 2023 sono arrivate rispettivamente prima e seconda proprio due Schwarz!
Vabbè, mi sono lasciato trascinare dalla moda anche io. Vediamo come è andata.
LO STILE
Le Schwarzbier hanno una lunga storia che molti fanno risalire addirittura al periodo Romano. Alcuni ritrovamenti nella Baviera del Nord riconducono a una birra scura prodotta all’epoca, che probabilmente non aveva enormi somiglianze con le Schwarzbier che beviamo oggi. Si trattava sicuramente di una alta fermentazione (il lievito lager arrivò in Europa centinaia di anni dopo) e non è dato sapere quale fosse il profilo organolettico.
Andando più avanti e avvicinandoci ai tempi più moderni, troviamo questo stile diffuso in Germania soprattutto nelle zone dell’alta Baviera, di cui uno dei centri produttivi più antichi è la città di Kulmbach. Lo stile ha fatto capolino anche nelle confinanti regioni tedesche della Turingia e bella Sassonia, poco più a nord.
Oggi le Schwarzbier sono abbastanza diffuse in Franconia, dove ogni birrificio ne dà una propria interpretazione avvicinandosi, in alcuni casi, alle Munich Dunkel. Quali siano le differenze tra questi due stili lo abbiamo discusso in questo Epic Fight di MashOut Podcast.
Da una Schwarzbier, stile 8B del BJCP, mi aspetto un corpo piuttosto snello, un finale maltato ma abbastanza secco e un buon amaro. L’intensità può essere da bassa e piuttosto neutrale a media, con note che possono andare dal caramello tostato al leggero caffè. Al palato dovrebbe essere morbida, senza note sgraziate, piuttosto scorrevole, con una chiusura di caffè e magari un filo di cioccolata. Non arriva ai tostati di una Porter, ma non dovrebbe nemmeno avere la complessità delle reazioni di Maillard di una Munich Dunkel. Un filo di crosta di pane tostato ci sta tutta.
Alcuni esempi possono finire leggermente più dolci, ma tendenzialmente si tratta di birre con un tocco amaro fermo a chiudere. Non ne ho bevute moltissime, un buon esempio è la Original Badebier di Neuzeller, birrificio del Nord della Germania non lontano da Berlino, che ho assaggiato qualche mese fa e mi è piaciuta molto.
Altrimenti c’è la solita Kostritzer, citata spesso come esempio classico dello stile. Dato che in tedesco Schwarz significa nero, non è raro trovare questo aggettivo utilizzato per descrivere il colore della birra piuttosto che lo stile. E quindi di imbattersi in esempi non proprio allineati con le linee guida. Un esempio di questo tipo che mi è capitato di bere è la Schwarze Anna del birrificio francone Neder, che assomigliava – anche nel colore – a una Dunkel piuttosto che a una Schwarzbier.
LA RICETTA
L’obiettivo principale di questa birra è far uscire le note tostate senza che siano in alcun modo ruvide e, soprattutto, senza che diano l’impressione di bere una Porter inglese. Per fare ciò, è essenziale il dosaggio del malto roasted: poco ma non troppo poco, meglio se Carafa senza glumella, per ridurre il più possibile l’astringenza. Ho aggiunto tutti i malti a inizio mash. Secondo me aggiungerli a fine mash non cambia granché e priva il mash dell’acidità “naturale” dei malti scuri, costringendo a usare una quantità maggiore di acido lattico.
La base di malto Monaco è secondo me essenziale, per il resto va benone un Pilsner. Avrei usato malti tedeschi, ma avevo in casa il Dingemans e me lo sono fatto andar bene. Sul dosaggio del Caramunich III sono stato molto indeciso: non è un malto che utilizzo spesso, avevo paura che usandone troppo mi sarei spostato verso il profilo di una Dunkel. Alla fine mi sono lasciato andare, e non è andata male.
Luppolo quanto basta, una spruzzata a fine boil giusto per dare un po’ di complessità al naso. Mash e bollitura standard.
Per quanto riguarda l’acqua, in questi ultimi tempi sto cercando di sfruttare al massimo l’acqua di rete di Roma. Ho l’impianto a osmosi, ma sono restio a sprecare troppa acqua nella filtrazione, a meno che non sia davvero necessario. E in questo caso, secondo me, non lo era. L’acqua di Roma ha una alta alcalinità residua, con bicarbonati oltre le 400 ppm, ma ha anche l’aspetto positivo di avere bassissime concentrazioni degli altri minerali. Una volta eliminati i bicarbonati con l’acido lattico, il resto è una buona base su cui lavorare. Crea qualche problema se si vogliono alzare molto i solfati, perché il calcio è già alto in partenza, ma se non si ha questa necessità secondo me va benissimo.
Troppo acido lattico in mash e sparge può dar fastidio? Forse, se è davvero tanto, ma dalle prove che sto facendo negli ultimi tempi, non mi pare che nel mio caso crei particolari problemi. In questa cotta ho usato in tutto 12,5 ml di acido lattico su 19 litri totali di acqua, circa 0,65 ml/L. L’acqua osmotizzata me la riservo per una Pilsner o una Helles.
FERMENTAZIONE
Ho adottato il mio profilo standard per il W34/70. Tutto è andato liscio, senza alcun problema di sorta. Solito travaso in fustino pre-saturato di anidride carbonica prima della lagerizzazione, poi in frigo a 4-5°C per circa un mese. Carbonata forzatamente durante la lagerizzazione.
ASSAGGIO
L’assaggio che descrivo viene direttamente dalla birra spillata dal fusto. Ho fatto qualche bottiglia direttamente dal fusto che ho spostato in frigo e berrò più avanti. Il fustino l’ho aperto dopo un mese di lagerizzazione in frigo a circa 4°C.
ASPETTO Colore marrone con bellissimi riflessi mogano. Schiuma marrone chiaro, abbastanza fine con ottima persistenza fino al termine della bevuta. Buona limpidezza. Direi che non fa una piega.
AROMA Media intensità. Lievi note tostate che ricordano il caffè e la crosta di pane ben tostato. Suggestioni di cola. Luppolo non mi pare di sentirne, me ne sarei aspettato almeno un filo ma va benone anche così. Fermentazione pulita. Tostature intriganti e delicate.
AL PALATO Tornano gli aromi percepiti al naso, nel finale emerge maggiormente il pane tostato che lascia spazio a un lungo retrolfatto di caffè e forse anche un leggero sbuffo di cioccolata. Ottimo bilanciamento dolce/amaro. Maltata ma non piena, per nulla stucchevole. Scorre via molto facilmente. Non ha una enorme complessità ma la trovo molto in stile.
MOUTHFEEL Corpo medio-basso, carbonazione media. Nessun calore alcolico. Forse alla lunga emerge una leggerissima astringenza, ma molto tenue. Non mi sembra dia in alcun modo fastidio e soprattutto non impedisce di berne tre una di seguito all’altra.
IN CONCLUSIONE Sono davvero molto contento di questa birra. Il profilo dello stile secondo me è ben centrato. Pulizia ottimale. Ho dovuto spostarla in bottiglia altrimenti ne avrei bevuta troppa dalla spina, e questo è sempre un buon segno. Non so se mi sono suggestionato io o se c’è davvero un filo leggerissimo di astringenza. Forse avrei potuto alzare leggermene i cloruri per avvicinarli ai solfati, ma parliamo sempre di valori assoluti molto bassi, non so quanto avrebbe influito. Per curiosità, la prossima volta potrei provare a usare acqua osmotizzata almeno al 50%, anche per abbassare il calcio che non dovrebbe influire sul profilo organolettico, ma chissà. Vedremo.