I lieviti in formato secco sono una gran comodità: conservano una alta vitalità a lungo se tenuti in frigo, non necessitano di ossigenazione prima della fermentazione e nemmeno di reidratazione. Si apre la busta e si rovescia il contenuto nel mosto. Una bomba.

L’altra faccia della medaglia è la loro limitata versatilità, soprattutto quando nella birra cerchiamo una significativa espressività del lievito. Questo è vero specialmente per le birre belghe, dove il carattere della fermentazione è centrale.

Se per le Saison esistono alternative piuttosto valide in formato secco, come il BE-134 della Fermentis, il Belle Saison della Lallemand o il French Saison della Mangrove’s Jack’s, per gli altri stili del Belgio la gamma non viene generalmente considerata all’altezza.

Mentre di lieviti secchi per le Saison ne ho provati diversi, nel caso di altri stili belgi non ho mai nemmeno tentato. Dato che non amo criticare per sentito dire, ho deciso di iniziare a fare qualche piccolo passo nel mondo dei lieviti secchi anche per le birre belghe. Sono partito da una Belgian Tripel fermentata con il T-58 della Fermentis. Denigrato da tanti, amato da pochi.

LO STILE

Non mi soffermo troppo sulle caratteristiche dello stile perché il tema è stato sviscerato piuttosto nel dettaglio in un precedente post (link) e nella puntata di MashOut Podcast dedicata alle birre del Belgio (link).

In estrema sintesi, mi aspetto:

  • un profilo fruttato (esteri) di media intensità. Principalmente citrico con note più lievi eventuali di pera/mela o banana.
  • una controparte speziata (fenoli) con intensità da media ad alta, toni pepati e un po’ rustici. Leggero chiodo di garofano possibile.
  • secchezza, alta carbonazione, calore alcolico molto basso.
  • estrema limpidezza, colore giallo dorato.

POF: IN CHE SENSO?

L’espressività fenolica dei lieviti è guidata principalmente da un insieme di geni che codificano enzimi chiamati PAD (Phenolic Acid Decarboxylase). Questi enzimi trasformano gli acidi fenolici (Hydroxycinnamic Acids o HCA) in vinilfenoli. Gli acidi fenolici più comuni nel mosto sono l’acido ferulico e l’acido cumarico che si solubilizzano dai cerali durante l’ammostamento. I fenoli hanno aromi speziati che possono ricordare il pepe, il chiodo di garofano, il cumino ma anche l’affumicato e talvolta il medicinale.

I lieviti Brettanomyces sono dotati di altri enzimi (Vinyl Phenol Reductase o VPR) che trasformano i vinilfenoli in etilfenoli. Gli etilfenoli hanno i classici aromi funky dei Brett: coperta di cavallo, carta da gioco, affumicato, stallatico, a volte plastica bruciata.

I ceppi di lievito commerciali vengono definiti POF- se non sono dotati di questi enzimi, POF+ se lo sono (Phenolic Off Flavour). La concezione comune è che un lievito POF- non sia in grado di produrre aromi speziati. Ma questo è vero solo in parte.

Da quanto ho avuto modo di approfondire (link), quando un lievito viene etichettato POF+ è stata verificata analiticamente la sua capacità di produrre due specifici vinilfenoli: il 4VG (4-vinil-guaiacolo), dal classico aroma di chiodo di garofano (ma anche curry, cumino, affumicato) e il 4VP (4-vinil-fenolo), dall’aroma che vira più sul medicinale.

I lieviti etichettati come POF- non hanno questi enzimi e quindi non possono produrre i due composti sopra citati (e i relativi aromi) in nessuna condizione di fermentazione. Tuttavia, questo non significa che lieviti POF- non possano produrre in toto aromi speziati (link di approfondimento). Dato che non conosciamo ancora tutti i composti collegati a quello che viene definito genericamente aroma “fenolico” o “speziato”, è possibile che altri percorsi metabolici generino un aroma che potremmo percepire come “fenolico” anche in assenza dei geni in grado di sintetizzare gli enzimi PAD.

Esistono del resto stili belgi in cui il fenolico è molto delicato se non quasi assente, come le Belgian Pale Ale, le Belgian Blonde Ale e le Belgian Dark Strong Ale. In questi casi potrebbe aver senso utilizzare un lievito belga POF-. Come, ad esempio, il BE-256 o l’S-33, che infatti vengono commercializzati dalla Fermentis come lieviti belgi.

Li vedo tuttavia poco indicati per una Tripel, ragion per cui ho scelto il T-58. Ma in futuro parleremo anche del BE-256 e dell’S-33. Promesso.

Dettaglio fornito dalla Fermentis sui ceppi POF positivi o negativi (colonna Phenolic Off-Flavour)

LA RICETTA

Ricetta senza grandi sorprese. Ho seguito quanto fatto finora nelle mie altre Tripel, in particolare nell’ultima che era venuta piuttosto bene. Ho solo aumentato la dose di zucchero semplice per aiutare l’attenuazione, visto che il T58 non è un lievito particolarmente attenuante e le Tripel sono invece molto attenuate.

Per semplificare la vita al lievito e ridurre la produzione di alcoli superiori, ho aggiunto tutto lo zucchero verso la fine della fermentazione. Ho sciolto il destrosio in un po’ di acqua, lasciato bollire per qualche minuto, raffreddato e versato nel fermentatore. In questo modo la OG di partenza è più bassa e la fermentazione più semplice: la produzione di alcoli superiori dovrebbe quindi essere ridotta.

Gli alcoli superiori vengono sintetizzati dal lievito nel corso di diversi percorsi metabolici: uno di questi (la sintesi di aminoacidi) è correlato alla crescita cellulare. Minore OG significa minore moltiplicazione cellulare ovvero minore produzione di alcoli superiori.

Sempre per stimolare l’attenuazione, ho optato per un ammostamento a temperatura piuttosto bassa di oltre un’ora. Il passaggio a 72°C è solo per assicurarsi che tutti gli amidi siano stati convertiti.

Acqua sbilanciata sui solfati senza utilizzo di filtro a osmosi. Ho passato l’acqua di rete attraverso il filtro a carboni attivi per rimuovere il cloro e ho aggiunto parecchio acido lattico per ridurre il pH di ammostamento, sparge e bollitura. È andato tutto liscio.

FERMENTAZIONE

Sono partito molto basso con la temperatura per contenere la proliferazione di esteri. Da quello che ho letto sulla scheda tecnica, il T-58 ha una propensione a produrre alte concentrazioni di esteri fruttati. Diversi homebrewer mi hanno segnalato anche che, tra gli esteri prodotti dal T-58, l’aroma di banana (acetato di isoamile) è piuttosto intenso. Sebbene sia ammissibile in una Tripel, a me non piace particolarmente e preferisco limitarlo.

La produzione di fenoli non varia molto con la temperatura. Mantenendo una bassa temperatura di fermentazione, si rischia di sbilanciare il bouquet aromatico verso i fenoli che possono diventare preponderanti in assenza della controparte fruttata. È un rischio che mi sono sentito di correre: in una Tripel, preferisco un filo di speziato in più che un aroma di banana invasivo.

In molti dicono che il T-58 abbia bisogno di lunghe maturazioni, il che può aver senso. L’acetato di isoamile (aroma di banana) è infatti un estere che tende a idrolizzarsi in ambiente acido, ovvero si divide nei suoi componenti originari: alcol (isoamilico) e acido (acetico). Se si fermenta a temperature più alte, producendo una maggiore quantità di esteri, la birra potrebbe necessitare di maturazioni più lunghe a temperatura ambiente. Non spaventatevi dell’acido acetico risultante dall’idrolisi dell’acetato di isoamile, non è presente in quantità tali da risultare percepibile.

Ho preferito tenermi basso con la temperatura a inizio fermentazione, lasciarla maturare a temperatura ambiente per un mesetto e infine procedere con una lunga lagerizzazione per pulire la birra e arrotondare il flavour.

Ho aggiunto nutrienti a fine bollitura (nello specifico i Servomyces della Brewferm) che dovrebbero aiutare l’attenuazione e in teoria ridurre anche la possibilità che si sviluppino aromi solforosi.

Ho imbottigliato con rifermentazione parziale, come raccontato in un post precedente (link). L’obiettivo era raggiungere una carbonazione di 3.0 volumi, ma credo di essere arrivato leggermente basso.

ASSAGGIO

Ho fatto diversi assaggi di questa birra. Metà del batch (5 Litri) sono ancora in un fustino che tengo nel frigorifero a 5°C. La bottiglia che ho stappato per questa descrizione ha circa due mesi. Considerando che la cotta è del 5 Maggio 2023, siamo a circa quattro mesi dal giorno di produzione. Il livello di maturazione in generale mi è sembrato adeguato.

 ASPETTO  Bel cappello di schiuma bianca, fine e di buona persistenza. Il colore della birra è giallo dorato carico, discreta limpidezza. Scaldandosi diventa limpida.

 AROMA  Buona intensità. Prevalgono le note fenoliche, parzialmente balsamiche. Principalmente chiodo di garofano, ma anche un tocco di cumino. Non le trovo elegantissime – manca quella sfumatura rustica tipica di una St. Bernardus – ma nemmeno fastidiose. Non arrivano al medicinale. Il fruttato è decisamente più sommesso, ricorda la mela gialla e vagamente la pera. In sottofondo, molto leggera, una nota di banana. Si percepisce un filo di alcol che pungola il naso con un lieve sentore speziato. Il malto emerge man mano che si scalda, con sfumature di miele. Nel complesso, un aroma gradevole senza evidenti difetti.

 AL PALATO  Ingresso maltato, torna il miele percepito al naso. L’amaro del luppolo bilancia piuttosto bene, evitando che il sorso viri eccessivamente verso il dolce. Trovo giusto una punta di dolcezza di troppo, ma viene in soccorso la sferzata fenolica a chiudere il sorso. L’alcol si avverte di più rispetto al naso, con un calore che riscalda piacevolmente. Il fruttato è sempre modesto, non invadente. Nel retrolfatto tornano le note mielate insieme a un fenolico più delicato rispetto al naso. Finale tutto sommato equilibrato tra dolce e amaro.

 MOUTHFEEL  Corpo medio, nei limiti dello stile. Bolla medio-alta, avrei potuto osare di più per dare maggiore secchezza. Nessuna astringenza, lieve calore alcolico.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Non è la Belgian Tripel dei miei sogni, questo è evidente. D’altro canto, non è nemmeno una birra malvagia o troppo lontana dallo stile. In generale è pulita, non percepisco difetti. Il profilo speziato non è particolarmente elegante, ma rimane nei canoni. L’aroma di banana è contenuto, per fortuna. La rifarei con questo lievito? Di getto, direi di no. C’è da dire però che andrebbe provato con altri profili di fermentazione, sicuramente il risultato sarebbe diverso. Con i lieviti belgi non è sufficiente un’unica prova, bisogna lavorarci su. Chissà. Vedremo.

11 COMMENTS

  1. Ciao Frank,
    Esperimento interessante. Ho usato per anni quel lievito per poi abbandonarlo e riprovalo di recente.
    Il principale problema che ho sempre riscontrato è la persistenza della schiuma nel bicchiere cosa che non mi pare tu abbia avuto.
    Sull’attenuazione ci si può lavorare fra °T di ammostamento e zuccheri aggiunti come giustamente hai fatto tu ma il profilo aromatico difficilmente raggiungerà i livelli di complessità adeguati allo stile.
    Complimenti per il blog e per il bel percorso che avete fatto con Mashout! podcast.

      • Intendevo per questa ricetta. La tua Bojack non ti soddisfaceva o è solo voglia di sperimentare qualcosa di nuovo?

        • Ma è scritto nel post! 🙂

          “Mentre di lieviti secchi per le Saison ne ho provati diversi, nel caso di altri stili belgi non ho mai nemmeno tentato. Dato che non amo criticare per sentito dire, ho deciso di iniziare a fare qualche piccolo passo nel mondo dei lieviti secchi anche per le birre belghe. Sono partito da una Belgian Tripel fermentata con il T-58 della Fermentis. Denigrato da tanti, amato da pochi.”

  2. Ciao Frank, ho letto che hai specificato maturazione a temperatura ambiente. Che differenze ci sarebbero se maturate a 4 gradi?

    • Le dinamiche di maturazione sono diverse se questa avviene al freddo o a temperature più alte. A temperature più alte il lievito può essere attivo e riassorbire alcuni composti, oltre al fatto che la maturazione stessa è accelerata. Al freddo, se il lievito è ad alta fermentazione, il lievito è fermo, la maturazione è rallentata ma viene velocizzato il processo di sedimentazione. La situazione è molto complessa, ma senza dubbio ci sono differenze.

  3. Personalmente ero molto interessato a questo tuo esperimento, in quanto sono uno dei pochi che rispetta il lavoro del lievito in questione (feci anche qualche piazzamento al brassare romano con lui).
    Secondo me la scarsa fama è da attribuire perlopiù alle temperature di fermentazione non azzeccate. Nel 2010, quando cominciai la birrificazione in allgrain in pochi avevano un controllo sulla temperatura in fermentazione,i lieviti a disposizione non erano molti, il t58 già c’era ,i mosti raggiungevano temperature che anche se non superavano il range del lievito, davano troppo spazio al fruttato, bubblegum e banana. Il t58 ancora mantiene la fama di lievito troppo caratterizzante in quel senso.
    Ho fatto decine di prove(schernito dai miei amici home Brewer😁), ma credo che con una fermentazione a 18 gradi con rampa fino a 22 di aver trovato il giusto equilibrio tra fruttato e fenolico. Spingendo gli IBU in amaro oltre lo stile e usando una buona dose di zucchero,si raggiunge un discreto equilibrio anche in bocca.

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