La corretta gestione del pH lungo la produzione a caldo del mosto (la cosiddetta hot side, ovvero dal mash-in al raffreddamento) è fondamentale per una serie di motivi: garantire il buon funzionamento degli enzimi (ammostamenti più efficaci a veloci), limitare l’estrazione di polifenoli/tannini (tenere a bada l’astringenza), favorire la coagulazione di proteine e polifenoli (maggiore limpidezza, stabilità e pulizia della birra) e facilitare la vita al lievito che dovrà fermentare la birra. Probabilmente ce ne saranno anche altri, ma questi sono considerati i più importanti.
Dei valori di pH a cui puntare nelle varie fasi del processo ho già parlato in un post precedente (link). Per quanto riguarda lo strumento di misura, il top per i nostri scopi è a mio parere il Milwaukee MD-104 (qui la recensione). Due valide alternative possono essere i meno costosi ADWA AD12 e Hanna HI-98107, ma il primo è senza dubbio il più affidabile, veloce e comodo.
Inutile acquistare misuratori di pH da pochi euro, che iniziano subito a sballare con le misure; o le cartine tornasole, con cui è impossibile identificare variazioni di pH nell’ordine dei decimi di unità.
Oggi mi volevo focalizzare sul pH dell’acqua di sparge. Ritengo sia importante gestirlo nel modo corretto, per evitare problemi nelle fasi successive della produzione.
Il problema chiave: l’astringenza
Quando si avverte astringenza in una birra, le prime cose che vengono in mente, specialmente se non è una birra stra-luppolata (dove l’astringenza potrebbe derivare dalle aggiunte di luppolo in dry hopping) sono le solite tre/quattro: non macinare troppo finemente i grani, non fare sparge a temperature troppo alte, non prolungare lo sparge e, di solito – come ultimo consiglio -, controllare il pH dell’acqua di sparge.
Sulla temperatura di sparge che generi astringenza sono piuttosto scettico: da quando ho osservato con i miei occhi i grani bollire durante gli step di decozione, mi sono abbastanza convinto che la temperatura a cui si trovano i grani sia piuttosto irrilevante per quanto riguarda l’astringenza.
Se non sono venute astringenti le birre in cui ho fatto bollire i cereali in pentola per quindici minuti, figuriamoci se qualche grado in più dell’acqua di sparge possa generare un problema. A mio avviso, qui siamo sul mito andante. Di quelle cose che si sono sempre dette, ma a cui nessuno ha mai creduto fino in fondo.
Il livello di macinazione dei grani può teoricamente essere una delle cause dell’astringenza: è probabile che polverizzando le glumelle si faciliti la solubilizzazione dei tannini/polifenoli presenti nelle bucce dei malti. Ma chi è così pazzo da macinare tanto finemente? Gli sfarinamenti estremi non piacciono a nessuno, si rischia di indurre bruciature di farine sul fondo dei sistemi All-In-One (ma anche dei classici a fiamma diretta) e di bloccare le pompe per il ricircolo. La macinatura troppo fine, secondo me, non è una delle cause più comuni dell’astringenza.
È noto che il pH ha un effetto sulla solubilità dei polifenoli/tannini (link). Più alto è il pH, maggiore sarà la solubilizzazione delle sostanze astringenti durante l’ammostamento e lo sparge. In questo caso, l’effetto è significativo anche a fronte di piccole variazioni del pH, poiché la scala del pH è logaritmica: una variazione di 0.1 si traduce in un aumento/riduzione della concentrazione degli ioni idrogeno di 10 volte. Questo non significa che l’astringenza aumenti di 10 volte, ma l’impatto è sicuramente maggiore rispetto a un aumento di temperatura di 1-2°C.
Gestire il pH dell’acqua di sparge
Il pH di ammostamento possiamo gestirlo a nostro piacimento nel range 5.0-5.8, a seconda degli enzimi che vogliamo favorire. Se lavoriamo a temperature vicine ai 70°C, è meglio mantenere il pH nel limite alto del range; se, al contrario, cerchiamo l’azione delle beta-amilasi intoro ai 64-65°, è più ragionevole puntare a un pH al limite basso. Possiamo fare riferimento alla storica tabellina di John Palmer, dove la misura del pH – se non erro – è da intendersi a temperatura ambiente (20-25°C).
Molti pensano di stare a posto così: controllo il pH di ammostamento e ho finito. Potrebbe anche andar bene, in qualche caso. Se stiamo utilizzando un’acqua con bassa alcalinità residua (qui un approfondimento sul tema), è molto probabile che il pH dell’acqua di sparge, anche se inizialmente alto, si riduca notevolmente una volta venuto a contatto con i grani del pentolone di mash.
In questo caso, l’effetto tampone dell’acqua di sparge è piuttosto basso, il che tende a portarla facilmente al pH di ammostamento mentre attraversa i grani mescolandosi, in parte, con l’acqua di ammostamento.
Se invece l’acqua che usiamo ha un’alcalinità residua alta (ovvero, bicarbonati alti e calcio e magnesio medio/bassi), dobbiamo necessariamente abbassare il pH dell’acqua di sparge con acido in modo da ridurre drasticamente l’alcalinità residua. Questo eviterà che il pH aumenti sensibilmente durante lo sparge; il che, unito al fatto che man mano che si va avanti con lo sparge ci sono sempre meno zuccheri e più glumelle libere da cui estrarre tannini/polifenoli, tenderebbe a far aumentare l’astringenza.
A volte si si dice anche di non fare troppo sparge, ma in realtà – a mio avviso – se il pH rimane basso, non c’è enorme pericolo di estrarre astringenza anche prolungando lo sparge. Quantomeno non prima che l’estensione della durata dello sparge diventi controproducente per l’efficienza, andando ad estrarre pochi zuccheri e ad aggiungere troppa acqua.
Ma non finisce qui.
Lo sparge e il pH di bollitura
Se durante l’ammostamento possiamo posizionarci in un range piuttosto ampio di pH, sempre rimanendo in quello di lavoro degli enzimi, durante la bollitura molteplici fonti consigliano di mantenere un pH più rigidamente intorno al valore di 5.2. Questo per ottenere diversi benefici tra cui: migliore coagulazione delle proteine e dei polifenoli, minore imbrunimento del mosto e minore estrazione di tannini/polifenoli dal luppolo (ma qui andrebbe bene anche un pH leggermente più alto).
Il valore di 5.2 permette anche di arrivare al raffreddamento del mosto con un pH di 5.1, ideale per l’avvio della fermentazione.
Per anni non ci ho fatto molto caso, anche perché mi scocciava rimettere mano all’acido (ma soprattutto misurare nuovamente il pH) ad inizio bollitura. Per un po’, ho cercato di mantenere il pH di ammostamento sempre intorno a 5.2-5.3, in modo da arrivare in bollitura con un pH di 5.2. Nelle birre scure funziona, in quelle chiare meno perché ho notato che il pH tende a salire durante l’ammostamento in presenza di un mosto più chiaro.
Inoltre, ha più senso regolare il pH di ammostamento in base agli enzimi che si vogliono far lavorare e non al pH di bollitura che si vuole raggiungere.
Ecco che viene in soccorso l’acqua di sparge. Abbassando il pH dell’acqua di sparge – anche al di sotto del classico range, a volte arrivo a 4.8 – si ha il doppio vantaggio: mantenere basso il pH durante lo sparge e arrivare in bollitura con pH molto vicino a 5.2, anche se in ammostamento era stato mantenuto un pH più alto per favorire gli enzimi alfa-amilasi.
Per questa ragione, ormai modifico sempre il pH di sparge, arrivando spesso anche a valori più bassi del solito. Non vedo personalmente delle controindicazioni in tal senso, dato che durante lo sparge non c’è attività enzimatica. Modificare il pH dell’acqua di sparge è anche molto facile perché si può fare a freddo mantenendo la sonda del misuratore di pH immersa nell’acqua mentre si aggiunge l’acido. Cosa che non si può fare durante l’ammostamento perché il pH si stabilizza solo dopo l’inserimento dei grani. In caso servissero correzioni dopo il primo dosaggio (che si può fare a freddo), il mosto prelevato per la misura andrebbe raffreddato.
Forse non serve nemmeno ripeterlo, ma è bene precisare che l’aggiunta di sali nell’acqua di sparge non ha alcuna influenza sull’acidità dell’acqua di sparge. L’effetto di calcio e magnesio sul pH si verifica solo in presenza dei fosfati dei malti. No malti, no party.
Quindi, per concludere: sì, il pH dell’acqua di sparge è bene ridurlo. Di quanto? Per me l’obiettivo è arrivare in bollitura con pH 5.2 senza rimetter emano all’acido. Il pH dell’acqua di sparge deve essere funzionale a questo obiettivo. Con la mia acqua, che ha una alcalinità residua piuttosto alta, si traduce nell’aggiunta di circa 4-5 ml di acido lattico in 8 litri di acqua sparge, per arrivare a un pH dell’acqua di sparge di 4.8-5.0.
Con un po’ di prove ci si prende la mano e diventa tutto più semplice. E addio astringenza.
Ho sempre corretto l’ acqua si sparge anche poco sotto 5. Bell’ articolo Frank… ti segnalo forse un piccolo errore (o forse ho capito male io) ..quando dici “anche se in ammostamento era stato mantenuto un pH più alto per favorire gli enzimi beta-amilasi” forse intendevi alfa amilasi giusto?
Sì, giusto. Correggo. Grazie!
Ciao Frank,
Nell’articolo dove spiegavi come utilizzare EZ Water, “Modificare l’acqua: basta poco, che ce vo?” consigliavi di portare il ph di sparge intorno ai 6 (acqua di riferimento-acqua panna).
Qui invece leggevo che cercavi di arrivare, nell’acqua di sparge, ad un ph di 4.8-5.
Questa differenza di valore è data dall’alcalinità residua piuttosto alta della tua acqua rispetto a quella dell acqua panna???? O ci sono altre considerazioni??
Grazie come sempre per la tua disponibilià.
Ciao Luca, il pH di sparge ha un range meno rigido rispetto a quello di mash perché non influenza l’attività degli enzimi. Mantenere un pH basso (sotto al 6) serve principalmente per ridurre l’astringenza. Qualsiasi pH tra 5 e 6 va bene. Ultimamente lo riduco maggiormente in modo da trovarmi poi con un pH più basso a inizio bollitura, dove è importante trovarsi a 5.2/5.3.
Grazie frank ! Chiarissimo come sempre!!!!!