Sono passati ormai cinque mesi da questa cotta, la mia prima con mash reiterato. Ho impiegato questo metodo per produrre il mio terzo Barley Wine, stile che amo molto. Le due precedenti prove vennero passabili, ma non entusiasmanti. Sono quindi partito dall’ultima ricetta nel tentativo di migliorarla, evitando stavolta di utilizzare l’estratto di malto come aggiunta, grazie proprio alla tecnica del mash reiterato.

La cotta andò molto bene, la descrissi nel dettaglio in un post precedente. Sono riuscito a raggiungere una OG di 1.104 senza alcuna aggiunta di estratto e con bollitura di un’ora. A cinque mesi di distanza dalla cotta, vediamo come è andata.

Per informazioni di base sullo stile rimando a questo post, mentre la precedente ricetta e la spiegazione del nome di questa birra (simpatico aneddoto) sono qui.

RICETTA

Ho optato per un grist molto semplice: base Pale Maris Otter, Vienna e un tocco di Crystal a media tostatura.

IBU contenuti, non mi piacciono i Barley Wine troppo amari. Si dice sempre che l’amaro tenda a ridursi con la maturazione: tecnicamente è vero, ma il mio primo Barley Wine (il Grainfather Jack), che aveva IBU simili a questo ma FG decisamente più bassa, risultò alla fine decisamente amaro. Rimase amaro a lungo, anche dopo aver raggiunto il picco di maturazione.

Un tocco di luppolo in aroma, giusto per dare complessità. Avevo il Cascade e l’ho usato in dosi minime, in modo da non generare derive americaneggianti. In futuro proverò un American Barley Wine – mi piacciono molto e non li produce nessuno – ma non era questo il caso.

Acqua di rete di Roma con aggiunta di sale da cucina per alzare i cloruri. Il sodio aiuta anche ad amplificare le note dolci. Le dovrebbe rendere in qualche modo più “brillanti”.

Rimando al post precedente per i dettagli sul mash reiterato.

Per la fermentazione, ho adottato nuovamente l’approccio del doppio ceppo di lievito: metà Lallemand BRY-97, per garantire una buona attenuazione; metà lievito inglese, in questo caso il Lallemand Windsor, per rendere il profilo fermentativo maggiormente complesso e meno neutro.

FERMENTAZIONE

Sapevo che la fermentazione non sarebbe stata semplice, per via della notevole OG (1.104). Per questa ragione, ho cercato di aiutare il lievito con l’aggiunta di nutrienti a fine bollitura e una doppia ossigenazione con bombola di ossigeno: la prima all’inoculo del lievito, una seconda (sempre 1 minuto con flusso di ossigeno 1 L/minuto) il giorno dopo la partenza della fermentazione.

Dopo una decina di giorni, le bolle erano praticamente finite. La FG prevista da Brewfather era 1.022 con un 78% di attenuazione. A occhio mi sembrava eccessiva, vista l’attenuazione media dei due lieviti e la alta OG, mi aspettavo una FG leggermente più alta. Non mi sarei stupito di misurare una FG di 1.025.

Quando ho misurato, però, sono rimasto inizialmente stupito nel trovarla addirittura ferma a 1.030. Ragionandoci su, non è poi così assurdo: 71% di attenuazione su una birra del genere, avendo usato per metà lievito non molto attenuante (il Windsor), credo sia abbastanza normale. Passato lo stupore iniziale, non mi sono preoccupato più di tanto.

Ho travasato la birra nel fustino da 10 Litri, lasciando il tutto a temperatura ambiente (circa 22-24°C) per un altro paio di mesi. Se avesse continuato ad attenuare non sarebbe stato un problema, avrei rilasciato l’anidride carbonica in eccesso dalla valvola di sfiato. Non ha continuato ad attenuare, dopo due mesi ho imbottigliato con la FG ancora a 1.030.

Quantomeno ero tranquillo che non avrebbe avuto problemi di ripartenza in bottiglia, dato che ormai era stato due mesi in maturazione senza alcuna variazione della FG.

Ho imbottigliato aggiungendo lievito da rifermentazione (CBC-1 della Lallemand, 0,08 g/L) e destrosio in ogni bottiglia.

Quando ho imbottigliato, il mosto era limpidissimo: un fantastico colore ambrato carico tendente al mogano, con riflessi rubini (foto sotto). Sembrava piuttosto dolce, ma non stucchevole. Avevo riposto buone speranze in questa birra.

ASSAGGIO

Le bottiglie hanno rifermentato senza difficoltà, arrivando dopo poche settimane alla carbonazione desiderata. Le ho tenute sugli scaffali dello sgabuzzino, con temperatura in aumento dai circa 22°C iniziali fino agli attuali 25°C. Questo assaggio viene da una bottiglia con circa 4 mesi di maturazione (a cui vanno aggiunti i circa due mesi di maturazione nel fustino da 10 litri). Sei mesi iniziano a essere un periodo di maturazione sufficiente per un Barley Wine da 10% ABV.

 ASPETTO  Si presenta nel bicchiere con un bel cappello di schiuma color crema, discreta persistenza (soprattutto considerando l’elevato grado alcolico). La birra è di colore ambrato carico tendente al mogano. Limpidezza migliorabile, ma non torbida.

 AROMA  Intensità medio alta, mix di esteri e aromi fruttati provenienti dai malti. Difficile individuarli nello specifico. In primo piano note di caramello e toffee di intensità medio-alta che dominano la scena. Con intensità leggermente minore troviamo note di frutta secca che ricordano il dattero, con suggestioni dolci. In sottofondo, sfumature citriche di polpa di limone e arancia, l’impressione è quello di una crostata alla marmellata di agrumi. Gli esteri sembrano virare verso pesca e albicocca. L’alcol contribuisce con un leggero tocco fruttato, morbido. Nel complesso ottima intensità e buona pulizia. Forse caramello e toffee rubano un filo troppo la scena agli altri aromi. L’agrumato potrebbe anche venire dalla luppolatura, ma non ne sono sicuro.

 AL PALATO  L’ingresso è maltato, con toffee e caramello in primo piano che lasciano la scena alla frutta secca dolce come dattero e uvetta. Tornano le note aranciate percepite al naso insieme ai leggeri esteri di frutta che ricordano pesca e albicocca. Amaro basso, finale piuttosto dolce che però non arriva a diventare eccessivamente ingombrante. L’alcol aiuta nel bilanciamento complessivo.

 MOUTHFEEL  Corpo medio-alto, carbonazione leggera perfetta per lo stile. Nel complesso, abbastanza cremoso. Lieve calore alcolico, piacevole, coerente con lo stile. Nessuna astringenza.

CONSIDERAZIONI GENERALI

Complessivamente una birra piacevole. Leggermente sbilanciata sul dolce, ma nel limite accettabile per lo stile. Non risulta comunque stucchevole, l’alcol aiuta a spezzare la dolcezza residua. Si lascia bere a ritmo piuttosto veloce.

Ha una buona complessità, il livello di maturazione è buono ma probabilmente la curva evolutiva è ancora in rampa positiva. Qualche altro mese potrebbe migliorare ulteriormente l’esperienza di bevuta complessiva.

La significativa velatura mi disturba un po’, devo essere sincero. Per carità, non è torbido, ma nel bicchiere tipo baloon la luce non riesce a passare facilmente attraverso la birra. Mi fa innervosire soprattutto perché nelle bottiglie la birra è limpidissima, compare la velatura quando la metto nel frigo. Sicuramene chill-haze dovuta a proteine e polifenoli. Peccato, perché la componente visiva in queste birre è molto importante, predispone positivamente alla bevuta.

Probabilmente non userei nuovamente il Windsor, o ne userei una sola bustina sostituendola con una ulteriore di BRY-97 (rapporto 3:1), in modo da ottenere qualche punto di attenuazione in più. Non credo tuttavia che 4-5 punti di FG in meno avrebbero cambiato radicalmente il bilanciamento complessivo. Quindi non ci starei troppo a rimuginare su. Potrebbe anche aver senso aumentare un pochino l’amaro.

Comunque, buono. Alcol molto morbido, leggermente caldo al palato ma il giusto per una birra del genere. Carbonazione azzeccatissima. Non un mostro di complessità – troppo toffe-centered -, ma si difende molto bene. Si potrebbe anche ridurre la dose del Crystal ora che ci penso, usando un tocco di Carafa III per mantenere il colore che mi piace molto.

Ricetta nel complesso promossa, da riprovare sperando in una maggiore limpidezza. Ho visto dal mio file di log che in questo caso ho usato l’Irish Moss invece del Protafloc, a fine bollitura. Anche se partono dalla stessa base (la carragenina delle alghe), il secondo mi sembra in genere più efficace nel far coagulare le proteine a fine bollitura. Vedremo.

 

6 COMMENTS

  1. Ciao Frank, anche io quando metto in Brewfather due lieviti diversi va in tilt sull’attenuaziomne finale. In teoria facendo un esempio se un lievito attenua 80 e uno 70, il calcolo non dovrebbe esere 80+70=150/2= 75% di attenuazione finale? Oppure entrano in gioco altri fattori.?

    • Non credo sia così matematico. Ma ho notato che Brewfather sulla FG non ci prende nemmeno con un lievito solo, figuriamoci con due. 🙂

  2. se hai la possibilità di conoscere qualcuno che ha una cantina(vera) o una stanza interrata con temperature stabili fino a 15 gradi per tutto l’anno ti consiglierei di provare la maturazione anche fino a più di un anno
    già che te lavori nei migliori dei modi per imbottigliare,l’alcool e l’fg alta aiutano sicuramente ad un ottimo mantenimento nel tempo per evitare di fare marsala
    io che imbottigliavo a caduta ho recuperato da un amico un bw e una ris che sono state 3 metri sottoterra per 2 anni e nella mia ignoranza di ex homebrewer le considevo al pari e anche meglio di quando avevano 6-7 mesi

  3. Ciao Frank, che criterio segui per l’inoculo del lievito in una birra con una così alta OG?
    Nel mio caso ho progettato un barley wine con OG 1086 per 15 litri da fermentare con Nottingham e Windsor. La calcolatrice per il tasso di inoculo di Lallemand mi consiglia 1g/l invece dei tuoi 4.
    Per Plato superiori a 16 il produttore consiglia di aggiungere ossigeno e qualora impossibile, come nel mio caso, di aggiungere più lievito, ma non specifica quanto.
    Come sei arrivato a quei 4 g/l?
    Grazie

    • In genere abbondo molto nelle alte OG con il lievito. Stare bassi può creare molti più problemi rispetto a mettere più lievito, che in genere non ne crea (specialmente se non si sta cercando una forte espressione aromatica nel lievito, come in questo caso). Diciamo che vado a bustine come unità di misura, quindi – a volte, come in questo caso – piuttosto che lasciare due mezze bustine butto dentro tutto e via.

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