Mi capitò di assaggiare per la prima volta una birra di Alveria diversi anni fa. Abitavo in un’altra casa, non lontano da dove abito ora, e c’era questo piccolo pub tre portoni dopo il mio (che qualche anno dopo, ahimè, ha chiuso). Era il 2016, se non ricordo male. Il publican mi consigliò di assaggiare una Pale Ale che aveva in bottiglia: viene dalla Sicilia, mi disse, provala e fammi sapere. L’etichetta mi piaceva, anche il logo: un asino stilizzato e un birrificio – Alveria – che si autodefiniva in etichetta “caparbio”. Stappai senza particolare convinzione (già all’epoca le mille Pale Ale che giravano mi avevano stufato) e assaggiai. Rimasi colpito, molto, dall’equilibrio di quella birra. Una Pale Ale con tutti i crismi, senza eccessi luppolati né amaro tagliente. C’era il malto ma anche il luppolo, gli aromi al posto giusto senza eccessive derive tropicali.

Non trovai più le birre di Alveria in giro per i locali di Roma, e quasi me ne dimenticai. L’anno scorso, a Maggio, andai a Catania al Mosaik, il bellissimo pub-famiglia gestito da Dorothea e Fabio, per tenere un workshop sulle birre inglesi. Dopo la lezione, mi fermai al bancone per qualche assaggio e tante chiacchiere, come si usa al Mosaik. Seduto sullo sgabello accanto al mio c’era Gabriele Siracusa, fondatore e birraio di Alveria. E alla spina la sua saison Centobocche. Finalmente stavo per assaggiare nuovamente una birra di Alveria, con il privilegio di avere accanto a me chi la aveva immaginata, creata, accudita e portata nel mio bicchiere. Che poi Gabriele Siracusa nel profondo è un amante del luppolo: nell’intervista di qualche anno fa a Mondobirra racconta che il birrificio Alveria, nato nel 2015, è partito proprio dagli stili luppolati. Si professa amante del Chinook (mi associo) e dei luppoli di stampo americano in generale. Per questa ragione l’assaggio della sua saison mi incuriosì ancora di più. Pleonastico dirlo, ma rimasi colpito. Nuovamente. Proprio come era accaduto diversi anni prima con la Pale Ale.

Il bancone del Mosaik. Ultimo a destra, Gabriele Siracusa del birrificio Alveria

Di saison “a posto”, fatte in Italia, ne esistono diverse. Ma il bilanciamento fruttato/speziato/rustico è una corsa a ostacoli che non sempre riesce al meglio. A volte, anzi spesso, riconosco la pulizia di questi esempi italiani dello stile ma non riesco a emozionarmi. Il lievito si deve sentire, ma si deve sentire in un certo modo. Quel tocco rustico, le repentine scivolate agrumate, la speziatura che non deve schiaffeggiarti il palato ma stimolarti con una carezza ben piazzata. Ecco, nella Centobocche bevuta quella sera con Gabriele queste sfumature le ho trovate, e con enorme piacere le rivivo in questa versione luppolata che ho stappato a casa. Ve la racconto.

L’aspetto è perfetto. La foto non rende l’idea perché scurisce, mentre in realtà la birra è di un colore oro pallido, leggermente velata, con un bel cappello di schiuma bianca molto persistente. Al naso arrivano subito le note fruttate di uva spina (gooseberry) accompagnate da frutta (ananas, limone, mandarino) e leggerissime note vinose. Un velo di miele lega gli aromi fruttati e le note floreali (fiori bianchi, sambuco soprattutto), accompagnate dalle tipiche sfumature rustiche (paglia/fieno) del lievito saison. Io ci sento tanto Belgio, nonostante la carica luppolata si faccia ben sentire. La componente speziata è delicata, accarezza il naso con note di pepe e una suggestione di chiodo di garofano, minimale. Chiudono note erbacee e un leggero tocco grassy. Al palato entra con la dolcezza del miele che viene subito spazzata via da un amaro deciso, tagliente ma non fastidioso. Acidula quanto basta, a snellire. Nel mezzo della sorsata torna il fruttato, con maggiore espressione della componente agrumata, mentre il retrolfatto viene solleticato dal tropicale del mango, un tocco terroso e  una secchezza esemplare a chiudere. Amaro lungo, leggermente più incisivo rispetto a una saison classica, come è giusto che sia in una interpretazione luppolata come questa.

Un saison centratissima, perfettamente eseguita. Ovviamente sbilanciata sul luppolo, ma con intelligenza. Consiglio di assaggiare anche la versione base per avere un’idea della forza evocativa di questa birra.

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2 COMMENTS

  1. Bellissimi ricordi! Ho condiviso anche sulla pagina del Mosaik. Ottima davvero la Pacific Saison, riuscitissima, uno dei suoi cavalli di battaglia. Un grande abbraccio, alla tua Francesco! 🍻🤟

    • Grazie mille Dorotea. Puoi immaginare quanto mi sono emozionato riguardando quella foto. Lacrimuccia. Un abbraccio a te, Fabio, Adriano e tutta la famiglia Mosaik! A prestissimo, spero!

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