Da sempre, scrivere sul blog è per me una fonte interminabile di apprendimento. Per raccontare le cose devo prima capirle, il che mi porta spesso a studiare per giorni – se non settimane – perdendomi in una rabbit hole dietro l’altra. Argomenti che ne richiamano altri, nozioni che richiedono pre-nozioni e così via all’infinito.

Anche per questo, sul blog alterno articoli approfonditi a pezzi più leggeri, oppure a ricette che ho sperimentato. Uscire ogni settimana con un nuovo articolo tecnico e approfondito sarebbe per me impossibile.

In occasione di questo ultimo post della stagione, ho quindi pensato di raccogliere i 5 post su cui ho lavorato e studiato di più durante questi ultimi mesi. Articoli che hanno dietro una ricerca e che mi hanno insegnato qualcosa.

Con questo ci salutiamo. L’appuntamento è per lunedì 2 settembre, giorno in cui riprenderò l’aggiornamento regolare del blog. Come si dice in questi casi: stay tuned!

Rifermentazione parziale

Una delle mie grandi conquiste degli ultimi tempi è stata la rifermentazione parziale. Difatti, sebbene gestisca la maggior parte delle cotte in carbonazione forzata, mi capita ogni tanto di rifermentare almeno una parte della cotta.

In particolare, rifermento spesso le birre belghe per arrivare a carbonazioni più vivaci che sono ingestibili con il mio sistema di spillatura dal keg con rubinetti sulla porta del frigo.

La rifermentazione parziale, seppure non proprio precisissima (non è facile stimare la carbonazione presente nella birra quando la birra è molto fredda e la pressione molto bassa), è utile per ridurre l’ossidazione in bottiglia al minimo sindacale.

Imbottigliamento con rifermentazione parziale

A cosa serve davvero la lagerizzazione

Partendo da un articolo che mi ha veramente aperto gli occhi sul processo di lagerizzazione, di cui – incredibilmente – dal punto di vista tecnico si sa davvero molto poco, ho articolato alcune riflessioni che mi hanno aiutato a comprendere meglio le vere ragioni e le sfumature di questo antico processo di produzione.

Perché, come ben sappiamo, nel mondo della produzione birraria non è sempre tutto bianco o nero. Anzi, molte volte bisogna districarsi tra le mille sfumature di grigio.

Ha ancora senso lagerizzare la birra per mesi?

Il difetto metallico

Quante volte capita di trovare il metallico derubricato a difetto di ossidazione? Ma è proprio così? E poi: ossidazione di cosa, nello specifico? In questo post, che prende le mosse da un paio di articoli molto approfonditi, ho cercato di mettere insieme i pezzi del puzzle.

Il difetto metallico deriva davvero dall’ossidazione?

Erbaceo, grassy o vegetale?

Mentre mi esercitavo nel compilare le schede BJCP, mi è venuto a un certo punto spontaneo pormi la domanda: che differenza c’è tra erbaceo, grassy e vegetale? Sono tre aromi/flavour diversi, o sono la stessa cosa?

La risposta non è affatto scontata.

Erbaceo, “grassy”, vegetale o addirittura dank?

L’aroma di patata bollita

Mentre correggevo un esame BJCP (da quando sono diventato giudice National, mi sono proposto come grader), mi sono imbattuto in un descrittore piuttosto insolito: l’aroma di patata bollita. Il giudice lo collegava all’ossidazione, il che mi ha portato a riflettere sulla reale origine di questo difetto.

Da dove viene l’aroma di patata bollita nella birra?

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