Il senso dell’olfatto è uno dei sensi più potenti di cui disponiamo ma anche quello di cui siamo meno consapevoli. Ogni giorno centinaia di composti chimici vengono intercettati dai nostri recettori nasali generando degli impulsi che vengono consegnati direttamente al cervello, senza alcun tipo di intermediazione. Riuscire a dare un nome a queste sensazioni non è facile, richiede molto allenamento e pazienza. Se non ci credete, potete provare l’esperimento Spices Rack Aroma Challenge suggerito da Barb Stuckey nel suo libro Taste: annusate a occhi chiusi i barattoli di spezie che avete in cucina e provate a dar loro un nome. Vi stupirete di quanto sia difficile distinguere per esempio la maggiorana dal timo, pur trattandosi di spezie molto utilizzate in cucina.
Riconoscere gli aromi, soprattutto quelli che nella birra sono considerati difetti, è fondamentale per diventare un bravo homebrewer. Se non vi rendete conto che la vostra birra ha un sottile aroma di acetaldeide (mela verde, vernice) difficilmente riuscirete a migliorare le vostre tecniche produttive e probabilmente continuerete a imbottigliare la birra troppo presto. C’è chi vive felice anche così, con le sue birre alla mela verde; ma c’è anche chi, come noi, è curioso di natura e ha sempre voglia di imparare e migliorare.
In quanto homebrewer abbiamo la (s)fortuna di convivere quotidianamente con molti dei difetti che si sviluppano nella birra: un po’ perché ogni tanto sbagliamo qualcosa e il difetto esce fuori, ma anche perché alcuni di questi (si pensi al diacetile o allo zolfo) vengono spesso prodotti durante la fermentazione per poi scomparire nel corso della maturazione. Per questo consigliamo sempre di assaggiare la birra durante tutte le fasi della produzione.
Un altro modo per allenare il proprio naso al riconoscimento di alcuni difetti (anche detti off flavours in inglese) è quello di acquistare un kit che ci permetta di riprodurli. Ce ne sono diversi in commercio. A noi è capitato di provare quello della Aroxa, proposto da un amico che lo ha acquistato online (link). Arriva completo di schede (non proprio approfondite, ma utili per chi è alle prime armi) in una bella confezione. Il materiale è sufficiente per una decina di persone: le polverine si diluiscono in una birra commerciale, possibilmente insapore (la scelta è vasta). Il dosaggio consigliato è di 1 litro di birra per capsula, ma diluendole di meno la percezione degli aromi è più immediata (anche se difficilmente si troveranno tali concentrazioni in una birra reale, quindichi vuole davvero allenarsi come giudice dovrebbe diluirli il più possibile e verificare se riesce a individuarli ugualmente).
Il kit offre 10 difetti e cosa 69£. Alla fine, considerando nel costo complessivo anche le spese di spedizione e i 10 litri di birra del discount in cui abbiamo sciolto le polverine, abbiamo speso 13€ a testa (eravamo in 10). Esborso più che ragionevole per passare una bella serata tra amici e imparare qualcosa.
Esistono anche altri kit, tra cui quello del Siebel Institute americano con cui si allenano i giudici del BJCP. I kit della Siebel hanno prezzi variabili: quello base contiene solo 5 aromi e costa 135$ (viene spedito dall’America). Questi kit sono altrettanto validi (se non migliori), ma con tutti i possibili problemi (e i costi) di dogana abbiamo preferito optare per il kit della Aroxa.
Vediamo come ci sono sembrate le diverse capsule.
Diacetile (Dyacetil)
Il primo difetto che abbiamo provato. Ricorda il burro. Diluendolo in un litro di birra, come da indicazioni del kit, ci è sembrato solo appena rilevabile al naso (per questa ragione i successivi campioni li abbiamo diluiti in un quantitativo minore di birra). E’ importante allenarsi a riconoscere il diacetile poiché si tende a confonderlo con il caramello. Se in alcuni stili è tollerato in piccole dosi (per esempio nelle pilsner), nella maggior parte dei casi non è ben visto dai giudici che valutano le birre nelle competizioni. Capita di incontrarlo più spesso di quanto si pensi, è importante imparare a riconoscerlo.
Cantina (Musty)
Questo aroma è esattamente uguale all’odore di una vecchia cantina: muffetta con un po’ di umidità. Si trova spesso nei lambic, ovviamente come aroma secondario e in concentrazione bassa. Il campione è molto persistente: a fine serata l’aroma era ancora molto presente nella birra che abbiamo usato per la diluizione. Difficile che venga fuori in una delle birre prodotte in casa, comunque interessante da conoscere.
Fenoli (Phenols)
L’aroma fenolico può essere descritto come pepe, chiodo di garofano, medicinale o affumicato. Generalmente i primi tre vengono prodotti dal lievito nel corso della fermentazione mentre il quarto, l’affumicato, deriva dai fenoli che si sviluppano durante l’affumicatura dei malti. A volte un leggero affumicato può essere anche prodotto dal lievito durante la fermentazione, in particolare da lieviti belgi o selvaggi (brettanomyces). Questo campione inizialmente ha sviluppato nel bicchiere un forte sentore di affumicato. A un livello più alto di diluizione ha virato verso il medicinale/chiodo di garofano. Interessante, anche se si tratta di una scala di aromi con cui noi homebrewer abbiamo spesso a che fare, quindi non una novità assoluta.
Estratto di Luppolo (Hop Oil Extract)
Tra i dieci aromi presenti nel kit, questo era il meno interessante: alla fine tutti conosciamo più o meno l’aroma di luppolo. Quando l’abbiamo annusato però si è rivelato diverso rispetto alle nostre aspettative. Pensavamo a un erbaceo/tropicale ma abbiamo percepito qualcosa di vegetale, simile a una foglia di geranio appena tagliata. Forse voleva rappresentare il difetto cosiddetto vegetale più che l’aroma di luppolo vero e proprio (anche se sulla scheda viene descritto come “Hop oil, like hoppy ale” ). A ogni modo, non ci è parso particolarmente stimolante.
Colpo di luce (Light Struck)
Il colpo di luce è stato invece molto interessante. Una volta aggiunto alla birra e annusato, ci ha particolarmente colpito poiché sembrava di avere tra le mani una delle tante birre commerciali da supermercato che per anni siamo stati abituati a bere. Viene spesso descritto come aroma di puzzola, ma la descrizione resta sempre un po’ astratta dato che poche persone hanno avuto a che fare con una vera puzzola. Potrebbe praticamente essere descritto come aroma di birra commerciale da supermercato. Sì, proprio quella che avete in mente ora. Poiché si origina per effetto di una esposizione delle bottiglie alla luce (alla lunga ha effetto anche sulle bottiglie marroni) è frequentemente presente nelle birre conservate per molto tempo sugli scaffali dei supermercati ed esposte alla luce a neon. Alcuni produttori evitano questo problema a monte, utilizzando estratti di luppolo che non introducono nella birra i composti che reagiscono con la luce generando questo off flavour.
Metallico (Metallic)
Anche in questo caso siamo di fronte a un aroma che si presenta spesso nelle birre commerciali. Si origina principalmente dall’ossidazione e aumenta in concentrazione man mano che la birra invecchia. Se la birra è tenuta in frigo il processo di ossidazione rallenta, ma se viene tenuta a temperatura ambiente (o peggio ancora oltre i 30 gradi) il processo di ossidazione accelera decisamente e il metallico viene fuori.
DMS (Dimetyl Sulphide)
Ecco un altro off flavour che si trova molto spesso nelle birre industriali (specialmente nelle basse fermentazioni). Siamo così abituati a sentirlo che non ce ne rendiamo davvero conto fino a quando qualcuno non ci fa notare questo aroma che ricorda il mais o la passata di pomodoro (a seconda del livello di concentrazione). Utile averlo nel kit, ma meglio dilurlo secondo le indicazioni perché se molto concentrato non è molto differente dall’aroma di una lattina di mais in scatola che si può comprare in qualsiasi supermercato. È anche probabile che la birra del discount che abbiamo utilizzato per la diluizione ne avesse già un po’ di suo.
Zolfo, Uova Marce (Hydrogen sulfide)
Lo zolfo e i suoi composti in genere sono aromi molto volatili. Difficilmente rimangono nella birra finita e se ci rimangono si volatilizzano in breve tempo dopo aver aperto la bottiglia. In genere vengono prodotti durante la fermentazione per poi volatilizzarsi insieme alla CO2 che esce dal fermentatore, ma in alcuni casi possono indicare una infezione del mosto. Chi fa birra in casa ha spesso a che fare con l’aroma di uova marce o cerini appena accesi dato che diversi lieviti li producono nel corso della fermentazione. Ad alta concentrazione, il campione ricordava decisamente le uova marce (rotten eggs).
Banana (Isoamyl acetate)
Questo se lo potevano anche risparmiare. Sappiamo tutti quale è l’aroma di una banana e soprattutto basta comprarsi una qualsiasi weizen o anche una belgian blonde ale per averne in casa un campione. Potrebbe essere interessante diluirlo a step per scoprire la propria soglia di percezione.
Cartone (Trans-2-Nonenal)
Eccoci di fronte a un altro prodotto dell’ossidazione. Spesso presente nelle birre industriali da supermercato (mal conservate), ricorda effettivamente il cartone (forse il cartone bagnato) ed è facile che venga fuori in una lager chiara poco alcolica dato che non ha molti aromi dietro ai quali nascondersi.
Purtroppo nel kit mancava l’acetaldeide (mela verde, vernice) che di solito indica una birra troppo giovane. Lo avrei provato volentieri per confrontarlo con l’aroma che spesso sento durante le diverse fasi delle mie fermentazioni casalinghe.
Un grazie all’amico e abile homebrewer Giacomo Manni per averci proposto questa educativa e divertente esperienza.