No. Ma veramente no.
Ne girano tante di boiate sul web, ma questa è una di quelle top. Presuppone che l’invecchiamento sia una prerogativa assoluta per produrre ottime birre, ma non è affatto così. Ho letto storie di homebrewers che sono arrivati alla terza o quarta produzione casalinga senza ancora aver mai assaggiato nemmeno una di queste birre. Se gli chiedi perché, la risposta è sempre la stessa: attendo che maturino.
E allora come mai Agostino Arioli del Birrificio Italiano dà alla sua Tipopils una scadenza massima di tre mesi, consigliando di berla molto prima? E le birre “Enjoy by” del birrificio craft americano Stone che prendono il nome dalla loro data di scadenza? (We brewed this IPA specifically NOT to last). “Enjoy by” significa appunto “goditela prima di”. Sono pazzi o incompetenti?
La realtà è che la maggior parte delle birre è pronta entro un mese dalla fine della carbonazione. Sono davvero pochi gli stili che necessitano di un periodo più lungo di maturazione.
Ma come faccio a sapere quanto deve maturare la mia birra?
In generale, solo le birre con un grado alcolico importante (a titolo puramente indicativo possiamo dire sopra i 6 gradi alcolici) necessitano di un periodo di maturazione superiore al mese (inteso dalla fine della carbonazione). Questo per due ragioni: 1) durante la fermentazione di birre molto alcoliche il lievito produce dei composti che rendono l’alcol “spigoloso” e che solo con il tempo si trasformano in altri composti maggiormente piacevoli e morbidi e 2) l’alcol è un forte antiossidante e quindi evita che la birra si ossidi durante la maturazione producendo aromi indesiderati dovuti all’ossidazione (sherry, vinoso, cartone, metallico).
Contrariamente, l’aroma di luppolo e gli esteri fruttati, insieme al corpo della birra, si affievoliscono con il passare del tempo. Pensare che una American Pale Ale super profumata di 5 gradi alcolici sia matura solo dopo 5 mesi è pura follia: al naso non si sentirebbe praticamente più nulla. Stesso discorso per una pilsner da 4.5%: svanirebbero il corpo e l’aroma erbaceo del Saaz.
Ma allora, da dove deriva questo falso mito? Sicuramente può essere verosimile quando saliamo di grado alcolico: una imperial stout da 9% può decisamente migliorare dopo 9 mesi (se tenuta in cantina intorno ai 15 gradi): i malti scuri, come anche l’alcol, proteggono dall’ossidazione (grazie alle melanoidine di cui i roasted malts sono ricchi).
Discorso simile per i barley wine: i molti zuccheri residui (la densità finale dei barley wine è in genere piuttosto alta) compensano l’affievolimento del corpo che inevitabilmente avviene con il tempo (le proteine dei malti precipitano sul fondo). Inoltre, i barley wine integrano bene nel loro bouqet aromatico alcuni aromi prodotti dall’ossidazione come per esempio sherry, madeira o vinoso.
E se ho prodotto una birra molto luppolata e molto alcolica? Be’, ovviamente, si cerca il compromesso individuando il momento in cui l’alcol si è ammorbidito abbastanza da non rendere la birra spiacevole mantenendo un aroma di luppolo decente (per esempio si può caricare l’aroma un po’ di più in partenza per contrastare il suo affievolimento).
Per ulteriori approfondimenti, vi rimando al bellissimo libretto Vintage Beer di Patrick Dawson e a quest’altro post in cui ho accennato alcuni concetti spiegati nel libro.
E ricordate: l’unico modo per sapere quando una birra da voi prodotta ha raggiunto il picco è assaggiarne ogni tanto una bottiglia e prendere nota. La fede cieca nella maturazione è una gran stupidaggine: potrebbe farvi perdere il momento in cui la vostra birra è al top.