Quando iniziai a produrre birra in casa, ormai quasi tre anni fa, mi affacciai timido nel mondo degli homebrewers: come qualcuno avrà intuito, sono una persona che ama approfondire le cose per fatti suoi prima di mettersi a fare domande in giro. Non amo particolarmente i forum (dove spesso ci si nasconde dietro un nickname per sparare una cavolata dopo l’altra con ostentata sicurezza) ed ero alla ricerca di qualcuno che capisse davvero qualcosa di homebrewing e soprattutto che non fosse un esaltato.
Approdai così nel gruppo Facebook degli Homebrewers Romani: pochi ma buoni, sono personaggi in genere di poche parole, spesso scorbutici e un po’ saccenti in prima battuta, ma in realtà molto preparati e accoglienti se uno fa le domande nel modo giusto. Alla mia terza domanda pubblicata nel gruppo (ero alla ricerca di tubi in silicone, mi pare) un tipo che non conoscevo mi contattò in chat privata e mi attaccò un pippone sull’impianto RIMS (all’epoca non sapevo nemmeno lontanamente cosa fosse), sui tubi in silicone e sugli acquisti da fare per forza in America perché in Italia non si trovava nulla di decente.
In un primo momento, pensai: ecco il solito esaltato, mo’ chi se lo scolla più. Fu così che partirono i miei primi contatti virtuali con Luciano Landolfi, uno degli homebrewer più bravi e appassionati che abbia mai conosciuto. Dopo diverse interazioni su Facebook, ci siamo finalmente incontrati di persona. Ho scoperto che non era affatto esaltato, ma solo molto appassionato ed estremamente competente. Con il passare del tempo ci siamo conosciuti meglio e ho scoperto che oltre a parlare sa anche ascoltare. Ho assaggiato molte delle sue birre e seguito molti dei suoi consigli (non tutti: lui qualche volta fa ancora il protein rest, ma lo perdono per questo). Ho vissuto da vicino il suo progetto con la beerfirm Eastside Brewing, uno dei pochi con degli obiettivi precisi, un’identità forte e un serio business plan alle spalle. Ora, finalmente, Luciano e i suoi soci hanno aperto il birrificio a Latina e iniziato a produrre le loro birre. Con estremo piacere sono andato a visitare il birrificio nuovo di zecca e ho fatto qualche domanda a Luciano.
Il birrificio è veramente bello. Ha un’impronta diversa dai soliti capannoni che si vedono in giro, a partire dal murales all’ingresso, dove presto verrà attrezzata una zona con spine per piccoli assaggi. Ovviamente sono estremamente di parte, ma del resto questo non è un sito che recensisce birre né tantomeno birrifici. Credetemi però se vi dico che sentiremo parlare di Eastside e delle sue birre (i primi lotti di produzione inizieranno ad entrare nel mercato a settembre).
Partiamo con una domanda secca: cosa si prova a fare una cotta per la prima volta su un impianto di proprietà nuovo di zecca?
C’è un misto di emozione e tensione, specialmente per chi come noi a livello pro ha lavorato solo come brewfirm e quindi all’atto pratico, nel birrificio che ci ospitava, non aveva il controllo totale di tutti gli aspetti della cotta. Doversi curare di tutti gli aspetti legati al buon funzionamento di un impianto da 12 ettolitri (1200 litri) ti mette un po’ sotto pressione, almeno all’inizio.
Bene, raccontaci ora qualcosa di voi. Chi c’è dietro al progetto Eastside? Come nasce? Che ruoli vi siete dati (se ve ne siete dati).
Il progetto Eastside nasce 3 anni fa con la scommessa di alcuni amici. Erano già anni che facevo birra in casa, prima da solo e poi in coppia con il mio amico fraterno Tommaso, ma a quel tempo non avevo nessuna intenzione di mettermi a produrre per vendere. Come capita alla stragrande maggioranza degli homebrewers, ci bastava divertirci a brassare in casa e far girare le nostre birre tra gli amici. Il destino ha voluto che qualche bottiglia finisse nelle mani del mio amico di vecchia data, Alessio Maurizi, già imprenditore impegnato nelle energie rinnovabili. In poco tempo, Alessio si è innamorato del mondo della birra craft. Intravedendo del “potenziale” nelle nostre produzioni casalinghe, alla fine (dopo 1 anno di “corte”) mi ha convinto a fare il grande passo e a creare una brewfirm. Gli altri membri del team, oltre a me e Alessio, sono Cristiano Lucarini che segue la logistica e Fabio Muzio che si occupa della parte contabile.
Come è nata la tua passione per l’homebrewing? Che metodo e setup usi?
Ho sempre amato la birra e tutto quello che girava attorno a questo mondo: già da ragazzo collezionavo boccali e sottobicchieri. Ma al tempo l’artigianale in Italia era praticamente inesistente e quindi bevevo senza cognizione di causa. Poi, dopo un viaggio a Dublino, in cui mi innamorai letteralmente della Porterhouse e della loro Oyster Stout, iniziai a produrre birra in casa per gioco con il primo kit. Non essendo tipo da mezze misure, dopo il primo kit passai direttamente all’all grain. Da li sono passati 6 anni: in questo periodo ho sperimentato molte tecniche passando dal BIAB puro (Brew In A Bag, NdR) ai 3 tini in modalità tree tier, per poi ripassare di nuovo al biab con l’ausilio del metodo RIMS (Recirculating Infusion Mash System, NdR); poi di nuovo al 3 tini su 2 livelli. Alla fine sono tornato al biab puro che per me rimane il metodo più semplice per produrre in casa una birra di qualità con poca spesa, poco sbattimento e in tempi rapidi. Naturalmente tutta l’attrezzatura per quanto scarna deve essere di qualità. Pentole, sacca, doppiofondo ecc. L’unico limite di questa tecnica sono le alte OG (oltre i 20 °P) che continuiamo a fare con i 3 tini.
Quando avete avviato la beerfirm avevate già un piano in mente per aprire un birrificio? Consiglieresti il passaggio per la beerfirm come strumento per testare il mercato prima di aprire un birrificio?
La storia di Eastside nasce con una pianificazione seria alle spalle. Alessio aveva già pianificato tutte le tappe della nostra storia. Ogni step successivo si sarebbe affrontato al raggiungimento di un obiettivo. Rispetto alle previsioni siamo andati fin troppo veloci e se penso a quando lui mi parlava di “fase 3”, cioè aprire un birrificio di proprietà e io lo prendevo in giro, mi viene da ridere. Ci sono ancora altre fasi già pianificate da raggiungere….
Credo che sia indispensabile tastare il terreno prima di lanciarsi nell’apertura di un birrificio, specialmente se non si hanno le spalle ben coperte da un capitale importante. Il rischio è quello di ritrovarsi poi con decine di ettolitri di birra tra le mani e non sapere a chi venderla (per quanto buona possa essere).
Hai un birraio/birrificio italiano di riferimento che ti ha ispirato particolarmente? Perché?
Devo dire che tra gli italiani non ho mai avuto grandissime fonti di “ispirazioni” al di là del mio mentore Luigi Serpe che rimane il mio punto di riferimento. In lui vedo il vero artigiano capace di risolvere ogni situazione anche senza ricorrere alla tecnologia. Dalla sua ha un grande bagaglio culturale in chimica e biologia che gli dà una marcia in più. Purtroppo, a mio modesto parere, la sua timidezza non gli ha permesso di raggiungere la ribalta che avrebbe meritato nell’Italia birraria. Spero di assorbire quanto più sapere possibile dai suoi insegnamenti, anche se a volte non è d’accordo con me perché su vari punti abbiamo un approccio opposto.
E all’estero?
Negli USA senza dubbio Stone Brewing. I loro prodotti, per quanto un po’ troppo alcolici (tranne qualche raro caso), sono sempre innovativi e la loro comunicazione è avanti anni luce rispetto a quella di tutti gli altri birrifici craft. Sul versante Europeo, un birrificio che non tradisce mai è Lervig che tra le altre produce la mia Russian Imperial Stout preferita: la “once you go black” (ma con uno come Mike Murphy alla guida è quasi scontato un livello altissimo delle birre). Sempre in Europa, e nello specifico in Belgio, mi piace molto anche De Struise.
Tra le birre che finora avete prodotto, ne esiste una a cui sei particolarmente affezionato? Come mai? Raccontaci la sua storia.
Sicuramente la SixHeaven. Al di là del risultato finale (su cui ognuno può dare un giudizio soggettivo), è stata la sua realizzazione ad essere stata una bella sfida. Produrre 2000 litri di una birra particolare come la nostra IPA al cocco ci ha messo a dura prova. Fortunatamente, vicino al birrificio dove lavoravamo come brewfirm c’era un forno industriale e quindi tostare 20 kg di cocco per volta è stato abbastanza semplice. Il bello sarà l’anno prossimo quando la dovremmo rifare a Latina. Già ci stiamo attrezzando per risolvere il problema. Quando l’ho pensata volevo coniugare agli aromi tropicali tipici delle American IPA un altro frutto che non si può inserire con la luppolatura e così ho pensato al cocco. Le prime prove con il cocco semplice furono un po’ deludenti e così decisi di tostarlo per tirare fuori del carattere. Alla fine il risultato ci ha così impressionato che abbiamo deciso di portarla sul mercato con la brewfirm, soprattutto grazie allo sprone e all’appoggio di Manuele Colonna che ha sempre creduto in noi fin dal primo giorno.
Con l’apertura del birrificio avete mantenuto il nome ma cambiato logo e grafica. Come mai questa scelta? Riflette in qualche modo un nuovo posizionamento sul mercato?
Come prima cosa abbiamo tagliato il nome perché è stato chiaro fin da subito che non era facile pronunciare e farsi capire a primo acchitto quando ci presentavamo come “eastside brewing”. Così abbiamo scelto la via del “less is more” pulendo nome e grafica nel logo. Per dare un ulteriore segno di svolta abbiamo deciso di cambiare tutto, dalle bottiglie alle etichette, alle scatole. Dietro ogni etichetta ci sarà una storia raccontata dalle immagini e da altri aspetti che riveleremo in seguito. Produrremo nei formati 33 cl e 75 cl, come abbiamo sempre fatto, e come fusti utilizzeremo i keykeg slimline da 30 litri per facilitare la logistica dei publican. Per quanto riguarda il posizionamento, non ci saranno cambiamenti continueremo: a lavorare con i locali craft contando finalmente su una distribuzione seria che ci sgraverà da molti impegni.
Ci sono decine di giovani lì fuori che fanno birra in casa e sognano un giorno di aprire un birrificio. Hai qualche buon consiglio per loro in base alla tua personale esperienza?
Posso innanzitutto consigliare di farsi bene i conti perché ci sono tantissimi aspetti da valutare, specialmente in questo momento di crisi generale. L’accesso al credito sfortunatamente è sempre più difficile anche presentando varie garanzie. Altro consiglio che mi sento di dare, se proprio volete provare ad aprire un birrificio, è quella di scegliere dei soci con cui andate veramente d’accordo e definire da subito e in maniera inequivocabile i ruoli di ognuno.
Ci puoi svelare qualche progetto che avete in serbo per il futuro?
A livello birrario abbiamo molte frecce da scoccare ma non vogliamo correre. Iniziamo con gradualità e cerchiamo di fare un buon prodotto, il resto verrà da se’. Un progetto che ho in testa da anni vede la collaborazione con il concorso per homebrwers Brassare Romano per fare qualcosa che in Italia nessuno si è mai arrischiato a fare; per ora non ne voglio parlare perché ci sono molti aspetti da concordare prima di rendere pubblica la cosa e soprattutto ormai per il 2015 è tardi e quindi, se tutto andrà bene, se ne parlerà il prossimo anno.
Un birra che conservi gelosamente in cantina e a cui tieni particolarmente?
Ho una cantina particolarmente fornita e non è facile scegliere. Forse le varie Black Damnation di Struise che sono tra le mie birre preferite.
Un birrificio italiano giovane che ti ha particolarmente sorpreso negli ultimi tempi?
Ce ne sono vari. Innanzitutto Vento Forte di Andrea Dell che non tradisce mai. Poi The Wall, dove opera l’amico Andrea Rogora (che non finirò mai di ringraziare per l’infinita disponibiltà). Crak, anche loro prima brewfirm come noi: hanno fatto le cose veramente in grande nel passaggio da brewfirm a produttore diretto! Last but not least, sicuramente Hammer: non ho avuto ancora modo e piacere di assaggiare le sue produzioni, ma si vede lontano un miglio che è un progetto importante, ben curato sotto tutti gli aspetti e soprattutto affidato a una garanzia come il simpatico Marco Valeriani che è il creatore di alcune delle mie birre italiane preferite, Verguenza in testa.
Grande East!
Sono contento che Rico ti sia stato d’aiuto.
E son sempre contento quando sento parlare bene di te. 😉
In fondo hai letto e sopportato anche tu le mie infinite pazzie….come Rico…ahahahah
Poi Rico anche live…tu almeno quello te lo sei risparmiato…ahahah
In fondo a ben vedere i forum non sono così male eh…certo basta sapere chi ascoltare.
In bocca al lupo Esat….grande e un grosso salutone! 😉
Adesso voglio sapere come fare per mettere l’immagine profilo xD Oppure è un privilegio che concedete solo a Conco? 🙂
Comunque grandi ragazzi, mi piacerebbe molto assaggiare una delle vostre birre ma temo che in Valle d’Aosta non ci verrete!! 😛
No no, ma quale privilegio…e solo un immagine che mi son salvato io…quella che uso come pseudo logo della mia pseudo brasserie in cui produco le mie pseudo birre! 😉
Tutto qua.
Ciao Conco come va? area birra è stato di grandissimo aiuto all’inizio e poi li ho conosciuto tanti HB con le palle che avrebbero meritato di poter avere un loro birrifico…purtroppo i soldi sono un problemone e non è facile arrivare a vedere realizzato il proprio sogno! Speriamo di incontrarci in qualche evento il prima possibile, organizzati per EurHop ad ottobre 😉
Tutto bene grazie! 😉
Bravo tu che con testardaggine e immagino quanti sacrifici sei riuscito a realizzare tuo sogno.
Anche Rico ha trovato lavoro nel campo, e ora al the wall e affiancato da fight gravity altro vecchio utente di areabirra.
Se ricordi Tnt…ora sta in Australia e fa anche lui il birraio sai. 😉
I sogni vanno inseguiti….e a volte succede anche che si prendono…ahahah
Bravi a tutti voi ragazzi.
Prima o poi la scovo anche qua al nord qualche tua birra…non so se ricordi…ma io sono un gran pantofolaio…ma grande eh.
Per eurohop quindi e praticamente impossibile.
Ma prima o poi accadrà…non ho furia.
In ogni caso ancora complimenti per tutto ciò che ho letto.
Alla prossima!