In questi ultimi anni, complice il sempre più ridotto tempo libero a disposizione, ho puntato a ridurre costantemente i tempi di produzione. Non mi sono mai allontanato dal BIAB, anzi, ho cercato di comprimere il più possibile i tempi di questa tecnica, già di per se’ molto meno impegnativa dell’all-grain classico a tre tini con sparge. I risultati sono stati tutto sommato buoni: efficienze di produzione basse ma costanti, che è quello che conta; birre mediamente buone (alcune molto, altre meno); la possibilità di fare cotte più spesso, magari alzandomi presto la mattina prima di andare al lavoro. Ovviamente le birre più chiare e luppolate hanno sempre mostrato segni di ossidazione dopo un po’ di tempo, ma in fin dei conti produco pochi litri che consumo velocemente: non è mai stato un dramma. Non ho una passione sfrenata per le birre luppolate, o forse mi hanno semplicemente stufato, quindi per quelle poche che ho fatto mi sono accontentato. Qualche problema l’ho avuto sulle alte OG. L’efficienza bassa (anche se costante) in questo caso è un problema: ti obbliga a sprecare tanto malto e ridurre ancora i litri prodotti. Che per birre che durano anni è un po’ una noia. Ma qualcuna l’ho fatta, aiutandomi con un po’ di estratto. Bilancio di questi anni positivo, quindi. Ho imparato tanto, prodotto birre mediamente buone (con qualche scivolone, ma capita), ridotto i tempi di cotta.

Però. C’è ovviamente un però, altrimenti non mi sarei dilungato così tanto.

Mi sono reso conto che questa corsa verso l’ottimizzazione dei tempi mi ha fatto perdere un po’ di vista la vera essenza di questo hobby, trasformandolo in qualcosa da fare nel più breve tempo possibile. Negli ultimi tempi ho fatto diversi errori durante le cotte: ho avuto efficienze ballerine, ho sbagliato a pesare i malti, ogni volta succedeva qualcosa. Perché andavo di fretta, troppo di fretta.

Ma non è solo questo. Ho scoperto anche che iniziavo ad annoiarmi. Sempre lo stesso impianto, sempre la stessa pompetta Solar Project, sempre lo stesso approccio. Mentre molti, intorno a me, andavano avanti esplorando nuove strade. Ho poco spazio in casa, è vero, ma ci si può organizzare. Mia figlia, nata quasi quattro anni fa, è cresciuta un po’, il tempo libero è più gestibile. Insomma, posso tornare a sperimentare, anche per cercare stimoli che un po’ mi sono mancati in questo ultimo anno di cotte.

Photo by Goh Rhy Yan on Unsplash
Photo by Goh Rhy Yan on Unsplash

Da dove partire? Anzitutto dal BIAB. Lo mollo? Non del tutto, almeno per ora. Sono affezionato alla mia sacca, non mi sento di abbandonarla al suo destino così. Ho deciso di evolvere l’impianto verso un tre tini semplificato. Non ho ancora ben chiaro cosa farò nello specifico, ma l’obiettivo è liberarmi di quel di mosto torbido che ogni volta porto in bollitura. Lo so, ho detto più volte che non è particolarmente importante, che le birre sono buone lo stesso. E lo sono, in generale. Ne ho fatte diverse molto piacevoli, ma ho fatto anche discrete cagate (tipo l’ultima pilsner, di cui ho parlato velocemente sulla pagina Facebook del blog). Dipende dal mosto torbido? Non credo, ma non voglio diventare un disco rotto che ripete sempre le stesse cose senza provare strade alternative. Delle quasi 90 cotte che ho alle spalle, solo le prime quattro/cinque sono state fatte in all-grain classico con sparge, quando ancora non capivo granché di come si faceva la birra e avevo tanti altri problemi (tipo nessun controllo della temperatura di fermentazione). Vale la pena tentare una strada diversa, almeno per qualche cotta.

Inoltre, vorrei avere un sistema flessibile che mi permetta di avere efficienza più alta quando faccio birre con OG sopra 1,070. Mi sono stufato di macinare (e buttare) chili e chili di malto. Magari per qualche birra farò ancora cotte veloci in BIAB, ma non sempre. Quello che non cambierò sono i litri prodotti: voglio continuare a produrre al massimo 12-15 litri perché sono quelli che riesco a consumare in tempi ragionevoli senza che una certa birra inizi a stancarmi. Inoltre si fa prima a imbottigliare, le bottiglie (vuote e piene) occupano meno spazio ed entrano tutte in lavastoviglie per la sanitizzazione.

Oggi ho ordinato una nuova pentola per la bollitura su Aliexpress, una pompa magnetica (basta pompetta Solar Project) sempre su Aliexpress e qualche altra cosetta. Ho voluto provare a ordinare anche dai francesi di MicroBrassage, dove ho preso la resistenza per la pentola di bollitura. L’idea è di iniziare con un piccolo sparge a fine mash, ma soprattutto non smuovere il letto di trebbie che si forma nella sacca che attualmente poggia sul doppiofondo della pentola di mash (sopra la resistenza). Il mosto che ricircola è davvero limpido verso la fine dell’ammostamento, vorrei spostarlo nella pentola di bollitura senza toccare nulla, mentre dall’alto farò scendere piano piano l’acqua di sparge. Vediamo se l’efficienza aumenta (dovrebbe) e se a fine bollitura il mosto sarà più limpido.

Il mosto a fine mash con il ricircolo in BIAB

Altra cosa a cui sto seriamente pensando è la contropressione. Sì, avete letto bene: CON-TRO-PRES-SIO-NE. Lo so che avevo detto e ridetto che non l’avrei mai fatto, ma cambio spesso idea (solo gli stupidi si fossilizzano sulle proprie posizioni). Il mio rifiuto per questo metodo di fermentazione e imbottigliamento rientrava nella logica di ridurre il più possibile i tempi di produzione e l’attrezzatura necessaria, a suo tempo era coerente con i miei obiettivi. Ma ora sto cambiando approccio e obiettivi, quindi cambia anche il resto. Sia chiaro, non ho alcuna intenzione di arrivare al livello di nerdismo (e di passione e bravura) di personaggi che stimo molto come Davide Cantoni (Rovidbeer) e i tantissimi altri membri del gruppo Facebook “Homebrewing 2.0 – Isobarico e contropressione”. Continuo a non avere spazio per tutta quella roba e, soprattutto, la mia idea è di continuare a produrre 10-15 litri di birra. Quindi assolutamente niente Fermentosaurus o robe simili.

Vorrei procedere per step e verificare se ci sono miglioramenti evidenti. Purtroppo, studiando un po’ i vari approcci, ho realizzato che in questo ambito, come in altri legati all’homebrewing, ci si fa prendere dalla smania del perfezionismo senza avere alla mano dati verificabili. Nessuno (o quasi nessuno) riesce a misurare in casa il livello di ossigeno disciolto nella birra: la strumentazione di misura è ancora troppo costosa e poco accessibile. Spesso si discute in base a convinzioni e intuizioni personali, ma sono più che convinto che si possa migliorare la gestione dell’ossigeno anche senza ricorrere necessariamente, da subito, a un’attrezzatura semi-professionale. Ovviamente parlo da assoluto neofita in questo campo, quindi prendete queste parole come mero spunto di riflessione.

Ecco come pensavo di muovermi, almeno in linea di massima.

Anzitutto non vorrei usare la contropressione per tutte le birre che produco. Alte OG, belghe, e probabilmente anche inglesi credo che continuerò a produrle allo stesso modo. Magari con qualche piccola attenzione in più quando avrò impostato il mio nuovo sistema di fermentazione e imbottigliamento, ma senza eccessive paranoie. Vedremo. Per quanto riguarda la contropressione, volendo continuare a produrre pochi litri, pensavo di condurre la prima fermentazione nei soliti fermentatori in plastica: si puliscono bene, sono abbastanza comodi e durante (e anche dopo) la fermentazione vigorosa restano saturi di CO2 se non vengono aperti. Da qui trasferirei, con una piccolissima contropressione, in fusto jolly (precedentemente saturato di CO2, devo capire bene come farlo ma non è impossibile). Una volta pronta la birra, trasferirei metà cotta in un mini keg da 5 litri con apposito accessorio per la spillatura. Il resto in bottiglia con pistola imbottigliatrice della Blichmann che spara CO2 nella bottiglia prima di trasferirci la birra (lo so, l’imitazione su Aliexpress cosa meno ma voglio l’originale). La versione V2 sembra funzioni molto bene.

So che non si tratta di un sistema isobarico; so che se non si fa il vuoto in bottiglia prima di saturare con CO2 un po’ di ossigeno rimane comunque; so che questo sistema non è perfetto. Ma vorrei provare così prima di complicarmi ulteriormente la vita. Non è escluso che rifermenti comunque in bottiglia le luppolate per liberarmi del pochissimo ossigeno che eventualmente entrerebbe in fase di imbottigliamento in mancanza del vuoto. Vedremo. Tanto nemmeno io potrò misurare l’ossigeno in bottiglia, quindi si tratterà di valutare in modo soggettivo quello che troverò nel bicchiere.

Per ora mi limito all’upgrade dell’impianto di produzione con sparge e nuova pentola per la bollitura. Per la contropressione se ne parlerà verso fine anno, quando sperabilmente sarà finalmente uscito il libro sull’homebrewing che stiamo finalizzando in questi giorni con Angelo Ruggiero (BereBirra) per Fermento Birra e Publigiovane e una volta che saranno partiti i corsi di homebrewing che stiamo mettendo in piedi sempre con Fermento. È un periodo impegnativo, ma ho voglia di rimettermi un po’ in gioco e smettere di ripetere sempre la solita solfa. Come ha detto prima di me Daniele Iuppariello di Car Brewing, a fare sempre la stessa cosa alla fine ci si annoia.

A presto con altri post per maggiori dettagli. Per oggi ci siamo fatti una leggera chiacchierata prima di riprendere con la produzione.

21 COMMENTS

  1. Come sempre un articolo chiaro, logico e scorrevole. È un piacere leggerti!
    Anche per me e il mio compagnod i avventure è un periodo intenso, spero di riuscire per fine anno a mettere in piedi l’impianto che avevamo progettato ormai un anno fa e di riprendere a fare birra con regolarità 😁
    In bocca al lupo con le nuove tecnologie, attenderò aggiornamento su questi schermi 😉

  2. Da emendare “maggiori dettagliati” in penultima riga. Perché si può anche cambiare idea, ma i dettagli contano sempre ;).

  3. Ciao Frank, perché no un impianto tipo Grainfather? Per me è un buon compromesso tra Biab e tre tini….sopratutto per chi ha poco spazio

  4. Fondamentalmente perché il mio è già un simil-Grainfather: ha il controllo automatico della temperatura, la pompa per il ricircolo, la resistenza. Manca solo il cestello inox, ma non lo utilizzerei comunque perché vorrei evitare di smuovere le trebbie prima dello sparge. Alla fine, se non sfrutti la comodità del cestello di alzarlo e fare sparge, funziona esattamente come una sacca. Non cambierebbe quindi nulla, ma dovrei comprare un nuovo sistema spendendo di più

  5. Ciao Frank,

    Hai ragione, cambiare dà nuovi stimoli. È quel che è successo a me nel fare il keezer su spinta del mio amico James Bonanni di the homebrew experience. Non faccio isobarico, ma trasferisco tutto con leggerissima pressione nel keg. Prima del trasferimento faccio sempre il crash cooling con la stessa leggerissima pressione.
    É vero che non si possono fare misurazioni oggettive, ma se hai fatto molte cotte e hai un po’ di esperienza di degustazione (e tu ne hai), ti accorgi immediatamente se le birre cambiano colore o se perdono l’aroma di luppolo fresco. Quello che ho visto io nella mia prima session IPA é che a distanza di due mesi il colore é lo stesso. E lo stesso ho visto nell’impianto di James. Secondo me il minikeg da 5 Lt ti darà delle soddisfazioni.

    • PS. Sono curioso di vedere come applicherai la contropressione ai fermentatori in plastica. Il coperchio del mio fermentatore in inox con 0,8 psi si gonfia come un pallone…

      • Ho zero esperienza con la contropressione, ma credo che applicare pochissima pressione solo per rimpiazzare la birra che esce a caduta dal rubinetto non dovrebbe essere un grande problema. Ma magari sbaglio.

        • E’ lo stesso progetto che ho in mente da tempo, avevo pensato appunto di compensare la birra in uscita con la co2 e lasciare al gorgogliatore il compito di espellere quella in eccesso, così da non mettere troppo in pressione il fermentatore. Avevo anche acquistato su Aliexpress questi (https://it.aliexpress.com/item/32920426322.html?spm=a2g0s.9042311.0.0.2aee4c4dry9gJo) attacchi jolly con dado e filetto maschio da attaccare al coperchio. Alla fine mi ero perso d’animo ma questa potrebbe essere una buona occasione 🙂

  6. Dalla descrizione sembra simile al mio come funzionamento con la differenza che estraggo i grani dalla pentola col mosto mentre nel tuo sistema estrai il mosto. Ho iniziato con una pentola munita di setaccio che ho usato al posto della sacca e ho sempre ottenuto mosti torbidi. Allora ho modificato la pentola per poter sollevare e mantenere il setaccio coi grani sopra la pentola e quindi poter ricircolare sopra il mosto per “filtrarlo” sui grani. In questa posizione posso ulteriormente estrarre con acqua calda preparata con un’altra pentola più piccola per tirare fuori un po’ di zuccheri in più. Quindi finirei per avere un impianto ibrido dove il mash avviene nel setaccio, per lo sparge uso una pentola esterna e per il boil uso la pentola che conteneva il setaccio. In questo modo ho un impianto compatto fatto da una sola torre e la pentola con l’acqua di sparge la fascio in cucina. Per la fretta non sono mai riuscito a fare una birra senza un intoppo e quindi non ho potuto verificare adeguatamente l’efficacia del sistema. Ho fatto una prova sola aggiungendo la sacca dentro il setaccio per eliminare i residui solidi ma la pompa di ricircolo crea un dislivello fra il mosto dentro il setaccio e il mosto fuori dal setaccio a causa della resistenza del tessuto al passaggio del mosto e quindi il ricircolo durante il mash non mi abbatte i solidi. Mi trovo quindi indeciso a questo punto fra togliere di mezzo la sacca e tenere il setaccio, comprare un fondo forato e togliere di mezzo il setaccio, bucherellare il setaccio anche sulla parete per compensare con più buchi la resistenza del tessuto della sacca e quindi tenere setaccio e sacca. Anche io ti faccio un in bocca al lupo e sono curioso per gli aggiornamenti.

  7. Alla fine ti sei stufato di bollire fanghiglia vedo…ahahahah
    A parte gli scherzi, supponevo avresti alla fine affrontato questo aspetto, era inevitabile per quel pochissimo che ti conosco.
    Ad essere sincero credevo un po’ più in la.
    Però con il vario accrocchiame che pensi di utilizzare per imbottigliare ammetto candidamente che mi hai spiazzato…in bocca al lupo. 😉

    • Eh, eh, vedremo come andrà. Il 12 ottobre cmq sarò a Monza per rifare l’esame BJCP. Dormirò sabato notte. Se nel tardo pomeriggio/sera ci sei ci beviamo un paio di birrette!

      • Ah ritorni nella terra di Teodolinda per affrontare ancora esame BJCP???
        Ma sei incontentabile…ahahah
        Beh allora devi studiare (bere) molto eh, devi applicarti assai…mi raccomando. 🙂 🙂
        Ottimo, se e il sabato io come altra volta lavoro fino alle 19.30 circa…poi arrivo, solo che in questi ultimi periodi non sto più brassando…zero proprio, un disastro, dunque credo che arriverò a mani vuote. 🙁

        P.s ma tua compagna ha capito bene che tutti quegli accrocchi e bombole poi vi entrano in casa?….no perché non vorrei stare preoccupato per te! 😉

  8. A mio parere un bel grainfather sarebbe il giusto attrezzo che ti consentirebbe di realizzare 15 litri di birra con qualsiasi og, occupa lo spazio di una sedia, serpentina di raffreddamento incorporata, niente fornelli tranne che una pentola qualsiasi per l’acqua di sparge e sparge che potresti gestire a piacimento aumentando o diminuendo i litri o persino saltarlo andando con tutta l’acqua in ammostamento. Nel caso ti venisse più sete potresti andare a produrre 23 litri senza problemi.

    • Certamente è un ottimo strumento. Lo conosco e l’ho anche provato una volta. Ma per fare quello che voglio fare io servirebbe comunquenun’altra pentola (perchè alzando il cestello si smuove il letto di trebbie e il mosto si intorbidisce). Aveno già il mio sistema funzionante per il mash, ho preferito semplicemente comprare una seconda pentola + resistenza con spesa inferiore ai 100€.

  9. Bravo Francesco! il tuo articolo è stata un’ispirazione per me e avendo tre pentole, pompa e sacca con cui faccio biab… hai detto che a fine mash il mosto lo trsferisci direttamente nella pentola di bollitura evitando così la noiosa fase di filtratura. dunque ne deduco che durante il mash tu non mescoli mai i grani giusto? altrimenti si intorbidirebbe nuovamente tutto…

    • Non salto la filtrazione. Trasferisco e faccio sparge senza muovere la sacca. Nel mash ho il ricircolo con pompa che pesca dal basso e porta in alto. Ogni tanto do una girata, basta non girare negli ultimi 5-10 minuti e il mosto si pulisce.

  10. Ciao Frank, grazie per l’articolo e soprattutto complimenti per la tua onestà intellettuale.
    Volevo un tuo parere circa una Tripel che mi accingo a brassare. Da quanto leggo sul tuo articolo, trattandosi di alta OG, non dovrei farmi troppi problemi per l’ossidazione in fase fredda. Potremmo addirittura spingerci a dire che sia da preferire una Tripel imbottigliata lasciando aria nel collo della bottiglia anziché saturare con CO2 (per dare complessità in un tempo lungo di maturazione) ?

    • Capisco l’intuizione, è una domanda che mi sono posto anche io. Ma la risposta è no: nessuno, mai, introduce ossigeno volutamente per favorire ossidazione e complessità. A meno delle maturazioni in botte, dove un passaggio di ossigeno è naturale ma molto lento e ben controllato. Intoltre, l’ossidazione dei polialcoli (che viene stimata dall’ossogeno) non porta aromi che si integrano bene in una tripe: miele, forte caramello, o peggio ancora toni maderizzati non c’entrano molto con lo stile. Inoltre, si favorirebbe lo scurimento, quindi direi di no. La ragione per cui si riferementano le tripel è per far lavorare il lievito anche in bottiglia, cosa che può altrarne positivamente il profilo organolettico.

      • Ok, allora se riesco ad attrezzarmi in tempo proverò a spiazzare in parte l’aria presente nello spazio morto della bottiglia con della “sana” CO2, prima di tappare.
        Grazie Frank!

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