Era da un po’ che volevo leggere questo libro sulla storia del birrificio americano Lagunitas (da pronunciare con l’accento sulla i ) scritto dal fondatore Tony Magee (questo credo che si legga maghì, ma non ne ho la certezza). Lagunitas è uno dei birrifici cardine nella storia della rinascita della birra craft americana, fondato negli stessi anni in cui nasceva Stone Brewing per intenderci, sull’onda della rivoluzione birraria lanciata negli anni 80 sulla West Coast da birrifici come Anchor e Sierra Nevada.
Lagunitas esporta quasi nulla in Italia e poco in Europa, ma in America (specialmente in California) è presente in ogni dove. Si caratterizza per birre sui generis quasi mai in perfetto stile ed etichette molto scarne e “rozze”, con un cane sempre in bella vista. Birrificio poco conosciuto dalle nostre parti, è saltato alla ribalta negli ultimi anni per due avvenienti poco piacevoli.
Prima, nel gennaio 2015, lanciò una discutibile azione legale contro gli “amici” di Sierra Nevada, rei di aver copiato (secondo l’ufficio legale di Lagunitas) l’etichetta della loro IPA di bandiera. Questa mossa fece ovviamente molto scalpore nel mondo della birra craft, un ambiente in cui si sbandiera di continuo la grande amicizia e la fratellanza che unisce i diversi birrifici nella lotta contro i mostri dell’industria. Successivamente l’azione legale venne ritirata e la questione morì lì. Ma qualcosa di peggio stava per succedere.
Qualche mese dopo, nel settembre 2015, uscì la notizia che Tony Magee aveva venduto il 50% delle azioni del birrificio al gruppo industriale Heineken. Seguirono le solite esternazioni fotocopia di chi cede alle lusinghe del mondo industriale:
”This is not the end of anything at all at Lagunitas, except maybe it is the end of the beginning, meaning that we are now standing at the threshold of an historic opportunity to export the excitement and vibe of American-born Craft Brewing and meet beer-lovers all over the Planet Earth, our true homeland.
Il libro “So You Want to Start a Brewery?: The Lagunitas Story” è stato edito per la prima volta nel 2012 e successivamente ristampato (con una piccola estensione) nel 2014: precede quindi di qualche anno gli eventi citati sopra. Ero assai curioso di leggere il Magee-pensiero così come si palesava prima dei due grandi scivoloni che lo hanno portato a non essere più visto di buon occhio da molti personaggi di spicco del mondo della birra craft.
Il libro non è male, anche se il tono con cui è raccontato non mi fa impazzire. Rispetto per esempio al racconto di Ken Grossman su Sierra Nevada, Magee risulta un po’ troppo autocelebrativo e altisonante. La storia non fila sempre lineare e in alcune parti del libro, a tratti, si perde il filo di quello che sta accadendo. Magee rende comunque molto bene su carta lo stress che si vive nei primi anni in cui si apre un birrificio (nel suo caso nei primi 10 anni): i soldi che non bastano mai, la continua necessità di ampliare l’impianto, i debiti, i clienti che non pagano, i fornitori che vogliono i soldi in anticipo e via dicendo. Molti gli aneddoti, alcuni raccolti in riquadri appositi dove alcuni personaggi chiave raccontano il loro punto di vista sulla storia e su Tony Magee.
Il titolo ovviamente vuole essere provocatorio: in nessun modo si tratta di un libro dove trovare consigli pratici su come avviare e gestire un birrificio.
Un racconto articolato, a tratti ridondante ma nel complesso avvincente. Una storia che mi ha appassionato molto meno di quella di Stone o Sierra Nevada, forse perché so come è andata a finire.
A ogni modo una lettura piacevole per conoscere la storia di un birrificio che, grazie al gruppo Heineken, potrebbe portare le sue birre in Europa e in Italia in un prossimo futuro (già qualcosa sui siti online si trova).
Disponibile su Amazon.it a 16,50€: So You Want to Start a Brewery?: The Lagunitas Story.
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Bel post, le Lagunitas ora sono facilmente reperibili da Auchan e Gros, almeno nella mia zona le trovo (Roma nord). Non conoscevo affatto la storia raccontata nel tuo post. Devo dire che le birre provate sono veramente ben fatte, pulite e molto stabili come produzione. Sono evidentemente filtrate e carbonate senza rifermentare….ma sono buone.