I miei riferimenti, per quanto riguarda la storia della birra del Regno Unito e dell’Irlanda, sono da sempre Ron Pattinson (Shut Up About Barclay Perkins!), Martyn Cornell (Zytophile), Boak and Bailey e Pete Brown (qui e qui le mie recensioni di alcuni suoi libri). Tramite le loro pubblicazioni ho costruito nel tempo la mia personale cultura sulle birre inglesi e sulla loro storia.

Qualche anno fa, per caso, mi imbattei in un altro personaggio che fino ad allora avevo trascurato. Si tratta di Des De Moor, figura molto conosciuta a Londra, membro molto attivo del Camra da lungo tempo. Proprio per il CAMRA, nel 2011, ha pubblicato la bellissima guida “London Best Pubs & Bars“, aggiornata recentemente. Una guida interessante, piena di informazioni e divertente, che consiglio vivamente di acquistare e seguire se vi trovate a Londra.

Il poliedrico Des De Moor è anche musicista, autore di canzoni, giudice birrario, guida turistica per i pub di Londra e molto altro. Lo incontrai per la prima volta nel 2019, in occasione della BrewCon, durante la quale assistetti a un suo interessante e stimolante talk sull’origine delle Mild. L’ho incontrato di nuovo alla BrewCon di quest’anno, sempre a Londra, dove ha presentato il suo nuovo libro “Cask: the real story of Britain’s unique beer culture”. È stata occasione per stringergli la mano e acquistare il libro direttamente da lui.

Il libro

Il libro è piuttosto consistente, con le sue oltre 300 pagine stampate su carta spessa e abbastanza pesante. Si articola lungo 6 capitoli, partendo da un generico capitolo introduttivo su come si fa la birra per passare attraverso le principali caratteristiche delle birre in cask, le sfumature organolettiche, gli stili (con particolare riferimento a quelli più comunemente associati alle birre in cask) e un denso capitolo interamente dedicato alla storia della birra inglese e scozzese dagli albori ad oggi.

Il capitolo introduttivo su come viene prodotta la birra è abbastanza standard e si può tranquillamente saltare. Capisco la scelta di inserirlo per rendere il libro adatto a chiunque, ma non aggiunge nulla di particolare alla conoscenza media di chi si è già avvicinato a questo mondo (il target principale dei lettori di questo volume, immagino).

La parte in cui si addentra nelle dinamiche produttive e di servizio della birra in cask e delle real ale è ben scritto e ricco di approfondimenti molto stimolanti. Scorre via veloce, portandoci ai capitoli centrali sugli stili, il profilo organolettico e gli abbinamenti. Ecco, sebbene questi tre capitoli siano principalmente focalizzati sulle birre in cask, non aggiungono molto riprendendo concetti rintracciabili in tantissimi altri libri. Ho trovato in particolare la parte sull’abbinamento un po’ ridondante, mentre quella sugli stili avrebbe potuto essere accorciata comprendendo solamente quelli più diffusi tra le cask ale. A ogni modo, sono scritti bene e scorrono via veloci.

I capitoli dedicati alla storia ripercorrono, molto bene, gli eventi – già ripresi da diverse altre publbicazioni – che hanno segnato la birra inglese a partire dal medioevo, passando per le alewives fino ai grandi colossi industriali e alla rinascita negli anni recenti. Un’esposizione chiara e precisa con molte citazioni, scritta bene, utile per chi non ha ancora approfondito le evoluzioni storiche della birra nel Regno Unito.

Chiude con una riflessione articolata su quale possa essere il futuro delle birre in cask e su come questo formato di birra non sia in realtà solo una modalità di produzione e servizio, ma racchiuda una tradizione culturale ancora radicata nella contemporaneità anglosassone.

Il senso della birra in cask

Devo dire che il libro trasmette la travolgente passione di Des De Moor per le cask ale, insieme a diverse riflessioni su cosa significhi per gli inglesi mantenere viva questa tradizione culturale.

Nelle mie scorribande in Inghilterra e Scozia, iniziate agli inizi del 2000, mi è capitato tantissime volte di imbattermi in piccoli pub di campagna – ma anche negli affollati pub di cittadine più grandi – e bere molto male, specialmente dai cask. Posso facilmente comprendere perché con il tempo la preferenza per la birra servita in cask possa essere scemata, quando la si trova mal gestita e mal conservata. Il passaggio a una più familiare e sicura pinta di lager o di Guinness è abbastanza comune. È capitato anche a me.

Negli ultimi anni, l’ascesa della birra craft in UK conservata in comodi keg pressurizzati e servita con spinta di anidride carbonica, ha reso la differenza tra cask e craft piuttosto labile, sbilanciando le preferenze per la seconda proprio per la qualità più stabile nel tempo rispetto al cask.

Molti potrebbero pensare che in realtà oggi una vera differenza tra craft e cask non ci sia, e che l’essenza della birra in cask fosse un tempo racchiusa nella differenziazione rispetto ai keg industriali. Una differenziazione che ha avuto senso fino a qualche decina di anni fa, prima della rinascita della birra craft nel Regno Unito. Non nego che a volte anche io la penso così. Che differenza c’è quindi tra una birra craft infustata in un keg, rifermentata, poco carbonata e servita a pompa rispetto a una classica birra in cask? 

La risposta non è semplice e non si può sintetizzare unicamente tramite tecnicismi produttivi, di servizio o conservazione. Tuttavia, se molti birrifici artigianali stanno tornando al formato in cask, un motivo dovrà pur esserci. Nel suo libro, Des De Moor ci fornisce tutti gli elementi per sviluppare una nostra idea in tal senso, senza dogmi o preconcetti. Ciascuno, dopo aver letto l’ultima pagina, potrà definire meglio il proprio punto di vista.

Libro nel complesso molto bello e ben scritto, anche se avrebbe forse potuto essere sfoltito qui e là di qualche pagina.


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