Prosegue la riflessione avviata qualche settimana fa sull’utilizzo degli zuccheri semplici nella produzione di birra. Nel precedente post ho cercato di chiarire le differenze tra zucchero da tavola, destrosio e zucchero invertito. In questo post vorrei invece approfondire le caratteristiche di due altre forme di zuccheri semplici spesso utilizzati nella produzione di birra (specialmente negli stili belgi): rock candy sugar (zucchero in cristalli) e candy syrup (zucchero in sciroppo).
Vale davvero la pena acquistarli? Non sono certo il primo che tenta di rispondere a questa domanda, ma nel farlo voglio provare a mettere insieme diverse informazioni che ho trovato sul web. Come vedremo, la risposta al quesito non è né univoca né, tantomeno, definitiva. L’obiettivo è sempre quello di capire il più possibile, in modo da avere gli strumenti per valutare caso per caso.
Partiamo da un concetto base: lo zucchero, anche se cristallizzato o in forma liquida (come per esempio lo sciroppo di mais o lo zucchero invertito), di per se’ non apporta nessun contributo aromatico alla birra poiché viene completamente fermentato dal lievito. Se opportunamente trattato, però, può divenire un ingrediente più o meno caratterizzante. I processi che possono rendere lo zucchero caratterizzante sono due:
- caramellizzazione
- reazione di Maillard
Il primo caso è semplice, lo conosciamo più o meno tutti: basta sciogliere un po’ di zucchero in acqua, portare a ebollizione la miscela e lasciarla bollire per qualche minuto. Quando ero piccolo, con questo sistema producevo in casa dei lecca-lecca (ottenuti da bolle di zucchero caramellizzato lasciate essiccare su alcuni stuzzicadenti).
Il secondo caso è leggermente più complicato del primo. La reazione di Maillard è caratterizzata dalla successione di una serie molto complessa di trasformazioni che avvengono quando una soluzione acquosa di zuccheri “riducenti” (in genere quelli semplici come destrosio o fruttosio) viene mantenuta ad alte temperature (sopra i 110°C) in presenza di proteine (quindi di amminoacidi). La reazione di Maillard avviene anche a temperature più basse di 110°C, ma in questi casi richiede tempi estremamente più lunghi. Il saccarosio (zucchero da tavola) non è uno zucchero riducente e per questo deve essere “invertito” (ovvero devono essere separate le molecole di glucosio e fruttosio che lo costituiscono, vedi link) per generare la reazione di Maillard.
La reazione di Maillard produce diverse tipologie di aromi, alcuni molto simili (se non identici) a quelli ottenuti dal processo di caramellizzazione (che costituisce una delle fasi della reazione di Maillard). Entrambi i processi scuriscono lo zucchero. Il grado di imbrunimento dipende dal calore fornito e dalla durata del processo. Un effetto della reazione di Maillard è, per esempio, l’imbrunimento progressivo degli estratti di malto liquidi se lasciati al caldo per molto tempo (nel barattolo ci sono zuccheri riducenti, acqua e proteine).
Per trasmettere allo sciroppo gli aromi di Maillard (principalmente le melanoidine) bisogna innescare la reazione. Occorre anzitutto invertire lo zucchero da tavola (per separare glucosio e fruttosio, due zuccheri riducenti) e successivamente aggiungere un sale di ammonio (costituente degli amminoacidi e quindi delle proteine). In questo articolo di MoBI viene spiegato bene il processo.
Detto ciò, torniamo al nostro dubbio esistenziale: che differenza c’è tra candy rock sugar, candy syrup e zucchero da tavola semplice?
Mi piacerebbe poter affermare con certezza che tutti gli sciroppi e i cristalli di zucchero chiari sono inutilmente costosi e che possono essere tranquillamente sostituiti con il semplice zucchero da tavola, ma non è sempre così. Molto dipende dal processo di produzione. Se i cristalli di zucchero o lo sciroppo sono stati prodotti per caramellizzazione (anche parziale) o tramite la reazione di Maillard, avranno un profilo organolettico diverso dal semplice zucchero da tavola. In questo caso, il loro utilizzo in ricetta potrebbe avere un senso. Chiaramente, nel caso di cristalli o zuccheri scuri, il quesito nemmeno si pone poiché è certo che saranno stati quanto meno caramellizzati.
Sfortunatamente, è quasi sempre difficile (se non impossibile) trovare questo tipo di informazioni online. La mia impressione è che i candy rock chiari siano spesso dei cristalli di semplice zucchero, quindi completamente equivalenti allo zucchero da tavola (afferma la stessa cosa Randy Mosher nel suo libro Radical Brewing). In genere, gli sciroppi chiari sono almeno leggermente caramellizzati e quindi più indicati come additivo quando si vuole aggiungere un contributo percepibile (anche se sottile) al profilo organolettico della birra. Tuttavia, l’unico modo per capire se uno sciroppo ha un sapore diverso dal semplice zucchero è assaggiarlo.
CONCLUSIONI
Non mi sento di poter tirare delle conclusioni univoche e definitive. Sicuramente ora ho le idee più chiare sulle differenti modalità di produzione di sciroppi o cristalli di zucchero, ma è impossibile definire a priori le qualità specifiche dell’uno e dell’altro. In linea di massima, credo che difficilmente acquisterò zucchero in cristalli chiaro, mentre sarei curioso di provare diverse tipologie di sciroppi chiari (magari acquistati da produttori diversi). Sarebbe interessante metterli a confronto, magari con qualche assaggio dello sciroppo stesso, prima di utilizzarlo nella produzione. In America esiste una società che si è messa a produrre esclusivamente sciroppi di questo tipo, sviluppando delle ricette proprietarie partendo dagli assaggi degli sciroppi prodotti in Belgio (candysyrup.com).
La presenza di zucchero invertito tra gli ingredienti di uno sciroppo non ci dice molto sulle sue caratteristiche organolettiche. La ragione principale per cui si utilizza zucchero invertito è evitare la cristallizzazione dello sciroppo. Se lo zucchero viene solamente invertito senza subire caramellizzazione né reazione di Maillard, l’apporto organolettico dello sciroppo non sarà molto diverso da quello del semplice zucchero da tavola o del destrosio monoidratato.
Insomma, poche risposte e ancora tanta curiosità. Bisogna acquistare e assaggiare, come sempre.
Secondo alcuni, anche per gli zuccheri chiari, sarebbe comunque preferibile l’uso di destrosio oppure di zucchero invertito perché, per fermentare il saccarosio, il lievito deve scomporlo in destrosio e fruttosio utilizzando l’enzima invertasi. Ciò potrebbe determinare una secchezza in po’ acre che spesso viene associata alle birre prodotte con molto zucchero.
Ciao Amadeus, avevo affrontato la questione nel post precedente. Due osservazioni al riguardo:
1) questa osservazione non si applica alle aggiunte in boil, dove l’ambiente acido e il calore, da quello che ho capito leggendo alcuni articoli scientifici, invertono lo zucchero da tavola durante la bollitura
2) questa cosa sarebbe comunque vera, appunto, “secondo alcuni”, ma veramente non sono riuscito a trovare nulla di vagamente scientifico al riguardo. Se non, come dici tu, una conferma della maggiore lentezza nella fermentazione che però in se’ non porta problemi dal punto di vista organolettico.
Io credo che questa sia più una di quelle convinzioni “ataviche” che girano nel mondo dell’homebrewing, ma non ho potuto fare prove sufficienti per affermarlo con certezza. Di certo però nessuno ha fatto prove che affermino il contrario
Un saluto e grazie per il commento!
Ciao,
per quanto riguarda l’aggiunta di saccarosio in boil e la relativa inversione c’è questo link di D. Bressanini (che probabilmente conoscerai già):
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/11/19/che-cos%E2%80%99e-lo-zucchero-invertito/
che illustra con un grafico (alquanto stilizzato) i tempi di conversione in relazione al PH. A spanne sembrerebbe che con un PH un po’ al di sotto di 5, nei tempi normali di bollitura si dovrebbe riuscire a convertire metà del saccarosio (a meno che il mosto non contenga qualche altro catalizzatore che accelera la conversione).
In merito al secondo punto, confermo che il discorso della secchezza si legge spesso, ma senza grandi spiegazioni, al punto che talvolta assomiglia un pò alle leggende metropolitane. In ‘Experimental HB’ Drew & Bechum sostengono che lo zucchero non c’entra ma piuttosto la colpa era dei vecchi barattoli di estratto che ossidavano, ma anche qua siamo nel campo dell’aneddotica. Il ruolo dell’invertase è citato da Fajner e Marconi in ‘Birra. Fare e gustare.’, ma solo di sfuggita, senza aggiungere ulteriori dettagli. Potrebbe essere verosimile anche se richiederebbe maggiori info al riguardo.