Prima di scrivere l’articolo sull’ultimo numero di Fermento Birra Magazine dedicato ai nuovi birrifici laziali, ho fatto un giro per assaggiare le birre e parlare con i birrai. Tra le creazioni che ho provato, mi ha colpito particolarmente la saison Jellyfish versione Mosaic di Jungle Juice. Secondo il birraio Umberto Calabria, il profilo fruttato e leggermente erbaceo del Mosaic si sposa bene con i lieviti del Belgio. Il risultato nel bicchiere mi è piaciuto, quindi ho deciso di provare.
Non avendo ancora una buona base per una saison (ci sto lavrorando, a breve news) ho deciso di partire dalla Dar Adal, una mia ricetta in stile Hoppy Belgian Pale Ale che mi era riuscita abbastanza bene (qui la ricetta). Al posto del Saaz ho utilizzato una bella dose di Mosaic.
Lo stile non è ben codificato sul BJCP, ma possiamo inquadrare questa intepretazione come una Belgian Pale Ale con una buona carica di luppolo (sia in amaro che in aroma) sulla falsa riga delle birre di De La Senne, per intenderci. Senza eccessi, perché anche il lievito deve sempre fare la sua parte. Vediamo come è andata.
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RICETTA
Il Mosaic è un luppolo davvero particolare, con un profilo aromatico complesso. È uno dei pochi luppoli che, anche se utilizzato da solo, regala un bouquet con sfumature aromatiche degne di un mix di almeno due o anche tre luppoli. Va dosato con parsimonia, perché in dosi massicce rischia facilmente di virare sul “piscio di gatto” (o fiore di bosso, volendo essere eleganti). Gli aromi tipici del Mosaic sono tropicale (papaya, mango), floreale ma anche resinoso/erbaceo e fruttato (agrumi, tipicamente mandarino).
Ho deciso di mantenere nella ricetta l’East kent Goldings: il suo profilo terroso/speziato si sposa bene con i lieviti belgi. Certo viene un po’ coperto dal Mosaic, ma lascia una leggera base in sottofondo che gioca il suo ruolo nel profilo aromatico.
La ricetta è la medesima della precedente versione della Dar Adal, a meno del Mosaic e del lievito. Ho deciso di cambiare lievito poiché nell’altra versione, seppur piacevole, avevo avvertito un sottofondo bananoso che non mi aveva entusiasmato. Questo Abbey Ale della White Labs (WLP530) dovrebbe essere l’equivalente del Trappist High Gravity della Wyeast (WY3787): meno fruttato e più speziato, sulla carta molto adatto allo scopo.
FERMENTAZIONE
Non conoscendo il comportamento di questo lievito ho preferito tenermi basso nei primi giorni di fermentazione. In questo tipo di birre il profilo belga è appena accennato, non dovrebbe sovrastare il luppolo con eccesso di toni fruttati.
La fermentazione è andata avanti abbastanza spedita: all’ottavo giorno aveva praticamente raggiunto al densità finale ma ho preferito aspettare ancora per assicurarmi che il lievito avesse veramente finito di lavorare. Come sempre, l’unico travaso l’ho fatto prima di imbottigliare in fase di priming.
Ho preferito non salire troppo alto con il priming, mirando ai 2.3 volumi. Non sia mai ripartisse il lievito in bottiglia.
pH
Eccoci arrivati al debutto di un nuovo paragrafo: il monitoraggio del pH. Da poco ho iniziato infatti a monitorare il pH lungo tutte le fasi del processo di produzione, misurandolo sempre a temperatura ambiente (intorno ai 20°C). Devo dire che il pH meter della Milwaukee mi ha semplificato notevolmente la vita (link).
Curiosa la salita del pH tra mash e inizio bollitura, un fenomeno che ho notato in tutte le birre da quando misuro il pH dopo il mash. Questo avviene anche se abbasso di parecchio il pH dell’acqua che uso per fare un piccolo risciacquo delle trebbie e fine mash. Per portare il pH di bollitura intorno a 5.2 (valore ottimale per favorire la coagulazione delle proteine) ho aggiunto una ulteriore dose di acido citrico in polvere (link) prima della bollitura.
In questo caso i valori di pH sono tutti nel range ottimale.
ASSAGGIO
Quando ho fatto il primo assaggio dopo una sola settimana di fermentazione, la birra era già in ottime condizioni. Ho aspettato un’altra settimana prima di lanciarmi sull’assaggio ufficiale di cui scrivo oggi.
ASPETTO Scende nel bicchiere piuttosto velata, quasi opalescente direi. Il colore è dorato carico se osservato bene in controluce, ma l’opalescenza lo fa virare sull’ambrato scarico. La schiuma è molto bella, con bolle medio/fini e molto persistente. Rimane sulla birra per tutta la bevuta, formando dei merletti sul vetro man mano che il livello scende. In bottiglia tenuta fuori dal frigo risulta limpida, quindi l’opalescenza è dovuta principalmente a chill haze (residui di proteine e tannini che si legano con il freddo). Fenomeno abbastanza normale per una birra luppolata, ma si potrebbe migliorare.
AROMA Aroma fine e pulito, di media intensità. Non cercavo una botta aromatica da luppolo, piuttosto un buon mix tra aromi da fermentazione e aromi da luppolatura. Il naso è piuttosto complesso: non è facile individuare e descrivere le singole componenti. Arriva subito al naso un buon agrumato che ricorda limone e mandarino, supportato da sentori di frutta che spaziano da una leggerissima banana (probabilmente dovuta alla fermentazione) fino al melone, papaya e mango. In sottofondo si sente il lavoro del lievito (e forse anche il contributo del luppolo inglese) con uno speziato a metà tra il chiodo di garofano e il pepe. Delicato, per nulla invadente. Completa il bouquet una nota decisa di erbaceo/resinoso che conferisce una piacevole freschezza al profilo aromatico. Che dire: aroma molto complesso ma soprattutto estremamente pulito. Si percepisce bene sia il lievito belga che il luppolo, senza che nessuno dei due prevalga. Nessun difetto evidente.
GUSTATIVO Ingresso fruttato dove domina l’agrume supportato dalla frutta tropicale. L’amaro arriva deciso, ben bilanciato da una leggera dolcezza maltata (miele). Finale amaro e tagliente. Retrolfatto erbaceo con un filo di frutta. Note di pepe molto piacevoli attraversano il palato durante tutta la bevuta.
MOUTHFEEL Corpo medio, ben presente ma non invadente. Carbonazione media (si poteva forse osare qualcosa in più). Astringenza sotto controllo. Sensazione palatale morbida e molto piacevole.
IMPRESSIONI GENERALI Sono molto soddisfatto. La base della Dar Adal si dimostra solida ancora una volta. Lievito Abbey Ale meglio del Belgian Ale: meno fruttato, più speziato. Luppolo Mosaic ben dosato, esce fuori il giusto senza stancare. L’aspetto visivo può migliorare: ho usato gli stessi malti della pilsner (di cui ancora non ho scritto) che è venuta molto torbida. In questo cotta ho aggiunto Protafloc a fine bollitura controllando meglio il pH: ne è risultata una birra piuttosto limpida in fase di travaso dalla pentola al fermentatore (ottimo coagulo delle proteine) e limpida in bottiglia. Purtroppo quando passa in frigo si sviluppa una netta chill haze. A questo punto mi sento di dare la colpa al malto, che forse gioverebbe di un veloce protein rest prima del mash. Aspetto visivo a parte (che risulta comunque piacevole), la birra è molto godibile. C’è il livello giusto di belgio affiancato da una sferzata moderna di luppolo. Le bottiglie stanno sparendo velocemente dal frigo, segno evidente di una buona riuscita.
Ottimo articolo, di facile lettura e interessantissimo per me che sono di nuovo in fissa belga da un po’ di tempo a questa parte. Leggo che hai bevuto velocemente la birra, dopo pochissima fermentazione. Se posso permettermi: da poco ho brassato una Trappist Single con Wyeast 3522. OG contenuta (1.052). Partendo da quanto letto sopra, quali sono i tuoi suggerimenti per sfruttare al meglio una birra belga? Per alte gravità si parla di alcuni mesi. Ma per birre come questa o come la mia, pensi si possa bere prima oppure il lievito ha ancora qualcosa da regalare in fermentazione?
Grazie mille Frank.
Secondo la mia esperienza, birre luppolate a bassa OG, fermentate con qualsiasi lievito, vamno bevute fresche. Ogni evoluzione non è necessariamente negativa in termini assoluti, ma affievolisce i toni luppolati su cui è incentrata la birra, snaturandola.
Grazie mille. Mentre un profilo che vuole essere euilibrato tra malto, luppoli “nobili” e lievito, quando potrebbe dare il meglio di se? Oh, alla fine devo sfruttare un po’ le tue conoscenze!! Sei l’unico giudice BJCP che conosco!!!
Dipende principalmente dal grado alcoli. Se è basso, è da bere subito lo stesso. Nom è che uno fa una birra carica di luppoli per aspettare che poi l’aroka.di abbassi. 🙂 ne metti meno dall’inizo. Poi dipende: i malti scuri possono metterci un pò di più ad assestarsi anche con basse OG
Ciao Frank, ottimo articolo come sempre.
Ho visto che da qualche tempo è comparso lo sparge nelle tue cotte, volevo sapere come lo fai in Biab.
Semplicemente un piccolo risciacquo dell trennie con tre/ quattro liti di acqua calda intorno ai 70C. Verso suo grani dopo aver tolto la sacca (roba da un minuto). Aumente l’efficienza di qualche punto senza troppo sbattimento (scaldo l’acqua sui fornelli di casa in una pentola che uso per la pasta).
Ciao, mi chiedevo se conoscessi un limite nell’utilizzo del mosaic oltre il quale dà questi sentori pipì di gatto. Quello che so io è che è un odore che viene fuori maggiormente quando il mosaic è utilizzato in bollitura, m’interessava saperlo perché avevo pensato una ricetta di un’american ipa con un dryhop 6 g/l di mosaic, però sinceramente non vorrei sfociare nel piscio di gatto… Ti ringrazio di un eventuale risposta 🙂
Non credo esista un limite quantitativo, molto dipende dall’utilizzo che se ne fa e dai gusti personali. Fai qualche prova tenendoti basso, poi amenta nelle cotte successive. Oppure rischia e vedi cosa viene fuori 🙂
Ciao Frank, potrei usare un Fermentis BE-256 al posto del WLP530? non mi dispiacciono le note sgrumate, anzi…