Qualche tempo fa ho raccontato su questo blog un caso molto particolare (link) che vedeva coinvolti il birrificio americano Left Hand Brewing e il famoso produttore di lievito White Labs. Il primo aveva citato il secondo in giudizio per una presunta contaminazione da Saccharomyces var. Diastaticus, sostenendo che questo particolare ceppo di lievito fosse entrato nel birrificio tramite un lotto di lievito della White Labs, contaminato a monte.
La variante Diastaticus del ceppo Saccharomyces è geneticamente predisposta a produrre una specifica classe di enzimi, le “glucoamilasi”, in grado di scindere gli zuccheri a catena lunga (destrine ma anche amidi) nelle molecole base di zucchero, rendendoli fermentabili da qualsiasi ceppo di lievito. Amidi, ma soprattutto destrine residue, sono presenti in qualsiasi birra: la FG, ovvero la densità finale, misura proprio la densità degli zuccheri più o meno complessi che il lievito si lascia dietro a fine fermentazione. Se un piccolo quantitativo di Saccharomyces var. Diastaticus finisce in bottiglia o in fusto dopo una fermentazione con un lievito non Diastaticus, con il passare del tempo può produrre enzimi in quantità sufficiente a scindere gli zuccheri complessi residui scatenando una seconda fermentazione con annessa produzione di anidride carbonica. Questo induce una sovracarbonazione delle bottiglie che può portare anche all’esplosione con seri pericoli per la salute.
Per questa ragione Left Hand fu costretto a ritirare interi lotti di birra dal mercato, con notevoli perdite economiche.
Citare in giudizio la White Labs non fu una mossa particolarmente astuta, poiché diverse ricerche hanno mostrato che moltissimi lieviti comunemente utilizzati in birrificio presentano la variante Diastaticus. È possibile quindi che la contaminazione che ha messo in ginocchio Left Hand sia avvenuta internamente al birrificio, molto probabilmente sulla linea di imbottigliamento.
Come racconta Nicola Coppe in un recente articolo apparso sul blog Lab4Beer, infatti, i lieviti con variante Diastaticus sono molti, tra cui ceppi usati molto spesso in birrificio come il French Saison (ad esempio il WY3711 o il Belle Saison della Lallemand). Sebbene buone pratiche di sanitizzazione riducano notevolmente il rischio di cross contaminazione in birrificio (e anche a casa), in molti casi questi lieviti non sono trattati con le dovute precauzioni come si fa con i Brettanomyces, a cui vengono dedicate attrezzature separate, ambienti isolati o addirittura veri e propri impianti di produzione dedicati (si pensi alla scissione tra Bruery Terreux e The Bruery).
Di fatto, il Diastaticus può generare fermentazioni secondarie simili a quelle da Brett, con super attenuazioni e pericolose sovracarbonazioni in bottiglia.
A questo si aggiunge la difficoltà di isolamento dei ceppi diastatici che, a differenza dei Brett, appaiono al microscopio del tutto simili ai normali Saccharomyces, da cui si differenziano per la sola capacità di consumare zuccheri complessi e amidi. Le varianti Diastaticus sono riconoscibili da analisi genetica tramite PCR (Polymerase Chain Reaction) poiché presentano un particolare gene (STA1) che li identifica. Tuttavia, la sola presenza di questo gene non determina il vero potere diastatico di questi lieviti, poiché è stato dimostrato che tra le fila del lungo elenco di lieviti classificati come Diastaticus (qui la lista completa) solo alcuni sono effettivamente in grado di esprimere al massimo il proprio potenziale e quindi di fermentare gli amidi. Nel suo post Nicola presenta un innovativo test sviluppato da Lab4Beer (disponibile commercialmente per i birrifici) per identificare in modo pratico e veloce il potenziale diastatico di questi ceppi. È interessante però approfondire alcuni aspetti che sono stati evidenziati da una ricerca molto interessante pubblicata qualche giorno fa sul blog Suregok Loves Beer di Kristoffer Krogerus.
L’obiettivo di questo studio è proprio quello di valutare il potenziale diastatico esprimibile dai diversi ceppi di lievito. Sono stati analizzati 15 ceppi di lievito contenenti il gene STA1, quindi potenzialmente diastatici. Tramite una serie di esperimenti pratici, i 15 ceppi sono stati suddivisi in due categorie: molto diastatici, quindi in grado di fermentare zuccheri complessi e amidi, e poco diastatici, ovvero ceppi Saccharomyces var. Diastaticus che non mostrano una particolare capacità di fermentare amidi o zuccheri complessi. Quindi di fatto del tutto “innocui”.
Per fare un esempio pratico, derivante anche dalla mia esperienza, i due ceppi French Saison e Belgian Saison, pur appartenendo entrambi alla famiglia dei var. Diastaticus (STA1+), non mostrano la medesima attenuazione. Il French Saison (tra cui anche il Belle Saison) è noto per attenuare tantissimo, portando la birra a densità minori di 1,000 a prescindere dalla temperatura di mash; il Belgian Saison, pur attenuando molto, non presenta generalmente queste attenuazioni mostruose. Evidentemente i due ceppi hanno potenziale diastatico diverso.
La genetica alla base della ricerca è abbastanza complessa e al di fuori della mia portata, ma in estrema sintesi ha permesso di individuare una ulteriore particolarità genetica che guida l’espressività del potere diastatico dei singoli ceppi caratterizzati dal gene STA1 (detti STA1+ o diastatici): i ceppi che contengono un particolare “promotore” del gene STA1 risultano maggiormente diastatici. Per confermare questa teoria, è stato analizzato il comportamento di tre diversi ceppi:
- WY3711, il French Saison “puro”, STA1+ (quindi diastatico) che presenta il “promotore STA1”
- WY3711_D1, il French Saison con genetica alterata artificialmente: sempre STA1+ ma con rimozione “forzata” del promotore STA1
- WLP570, il Belgian Golden Ale della White Labs, un ceppo diastatico (STA1+) ma con bassa espressione diastatica (non presenta il promotore STA1 nella catena genetica).
I grafici sotto confermano che la rimozione forzata del promotore STA1 dal ceppo WY3711 lo rende del tutto simile, dal punto di vista del potenziale diastatico, al WLP570. L’analisi genetica sulla presenza o meno del promotore STA1 (e non la sola presenza del gene STA1) forniscono quindi una indicazione significativa sul comportamento del ceppo diastatico. Ecco perché il WLP570, sebbene classificato come diastatico e presente nella lista di cui al paragrafo precedente (link), non manifesta super attenuazioni.
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Immagine tratta da Suregork Loves Beer
http://beer.suregork.com/?p=4068
Se ne conclude quindi che non tutti i lieviti classificati come var Diastaticus sviluppino in fermentazione il potenziale per fermentare amidi e zuccheri complessi. Ragion per cui è bene conoscere bene il lievito che si sta utilizzando prima di trarre conclusioni affrettate. Non è escluso che nel breve periodo vengano pubblicate liste più precise che prendono in considerazione anche questo importante elemento tra le variabili in gioco.
La ricerca di Suregok Loves Beer ha portato alla luce due ulteriori interessanti elementi:
- I lievito diastatici con forte potenziale presentano generalmente una alta predisposizione alla fermentazione del maltotriosio, mentre quelli a basso potenziale diastatico no. Il livello di fermentazione del maltotriosio influisce molto sul valore di attenuazione esprimibile dal lievito.
- Istintivamente si è portati a collegare la alta capacità attenuativa del lievito Diastaticus al mondo dei lieviti selvaggi. Sembrerebbe invece che i lieviti con il gene STA1+ siano principalmente presenti nei ceppi “addomesticati”, ovvero provenienti da anni di selezione guidata dall’attività umana. L’origine di questa variante è stata individuata in un ceppo di lievito diffuso nella Guyana Francese, dove i locali bevevano una bevanda alcolica chiamata cachiri derivata dalla fermentazione di amido. Questo avrebbe favorito la selezione del ceppo diastaticus.
Immagine tratta da Suregork Loves Beer
http://beer.suregork.com/?p=4068
Come sempre è un piacere leggerti!
Eccellente articolo, grazie Francesco per la condivisione.
Se uno avesse usato il lievito wb 06 che è un diastatico e sporcato tutto (dal frigo a terra ) non che naturalmente fermentatore, sifone per imbottigliare ,portasonda ecc , come può risolvere per evitare la presenza di questo contaminante?
Come con altri lieviti: buona sanitizzazione. Tra l’altro il WB06 non credo sia particolarmente diastatico, quindi non mi preoccuperei più di tanto.
Ciao Frank, grazie mille per l’articolo.
Come si può quindi gestire un lievito (STA1) positivo? Esistono profili di temperatura di fermentazione consigliabili per evitare i rischi che questi super lieviti si portano dietro?
Grazie mille
Non ho capito cosa intendi. Il rischio non è legato alle temperature di fermentazione, ma alla genetica del lievito stesso che è super attenuante e molto vitale. L’unico rimedio è sanitizzare per bene dopo la fermentazione.