Quando ho deciso di mettere in piedi un impianto in contropressione utilizzando i kornelius keg (detti anche corny keg) da 19 litri, ho girato un bel po’ in rete per documentarmi. Ho imparato molte cose utili, ma come sempre la pratica è molto diversa dalla teoria. Quando ho iniziato a usare la mia nuova configurazione per le fermentazioni, mi sono reso conto che c’erano tante piccole cose (alcune anche ovvie) a cui non avevo minimamente pensato. Ho deciso così di raccogliere in questo post qualche consiglio sparso derivante dai miei primi mesi di esperienza diretta con keg e contropressione.

Pulizia dell’attrezzatura

Non è cambiato moltissimo nel mio approccio alla pulizia dell’attrezzatura di fermentazione/imbottigliamento. Non usavo e continuo a non utilizzare la soda caustica, che a mio avviso rimane un prodotto eccessivamente aggressivo da tenere e gestire in casa. Necessaria, probabilmente, per pulire attrezzatura in inox costosa e non facilmente ispezionabile (come ad esempio uno scambiatore di calore a piastre), meno dove si riesce ad arrivare con spugnetta e sapone. Per questa ragione ho cercato di progettare il mio impianto in modo da limitare il più possibile l’utilizzo di attrezzatura non ispezionabile e difficile da pulire.

I keg da 19 litri si puliscono facilmente con pezzetta e sapone per piatti, sfregando per bene dalla parte morbida per non graffiare le pareti interne in acciaio inox. La maggior parte delle incrostazioni si riesce a togliere con un po’ di pazienza e olio di gomito. Ogni tanto è bene riempire i keg di acqua calda miscelata con qualche detergente un po’ più aggressivo del sapone. Non c’è bisogno della soda, io per ora mi trovo bene con il VWP che vendono anche su Pinta.it (link). Ne bastano un paio di cucchiai per 4 litri di acqua (calda, ma non necessariamente bollente) e un ammollo di mezz’ora per dare il tocco di pulizia finale. Se l’attrezzatura è ben lavata, questo prodotto (come anche la soda, del resto) riesce a eliminare anche lieviti e batteri (non so fino a che livello, ma qualcosa fa). Non è efficace come la soda sulle incrostazioni pesanti (tipo lo zucchero bruciato), ma in genere sull’attrezzatura di fermentazione e imbottigliamento non se ne formano. Sulla confezione c’è scritto “steriliser”, ma le indicazioni su dosaggio e tempi di contatto per raggiungere questo livello di pulizia non è chiaro, quindi su questo aspetto non ci farei affidamento.

Tutte le piccole parti dei in inox dei corny keg sono facilmente smontabili, si possono pulire bene con uno spazzolino da denti e acqua calda. Poi un ammollo in VWP, passaggio successivo in acido citrico in polvere (3-4 g/L) e tornano splendenti.

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Anche la candeggina è molto efficace per la detersione, ma il dosaggio necessario per questo tipo di utilizzo (10-15 ml/L) e i  tempi di contatto prolungati (mezz’ora/un’ora) non sono compatibili con materiale inox. Evito di usarla per pulire i keg e i loro piccoli componenti, ma la continuo a utilizzare per pulire tubi in silicone o PVC. Li lascio in ammollo in un secchio con acqua fredda e candeggina, dopodichè risciacquo con acqua calda. Un ultimo ammollo di una ventina di minuti in acqua tiepida e acido citrico evita la formazione di calcare e della patina bianca al loro interno.

Sanitizzazione dell’attrezzatura

Come ho raccontato in diversi post in passato (link1, link2), negli ultimi anni il mio approccio alla sanitizzazione si è basato su due soli prodotti: candeggina e Starsan. La prima è efficace ed economica, il secondo più costoso, leggermente meno efficace ma più pratico. La candeggina infatti va risciacquata con acqua calda, lo Starsan teoricamente no (anche se su questo aspetto esistono pareri discordanti). Purtroppo lo Starsan non si trova più in Europa, ma sono arrivati sul mercato diversi sostituti come Chemsan e ChemiPro San.

Come detto prima, la candeggina non va molto d’accordo con l’acciaio inox, ma il fulcro della questione sta nel dosaggio e nei tempi di contatto. Dose e tempistiche per la sanitizzazione (4ml/L per 15-20 minuti di contatto) non mettono a rischio l’acciaio inox. Lo dico per esperienza personale (per anni ho sanitizzato i pozzetti inox con la candeggina) ma anche basandomi su testi specifici (qui ne avevo già parlato). Continuo quindi tranquillamente a fare un primo giro di sanitizzazione delle piccole parti inox dei keg con la candeggina, lasciando i piccoli componenti in ammollo per 15 minuti e avendo cura di risciacquarli molto bene con acqua calda. Se malauguratamente si dovessero rovinare, sono piccole parti poco costose, facilmente rimpiazzabili.

Sulla possibilità che l’attrezzatura venga ricontaminata con il risciacquo di acqua calda, le opinioni sono discordanti. Chiaro che l’acqua che esce dai rubinetti di casa non è microbiologicamente pura, ma tendenzialmente la carica microbica è molto bassa. Vero anche che sui rubinetti si possono depositare batteri e lieviti, ma pulendoli prima di avviare le operazioni di sanitizzazione e facendo scorrere acqua a vuoto per qualche minuto prima di iniziare, grandi rischi a mio avviso non se ne corrono. Ricordiamoci sempre che stiamo sanitizzando, non sterilizzando. Poi, certo, molto dipende da dove si fa birra e dal rubinetto da cui si prende l’acqua: in un vecchio garage o in giardino la situazione potrebbe essere peggiore.

Confesso tuttavia che non ho il coraggio di riempire il keg con acqua e candeggina nemmeno nelle dosi per sanitizzare, anche se teoricamente non sarebbe un problema. Finché si tratta di rischiare con piccole parti poco costose, si può fare, ma il corny keg costa e non me la sento. C’è da dire che se seguiamo con estrema cura le operazioni di pulizia descritte sopra e teniamo il keg chiuso e sotto pressione a 30 psi, con un paio di spurghi per aumentare la concentrazione di CO2 e sfiatare l’aria (la CO2 a pressione tende a ostacolare la proliferazione di batteri e lieviti) non occorre fare chissà cosa per sanitizzarlo. Opto quindi per un veloce passaggio di Starsan prima di riempirlo di birra: è sufficiente un litro, si chiude e si scuote per bene. Do anche una veloce risciacquata con mezzo litro di acqua di bottiglia, tanto per togliere il grosso dello Starsan.

Tutta l’attrezzatura in plastica (sifone, tubi, etc…) viene sanitizzata come sempre con candeggina e poi passata veloce di Starsan (non necessaria, a volte semplicemente risciacquo con acqua calda).

Controllo della temperatura 

Quando utilizzavo i secchi in plastica per fermentare, tenevo sotto controllo la temperatura con una sonda all’interno del fermentatore che arrivava direttamente nel mosto grazie a un pozzetto inox. Il cavo riscaldante era avvolto attorno al fermentatore, per ridurre l’inerzia. Funzionava abbastanza bene.

Con i keg non ho più potuto usare il pozzetto: mi sono dovuto adattare, posizionando la sonda sulla parte esterna del keg aiutato da un po’ di scotch e un piccolo strato isolante per evitare che la temperatura del frigo influenzi troppo la misurazione. Ero scettico su questo approccio, convinto che le misure sarebbero state falsate dagli sbalzi di temperatura del frigo. Ma non avevo altra scelta (c’è chi si è fatto fare un pozzetto apposito da posizionare nel tappo del keg, ma non è semplicissimo trovare un fabbro che riesca a fare un lavoro del genere e un pozzetto così lungo costa).

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Ho deciso quindi di fare una prova: ho riempito il keg di acqua, ho messo una sonda nell’acqua e una sulla parete esterna, ben isolata. Sono partito da temperatura ambiente, poi ho acceso il frigo e ho monitorato le temperature rilevate dalle due sonde (quella dentro e quella sulla parete esterna). Con mia sorpresa, non si sono mai discostate più di 0.2-0.3 °C. Probabilmente la forma allungata e stretta del keg aiuta, ma il risultato è comunque ottimale: il metodo sonda sulla parete esterna funziona. A questo punto però ho dovuto necessariamente far passare il cavo riscaldante sulle pareti del frigo, perché avvolgerlo sul keg avrebbe falsato la lettura di temperatura. Regolando bene la potenza del frigo, evitando di farlo freddare con troppa violenza, e dimensionando bene la potenza del cavo riscaldante, l’inerzia è minimale: si mantiene sempre entro 0.3°C.

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Misura della densità 

Conosco benissimo l’ansia da misura della densità del mosto in fermentazione. Ci sono passato seguendo diverse fasi: dai campioni presi dal rubinetto già al secondo giorno di fermentazione, fino alla misura continua con il Tilt immerso del mosto. Poi, con l’esperienza e il passare del tempo e delle cotte, questa mania mi è passata. Se è vero che conoscere l’andamento della densità aiuta a gestire la fermentazione, soprattutto con certi lieviti, è ancor più vero che questa necessità si presenta raramente: la maggior parte delle volte utilizziamo lieviti che conosciamo bene, oppure ceppi che non necessitano di particolare attenzione. Misurare ogni giorno la densità non serve, quasi mai.

Quindi, come primo messaggio, direi di diminuire i prelievi di mosto dal fermentatore. Nella stragrande maggioranza dei casi leggo la densità prima di inoculare il lievito, poi a cinque/dieci giorni di fermentazione. A volte la misuro ulteriormente prima di imbottigliare, ma solo se sto usando un lievito che non conosco.

Prelevare un campione dal keg non è un’impresa titanica, ma è sicuramente più impegnativo rispetto ad aprire e chiudere il rubinetto del fermentatore in plastica. Io utilizzo un tap per la spillatura agganciato all’uscita del liquido, mentre con una bombola di CO2 (in genere una bombola piccola tipo Sodastream, che è facile da maneggiare) spingo CO2 dall’ingresso del keg con PSI al minimo (2 PSI, giusto per far uscire un rivolo dal rubinetto).

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Consiglio di sostituire il tubo che pesca dal fondo con una sfera inox galleggiante, in modo da pescare da sopra. Uscirà un po’ di lievito se il campione viene preso durante la fermentazione, ma si può fare. Per far funzionare bene la sfera e il pescaggio dall’alto è importante che il tubo sia lungo esattamente 56 cm per il corny keg. È utile fissare un piccolo dado inox nell’anello della sfera, in modo da farla affondare leggermente di più.

Scordatevi di prelevare un campione prima del cold crash in birre con dry hopping a pellet liberi: il tubo si intasa e non esce nulla. Eventualmente, per sbloccarlo, si può attaccare la CO2 al connettore rapido dell’uscita della birra e dare una botta di CO2 al contrario; bisognerà poi comunque attendere che i pellet si depositino sul fondo con il cold crash prima di provare a prelevare nuovamente un campione. Altrimenti, si può usare luppolo in coni con hop bag e un peso che li tenga sul fondo. A ogni modo, in genere nelle birre luppolate non serve a granché prendere campioni di densità: attendendo i classici 15-20 giorni di fermentazione si può passare direttamente al cold crash senza aver paura che la fermentazione non sia finita. Se non è finita, non si è lavorato correttamente.

Nel caso in cui veramente si abbia necessità di misurare l’avanzamento della fermentazione (penso a chi utilizza il metodo fast lager), si possono fare più prelievi anche se sono un po’ più complicati. Non c’è bisogno di sanitizzare ogni volta maniacalmente il rubinetto, l’importante è sciacquarlo bene subito dopo averlo usato e tenerlo sempre pulito. È vero che i rubinetti sono costosi, ma tanto se si decide di usare keg in casa serviranno per altro e durano all’infinito. Ce ne sono anche versioni più economiche, come questi venduti su Pinta.it.

In ultimo, si può sempre usare il metodo del campione di mosto nel cilindro del densimetro: si preleva un piccolo campione di mosto appena dopo aver inoculato il lievito e lo si mette nel cilindro del densimetro con il densimetro dentro. Tenendolo più o meno alla stessa temperatura del keg (magari in un angolo del frigo) dovrebbe fermentare più o meno alla stessa velocità del mosto che si trova nel keg (non ho mai provato, ma mi dicono che funziona).

Quanti litri ci sono nel keg?

Questa è facile: si usa una bilancia. Attenzione che molte bilance digitali si spengono a pochi secondi dalla misurazione del peso. Se ci si deve fermare al livello del riempimento del keg (per esempio durante un travaso nei fusti da 5 litri), servono bilance analogiche da posizionare sotto al fusto per seguire lo spostamento della lancetta man mano che si riempie e fermarsi al momento giusto. Su Amazon si trovano anche alcune bilance digitali da banco piuttosto economiche adatte allo scopo. Io utilizzo una vecchia bilancia con la lancetta ma ovviamente non è precisissima.

Attenzione che il peso del mosto e della birra è diverso da quello dell’acqua: 10 litri di mosto di densità 1,060 pesano 10 x 1,06 =   10,6 Kg, non 10 Kg. Discorso un po’ più complicato per la birra finita perché c’è di mezzo l’alcol: in questo caso bisogna ragionare con la densità effettiva e non con quella apparente (si ottiene moltiplicando per 0,82 la densità misurata con il densimetro). L’alcol pesa meno dell’acqua, ma l’errore è trascurabile viste le quantità in gioco. Si potrebbe comunque impostare un calcolo matematico su Excel senza grandi difficoltà.

Cold Crash con bombola di CO2

Quando fermento in keg utilizzo un gorgogliatore tipo blow-off: collego un attacco rapido all’ingresso del gas, a sua volta collegato tramite John Guest a un tubo che finisce in una bottiglia d’acqua. Non aggiungo sanitizzanti o candeggina: se è acqua di bottiglia, non serve, basta chiudere la bottiglia con una carta stagnola.

Tengo il blow-off per tutta la durata della fermentazione, per staccarlo quando non escono più bolle. Ogni tanto passo comunque a sfiatare il keg tramite l’apposita valvoletta, per evitare che si formi troppa pressione al’interno (volendo si può anche mantenere il blow-off più a lungo).

Quando arriva il momento di raffreddare, il blow-off va scollegato per evitare che risucchi acqua dalla bottiglia (o, peggio ancora, soluzione con sanitizzante). A questo punto è opportuno compensare la pressione negativa che si crea al’interno del keg a causa della riduzione di temperatura (il gas all’interno si comprime): la pressione negativa farebbe perdere tenuta alle valvole tirando dentro aria dall’esterno. Per fare ciò, si collega una bombola di CO2 all’ingresso del gas, con pressione bassissima (1-2 PSI). Così si manterrà la pressione nel keg durante l’abbassamento di temperatura (che in genere non dura più di 1-2 giorni).

La bombola va staccata dal keg appena si è in prossimità della temperatura target per il cold crash (in genere tra 0 e 4°C), altrimenti continuerebbe a entrare CO2 e alla lunga la birra carbonerebbe ai volumi di equilibrio per quella determinata temperatura e pressione. Per esempio, se impostiamo anche solo 1 PSI sul riduttore di pressione della bombola, a 0°C la carbonazione nelle condizioni di equilibrio sarebbe di circa 1,8 volumi (link). Non poco!  Con pressione così bassa, la birra impiegherebbe parecchi giorni per arrivare alla pressione di equilibrio, ma è meglio scendere velocemente con la temperatura e scollegare al più presto la bombola. A meno che non si abbia nel keg birra già carbonata, ovviamente.

Il filtrino per lo scarico

Ultima menzione merita il mitico filtrino per lo scarico. Consiglio di comprarlo subito e di metterlo sullo scarico della vasca o del lavandino in cui lavate l’attrezzatura. Altrimenti finirete con perdere decine di gommini, guarnizioni, piccole parti inox dentro al tubo di scarico. Parlo per esperienza diretta.

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28 COMMENTS

  1. Ciao, stò mettendo su un impianto in contropressone seguendo le tue indicazioni ma non ho
    capito bene un paio di punti e prima di fare i vari test (con acqua!) avrei necessità di delucidazioni.
    Non ho capito come fai ad attaccare il tubo della sfera galleggiante al cornelius, seghi l’asta?
    io ho comprato erroneamente una valvola “tapcooler counter pressure filler ball lock adaptor” buttando soldi, nn so nemmeno a che serve.. Quindi onde evitare altri acquisti inutili ti chiedo candidamente come si fa?
    Il secondo punto riguarda la spunding valve, io ho quella presa su pinta con manometro, come la si utilizza praticamente? a quanto ho capito durante il travaso si legge la pressione e manualmente si tira l’anello per far fuoriuscire co2 e mantenere la pressione ai psi desiderati,
    ho capito bene? oppure mi sbaglio? Inoltre, per non favorire la formazione di schiuma i 2 keg vanno mantenuti alla stessa pressione? oppure il ricevente dovrebbe avere una pressione inferiore per favorire il passaggio? ..ecco mi sono dilungato spero potrai chiarirmi un pò le idee
    Big-up! brewing bad!
    tnx

    • Ciao, per attaccare il tubo in silicone per la sfera di acciaio devi sostituire il dip tube (il tubo lungo che pesca dal fondo) con un tubo corto di quelli che si usano per l’ingresso del gas (nella foto sopra, quella con i connettori smontati, ne trovi due). La mia spunding valve ha una rotella che giri per far uscire la pressione mantenendo quella che ti serve all’interno del keg. Dovrebbe essere leggermente più bassa di quella del keg di partenza per facilitare il passaggio della birra, ma non troppo bassa altrimenti schiuma.

  2. Grande Frank, grazie!
    Riguardo questo post posso dire che alcuni miei conoscenti che hanno un birrificio, se ho ben capito infustano la birra a 1L/Kg avendo così un po di spreco (se ho fatto i conti bene..), perciò mi verrebbe in mente che in hb potrebbe essere un compromesso accettabile senza necessità di fogli di calcolo, ovviamente se un giorno smazzerai il programmino lo scaricherò subito..

    • È molto probabile che maggior peso dovuto agli zuccheri residui e minor peso dovuto all’alcol praticamente si compensino.

  3. Ciao Frank complimenti per la tua condivisione. A fermentazione ultimata togli il blow off e attacchi la bombola a 1 psi per il tempo necessario che la T scenda da 20° a 0°. A questo punto per evitare di carbonare la birra stacchi la bombola. Domanda: chiudi semplicemente la valvola della co2 lasciando il fermentatore “chiuso” a pressione minima o stacchi tutto rimettendo il blow off? E per il priming della birra che andrai a rifermentare in bottiglia calcoli lo zucchero normalmente o tieni conto in qualche modo del volume che avevi già raggiunto? Io , che rifermento in bottiglia, vorrei provare il tuo metodo in un fermentatore che tiene qualche psi sprovvisto di valvola di sfiato (Brewtech Chronical Fermenter), per cui attaccherei la co2 direttamente dal tubo di blow off. Come mi comporto durante il crash cooling? Grazie

    • – sì, stacco la valvola e lascio il fermentatore chiuso senza alcuna connessione
      – per il priming mi regolo sempre con la massima temperatura raggiunta durante la fermentazione. Ad oggi, dopo cinque birre prodotte così non ho riscontrato problemi di carbonazione eccessiva.

      • Ok grazie…Perché tempo fa , ma non ricordo dove, avevo letto che una volta staccata la Co2 prima di chiudere il fermentatore lo sfiatavi riportandolo a 0 psi. Va sfiatato? Il mio fermentatore regge max 5 psi ma non ha nessuna valvola automatica di sfiato, unicamente il Blow off, per cui vorrei capire come agire al meglio… Se rimettere il Blow off durante l’abbattimento o chiudere in qualche modo..

        • Un po’ lo sgaso, anche se teoricamente il keg andrebbe tenuto un po’ in pressione per assicurarne la tenuta. Se non lo sgasi sicuramente pian piano entrerà CO2 nel mosto a bassa temperatura, ma non credo influisca più di tanto sulla carbonazione. Bisogna fare qualche prova.

  4. Ciao Frank, non é che potresti dirmi che diametro interno ha il tubo di silicone del tuo floating diptube? Stavo cercando di improvvisarne uno con una pallina da ping pong ma forse il mio tubo é troppo grosso e si “incastra” lungo le pareti del keg.

    • Il diametro interno del tubo di silicone è 6mm quello esterno 7mm. La lunghezza a cui ho verificato che mi lavora bene nel fusto jolly senza bloccarsi è 56cm.

  5. Ciao, volendo passare alla fermentazione in pressione, quanti litri di mosto metti in un keg di 19 litri?
    Grazie

    • 12, max 15. Cmq io non faccio fermentazione in pressione. Fermento con blow-off e carbono in bottiglia (rifermentazione) o in un altro fustino (carbonazione forzata).

  6. Anche io, fino ad ora utilizzo tale metodo, però dopo una decina di cotte, sento il bisogno di provare e sperimentare qualcosa di nuovo, almeno per me.

  7. Ciao Frank! Volevo sapere se hai un’opinione sui flusso stopper, perché c’è chi dice siano comodi e chi dice che vada lasciato uno spazio minimo libero nel keg (spazio che credo resti comunque visto che il pescaggio gas non è a filo parete superiore) vedi problematiche nelle due casistiche?

    • Io evito di riempire fino all’orlo, lo spazio vuoto aiuta la carbonazione forzata (c’è più ampia superfici di scambio tra CO2 e birra). Pesando il keg man mano che si riempie non hai problemi a fermare il trasferimento al punto giusto.

  8. Ciao Frank … Seguendo la tua procedura ho fermentato una birra, fatto il crash cooling con bombola attaccata e ora, avendo fatto tre settimane di lagherizzazione, mi ritrovo la birra che all’assaggio di oggi sembra già leggermente carbonata. Come mi comporto per il priming? Io ho calcolato la più alta T raggiunta e per i Vol desiderati dovrei aggiungere 4.9 gr/LT di destrosio. Non rischio sovracarbonazione così? Devo abbassare lo zucchero dato che è già leggermente carbonata o sfiatando prima di imbottigliare risolvo? Grazie

    • Guarda, anche io ogni volta che ho imbottiglio dal keg ho l’impressione che la birra sia carbonata, soprattutto per via della schiuma ma anche per come si presenta sul palato. Tuttavia ho sempre mantenuto le quantità di priming che avevo calcolato considerando la massima temperatura di fermentazione e non ho avuto mai problemi di carbonazione (a parte la bitter, ma quello è un caso eccezionale dovuto a mia imperizia). Quindi vai pure tranquillo.

  9. “Discorso un po’ più complicato per la birra finita perché c’è di mezzo l’alcol: in questo caso bisogna ragionare con la densità effettiva e non con quella apparente (si ottiene moltiplicando per 0,82 la densità misurata con il densimetro).”

    Secondo me non é cosi Frank. il densimetro di misura la densitá reale del campione, indifferentemente dalla quantitá di alcol, visto che si basa sulla massa di liquido spostato dal densimetro e nient’altro.

  10. Ciao Frank, innanzitutto ti faccio i complimenti e ti ringrazio per tutto il materiale che ci fornisci ogni settimana fra blog e Podcast.

    Avrei una domanda a cui non ho trovato risposta googolando.

    Che potenza deve avere la serpentina posta all’interno del frigo?
    Nel senso che, io ho un frigo vetrina (classico da bar) se dovessi calcolare il cavo scaldante da utilizzare in base ai metri posizionabili all’interno del frigo, dovrei mettere un cavo da circa 10/12 metri, che avrebbero una resa di 300/360W totali.
    Sono troppi (aria troppo calda per via dell’inerzia) o non cambia niente perchè interverrebbero molto meno data la loro potenza elevata?

    Grazie mille

    • Oddio, difficile da dire. Mi sembrano tanti a naso, e potrebbero provocare molta inerzia. Io non andrei oltre i 100W, anche senza necessariamente mettere il cavo su tutta la parete. Però dipende anche da quanti litri che devi fermentare.

      • Grazie mille per la risposta.
        Dovrei mettere un classico bidone di plastica, con i canonici 23 litri, oppure 1 o 2 keg da 10/15 litri.
        Mi oriento allora su un cavo un pò meno spinto, in modo da avere parecchi metri (12/15) in modo da coprire un po tutta la superficie, ma con una potenza irradiata minore, così rendo tutto l’ambiente frigo più omogeneo e che scalda per più tempo ma più gradualmente.
        Grazie ancora
        Ciao

  11. Ciao Frank,ma eventualmente per fare DH nel fusto? Mi spiego si mette libero normalmente o si deve usare qualcosa per non fare intasare la sfera o l asta lunga?

    • Se lo fai con i pellet il tubo che pesca dall’alto tende a intasarsi. Ma non è un problema, una volta partito il cold crash, nel giro di uno/due giorni i pezzi più grandi precipitano e puoi prendere la birra senza problemi. È difficoltoso prendere campioni durante il dry hopping, ma non serve a nulla tanto.

  12. A ok grazie mille! Infatti ero indeciso se tagliare lo spinone di 2/3cm i mettere la sfera proprio per questo motivo

  13. Grazie per aver condiviso la tua esperienza. Volevo chiederti se hai esperienza di ciclo di pulizia dei fusti e connessioni varie con il Removil e successivo passaggio con acido citrico.

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