Come mi è capitato in tanti altri casi quando si parla di birra e fermentati, ho conosciuto Marco Parrini tramite il web. Non ci siamo – ancora – mai incontrati, ma diversi sono stati gli scambi via mail e chat. Da subito sono entrato in contatto con il suo dirompente entusiasmo, impossibile da tenere a freno. Mi parlò del suo progetto quando era ancora in cerca di un editore ma il suo libro iniziava già a prendere forma.
Conosco veramente poco dell’idromele e dei suoi cugini (come il melomele, ovvero idromele con aggiunta di frutta), ma le fermentazioni mi affascinano sempre. In Italia non è una bevanda molto diffusa, ma in Polonia – a Varsavia – ebbi l’occasione di assaggiarne uno prodotto da un homebrewer del posto. Ricordo che ebbi sensazioni contrastanti non riuscendo ad inquadrare bene questa bevanda più alcolica della birra e dagli aromi notevolmente diversi. Mi lasciò un ricordo vago, ma in qualche parte del mio cervello restò la voglia di approfondire, un giorno, le caratteristiche di questa bevanda.
L’occasione è arrivata, qualche anno dopo, con la fatica editoriale di Marco che nel frattempo ha trovato un editore (SLWR, la casa editrice che segue le pubblicazioni di MoBI) e un valido sostenitore, Massimo Faraggi, pioniere dell’homebrewing in Italia. Ho letto con piacere e curiosità questo volume di circa 200 pagine dedicato interamente all’idromele e ai suoi derivati.
Il libro inizia con una prima parte, abbastanza approfondita, dedicata alla storia dell’idromele (mead in inglese), molto diffuso sin dall’antichità per la facile reperibilità e l’immediata fermentabilità del miele che, a differenza dei cereali, non deve essere lavorato per diventare fermentabile. L’orzo, di contro, deve essere prima maltato e poi ammostato per rilasciare zuccheri fermentabili dal lievito. Sebbene si possano – parzialmente – fermentare anche cereali non maltati e non ammostati, è indubbiamente più immediato produrre l’inebriante alcol dalla fermentazione del miele (come anche della frutta, per esempio).
Nel paragrafo successivo, seguendo gli stili censiti della guida BJCP all’idromele, Marco ripercorrere le varie tipologie e le loro caratteristiche. Complice la mia scarsa esperienza sul tema, mi sono stupito trovando nomi che non avevano mai sentito prima e che mi rimarranno sicuramente impressi nella memoria come Cyser (melomele alle mele) e Pyment (melomele all’uva). Tantissimi comunque gli ingredienti che si possono aggiungere all’idromele per caratterizzarlo, tant’è che Marco spesso definisce alcune sue creazioni “Pazzomeli“. Un esempio è il suo idromele al panpepato, esperimento di molti anni fa che ho avuto la fortuna di assaggiare mentre leggevo il libro.
Il capitolo successivo è dedicato alle varie tipologie di miele da utilizzare in ricetta. Qui emerge l’esperienza di Marco sul tema: interessantissime le informazioni tecniche e organolettiche sui vari mieli, alcuni dei quali per me erano completamente sconosciuti. Segue poi il capitolo dedicato ai lieviti e il successivo con la descrizione dettagliata dei passaggi per la preparazione dei fermentati. Un breve intermezzo dove si approfondiscono alcuni aspetti specifici come sanitizzazione, pH, dolcezza e carbonazione lascia infine la scena a un denso capitolo con tantissime ricette. Completano il lavoro sei appendici con tabelle e qualche ulteriore informazione tecnica per i lettori più nerd.
Sebbene io non abbia mai prodotto idromele, ho letto il libro dall’inizio alla fine (ricette a parte) in pochissimi giorni. La scrittura è dettagliata ma allo stesso tempo molto piacevole e informativa. Leggendo traspare tutto l’entusiasmo – enorme – di Marco per questi fermentati, insieme alla sua precisione e competenza.
Un unico appunto mi permetto di farlo sull’utilizzo delle note. Come si vede anche dalla figura sopra, la densità delle note a piè di pagina è notevole. Non passa praticamente mai una pagina senza almeno tre o quattro note (spesso anche di più). Molte – a mio modesto avviso – non aggiungono molto alla lettura e potevano essere del tutto omesse o inserite direttamente nel testo tra due virgole o come ulteriore frase di approfondimento, senza alterare il flusso di lettura. Tutti quei richiami a fondo pagina rallentano la lettura, perché se è vero che si possono saltare, alla fine si è curiosi e si abbassa la testa a leggere le note a fondo pagina, interrompendo la lettura. Una piccolo aspetto secondo me rivedibile che comunque non altera la qualità e la fruibilità di questo interessantissimo libro.
Nel complesso un libro davvero accattivante e ben scritto, con tante informazioni e curiosità su una bevanda dalle mille potenzialità ancora poco conosciuta in Italia. Un manuale utile anche per chi fosse solamente curioso di saperne di più, anche se dubito che poi non venga voglia di fare qualche esperimento!
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E alla fine li hai fatti, questi esperimenti?
No. 🙂