Era da un po’ di tempo che volevo provare questo nuovo lievito Saison secco della Lallemand. L’occasione è arrivata qualche mese fa, dopo aver raccolto i fondi da tre bottiglie di birre acide del birrificio inglese Mills Brewing. Ma procediamo con ordine.

DA DOVE VIENE QUESTO LIEVITO

Prima di entrare nel dettaglio della ricetta, volevo spendere due parole sulle caratteristiche e sull’origine di questo particolare lievito. Ho notato infatti che, nonostante la Lallemand abbia tenuto online diversi seminari e approfondimenti, non sempre risultano chiare le caratteristiche di questo nuovo ceppo di lievito. Nel video qui sotto, in inglese e della durata di un’ora circa, vengono spiegate in modo esaustivo le principali caratteristiche di questo lievito, che vado a riassumere velocemente.

Anzitutto, questo lievito non è diastatico. Questo significa, in breve (maggiori dettagli qui per chi fosse interessato) che ha un livello di attenuazione non eccessivo, in quanto questo ceppo non riesce a consumare zuccheri complessi che vanno oltre il maltotriosio. Questa non è una novità in assoluto, ovviamente: di lieviti non diastatici ne esistono già, ma è una novità tra i lieviti Saison, in quanto tutti i lieviti Saison commerciali ad oggi disponibili (Belle Saison e French Saison secchi, ma anche tutti i ceppi liquidi) esprimono un potenziale diastatico. Chi più, come ad esempio il Belle Saison, chi meno, come il Belgian Saison liquido.

Devo dire la verità: sebbene questo sia il principale slogan con cui la Lallemand commercializza questo lievito, per chi fa birra in casa il pericolo di utilizzare lieviti diastatici a mio avviso non è particolarmente presente. Lo facciamo da sempre, senza grandi incidenti. Del resto, a meno del forte potenziale attenuante, sono lieviti come altri, neutralizzabili con pratiche di sanitizzazione standard. È più un problema per i birrifici (si sono verificate diverse situazioni spiacevoli in alcuni birrifici a causa dei diastatici), principalmente perché la pulizia e sanitizzazione completa delle linee di imbottigliamento, spesso formate da centinaia di piccole parti e decine di metri di tubature, non è semplice. I lieviti diastatici hanno la capacità di replicarsi velocemente partendo da pochissime cellule, quindi se rimane qualcosa sulle linee di imbottigliamento, dove è più difficile pulire, è possibile che alcune cellule finiscano in bottiglia e nel tempo producano una sovracarbonazione consumando zuccheri che altri lieviti non hanno consumato durante la fermentazione. Però, ripeto, a mio avviso in casa questo pericolo è relativo se si usano buone pratiche di sanitizzazione.

Altro elemento importante è che il Farmhouse non è un lievito geneticamente modificato. Ovvero non sono stati fatti interventi a livello genetico per ottenere questo ceppo Saison non diastatico. È stato utilizzato un naturalissimo processo di ibridazione: si lasciano riprodurre le cellule per via sessuata mettendole in particolari condizioni ambientali (i lieviti nel mosto non si riproducono per via sessuata, le cellule semplicemente si dividono), in modo che la cellula figlia prenda un mix di caratteristiche genetiche delle due cellule originarie, diventando “ibrida”. Si testa quindi il risultato: se ha le caratteristiche che cerchiamo, si prende la cellula, altrimenti si ripete il processo.

Per ottenere un lievito Saison non diastatico, in questo caso si è partiti da tre lieviti diversi: un primo ceppo STA1- (non diastatico) e DP3+ (riesce a consumare il maltotriosio,  producendo comunque una buona attenuazione); il secondo un ceppo italiano, con caratteristica peculiare detta H2S-, ovvero non produce aromi solforosi durante la fermentazione (acido solfidrico, aroma di uova marce); il terzo, un classico ceppo French Saison, in grado di sviluppare il profilo aromatico di interesse (non è specificato ma probabilmente, in questo caso, un ceppo diastatico).

Dopo diverse ibridazioni, è stato selezionato il ceppo che avesse le caratteristiche desiderate, ovvero: profilo aromatico Saison, non diastatico, senza produzione di aroma di uova marce durante la fermentazione e con una buona attenuazione (siamo comunque intorno all’80%). Ecco a voi il Farmhouse della Lallemand.

Chiudo questo paragrafo aggiuntivo con un commento sul nome di questo lievito, a mio avviso non felicissimo: farmhouse è infatti un termine che nell’immaginario collettivo viene solitamente associato alle Saison che presentano i tratti originari dello stile, ovvero birre in genere “wild” spesso anche “sour“, con tratti aromatici da lieviti selvaggi e soprattutto una qualche forma di acidità. Questo lievito non ha nessuna di queste caratteristiche, ma ho visto che molti homebrewer, comprensibilmente, se le aspettano visto il nome con cui è stato commercializzato.

Qui sotto un video in cui, insieme a Gianmaria Ricciardi di Lallemand, che cura anche la parte introduttiva sul lievito (stavolta in italiano), raccogliamo le testimonianze alcuni homebrewer che hanno utilizzato il lievito per produrre una Saison in casa.

RICETTA

Questa ricetta non è stata pensata unicamente per provare questo lievito, ma anche per produrre una birra belga con un residuo zuccherino non troppo basso. Questo perchè metà di questa cotta è finita in damigiana dove ho aggiunto fondi di tre bottiglie di birre acide del birrificio inglese Mills Brewing. Probabilmente, segliendo un profilo di ammostamento ancor più basso (64°C/65°C) si sarebbe ottenuta una FG di qualche punto minore, ma ho scelto un compromesso tra la produzione di una Saison e quella di avere qualche zucchero residuo in più per la damigiana.

È stata anche l’occasione per andare oltre gli stereotipi numerici dell’attenuazione e assaggiare un Saison con una FG più alta del solito. Da qui, il nome che ho dato a questa birra.

Ma veniamo agli ingredienti. La base è mista di Pilsner e Pale semplicemente perchè non avevo sufficiente Pilsner in casa, altrimenti probabilmente avrei utilizzato solo quello come base. Il tocco rustico della segale mi piace molto nelle Saison: per la mia esperienza sotto al 10-15% non si sente, quindi mi sono tenuto sul 15%. Il Vienna lo uso per dare un leggero tocco maltato e il Carabelge per un po’ di colore e per rafforzare un filo la dorsale maltata. L’avena ce l’avevo da finire e siccome nelle Saison ci si può infilare qulasiasi cereale senza destare scandalo, ce l’ho messa.

Il resto della ricetta è abbastanza standard: luppolatura abbondante ma niente dry hopping, profilo dell’acqua sbilanciato abbondantemente sui solfati. Per quanto riguarda l’ammostamento, ho fatto lo step aggiuntivo a 72°C perchè ho visto che aiuta a recuperare qualche punto di OG migliorando leggermente l’efficienza. Dicono anche che migliori la schiuma, ma non lo faccio per questa ragione (non in una Saison già piena di luppolo, che di schiuma ne avrebbe comunque). Diciamo che se ho tempo lo faccio, se vado di corsa lo salto. Questa volta avevo tempo.

Ho evitato altri step di ammostamento nonostante la presenza di altri cereali come avena e segale perchè sono comunque maltati, in piccole dosi, e soprattutto non ricercavo limpidezza eccessiva in questa birra.

Bollitura anomala di 80 minuti solo perchè non avevo centrato la densità preboil. In uno slancio di ottimismo, a seguito di una piccola modifica all’impianto, avevo ipotizzato di migliorare l’efficienza, ma così non è stato. Ho bollito venti minuti in più per avere un po’ meno birra ma alla giusta densità.

FERMENTAZIONE

Dopo aver ascoltato i pareri di altri homebrewer che avevano provato questo lievito (raccolti nel video linkato sopra), ho deciso di avvicinarmi a questa prima fermentazione con il Farmhouse senza timidezza: via direttamente da 27°C per spingere la produzione di aromi fruttati e bilanciare il profilo fenolico, che non volevo diventasse preponderante.

Ho usato in tasso di inoculo piuttosto alto (1,8 g/L) perchè avevo due bustine e le ho usate tutte (alla fine mi era venuto circa un litro in meno di birra del previsto). Come prima prova ho preferito abbondare, anche se per questa OG un tasso di inoculo di 1-1.5 g/L è già più sufficiente. Questo potrebbe aver limitato la formazione di esteri, che tutto sommato non sono troppo invadenti. Soprattutto, come vedremo, l’aroma di banana.

La fermentazione si è conclusa senza problemi nel giro di 3 giorni. Ho tenuto a 27°C qualche altro giorno, poi ho staccato la cintura riscaldante e ho lasciato qualche giorno ancora il fermentatore a temperatura ambiente.

Breve cold crash di un paio di giorni (non ricercavo birra limpidissima) e imbottigliamento. Come già detto, metà cotta è finita in damigiana, l’altra metà è sata imbottigliata con Beergun della Blichmann, senza aggiunta di lievito da rifermentazione, tappando le bottiglie con facilità sulla schiuma. Prima di imbottigliare ho portato il fermentatore a 15°C per favorire la formazione di schiuma e per velocizzare la rifermentazione risvegliando un po’ il lievito.

Carbonazione in bottiglia alta: 3.0 volumi.

ASSAGGIO

Questo assaggio fa riferimento a una bottiglia con quasi due mesi di vita. I primi assaggi sono stati meno entusiasmanti: troppa banana al naso e in generale profilo aromatico ancora grezzo. Questa mia impressione ha confermato quanto avevo sentito dire (e quanto in genere vale per molti lieviti belgi): anche questo ceppo ha bisogno di qualche settimana di assestamento in bottiglia per rendere il profilo organolettico più armonico ed equilibrato.

 ASPETTO  Visivamente è molto bella: schiuma ampia, bolle molto fini, bianca e pannosa. Ottima persistenza, si formano merletti sul bicchiere durante la bevuta. Il colore è leggermente meno intenso rispetto alla foto: si attesta su un giallo dorato carico. Velata, ma non torbida.

 AROMA  Buona intensità aromatica. Prevalgono le note fenoliche su quelle fruttate, cosa che avevo cercato di evitare. Il fenolico si esprime un filo troppo verso la noce moscata e il chiodo di garofano, meno sul pepe che sarebbe invece l’aroma speziato tipico delle Saison. Gli esteri, che comunque scalpitano e sono ben percebili, si orientano sulla frutta “dolce”; quindi pera ben matura, mela gialla e una venatura di banana in sottofondo. L’aroma citrico, tipico delle Saison, gioca in seconda linea, un poco timido. Un tappeto erbaceo chiude la corsa olfattiva, nel complesso piuttosto intensa, piacevole e pulita. Non proprio tipica di un lievito Saison, a mio avviso.

 AL PALATO  Ingresso con decisee note erbacee, con uno spunto fenolico netto che richiama nuovamente il chiodo di garofano. Leggero tocco piccantino, rustico, in sottofondo. L’amaro è ben bilanciato, accompagna la bevuta fino alla fine sostenendo la dorsale maltata. Un filo di amaro in più non ci sarebbe stato tuttavia male, devo dire. Avrei dovuto pensarci, sapendo che la densità finale non sarebbe stata poi così bassa. Nel retrolfatto troviamo note di cereale e mollica di pane. Il fruttato è timido, ancor più che al naso. La chiusura non è secca come ci si aspetterebbe da una Saison, ma comunque non stucchevole. Si lascia bere con piacere.

 MOUTHFEEL  Corpo medio, al limite per lo stile. La carbonazione vivace aiuta la bevuta. Alcol non percepito, astringenza assente.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Il giudizio sulla riuscita di questa birra, al di là dello stile di riferimento, emerge come sempre più facilmente dal mio “inconscio”: ne ho stappate diverse in questi mesi, pur avendo ben altro in frigo, il che significa che la birra si beve con piacere. Ed in effetti devo dire che è una buona birra belga: non da strapparsi i capelli, ma complessa, pulita, facile da bere. Se me l’avessero data alla cieca, tuttavia, non credo la avrei classificata subito come una Saison. A tratti, specialmente da più giovane, quando l’aroma di banana era più intenso, mi sembrava quasi una Weissbier con queste note fenoliche ben presenti, quasi balsamiche. C’è da dire che si tratta di una singola prova con fermentazione a 27°C, sicuramente si possono trovare altri bilanciamenti variando le temperature di fermentazione verso l’alto o verso basso. Oltre a variare il bilanciamento tra esteri e fenoli, cambiando la temperatura di fermentazione capita spesso che vari anche la percezione stessa dei fenoli, che potrebbero virare maggiormente su aromi pepati (sia andando in alto che in basso con la temperatura, non è detto a priori). Nel complesso un lievito molto pulito che lavora davvero bene, semplice da gestire. Con un mash più basso e magari usando solo malto pilsner e un pizzico di zucchero, si possono sicuramente raggiungere FG molto più basse. Comodo se, come nel mio caso, si vuole produrre una birra belga con attenuazione non eccessiva, per una seconda fermentazione con lieviti selvaggi e batteri. Da riprovare sicuramente, cambiando grist e profilo di fermentazione.

Infine, per chiudere, una foto della damigiana in cui è finita l’altra metà di questa cotta, mentre le bestioline selvagge di Mills sono al lavoro.

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