Ricordo benissimo la mia prima bassa fermentazione: fu una Vienna Lager, correva l’anno 2014. Ero alla mia quattordicesima cotta, da poco avevo acquistato un frigorifero da dedicare alle fermentazioni. Fu una produzione con diversi errori: dalla sacca BIAB che si forò durante il mash, al luppolo tedesco che sapeva di formaggio e fu sostituito all’ultimo con del Chinook (una Vienna Lager con Chinook in aroma, capito?); lo starter da 5 litri senza agitatore, pensato per ravvivare il lievito Bavarian Lager della Wyeast a partire da una singola bustina. Sì, all’epoca pensavo ancora che i lieviti liquidi fossero in assoluto migliori di quelli secchi. Ho fatto quello che tanti homebrewer fanno: complicarmi inutilmente la vita aumentando a dismisura le variabili in gioco.

Non ne uscì una birra particolarmente buona, ma nemmeno un disastro. Non trovò tuttavia posto tra le recensioni del blog. Da quell’esperienza imparai che sarebbe stato meglio semplificare le cose, cercando di concentrarsi sugli elementi cruciali senza distrarsi con quelli accessori.

Nacque così la mia seconda bassa fermentazione, una Pilsner in stile ceco. Fu la prima bassa fermentazione ad apparire sul blog, oltre ad essere la mia prima prova con il W34/70. Stavolta uscì una discreta birra, ovviamente rifermentata (una sorta di blasfemia per qualcuno). Almeno io la ricordo buona, anche se c’è da dire che all’epoca (7 anni fa) avevo molta meno esperienza rispetto a oggi, sia in produzione che in assaggio. L’aspetto curioso è che imbroccai subito il profilo di fermentazione per questo lievito, che non ho praticamente mai più cambiato. Un giorno vorrei riprovare ad usare un lievito liquido per le basse, ma quel momento non è ancora arrivato: ho altre variabili su cui concentrarmi.

Nella recensione di una versione successiva della mia prima Pils ho approfondito il mio personale approccio produttivo alle lager, su cui non mi dilungherò più di tanto in questo post. Se siete curiosi, potete trovarlo qui: parlo di spunding, lagerizzazione, pausa diacetile.

In quest’ultima versione della mia Pilsner, stavolta più sul versante “German” che su quello “Czech” per profilo maltato e luppoli utilizzati, ho per la prima volta carbonato tramite valvola di spunding. Più per curiosità che per altro. Vediamo cosa ne è uscito fuori.

RICETTA

Nelle ricette precedenti ho sempre utilizzato il malto Pils affiancato da un 5-10% di Monaco, per dare colore e accentuare il tono maltato. Questa volta ho deciso di utilizzare 100% malto Pils, in modo da poterne apprezzare appieno le caratteristiche organolettiche. L’idea è di ripetere questa ricetta in futuro con la stessa base 100% Pils ma di un produttore diverso. Per questa ricetta ho scelto la malteria tedesca BestMalz, su cui ho sentito pareri non sempre entusiasti.

La luppolatura l’ho affidata a due luppoli tedeschi, le gettate sono rimaste più o meno quelle delle altre ricette. Bollitura di due ore per scurire un po’ il mosto e accentuare leggermente le reazioni di Maillard senza troppa fatica (un giorno proverò anche la decozione). Acqua leggera: partendo da quella osmotizzata, ho aggiunto i sali necessari per arrivare a 50 ppm di Calcio, sbilanciando il rapporto cloruri/solfati su questi ultimi. Come lievito ho usato il fidatissimo W34/70.

Ricetta semplicissima, ho puntato tutto su ingredienti e metodo di produzione.

FERMENTAZIONE

Come al solito non sono riuscito a freddare il mosto alla temperatura desiderata utilizzando la serpentina. Poco male: ho freddato fino a circa 20°C, poi ho messo tutto in frigo con la potenza al massimo. Nel giro di 8 ore è arrivata a 8°C. Ho aperto il fermentatore, ho dato una veloce ossigenata con paletta e trapano (anche se con i lieviti secchi non è necessaria) e ho inoculato il W34/70 dopo averlo reidratato in acqua (anche questo non necessario).

Ho impostato il termostato a 10°C senza attaccare la cintura di calore, lasciando il mosto libero di arrivarci con i suoi tempi. Il profilo di fermentazione è molto semplice: faccio passare 5-6 giorni dall’inizio della fermentazione, poi, quando vedo che le bolle iniziano a rallentare, lascio salire la temperatura di qualche grado. In altri casi nemmeno avrei misurato la densità, ma questa volta l’ho fatto perché dovevo chiudere la valvola di spunding. Probabilmente non serviva chiuderla 12 punti prima della FG, ma ho preferito tenermi largo.

Per un approfondimento su come utilizzare la spunding valve rimando a quest’altro post, che fa riferimento sempre alla produzione di questa birra.

ASSAGGIO

La birra l’ho infustata e bevuta principalmente alla spina. Ho però fatto qualche bottiglia in contropressione con l’asta della Kegland (link di approfondimento) da tenere per assaggi successivi. Le foto sono della birra alla spina, l’assaggio è un mix tra quello che ricordo della spina e la versione in bottiglia. Le bottiglie hanno una quindicina di giorni alle spalle, tenute sempre in frigo.

 ASPETTO  Ampia schiuma bianca, fine, pannosa e molto persistente. Buona limpidezza, si intravede una leggerissima velatura in controluce. La birra è di colore dorato chiaro, leggermente più chiara dal vivo rispetto alla foto. Nulla da eccepire sull’aspetto visivo.

 AROMA  L’intensità non è altissima ma in linea con lo stile. Si avvertono subito le note luppolate, per lo più citriche ed erbacee: limone, erba appena tagliata. Il malto emerge in secondo piano, si percepisce qualche secondo più tardi. Ricorda soprattutto il cereale, ma ance un miele millefiori. Quando il bicchiere arriva verso la fine, o se assaggiata in un bicchiere piccolo che chiude in alto (il tulipano per gli assaggi, per intenderci) emerge una nota aromatica che fatico ad identificare ma che non mi fa impazzire. Non si avverte né da fastidio a bicchiere pieno, quando il cappello di schiuma è ampio. Sicuramente non è diacetile, che ho ben presente. Anche il DMS tenderei ad escluderlo, vista la bollitura di due ore. Altri composti dello zolfo? Non mi sembra: non avverto né uova marce né cerino appena acceso. Si tratta forse della famosa “nota vegetale” del Pilsner della BestMalz che diversi homebrewer lamentano? Sinceramente, non saprei. Questa volta mi trovo in difficoltà con i descrittori.

 AL PALATO  Buona intensità, arriva sul palato con una discretezza pienezza, senza tuttavia risultare ingombrante o eccessivamente dolce. Tornano le note di cereale, il “grainy” che si avverte netto anche al naso. Verso la fine del sorso e nel retrolfatto sono protagoniste le note di pane, soprattutto mollica, ma anche crosta di pane a breve cottura. Precisa la sferzata dell’amaro che arriva netta, sostenendo la bevuta da metà sorso in poi. Il luppolo è soprattutto erbaceo al palato, con una nota fresca e quasi balsamica. Il finale ha una buona secchezza, pulisce il palato lasciandolo asciutto. Direi molto precisa come corsa gustativa, sono molto soddisfatto.

 MOUTHFEEL  Corpo medio, buona morbidezza, carbonazione media. Nessuna astringenza né calore alcolico.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Nel complesso sono abbastanza soddisfatto di questa birra. Si lascia bere con estrema semplicità, è fresca e fragrante, senza difetti di fermentazione. C’è questa sensazione olfattiva “particolare” che non mi convince appieno, ma non pregiudica la riuscita della birra. Mi dà fastidio perché non riesco a descriverla, proverò a cercare aiuto tra amici e homebrewer nei prossimi giorni (ho ancora qualche bottiglia in frigo). Sinceramente non saprei dire se la carbonazione con spunding abbia portato particolari vantaggi, sicuramente è stata comoda e piuttosto semplice da eseguire. La base maltata non mi ha convinto appieno: secondo me manca l’apporto di quel 10% di Vienna o 5% di Monaco che di solito utilizzo in ricetta per questo stile. Mi sarei aspettato comunque un malto più incisivo, meno “grainy” e più “mieloso”. Sarà interessante provare la stessa ricetta con il 100% di un altro malto Pils, magari un Ireks o un Weyermann o addirittura una specifica cultivar come il Weyermann Barke. C’è sicuramente spazio per esperimenti futuri.

 

1 COMMENT

  1. Ciao Frank, complimenti per la birra, ho sempre pensato che fosse il malto pils a conferire mielosita’ alla birra finita, io in genere utilizzo fra il 7 e il 10% di vienna o monaco e non ho mai avuto quel tipico sentore di miele (quantomeno non cosi’ spiccato..) delle pilsner ceche ad esempio, pensavo quindi che l’approccio 100% pils fosse la risposta ma le tue riflessioni mi portano a pensare più alla qualita’ del malto o alla decozione. Non conoscevo il sospetto problema del best malz pils, ora ho un pensiero in più.. Grazie come sempre, ciao

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