Come chiusura della serie di cotte 2022 prima dell’estate, ho pensato di produrre una Golden Ale. Una British Golden Ale, per essere più precisi. L’idea era di farne una da attaccare alla spina per godersi le ultime pinte prima delle vacanze, ma poi ne sono uscite due variazioni, prodotte una dopo l’altra e bevute in parallelo, che hanno stimolato diverse riflessioni a mio avviso interessanti.

Non è un confronto alla Brulosophy, sia chiaro, non ho raccolto assaggi strutturati né calcolato la validità statistica dell’esperimento (che probabilmente è pari a zero). Semplicemente, la produzione e l’assaggio di queste due birre hanno prodotto alcune riflessioni che mi sembrano interessanti e che andrò a raccontare in un paio di post.

In questa prima puntata, partirei dall’inizio: cosa rende “British” una Golden Ale? La risposta potrebbe sembrare facile, ma andando a scavare nello stile ci si rende conto che così ovvia poi non è.

LO STILE SECONDO IL BJCP

Partendo dal BJCP 2021, lo stile è il 12A. Fa parte del curioso gruppo “Pale Commonwealth Beer” che raggruppa British Golden Ale, Australian Sparkling Ale e India Pale Ale. Stili ascrivibili al perimetro geografico dell’ex Impero Britannico, per capirci.

L’aggettivo British prima di Golden Ale porta subito a pensare che si tratti di uno stile britannico prodotto esclusivamente con ingredienti inglesi: quindi luppoli Fuggle, East Kent Goldings, malto Maris Otter e lievito inglese.

Può essere così, senza dubbio storicamente è stato così, ma gli esempi moderni dello stile hanno tratti organolettici che guardano ben oltre il Regno Unito. Lo stesso BJCP recita così nella descrizione dell’aroma delle British Golden Ale: “hop aroma is moderately-low to moderately high and can use ANY variety of hops – floral, herbal, earthy English hops and citrusy American hops are MOST COMMON.

Quindi, di fatto, sebbene luppoli inglesi e americani meno moderni (come Citra o Cascade) siano in qualche modo più “tradizionali”, anche una British Golden Ale con il Mosaic sarebbe in stile. Molti non sono d’accordo, ma io non la trovo una affermazione così fuori luogo.

Qualcuno si fissa sul malto, che dovrebbe essere inglese e in particolare della varietà Maris Otter. Sì, ci può stare, ma il malto non è protagonista in questa birra, l’intensità aromatica del malto è definita “low bready malt aroma with no caramel“, quindi vai a beccare la differenza tra usare un Maris Otter o un una altro malto Pale qualsiasi. Non è nemmeno questo il punto, secondo me.

Il lievito allora? Sì e no. Il BJCP dice espressamente che gli aromi fruttati vengono dal luppolo e non dal lievito “medium-low to low fruity aromas from the hops rather than esters”. E quindi niente: anche qui, ingrediente poco caratterizzante.

COSA DICE IL CAMRA?

Dici: ma il BJCP mi sta sulle palle. Ci sta.

Andiamo allora a leggere le linee guida del CAMRA, molto più vaghe di quelle del BJCP. La situazione non varia molto. La categoria viene definita “Blonds, British/New World Golden Ales“, facendo un minestrone unico di diversi stili. La descrizione è simile a quella del BJCP, sebbene semplificata: malto poco o nulla, luppolo ben presente, di qualsiasi varietà.

In questo caso si tenta di fare la distinzione tra le British e le New World Golden Ales, a seconda del luppolo utilizzato. Può essere un approccio, ma non credo sia molto diffuso in termini pratici tra i birrifici contemporanei.

Segue poi una distinzione secondo me piuttosto forzata tra Blond e Golden Ale, basata su una sfumatura più o meno citrica del profilo organolettico. Bah.

Ma allora le Golden Ale sono praticamente Pale Ale. Anzi, American Pale Ale, se fatte con luppoli americani. O Blond Ale. Ci si capisce ancora poco.

STILI VICINI ALLE GOLDEN ALE

Togliendo dal campo le Bitter, che sono visivamente ambrate e con un profilo maltato ben più evidente e luppoli spesso meno protagonisti rispetto alle Golden Ale, troviamo altri tre stili, tutti e tre di fatto di origine americana, che in qualche modo sono confrontabili con le British Golden Ale:

Vediamo cosa ci dice il BJCP in termini numerici, quindi IBU, ABV, SRM. Ho evidenziato le celle con valori più vicini a quelli delle British Golden Ale in termini numerici.

Il quadro è curioso: in termini di SRM, la British Golden Ale è molto più vicina a Cream Ale e Blonde Ale, piuttosto che a una American Pale Ale. Come IBU, invece, è molto simile alla American Pale Ale: il rapporto BU/OG medio è praticamente identico. Andando a guardare il grado alcolico, gli stili più vicini sono Blonde Ale e Cream Ale, la APA arriva a gradazioni ben più alte, anche se ne esistono esempi ovviamente meno alcolici.

Se andiamo a vedere la luppolatura nelle descrizioni del BJCP, le prime tre possono usare qualsiasi tipo di luppolo, mentre la American Pale Ale utilizza luppoli americani o pacifici.

Il livello di luppolatura in aroma arriva agli stessi livelli in British Golden Ale e American Pale Ale, nelle Blonde Ale è medio, nelle Cream Ale basso.

La situazione mi sembra abbastanza chiara, anche se ovviamente esistono zone grigie di sovrapposizione tra gli stili, quantomeno se presi a coppie.

Blonde Ale e Golden Ale sono molto simili (come afferma, del resto, anche il CAMRA), ma la Blonde Ale è leggermente meno “hop forward”. Le Cream Ale sono in qualche modo vicine alle Golden Ale, ma decisamente più blande e meno caratterizzate dal luppolo. Spesso sono anche più secche per via dell’utilizzo del mais.

Le American Pale Ale possono sovrapporsi a Blonde Ale e British Golden Ale, nella parte bassa dei range, sia di IBU che di alcol che di colore, ma in genere sono più scure, leggermente più maltate e hanno una luppolatura e un amaro un filo più spinto. Lasciamo da parte le varie DDH o interpretazioni moderne delle American Pale Ale, che sono chiarissime e stra-luppolate in aroma.

La British Golden Ale ha origini inglesi, le altre tre americane. Storicamente si fa risalire la prima British Golden Ale all’arrivo sul mercato della Summer Lighting del birrificio inglese Hop Back, nel 1986. Questo stile nasce dal tentativo di contrastare il dominio delle lager in UK, più chiare e appetibili delle Bitter che erano molto diffuse prima dell’arrivo delle lager dal continente.

Stessa rivalità con le lager, più o meno, per Cream Ale e Blonde Ale. Le Cream Ale sono nate ben prima di Blonde e Golden Ale (nella seconda metà dell’800) e sono tra i pochi stili ad essere sopravvissuti al periodo del probizionismo americano.

Diversa, invece, la storia delle American Pale Ale, la cui nascita si fa risalire alla Liberty Ale di Anchor nella metà degli anni 70 e poi alla Pale Ale di Sierra Nevada, negli anni 80, come evoluzione delle Pale Ale inglesi riprodotte con luppoli americani (il Cascade fu il primo ad essere utilizzato in questo stile). Da qui, la mano leggermente più pesante sui malti rispetto a Blonde e Cream Ale.

QUELL’AGGETTIVO BRITISH CHE CONFONDE

A mio avviso la differenziazione, sebbene sottile, regge. Cream, Blonde e British Golden Ale condividono l’elemento di contrapposizione con le lager chiare, quindi birre dorate, in genere bilanciate, facilmente bevibili e con il malto nettamente in secondo piano.

Si possono leggere in una sorta di scala di intensità luppolata, che parte dalle moderatissime Cream Ale fino alle British Golden Ale, decisamente più amare e luppolate. L’imprinting organolettico è tuttavia molto simile. Le American Pale Ale hanno invece una storia diversa, derivano direttamente dalle birre maltate inglesi, e nelle interpretazioni classiche (si pensi alla Sierra Nevada) sono ben diverse dalle altre tre.

È chiaro che quell’aggettivo “British” può confondere, visto che si riferisce all’origine dello stile piuttosto che alla connotazione organolettica contemporanea.

Forse un po’ come “Italian” nello stile Italian Grape Ale, che il BJCP sembrava voler eliminare, per poi scegliere invece di ripiegare sulla creazione di una stile Grape Ale generico a sé stante. In questo senso si potrebbe creare uno stile Golden Ale generico, per poi declinarlo sull’origine dei luppoli utilizzati (un po’ come ha fatto il CAMRA). Ma anche no.

A ogni modo, a me la differenziazione del BJCP non dispiace. Come giudice in un concorso, premierei comunque una British Golden Ale se fosse fatta con soli luppoli americani, purché l’equilibrio complessivo sia quello giusto. Ma su questo, ovviamente, si può discutere.

Le mie due British Golden Ale, di cui parlerò nel dettaglio alla prossima puntata, sono due birre monoluppolo, una con Talus e l’altra con Medusa. Quindi di British hanno ben poco. Ma a mio avviso rappresentano bene lo stile, non sono American Pale Ale, forse un poco Blonde Ale, decisamente non Cream Ale.

Insomma, ho scritto questo lungo post solo per giustificare l’utilizzo di luppoli americani nelle mie due British Golden Ale. Mi avete beccato.

Alla prossima puntata (link) per tutti i dettagli delle due cotte.

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