Qualche giorno fa mi è capitato nuovamente di trovarmi a discutere sull’origine del difetto metallico. Quando qualcuno chiede da dove abbia origine questo difetto, la risposta più comune è che derivi dall’ossidazione. Del resto, dare la colpa all’ossidazione è sempre la strada più facile. Ma è davvero così?

Negli ultimi anni ho approfondito molti aspetti legati all’ossidazione dei composti chimici presenti nella birra. Ne ho scritto parecchio qui sul blog oltre ad averne parlato in modo approfondito durante il mio intervento di un’ora alla Homebrew Con di giugno 2021 organizzata dalla American Homebrewers Association (qui la presentazione).

Fino ad ora, non mi ero ancora imbattuto in alcun sottoprodotto dell’ossidazione che potesse generare aroma metallico, ma ne avevo sentito parlare diverse volte.

Finalmente, grazie all’amico homebrewer e giudice Matteo Dadà, sono venuto in possesso di un articolo piuttosto approfondito – ma allo stesso tempo chiaro – che spiega molto bene le dinamiche che sono alla base del difetto metallico nella birra. L’articolo è disponibile gratuitamente online (qui). Vi racconto quello che ho capito dopo aver condotto qualche ulteriore ricerca online e averne discusso un po’ con Matteo.

Qualsiasi osservazione/obiezione sul mio ragionamento è come sempre benvenuta tra i commenti.

I metalli catalizzano le reazioni ossidative

Partiamo da un concetto base che conoscevo e che presento sempre come introduzione nei miei interventi sull’ossidazione: i metalli come ferro, rame e manganese, accelerano le reazioni ossidative nella birra.

L’ossigeno nella sua forma libera – così come lo troviamo nell’aria o nell’acqua – non è particolarmente reattivo. L’ossidazione è caratterizzata da uno scambio di elettroni: l’ossigeno libero è abbastanza stabile, non riesce facilmente a dare vita a questo scambio. Diventa fortemente instabile quando viene attivato, ovvero quando forma i cosiddetti radicali liberi, in inglese chiamati ROS (Reactive Oxygen Species).

Questo è il motivo per cui, ad esempio, il ferro non si arrugginisce se viene semplicemente esposto all’aria o immerso in acqua pura. Si arrugginisce in presenza di acqua e ossigeno, perché in questo modo l’ossigeno si attiva generando le razioni di ossidazione che portano alla ruggine.

Nella birra, metalli come ferro, rame e manganese agiscono come catalizzatori delle razioni di Fenton e Haber-Weiss generando ROS a partire dall’ossigeno presente nella birra. Saranno quindi i ROS, e non i metalli, che andranno poi in giro a rubare elettroni generando ossidazione.

I radicali liberi possono ossidare tannini, alcoli superiori, lipidi, melanoidine, alfa acidi. Fino ad oggi, non avevo incontrato prodotti dell’ossidazione che potessero generare un aroma metallico di per sé, senza l’effettiva presenza di metalli nella birra.

Ma prima di chiederci se l’aroma metallico derivi dall’ossidazione oppure no, dobbiamo capire cosa sia in realtà l’aroma metallico.

Possiamo parlare di aroma metallico?

In questo ci aiuta la seconda parte dell’articolo, dove vengono identificati i composti responsabili dell’aroma metallico. Si tratta di tre sostanze che derivano dalla degradazione dei lipidi.

I lipidi sono grassi, presenti sia nella birra (come ad esempio l’acido linoleico, acido grasso insaturo contenuto soprattutto nel germe dei malti) ma anche sulla nostra pelle e sul nostro palato. Non sono in genere presenti, ad esempio, nell’acqua.

Proprio l’acqua rappresenta un interessante caso di studio per l’aroma metallico. Prendiamo l’esempio del ferro, presente nell’acqua in diverse forme. Tra le più comuni troviamo l’ossido ferroso, chiamato anche Fe(II).

Nell’articolo viene citato un esperimento in cui, pur aumentando sensibilmente la concentrazione di Fe(II) nell’acqua, questa continui a essere inodore. Tuttavia, una volta deglutita, l’aroma metallico viene percepito in maniera netta nel retrolfatto. Come è possibile?

Questo è dovuto all’interazione dell’ossido ferroso Fe(II) con i lipidi presenti sul nostro palato. L’interazione tra questi due composti genera carbonili volatili, nello specifico il carbonile 1-octen-3-one (abbreviato OEO). La stessa reazione si scatena strofinando un po’ della stessa acqua sulla mano: improvvisamente emerge un aroma metallico chiaramente percepibile anche per via ortonasale, semplicemente annusando la parte della mano venuta a contatto con l’acqua. La reazione è sempre la stessa: il Fe(II) contenuto nell’acqua reagisce con i lipidi della pelle generando i carbonili volatili che arrivano al nostro naso.

Detto in altro modo: l’ossido ferroso Fe(II) in sé non ha aroma metallico. Genera aroma metallico nel nostro palato a contatto con i lipidi. Questo aroma è dovuto alla liberazione di carbonili aromatici derivanti dalla degradazione dei lipidi, ovvero dei grassi.

Questo capita, ad esempio, anche quando alcune birre vengono abbinate a cibi che contengono specifici grassi, come alcuni pesci. Né la birra, né il pesce presentano aromi metallici in origine, ma quando arrivano insieme al palato ecco che percepiamo questo fastidioso aroma metallico nel retrolfatto.

Per questa ragione, nel caso della birra, il difetto metallico può comparire per via ortonasale (ovvero annusando direttamente la birra). La presenza di lipidi nella birra, seppure in concentrazioni molto basse, può generare i carbonili volatili anche prima che il liquido passi per il cavo orale.

Cosa c’entra quindi l’ossidazione?

Il composto 1-octen-3-one (OEO) non è però l’unico a generare aroma metallico. Nell’articolo ne vengono citati altri due: il 4,5-epoxy-(E)-2-decenal (abbreviato ED) e il 1,5-octadien-3-one (abbreviato ODO).

Dall’articolo non è però chiarissimo (almeno per me) se il Fe(II) sia necessario per la produzione di questi altri due composti o se possano derivare anche da altri percorsi metabolici, come ad esempio una “semplice” ossidazione dei lipidi.

Cercando in rete, ho trovato un’altra ricerca presentata alla Master Brewers Association of Americas intitolata “Investigation for improving metallic flavor in third category beer” (disponibile qui, ma solo per gli abbonati). In questa ricerca viene evidenziato come la concentrazione di questi carbonili (in particolare viene citato il primo, il 1-octen-3-one), sebbene tecnicamente derivante da ossidazione dei lipidi, sia fortemente correlata alla presenza di Fe(II) che ne accelera notevolmente la produzione.

Nelle conclusioni del documento, non viene citata l’ossidazione come esplicita responsabile dell’aroma metallico, ma la concentrazione di ferro e acidi grassi insaturi nel mosto e quindi nella birra. Viene evidenziato come, a parità di concentrazione di ferro, la percezione del difetto metallico sia decisamente più alta nel caso di una concentrazione maggiore di acidi grassi insaturi.

Sarebbe sempre buona pratica quella di portare un mosto il più possibile pulito in fermentazione. Gli acidi grassi insaturi sono infatti responsabili anche di altri difetti, tra cui il famoso aroma di cartone bagnato e altri aromi cosiddetti “stale” che si generano dall’ossidazione dei lipidi.

Possiamo quindi concludere che l’ossidazione non c’entra con l’aroma metallico? È tutto molto complicato.

E quindi?

E quindi… niente: siamo da punto e da capo.

Scherzo. In realtà abbiamo scoperto molte cose.

Il difetto metallico viene percepito principalmente nel retrolfatto. In questo caso è dovuto all’interazione dell’ossido ferroso Fe(II) con i lipidi presenti sul palato. L’ossido ferroso Fe(II) è generalmente presente nel mosto e nella birra in concentrazioni tali da non produrre difetto metallico. Se però nel contempo la concentrazione di lipidi nel mosto è eccessiva, l’aroma metallico può comparire anche prima che la birra venga portata al palato.

In questo caso, il problema potrebbero essere i lipidi, ma anche una concentrazione eccessiva di ferro. O tutte e due le cose insieme. E anche la presenza di ossigeno, perché il ferro catalizza di fatto una reazione di ossidazione. Bel casino.

Una conclusione che possiamo trarre – forse – è che, se il difetto metallico arriva solo nel retrolfatto o strofinando la birra sul palmo della mano, probabilmente il problema è un’eccessiva concentrazione di ferro. Lipidi e ossigeno probabilmente in questo caso non c’entrano: il difetto metallico viene prodotto dall’interazione dell’ossido ferroso Fe(II) presente nella birra e i lipidi del palato o della mano.

Se invece avvertiamo il difetto metallico già al naso, probabilmente si sono scatenate reazioni già all’interno della birra portando a degradazione dei lipidi. In questo caso, la fonte del problema è di più difficile individuazione perché le cause potrebbero essere eccesso di ferro, lipidi, ossigeno o tutte e tre insieme.

Un paio di curiosità, per chiudere

Cercando informazioni in rete per scrivere questo post, mi sono imbattuto in molti altri interessanti articoli, tra cui questo, in cui è stato analizzato il contenuto di ferro in diverse birre. Qui sotto il grafico risultante.

Le birre con il contenuto più alto di ferro sono scure. Nel grafico, BIPA sta per Black IPA e ISA per Imperial Stout. Devo dire che questo coincide con la mia esperienza, in quanto mi capita più spesso di percepire questo difetto in birre scure. Una possibile spiegazione per questo fenomeno è che le melanoidine presenti nei malti più scuri abbiano un effetto chelante sul ferro, ovvero lo sottraggano dalla forma libera nel mosto riducendo l’efficacia della filtrazione e trattenendolo nella birra.

Un’altra curiosità, spiegata nel primo articolo che ho citato, è che il Fe(II) si lega particolarmente bene agli alfa acidi isomerizzati che, insieme ad alcune tipologie di proteine, sono uno degli elementi principali che vanno a formare la schiuma della birra. Per questa ragione la schiuma, oltre a essere in genere piuttosto amara, spesso ha anche un sapore metallico. Devo dire che anche questo coincide con la mia esperienza.

Chiudo con una suggestione. La ruggine è formata da diversi ossidi di ferro, tra cui, in piccola parte, anche l’ossido ferroso Fe(II). Avete mai fatto caso che l’aroma della ruggine è molto più forte sul palmo della vostra mano rispetto a quanto lo sia semplicemente annusandola? Ecco, forse oggi abbiamo capito perché.

7 COMMENTS

  1. Ciao Frank. Grazie mille per l’articolo.
    mi sono trovato in una situazione analoga in passato, senza riuscire a definire la motivazione. Una Stout che avevo prodotto che mi dava sensazione di metallico solo bevendola, quindi non direttamente al naso. La cosa però particolare è che era nettamente presente a birra fredda (4-6 gradi, sotto range rispetto alla temperatura di servizio dello stile) tanto da coprire l’aroma stesso della birra, mentre quando andava a temperatura ambiente i sentori metallici praticamente scomparivano e riapparivano tutti gli aromi m. sarei curioso di capire se anche la temperatura di servizio possa incidere in tutto ciò . Grazie mille, ciao

    • Probabilmente a temeperature più basse gli altri aromi aveva più difficoltà ad emergere mentre il metallico no. È un’ipotesi, ma mi sembra verosimile.

  2. Ciao Frank, articolo interessante come sempre. L’unica cosa che non mi torna è che nella mia esperienza, il gusto metallico, quando mi capita di sentirlo, lo sento nelle birre molto chiare a bassa fermentazione

  3. Ciao Frank, complimenti per l’articolo molto interessante, un ottimo spunto di riflessione.
    Io ho spesso associato il sentore metallico anche a lisi da lievito (che in un caso di una birra abbandonata a sé stessa avevo involontariamente estremizzato, e tra gli altri difetti riscontrati c’era proprio il metallico).
    Ed in effetti alla luce di quello che riporti, mi verrebbe da pensare che la lisi del lievito, causando un aumento dei lipidi presenti nella birra, possa portare (in condizioni pro-ossidanti) anche alla formazione di questi composti carbonilici “metallici”.

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