Arriva l’estate, stagione che – a differenza di molti – non amo. Le cotte si stanno diradando, tra poco sarò costretto a mettere da parte i pentoloni, spostare in frigo le bottiglie rimaste sugli scaffali dello sgabuzzino e dedicarmi alla gestione di vacanze forzate al mare, centri estivi, caldo asfissiante, bolle di zanzara.

Aspettando, con ansia, che torni settembre. Ma questi sono problemi miei. Passerà. Belli i tempi in cui passavo settimane in giro tra la pioggia e i midget della Scozia!

Anticipo che quest’anno ho deciso di interrompere l’attività di blog e newsletter prima del solito: 24 giugno ultimo post, il giorno dopo ultima newsletter. Se ne riparlerà a settembre. Non escludo qualche aggiornamento estemporaneo, ma ho bisogno di staccare un po’ e di non avere impegni fissi.

Ho pensato così di fare un post più leggero del solito, raccontando tre cambiamenti del mio processo di produzione che hanno reso più efficiente il mio modo di fare birra. Niente di totalmente eccezionale, ma tre piccole cose che mi hanno semplificato la vita in maniera significativa, rendendo questo hobby sempre più interessante e piacevole.

Fermentare nel jolly keg 

Quando finalmente mi sono deciso a passare alla contropressione, il primo elemento su cui ho dovuto fare una valutazione approfondita è stato il contenitore in cui avrei fermentato la birra, che doveva poter andare in pressione. Da un lato non volevo spendere troppo; dall’altro, con i miei piccoli batch da 10-12 litri, non potevo ricorrere ai classici Fermzilla.

Dopo un po’ di ricerche online, ho deciso di utilizzare i jolly keg da 19 litri come fermentatori. Non ero convintissimo della scelta, ma non avevo molte altre possibilità. Avevo letto di difficoltà nell’estrarre la birra quando si utilizza troppo luppolo, o di blocchi dovuti al lievito depositato sul fondo. Questo mi preoccupava non poco, ma con la sfera inox galleggiante avevo letto che questi problemi si risolvevano facilmente.

Inoltre, utilizzare un sondino inox a immersione nel mosto per la misura della temperatura è piuttosto complicato. Qualcuno lo ha fatto, ma non esistono soluzioni standard e le modifiche da fare sono complicate (buchi, saldature, etc…). L’unica era poggiare la sonda di temperatura sul lato del keg, con uno strato isolante sopra. Ho provato a fare un paio di misure della temperatura utilizzando acqua, la differenza tra sonda all’interno e sonda all’esterno era trascurabile.

Dopo qualche intoppo iniziale, risolto tagliando il tubo della sfera alla lunghezza giusta, è sempre filato tutto liscio.

La pulizia a mano non è facile, anche se a me entra il braccio all’interno del fusto. Ho risolto costruendo, con pochissimi soldi, una lavafusti automatica. Un ricircolo di una mezz’oretta con Removil e acqua a 50-60°C e si pulisce praticamente da solo.

Non si può spurgare, ma ritengo che questo non sia un problema significativo quando si fermentano batch così piccoli. La pressione idrostatica sul fondo del keg riempito con 10-12 litri di birra è irrisoria, non crea problemi né al lievito né al luppolo. In ogni caso, dopo una quindicina di giorni sposto comunque la birra nel keg di servizio da 10 litri e via.

Sistema promosso a pienissimi voti.

Ricircolo e sparge con manifold della SS Brewtech

Da quando ho acquistato questo accessorio della SS Brewetech, il mosto a fine mash è diventato limpidissimo. Si tratta di uno tubo di acciaio inox di forma circolare, con delle ramificazioni che partono dal centro. Nel mezzo si collega il tubo del ricircolo, in modo che il mosto esca verso l’alto, con flusso uniforme, dai piccoli buchi sui tubi inox.

Il manifold si poggia semplicemente sulle trebbie. Lo potrei inserire dall’inizio dell’ammostamento, ma in genere per la prima metà faccio ricircolo senza il manifold passando ogni tanto a dare una girata di mestolo, in modo da favorire l’idrolizzazione degli amidi. Dopo una mezz’ora applico il manifold e la magia ha inizio.

Nel giro di una decina di minuti il mosto inizia a diventare limpido. A volte mi incanto davanti alla piccola specola visiva che ho applicato all’uscita della pompa magnetica.

Per carità, dopo un po’ di ricircolo il mosto diventava limpido anche prima senza il manifold, ma il bello è che ora non tocco nulla per fare lo sparge, mantenendo la limpidezza inalterata.

A fine ammostamento stacco i tubi e li collego alla pentola di sparge, avviando il flusso a caduta senza toccare minimamente il letto di trebbie. I risultati sono eccellenti.

Potremmo discutere ore su quanto la limpidezza del mosto che arriva in bollitura abbia influenza sul risultato finale, mi piace credere che in parte ce l’abbia. O meglio, la letteratura ci dice che è così, bisogna poi capire quanto questi piccoli miglioramenti abbiano impatto su birre prodotte in casa, tenute sempre in frigo e bevute mediamente nel giro di poche settimane.

A ogni modo, non potrei mai più tornare a portare mosto torbido in bollitura. Starei male, fisicamente.

Counter pressure filler della Kegland

Questo piccolo attrezzo della Kegland è molto discusso. Diverse persone proprio non ci si trovano, ma a me ha cambiato la vita per quanto riguarda l’imbottigliamento. Il riempimento delle bottiglie si è trasformato da un’attività che organizzavo e preparavo con giorni di anticipo, a qualcosa che nella maggior parte dei casi faccio con estrema tranquillità quando ho un buco di tempo libero.

Grazie a questo riempitore, che è la copia povera del Tapcooler che però in Italia non si trova, si può imbottigliare in contropressione direttamente dalla spina. La dinamica è la stessa della pistola cinese: saturazione di anidride carbonica dal fondo, riempimento dal basso e tappatura sulla schiuma. Solo che si collega direttamente alla spina.

Non si adatta a tutti i rubinetti, principalmente ai Nukatap o ex Intertap.

Grazie a questo riempitore, ho modificato il mio processo di imbottigliamento. Se prima trasferivo mezzo batch nel fustino da 5 litri e l’altro mezzo lo imbottigliavo (a volte con rifermentazione), ora – nella maggior parte dei casi – trasferisco tutto in un unico fustino da 10 litri. Lascio lagerizzare nel frigo di servizio il tempo debito (almeno 15 giorni in genere), poi lo collego alla spina e inizio a godermi la birra.

A un certo punto, appena ho venti minuti liberi, sanitizzo al volo il riempitore della kegland, prendo una decina di bottiglie e le riempio. Il tutto, davvero, non richiede più di una mezz’ora. In questi casi le bottiglie nemmeno le sanitizzo, tanto le terrò sempre in frigo, bevendole nel giro di qualche settimana al massimo. Imbottiglio quando capita, se mi va, appena ho tempo.

Ovviamente ci sono le eccezioni: quando devo rifermentare una birra belga o una molto alcolica (tipo Barley Wine o Imperial Stout), torno al vecchio metodo. Sanitizzo per bene le bottiglie e, in questo caso, le imbottiglio con iTap. Riesco quasi sempre a tappare sulla schiuma, perché un po’ di carbonazione gliela do comunque già nel keg di lagerizzazione/cold crash. A volte imbottiglio tutto il batch, come ad esempio per l’ultimo Barley Wine; a volte solo la metà, se la birra è meno alcolica.

Imbottigliare con iTap senza pompa da vuoto non mi crea problemi in questi casi perché le birre rifermentano.

 

2 COMMENTS

  1. Ciao Frank
    Non mi è chiaro come usi il manifold e se puoi dirmi dove hai preso la specola.
    Grazie
    G

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