Il lievito Pomona è un nuovo ceppo rilasciato dalla Lallemand, sviluppato – tramite processo di ibridizzazione – in collaborazione con la Escarpment Labs. L’ibridizzazione è un processo utilizzato per indurre un cambiamento nel genoma del lievito senza andare a modificare direttamente il codice genetico. Questa tecnica, di cui ho parlato nel dettaglio in un precedente post, è stata già utilizzata dalla Lallemand per sviluppare ceppi come il Farmhouse o il Novalager.

In altri paesi, come in America, si pratica invece direttamente la modifica genetica (spesso tramite la tecnica CRISPR, di cui ho raccontato in questa puntata di MashOut podcast) per ottenere risultati simili. Ad oggi, le modifiche genetiche indotte tramite CRISPR sono considerate manipolazioni genetiche in Europa; non si possono commercializzare prodotti modificati geneticamente, ragion per cui si ricorre all’ibridizzazione.

Nello specifico, il lievito Pomona è stato ottenuto ibridizzando due ceppi: uno in grado di produrre un range aromatico particolarmente ricco di frutta a polpa gialla, agrumi e frutta tropicale; l’altro che garantisse una fermentazione veloce e affidabile in presenza di mosti con densità zuccherina medio-alta e quantità significative di luppolo.

L’incrocio di questi due ceppi e la successiva selezione ha dato origine al lievito Pomona. Sulla carta promette fermentazioni veloci, formazione di torbidità stabile (lievito haze-positive) e un’esplosione di aromi fruttati (sia per la produzione di esteri, sia per le biotrasformazioni di terpeni e tioli del luppolo). Non molto diverso, almeno a livello di specifiche, da un altro lievito messo in commercio dalla Lallemand qualche tempo fa: il Verdant.

Come sempre, la Lallemand ha organizzato un seminario online per presentare le principali caratteristiche di questo lievito. Il filmato – che dura più di un’ora ed è in inglese – si può trova su YouTube a questo indirizzo. Le informazioni sono molte, alcune piuttosto approfondite e tecniche. Questi gli aspetti che mi hanno colpito maggiormente.

Le caratteristiche del lievito Pomona

Il lievito Pomona è un ceppo ad alta fermentazione STA negativo (ovvero non diastatico) e POF negativo (ovvero non è in grado di produrre 4-vinyl-guiacolo, l’aroma di chiodo di garofano). Fino a qui, niente di particolarmente nuovo.

Il suo maggiore potenziale è la capacità di produrre esteri fruttati, descritti nella scheda tecnica come pesca, limone e frutta tropicale. Dovrebbe essere in grado, inoltre, di favorire le biotrasformazioni, ovvero di liberare aromi fruttati che altrimenti non verrebbero percepiti.

Le biotrasformazioni possono riguardare sia i terpeni ossigenati con aromi di limone e pompelmo, sia i tioli, esaltando in questo caso la componente tropicale (ne ho parlato in questa puntata di MashOut podcast). Dalla presentazione della Lallemand non è però chiaro quale delle due biotrasformazioni venga favorita maggiormente da questo lievito.

Il lievito è stato sperimentato da diversi birrifici, con i risultati evidenziati nelle slide nelle seguenti condizioni.

Seguendo i grafici presentati nel seminario relativi alle fermentazioni con il Pomona, un aspetto che mi ha colpito è l’alta produzione di acetato di isoamile, ovvero l’aroma di banana. Chi segue il blog sa che non amo particolarmente questo aroma. La cosa mi ha stupito, anche perché – gusti personali a parte – l’aroma di banana non fa tipicamente parte del bouquet aromatico delle birre luppolate. Cosa c’entra, quindi?

Andando avanti nella presentazione scopriamo che l’isoamile acetato ha un forte potenziale sinergico, ovvero può esaltare altri composti aromatici. Nello specifico, si fa riferimento ai lattoni, composti naturalmente presenti nel mosto che possono dare aroma di pesca, albicocca o addirittura cocco. I lattoni possono venire dal malto, dal luppolo o essere prodotti dal lievito durante la fermentazione (possono arrivare anche dal legno delle botti, in alcuni casi). Mi sono ripromesso di approfondire il tema in futuro, a chi volesse saperne di più consiglio la lettura di questo articolo.

Per questa ragione, immagino, l’aroma di banana non è inserito tra i descrittori tipici di questo ceppo. Probabilmente viene prodotto durante la fermentazione (è uno degli esteri più comuni, anche il lievito Verdant ne produce), ma non si avverte a livello sensoriale. Speriamo.

La prova sul campo

Grazie a Personal Brewery, ho ricevuto un campione da circa 10 grammi del lievito Pomona. Ad oggi – per quanto mi risulta – non ancora acquistabile sugli store nel formato per homebrewer. Insieme a Lallemand Italia, Personal Brewery ha organizzato un concorso per homebrewer focalizzato proprio su questo lievito: ad ogni partecipante venivano spediti 10 grammi di lievito Pomona, con cui si doveva fermentare la birra da presentare al concorso. La competizione era a stile libero.

Non ho partecipato alla gara, ma in agosto ho messo alla prova il lievito sul mio impianto. Non con una IPA, ma con una semplice Golden Ale. Una ricetta nata da vari avanzi che avevo in casa:

  • 60% malto Pils (Chateau)
  • 40% Maris Otter (Warminster, floor malted)
  • Nugget in amaro
  • Centennial a 5 minuti dalla fine della bollitura (2.7 g/L)
  • Mash a 69°C
  • OG 1.044
  • 38 IBU

Poiché ero tornato a casa a Roma solo per la cotta, non ho potuto seguire le dinamiche di fermentazione. Una volta travasato il mosto nel fermentatore ho inoculato il lievito, ho impostato il termostato a 20°C e me ne sono tornato al mare.

Sono ripassato a casa una settimana dopo e ho preso un campione di densità: 1.013. Nessuna apparente attività dal gorgogliatore. Ho assaggiato il campione, nessun difetto. Ho alzato a 22° e ho lasciato tutto così per altri 7 giorni.

Dopo 14 giorni, ho abbattuto la temperatura e travasato nel solito fustino da 10 litri, che ho lasciato in frigo per un mesetto circa. La densità, al momento del travaso, era ancora 1.013. L’attenuazione nel complesso è stata del 70%. Al di sotto del range evidenziato dalla Lallemand sulla scheda tecnica, ma all’interno di quello rilevato da chi lo ha provato sul campo (vedi slide sopra).

L’attenuazione dipende da molti fattori, tra cui la temperatura di ammostamento (la mia era abbastanza alta, proprio per non svuotare il corpo della birra), dalla temperatura di fermentazione e da altre mille variabili.

L’assaggio

Dopo un mesetto al fresco, la birra si è pulita moltissimo. Devo dire che non era particolarmente torbida nemmeno inizialmente, ma il risultato finale è stato davvero un piacere da guardare e fotografare.

Nel complesso una Golden Ale ben centrata, a cui manca un filo di tocco luppolato. Ci sta, ho usato poco luppolo proprio per lasciare spazio al lievito. L’aroma non brilla per complessità, ma è davvero pulito, fresco e fragrante. Le note fruttate ruotano principalmente attorno al limone e al pompelmo, in parte probabilmente per il Centennial aggiunto a fine bollitura. C’è qualcosa che rende l’aroma in qualche modo “morbido”, tendente alla polpa di limone piuttosto che alla scorza. Lo trovo molto piacevole.

Pesca non ne sento, cocco nemmeno. Tropicale non pervenuto.

Difetti non ne ho avvertiti. Diacetile assente, totalmente. Mi piace molto la sensazione al palato: la birra è leggera ma non acquosa, con un amaro ben calibrato, lungo ma non tagliente. Sul finale c’è un bel maltato, una nota di cereale lunga che torna nel retrolfatto.

Il lievito ha lavorato senza alcun problema, lasciando la birra molto pulita. Quanto sia stato incisivo sul profilo organolettico è difficile da dire, sicuramente non è uscita la banana che temevo. Non è venuta fuori nemmeno una bomba fruttata, ma questo potrebbe essere dovuto alla bassa densità iniziale e alla dose modesta di luppolo. Andrebbe provato su una Hazy IPA, ma anche lì poi non sarebbe facile capire quanto degli aromi possa derivare dalla fermentazione e quanto dal luppolo.

Ho inoculato tutto il lievito che avevo, quindi circa 1 g/L. Il tasso di inoculo, abbastanza alto per una birra a bassa OG, può aver ridotto la formazione di esteri. Inoculando meno lievito, di solito si incentiva la produzione di esteri perché le cellule si devono riprodurre di più.

La limpidezza mi ha stupito, soprattutto per un lievito haze positive. Ma questo dipende molto da quanto luppolo c’è nella birra e, soprattutto, dalle modalità di dry hopping. Che in questo caso non ho fatto.

Prova parziale, senza dubbio, ma risultato interessante. Un lievito con del potenziale, da sperimentare su una bella luppolata in futuro. Da capire quanto sia diverso dal Verdant, anche se sulla carta (stando alle opinioni espresse dai birrai raccontate nel filmato) dovrebbe dare un carattere differente.

Una curiosità: il piccolo concorso organizzato da Personal Brewery è stato vinto da una Altbier. Non proprio quello che ci si sarebbe aspettato da un lievito come questo.

 

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