Eccoci giunti alla quarta versione della mia Nový Pivo e alla quinta prova con lo stile Světlý Ležák, chiamate anche Czech Premium Pale Lager nelle linee guida del BJCP.
Non mi dilungo a scrivere dello stile, già approfondito nel post dove ho raccontato la prima versione di questa ricetta (link). Veniamo subito al dunque.
RICETTA
Sono partito dalle considerazioni esposte in un post di qualche settimana fa (link) e dalle precedenti versioni di questa stessa birra, riepilogate nella tabellina che riporto qui sotto per una più immediata lettura (cliccando sull’immagine, la tabella si ingrandisce).
Sostanzialmente, sono tornato all’approccio adottato nella prima versione della Nový Pivo (la seconda ricetta in tabella): decozione (stavolta singola, vedremo tra poco), malti cechi (con aggiunta di monaco II) e luppoli cechi (con due varietà di Saaz: Late e Comfort).
Malti e luppoli li ho acquistati dal sito ceco Svoboda – Fraňková.
Ho aumentato parecchio l’amaro, che aveva iniziato a soddisfarmi solo nella quarta versione di questa pils (45 IBU): sono arrivato a 49 IBU. Ho aumentato la dose di luppoli in aroma da 6.4 g/L a 8 g/L.
Per quanto riguarda la fermentazione, mi sono affidato al blend di lieviti secchi W34/70 e S23. Non perché il Lallemand Novalager non mi avesse soddisfatto (il risultato era stato buono), ma per fare una prova.
Acqua, come sempre, in buona parte osmotizzata (75%), tagliata con un 25% di acqua di Roma passata per il filtro a carboni attivi.
DECOZIONE
Devo essere sincero: dalle varie prove che ho fatto, non mi è sembrato di avvertire differenze significative tra le birre prodotte con decozione e quelle senza. Questo non significa che la decozione non serva, è solo una mia impressione.
Detto ciò, siccome ci tengo a fare le cose con un minimo di rispetto della tradizione, ho voluto comunque insistere con la decozione. Dopo vari ragionamenti e letture (esposti in dettaglio qui), ho deciso di puntare a un mosto poco fermentabile e di passare per una sola decozione.
Ho quindi impostato il mash a 69°C per 45 minuti, con l’obiettivo di ottenere una conversione totale degli amidi in zuccheri prima della decozione, con sbilanciamento verso le destrine.
A questo punto, con gli amidi già totalmente convertiti nel mash, la parte di impasto prelevato dalla pentola (poco meno del 30%) l’ho portata subito a 100°C, lasciandola bollire per 15 minuti. L’unico obiettivo, in questo caso, è stato quello di ottenere una parziale caramellizzazione degli zuccheri, grazie alla decozione.
Ho cercato di lasciare la restante parte dell’impasto meno tempo possibile in ammostamento, per evitare che il mosto diventasse nel frattempo troppo fermentabile (cosa che può accadere, anche a temperature alte, se l’ammostamento si prolunga troppo).
Ho riunito il tutto, arrivando quasi alla temperatura di mashout. Aiutato dalla resistenza elettrica della pentola di ammostamento, sono salito a 78°C e ho lasciato ricircolare il mosto una decina di minuti, per raggiungere una buona limpidezza prima di passare allo sparge.
Il test dello iodio ha dato risultato negativo: nessun amido rimasto. Ho fatto sparge e sono passato in bollitura.
FERMENTAZIONE
Sempre con l’intenzione di sperimentare nuove strategie, ho optato per una impostazione classica della fermentazione: niente pausa diacetile, ma lunga lagerizzazione a 5°C dopo la fermentazione.
In teoria – ripeto: in teoria – questo dovrebbe produrre meno esteri (anche se ci credo poco, specialmente con questi lieviti) e pulire la birra dall’eventuale diacetile durante la lagerizzazione (anche qui: ci credo poco, ma questi due lieviti è difficile che si lascino dietro diacetile).
Ho inoculato 2 g/L di lievito, circa il doppio di quanto indicato dal produttore. Mi sembrava più che sufficiente (qualcuno dice di no, ci torniamo poi). Ho aggiunto nutrienti durante il raffreddamento e ossigenato con paletta e trapano per un minuto prima di inoculare il lievito.
Ho carbonato forzatamente a circa 2.5 volumi, durante la lagerizzazione.
ASSAGGIO
Di questa cotta non ho fatto bottiglie. Tutto il fustino da 10 litri (che poi, effettivi, saranno stati a malapena nove) è stato consumato direttamente dalla spina. Per spillare questa birra, per la prima volta, ho utilizzato il rubinetto ceco Lukr, di cui ho parlato in un post di qualche settimana fa (link).
ASPETTO Scende nel bicchiere di un bellissimo colore dorato, che diventa dorato carico nel boccale più ampio, il Tubinger tipico della Repubblica Ceca (quello nella foto è il boccale della Budwar, che mi piace molto). La limpidezza è buona, ma non buonissima: nonostante la lunga lagerizzazione, una leggera velatura è rimasta. Poco male. La schiuma, probabilmente grazie al Lukr, è ampia, a grana finissima. La persistenza è buona.
AROMA Il primo assaggio di questa birra, nel bicchiere più piccolo, riempito solo per metà, mi ha lasciato perplesso. Non sono riuscito a identificare quale fosse il problema, ma non mi è sembrato un aroma pulitissimo. Prima ho pensato al diacetile, poi mi sono ricreduto. Non so, c’era qualcosa di poco convincente al naso. Questa sensazione è rimasta, ma riempiendo di più il boccale l’ho percepita molto meno. Andando oltre questa piccola sbavatura, si avverte un bell’erbaceo di media intensità (potrebbe essere un filo più alto), con una buona complessità data anche dalla leggera speziatura (pepe) che si percepisce nelle retrovie. Chiude un miele leggero, fresco, quasi balsamico. Mi è sembrata meno agrumata e più erbacea e fresca delle precedenti. Bene. Avrei preferito un tocco di luppolo in più.
AL PALATO Al palato, mi ha convinto appieno. Ingresso di cereale e miele, con una media intensità. L’ingresso è pieno e deciso, maltato, subito rinfrescato da una sferzata erbacea che pulisce il palato. Il retrogusto è fresco, ricorda l’erba, i fiori bianchi con un tocco di pepe. Chiude con un amaro di medio-alta intensità, lungo e morbido, deciso ma privo di spigoli.
MOUTHFEEL Corpo medio-alto, ma non ingombrante. La carbonazione potrebbe essere un filo più intensa, ma avrei probabilmente avuto problemi di spillatura. Astringenza assente. Nessun calore alcolico.
CONSIDERAZIONI GENERALI
Nel complesso, ho percepito un netto miglioramento rispetto alle precedenti versioni. Sicuramente il mix di varietà di Saaz ha dato maggiore freschezza e complessità. Bene il livello di amaro, finalmente adeguato.
Si potrebbe fare qualcosa in più su flavour e aroma del luppolo, probabilmente aumenterò il dosaggio a fine bollitura verso i 10 g/L. Del resto, sto usando luppoli vecchiotti (raccolto 2023): seppur conservati bene, avranno sicuramente perso un po’ di vivacità.
Il mosto meno fermentabile ha portato a una bassa attenuazione. Questo approccio sembra aver funzionato: se ben bilanciato dal luppolo, il residuo zuccherino leggermente più alto dona una rotondità al palato che trovo molto adatta allo stile. Il bilanciamento dolce/amaro e il corpo di questa versione mi sembrano azzeccati.
Unica nota negativa, la fermentazione. Sono indeciso, per la prossima volta, se usare solo W34/70 o abbinarlo nuovamente al lievito S23. Potrei provare ad alzare il tasso di inoculo, magari usando due bustine di W34/70 e una di S23 per arrivare a 3 g/L. Sinceramente, mi sembrano davvero uno sproposito. Potrebbero risolvere quel piccolo difetto di fermentazione? Non lo so. Forse sarà sufficiente tornare alla pausa diacetile.
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