Tutti ci siamo trovati di fronte a questo dilemma, almeno una volta, durante la nostra vita da homebrewer: qual è la differenza tra malti caramel e malti crystal? In rete i due termini vengono spesso usati in modo intercambiabile, a volte addirittura insieme (caramel/crystal malts). Le spiegazioni sull’origine delle due denominazioni sono le più disparate: differenze solo storiche, nomi proprietari, non c’è alcuna differenza, uno sa di caramello l’altro no e via dicendo. In realtà la risposta, almeno da quello che ho capito, è più semplice di quanto si pensi.
L’illuminazione sul tema l’ho avuta ascoltando qualche giorno fa l’audio dell’intervento di David Richter della malteria Briess registrato durante l’ultima NHC (National Hombrewers Conference: gli audio sono disponibili solo per i membri della AHA e secondo me, da soli, valgono i 30€ di iscrizione annua). Per capire a fondo questa differenza bisogna conoscere alcuni passaggi della produzione del malto, in particolare la differenza tra quello che in inglese chiamano kiln (simile a un gigantesco forno) e il roasting drum (strumento rotante per la tostatura, più simile alla macchina con cui si tosta il caffè).
Sintetizzando estremamente: il cereale, una volta raccolto, viene bagnato per farlo germogliare. Una volta che il germoglio ha raggiunto una certa lunghezza e modificato a sufficienza la struttura interna del chicco (attivando gli enzimi alfa e beta amilase e allegerendo la gabbia proteica) viene tolto dall’acqua. A questo stadio, il cereale è maltato e si definisce green malt: è ancora “bagnato” (ha una percentuale di umidità intorno al 50%) e deve essere asciugato per bloccare la germogliazione e garantirne la conservazione.
Si può procedere in due modi:
- Si fa un passaggio per il kiln (forno essiccatore): questo forno riscalda il malto facendo evaporare l’acqua residua. Con il calore all’interno del forno il malto si tosta, lentamente, a diversi livelli a seconda del tempo di permanenza e del livello del calore. La tostatura lenta e la temperatura relativamente bassa riescono a preservare parte del contenuto enzimatico. Si producono secondo questo processo per esempio i malti Pilsner, Pale Ale, Vienna e Munich che mantengono un certo potenziale enzimatico (minore man mano che sale il livello di tostatura). Questo malti hanno amidi residui e spesso preservano una buona parte degli enzimi in grado di convertire questi amidi in zuccheri durante il mash.
- Il green malt viene portato direttamente nel roasting drum (forno per la tostatura). Questo forno è in grado di tenere caldo il malto intorno ai 65C senza far evaporare l’acqua al suo interno. Mantenendo il green malt umido alla temperatura di 65C per un’ora equivale praticamente alla procedura di mash: gli amidi all’interno del chicco di malto vengono convertiti completamente in zuccheri. Dopodiché la temperatura viene alzata, gli enzimi muoiono, il malto acquista colore e aromi e gli zuccheri iniziano a cristallizzarsi.
Ma torniamo a noi: qual è la differenza tra caramel e crystal malt? Molto semplice: sempre secondo David Richter, i malti caramel sono prodotti nel kiln e non passano per il roasting drum. I malti crystal, invece, vengono sempre tostati nel roasting drum (con o senza passaggio per il kiln). Il risultato è che i malti caramel avranno ancora amidi residui, qualche enzima, e soprattutto non avranno zuccheri caramelizzati al loro interno. Il contributo in termini organolettici sarà differente da quello dei malti crystal: più biscotto, pane (mealy, come dicono gli inglesi) e poco caramello o zucchero bruciato (immaginate un malto monaco leggermente più tostato). I malti crystal vengono invece prodotti con il secondo metodo, quindi non hanno amidi residui e forniscono un contributo più deciso in termini di caramello, a seconda dei livelli di tostatura a cui si è arrivati.
Quello che succede nella realtà, almeno da quello che vedo io qui in Italia, è che i caramel malt “puri” non si trovano granché in giro. La Briess ne produce alcune versioni (come il Caramel Munich 60L) ma la maggior parte dei produttori commercializza i crystal malt chiamandoli a volte caramel o a volte crystal senza farsi troppi problemi. Per confondere ancora di più le idee, la Weyermann produce per esempio una serie di malti tostati che definisce caramel (guardate il titolo in alto su questa tabella) usando nomi proprietari come CaraAmber, CaraHell, etc… Il nome è fuorviante poiché, come dice la stessa Weyermann nella sua pagina delle FAQ (link) si tratta di malti tostati senza amidi e senza enzimi, quindi del tipo “crystal”.
Quindi, le differenze ci sono e sono significative sia in termini di utilizzo (i malti caramel hanno amidi residui) sia in termini di sapore e aroma (a parità di EBC, i malti caramel hanno aromi e sapori diversi dai malti crystal). A ogni modo, di malti caramel “puri” se ne trovano pochi: la Briess, come abbiamo detto, ne produce alcune varietà anche se dal sito della stessa Briess si evince che il loro malto caramel munich 60L viene prodotto in realtà miscelando malto crystal e malto munich.
Che dire, a noi la scelta. L’importante è, come sempre, essere consapevoli di quello che si fa.
cavolo illuminante davvero! Ma possibile che un chiarimento così importante debba arrivare da un audio di una singola conferenza (per quanto importante e tutto quello che vuoi) e che sul libro della Brewers Publications dedicato proprio al malto non venga spiegato….mah
Una grande delusione quel libro…
Una spiegazione simile è contenuta nel Cap. 7 di Experimental Homebrewing, che contiene una testimonianza di un altro esperto di Briess. In ogni caso affinché avvenga la caramellizzazione è necessaria la conversione degli amidi in zuccheri. Nei malti Crystal gli zuccheri più o meno caramellizzati vengono fatti cristallizzare e richiedono di essere soltanto sciolti in acqua. Se invece un malto contiene ancora degli amidi residui va necessariamente sottoposto al mashing con altri malti diastatici. Solitamente i malto Crystal hanno una efficienza assai inferiore, che fine ha fatto il resto dell’ amido?
Due appunti.
gli enzimi non “muoiono”. Perché non sono vivi. Il termine più adatto è si disattivano, o si degradano.
Stiamo parlando di sostanze, non di germe o flora batterica.
E da come descrivi i due processi nei punti 1 e 2 e poi l’assegnazione che ne fai, secondo me inverti le cose. Quel che so io è che i malti cara sono ottenuti con il processo 2 (come confermato dalla wayeman, sul loro sito) mentre tu gli associ il crystal.
Grazie comunque per l’input.
Ciao Kat, ovviamente sugli enzimi hai ragione, ma come amo sempre ripetere: questo non è un blog di chimica o di microbiologia, ma una blog per chi fa birra in casa. Che gli enzimi muoiano o si disattivino, il risultato è il medesimo: non convertono più l’amido in zucchero. A ogni modo, grazie per la precisazione. Sul secondo punto, il problema (da quello che ho capito leggendo info dal sito della Briess, da quello della Weyermann, dal libro Malt della BA e soprattutto dalla talk che cito nel post) è proprio che la Weyermann usa dei nomi proprietari per i propri malti crystal definendoli Cara. Crystal significa “cristallizzato” e si applica proprio ai malti arrostiti nel roasting drum dove gli zuccheri sono stati convertiti e caramelizzati. Tra l’altro, David Richter nella sua talk dice testualmente “che tutti i malti crystal possono essere anche caramel, ma che i malti caramel non sono crystal”. Ovvero: alcuni crystal fanno anche un passaggio nel kiln (dipende dalla ricetta che la malteria utilizza) ma i caramel non passano mai per il roasting drum. Ciò detto, è chiaro che parliamo di nomi e convenzioni, l’importante è, come sempre, capire l’effetto che fa.
Grazie per i contributi e a presto,
FramK
Ciao Frank.
Più o meno avevo capito che la differenza tra i due tipi fosse quella da te descritta.
L’unica cosa da approfondire è l’affermazione che i malti caramel contengono “amidi residui e spesso preservano una buona parte degli enzimi”.
Sempre da quel che ricordo di aver letto, i malti base, essiccati a temperature minori, mantengono amidi ed enzimi residui; mentre gli altri malti, essiccati a temperature maggiori, non dovrebbero avere tale caratteristica (e quindi anche i malti caramel).
Ciao e complimenti come al solito!
Carlo
Bisogna vedere. Non so, per esempio, se il Caramel Munich 60L della Briess contenga ancora enzimi oppure no. L’unico modo per saperlo è leggere il potenziale diastatico nelle specifiche del malto in questione. A ogni modo, credo che sia una info relativamente importante, dato che nella stragrande maggioranza dei casi questo tipo di malti molto tostati viene affiancato da una buona dose di malti base ricca di enzimi durante il mash. Ma la tua osservazione è assolutamente corretta e condivisibile.
A presto!
FranK
ottimo link per dipanare ulteriormente questa ingarbugliata matassa:
http://www.brewingwithbriess.com/blog/is-it-crystal-or-caramel-malt/
diciamo che il nome Caramel/Crystal dice ben poco su come il malto è stato prodotto, bisogna andare a guardare che tecnica usa la singola malteria…
sicuramente i Caramel/Crystal prodotti nel roasting drum sono più omogenei in termini di contributo sensoriale al mosto in cui vengono utilizzati, mentre quelli prodotti nel kiln hanno maggiore variabilità a causa delle differenti temperature/tassi di umidità che si trovano nei vari punti del kiln stesso (alla fine sono dei grossi forni, sulla cui base poggia un bello strato di malto)
cmq bel post che spinge ad andare a fondo su un argomento spesso trascurato!
Grazie
Alessandro
Sì Alessandro, concordo pienamente: sempre meglio andare a leggere le specifiche dettagliate sulla produzione del singolo malto. Purtroppo non sempre le malterie sono così esaustive, almeno stando a quanto è disponibile sui propri siti web per noi comuni mortali. 🙂
Grazie, era quello che cercavo
Ciao Frank,
arrivo un po’ tardi e magari nel frattempo era già uscito fuori ma volevo segnalare un altro punto di vista. Nel suo “How to Brew” Palmer ci propone esplicitamente “crystal” e “caramel” come sinonimi. Cito: “These malts are typically called crystal malts in the UK and caramel malts in the US […]” (4. Edizione, p. 225). Nessuna differenza quindi. La categoria di malti a cui tu invece ti riferisci come “caramel” la chiama “kilned base malts” (p. 229). Ho scoperto l’acqua calda?
Saluti
Claudio
Sono d’accordo: quello che intende (giustamente) Palmer è che ormai i due nomi sono intercambiabili perché praticamente nessuno (a parte, forse, mi pare la Briess) produce malti caramel.
ciao Frank,
ho trovato una ricetta che prevede il Caramel Pils Malt…visto che nei classici “shop” online non li trovo….con che cosa lo posso sostituire? con un Crystal a bassissimo colore?
grazie
Credo sia un marchio proprietario della BestMaltz, qui trovi i dettagli:
http://www.bestmalz.de/en/malts/best-caramel-pils/
leggendo le specifiche mi sembra una sorta di Carapils o Carafoam (ovvero puoi tranquillamente rimpiazzarlo con del normale pilsner).
Ciao Frank,
L’ultima birra che ho fatto prevedeva malto special B e Caramunich, in questo caso li ho inseriti a fine ammostamento durante il mash out; a fine fermentazione mi sono ristrovato un FG più alta rispetto al previsto, normalmente li inserisco al mash in insieme a tutto il resto. A questo punto mi chiedo gli zuccheri che sono al loro interno sono convertiti si, ma fermentabili? Discolti nel mosto ad inizio ammostamente vengono scomposti dagli enzimi insieme a tutti gli altri, il carapils per esempio se voglio che mi dia apporto destrinico devo inserirlo quindi a fine ammostamento in caso contrario la beta amilasi me lo scompone insieme agli amidi?
grazie
È molto probabile che sia così, ma dipende anche dalla temperatura di ammostamento e dalla tipologia di destrine. Per esempio, per quanto ne so, gli zuccheri dei malti molto tostati (tipo roasted) sono denaturati a tal punto da essere praticamente non fermentabili (e nemmeno lavorabili dalle amilasi). Cmq la tua teoria sul special B e caramunich è plausibile.