Da quando ho smesso di incaponirmi sulla produzione della saison perfetta, la mia vita è migliorata. E anche le mie saison, devo dire. Dopo le diverse delusioni dei primi esperimenti, ho deciso di dedicare a questo stile piccole fermentazioni parallele con batch da 5 litri. Creo la ricetta per la cotta principale da 10-12 litri, produco cinque litri in più e li metto in un piccolo fermentatore, lasciando che il lievito lavori a temperatura ambiente (o al massimo con una cintura di calore se siamo in pieno inverno).
Sarà stato un caso, ma questo approccio rilassato alla produzione mi ha regalato la prima saison degna di questo nome, di cui ho parlato qualche tempo fa (link). Ho deciso quindi di riprovarci, stavolta con un lievito diverso, rubando un po’ di mosto alla cotta della ultima (malriuscita) Irish Red Ale (link). Indovinate un po’? Mentre la Irish Red Ale è venuta fuori con diversi difetti, questa saison è davvero piacevole. La base maltata è particolare per una saison, trattandosi di mosto ambrato con parecchio malto crystal, ma l’essenza del lievito si riesce a cogliere e la birra è davvero interessante.
FERMENTAZIONE
Per quanto riguarda il lievito, la scelta è ricaduta sul Saison Blend II della The Yeast Bay. Si tratta della componente di soli Saccaromiceti isolata da un loro altro Blend, il Farmhouse Sour Ale, dove sono affiancati da ceppi di Lattobacilli. I ceppi di Saccaromiceti del Saison Blend II sono stati selezionati per la loro complementarità: le note terrose e rustiche si uniscono così al profilo fruttato (soprattutto agrumato) rendendo il bouquet piuttosto interessante e garantendo allo stesso tempo una fermentazione facile, senza intoppi e con una buona attenuazione.
Ne avevo sentito parlare bene e l’idea mi piaceva, così ho provato. Non so se si tratta di due ceppi francesi o belgi, ma la birra la considero comunque una Belgian Saison per il profilo, anche se questa visione potrebbe essere ampiamente contestabile. Vabbè, poco importa.
Non era mia intenzione far partire la fermentazione da una temperatura così alta, ma nel mezzo del mese di Settembre è arrivata a Roma una botta di caldo che non mi ha dato scampo. Non avevo camere di fermentazione libere e non avevo voglia di ingegnarmi con bagni di acqua o ventilatori puntati contro il fermentatore, così ho lasciato il lievito libero di fare quello che voleva. Senza ansia e senza starci troppo a pensare, mentre mi concentravo sulla fermentazione della Irish Red Ale che stava invece nella camera di fermentazione.
Prima di inoculare il lievito ho fatto un piccolo starter da mezzo litro: sulla carta avrebbe dovuto produrre 90 mld di cellule contro i 30 mld teoricamente sufficienti per la fermentazione. Nessuno saprà mai quante cellule siano state prodotte durante lo starter, ma è molto probabile che fossi in overpitching (volontario).
So che per i blend di lieviti lo starter non è indicato perché potrebbe alterare il bilanciamento tra i vari ceppi, ma inoculare direttamente dalla busta è troppo pericoloso: non si sa mai come è stato trattato il lievito e in che condizioni si trovano le cellule. Anche se nel mio caso, secondo i calcolatori, sarebbero state in numero sufficiente a condurre una buona fermentazione, ho preferito rivitalizzarle con uno starter.
Come si vede dal grafico sopra, quando il lievito è partito la temperatura (misurata tra l’altro con sonda poggiata sul fermentatore) è arrivata a 28°C e salita ancora a 29°C, dove è rimasta per diversi giorni mentre il gorgogliatore borbottava. Solo dopo diversi giorni il caldo è diminuito e la temperatura è scesa. Ero convinto di aver fatto un disastro, ma ero concentrato sull’altra birra e non ci sono stato male più di tanto. Non ho mai preso campioni di mosto perché non avevo voglia di aprire il fermentatore (che non ha rubinetto). A un certo punto ho semplicemente deciso che era passato abbastanza tempo e ho passato il fermentatore nel frigo per una veloce winterizzazione. Ho imbottigliato appena ho avuto un po’ di tempo libero con priming in bottiglia.
RICETTA
La ricetta è ovviamente identica a quella della Irish Red Ale che trovate qui. Unica differenza la FG, che in questo caso è scesa a 1.009 portando la birra a un grado alcolico di 5% ABV. In fase di imbottigliamento mi sono tenuto su 2.8 volumi raggiunti con 9 g/L di destrosio.
ASSAGGIO
Il giorno dell’imbottigliamento ho fatto il primo assaggio e preso la prima misura con l’idrometro. Devo dire che sono rimasto subito molto colpito: mi aspettavo una botta di polialcoli e fenoli, ma ho trovato una birra equilibratissima e molto pulita. Ho imbottigliato fiducioso e stappato la prima bottiglia dopo un paio di settimane.
ASPETTO Nel bicchiere è molto, molto bella. Non ha ovviamente il colore tipico delle saison classiche, ma spara agli occhi un rosso veramente intrigante. Il cappello di schiuma non è enorme (avrei potuto osare di più con la carbonazione) ma la persistenza è buona. Le bolle sono medio/fini, la schiuma è leggermente beige. Limpidissima se versata piano dalla bottiglia. Di un colore ambrato con riflessi ramati. Colpisce.
AROMA Intensità buona. Arriva subito al naso un mix di agrumi che ricorda pompelmo e limone. Nelle retrovie troviamo frutta a polpa gialla, molto delicata, con sentori di pesca e albicocca. La componente fenolica è gentile e morbida: vira leggermente sul chiodo di garofano ma lascia ampio spazio a suggestioni di pepe. Completa il tutto un fondo rustico, terroso, quasi funky. Il malto si esprime con note di caramello/toffee ma rimane in secondo piano, chiudendo con un leggero tocco di crosta di pane. Nessun difetto evidente, molto interessante l’equilibrio tra le varie componenti aromatiche.
AL PALATO Si presenta con una intensità media. Buona la sensazione maltata, presente ma non invadente. Durante la corsa gustativa si alternano agrumi (limone) e caramello, portando la bevuta verso toni nocciolati che si esprimono soprattutto nel retrolfatto e sul finale. Amaro leggero, ben bilanciato con le note dolci e il taglio fenolico, quest’ultimo molto delicato anche al palato. Finale piuttosto secco.
MOUTHFEEL Morbida, corpo medio/basso, carbonazione media. Nessuna astringenza né calore alcolico.
IMPRESSIONI GENERALI Sono incredibilmente sorpreso da questa birra. Raccomando sempre a tutti di non sparare la fermentazione ad alte temperature da subito, nemmeno per le saison, e poi mi viene fuori una birra del genere. Partita a 28°C e salita a 29°C dal terzo giorno. Impressionante. Un lievito che mi ha colpito davvero molto: nessun intoppo, profilo aromatico bilanciato, equilibrio eccezionale tra note rustiche, fruttato e fenoli. Da riprovare sicuramente, magari con l’aggiunta di una “manciata” di Brett a fine fermentazione. Sarà probabilmente il prossimo esperimento.
Bell’esperimento, non c’è che dire!
Mosto irlandese, lievito belga, birraio italiano.
Poteva venire male?
E’ un blend che provai anch’io sulla Saison che tra l’altro ti mandai tempo fa. La mandai al Villaggio della Birra e fece il nono posto (subito fuori dal podio) perchè considerata “troppo rustica”… vabbè… cmq ottimo lievito davvero!!! Ultimamente ho provato proprio quel “Fasmhous Sour Ale” che citi nell’articolo, praticamente questo stesso lievito, con aggiunta di batteri.
Mi ha dato un’acidità spintissima (pH di circa 2.6) e non so cosa ne uscirà fuori. Ho tenuto la fermentazione fissa sui 25/26 gradi per un mese e mezzo. Ti farò sapere.
2.6 è hard, minchia!
“troppo rustica”? Mmhh, mi sta per partite l’embolo
Ciao Frank,
ho usato pure io questo lievito lasciato libero di lavorare e mi è arrivato a 29 e poi risceso fino a 22 senza alcun controllo di temperatura.
Adesso la FG è 1009…leggo che anche te ti sei fermato a 1009….ma nn è un po’ alto?
Il sito parla di “85 – 100% (Diastatic Strain Component)”..e quindi dovrebbe essere un var che si mangia pure l’anima…Che dici conviene rialzare fino a 25/26?
Grazie
Daniele
Non so. Nel mio caso è stata stabile per moltissimi giorni nel fermentatore, quindi a un certo punto ho imbottigliato. E non ha mai dati cenni di sovracarbonazione in bottiglia.