Qualche giorno fa ho pubblicato sulla pagina Facebook del blog un’immagine che ha suscitato immediato interesse. Si tratta del grafico delle misurazioni del Tilt, densimetro elettronico che permette di monitorare la densità del mosto da remoto (ne ho parlato in quest’altro post). La birra è una session IPA che ora sta riposando in bottiglia in attesa della carbonazione.
A fine fermentazione, quando la densità era ormai sostanzialmente stabile da qualche giorno, ho aggiunto il luppolo per il dry hopping nella quantità di 6 g/L. Il giorno dopo il Tilt ha rilevato un calo della densità di un paio di punti. Il Tilt è uno strumento che galleggia sul mosto, quindi è ipotizzabile un errore di lettura dovuto alla significativa presenza di luppolo in pellet in superficie. In effetti, qualche giorno dopo la misura rilevata dal Tilt è risalita di un punto, per poi stabilizzarsi. Difficile dire se questo calo di densità nella mia birra sia effettivamente dovuto al dry hopping o a un errore di lettura.
A ogni modo questa esperienza, a prescindere dalla sua intriseca validità sperimentale, ha riportato alla mia attenzione un tema di cui avevo sentito parlare qualche tempo fa e su cui avevo letto di sfuggita alcuni approfondimenti. Questo fenomeno viene indicato come “after-fermentation” o più comunemente come “Hop Creep“. Vediamo di cosa si tratta.
HOP CREEP
Per quanto salito alla ribalta negli ultimi anni, grazie al movimento craft, questo fenomeno viene studiato da tempi relativamente remoti. Uno dei primi articoli sul tema risale infatti al 1893, quando due ricercatori inglesi, Horace Brown e Harris Morris, pubblicarono sul Brewer’s Guardian un articolo che indagava proprio questo fenomeno. Già all’epoca, i due ricercatori cercavano di capire come mai la birra servita in cask sembrasse rifermentare nuovamente una volta aggiunto il luppolo per il dry hopping. Restrinsero le molteplici ipotesi a una rosa di tre possibilità:
- Il luppolo contiene zuccheri che vengono fermentati dal lievito durante il dry hopping
- Sul luppolo sono annidati lieviti selvaggi che, grazie alla loro capacità enzimatica, riescono a scomporre gli zuccheri complessi residui presenti nel mosto rendendoli fermentabili
- I luppoli stessi contengono enzimi diastatici che scindono una parte degli zuccheri complessi residui presenti nel mosto rendendoli fermentabili.
Il loro lavoro non diede risultati definitivi, ma Brown e Morris riuscirono a indirizzare il mondo accademico verso lo studio e l’approfondimento della terza ipotesi. Sebbene la prima e la seconda siano entrambe plausibili, e in effetti possono in alcuni casi contribuire alla ripresa della fermentazione dopo il dry hopping, ulteriori esperimenti identificarono la terza ipotesi come la principale causa di questo fenomeno. Ron Pattinson sul suo blog Shut Up About Barclay Perkins ha pubblicato qualche mese fa un estratto del documento originale di Morris e Brown (link).
Ben 60 anni dopo, un altro gruppo di ricercatori pubblicò un articolo che riprendeva e approfondiva quanto studiato da Brown e Morris. Siamo nel 1941 quando sul giornale del Brewing Institute of Research viene pubblicato un articolo dal titolo “Diastatic Activity Of Hops” (link).
Vengono analizzate 33 differenti tipologie di luppoli (con e senza semi) alla ricerca del loro potere diastatico. Dai risultati emerge che questo potenziale esiste, anche se minimale, e non varia particolarmente tra le differenti varietà di luppolo. L’articolo conferma le intuizioni di Brown e Harris: il luppolo è il responsabile della “after-fermentation”, ovvero della riduzione della densità finale della birra dopo la fine della fermentazione. L’articolo evidenzia come, già dopo poche ore dall’introduzione del luppolo, il rapporto tra zuccheri fermentabili e amidi residui aumenti sensibilmente. Questo significa che l’amido residuo (e in generale le destrine) vengono convertite in zuccheri semplici (in questo caso maltosio) indicando una attività diastatica da parte del luppolo.
Tornando ai tempi recenti, questi studi sono stati ripresi da diversi birrifici artigianali. Tra i tanti risultati pubblicati, consiglio di leggere lo studio sperimentale condotto dal birrificio inglese Northern Monk in collaborazione con BeerLab (link), dove l’elemento di studio è il grado alcolico della birra. Questo, infatti, nel caso di birre pesantemente luppolate a freddo, può aumentare sensibilmente dopo l’inserimento del luppolo.
Parliamo di un aumento dell’alcol anche di +0.9 ABV rispetto al valore ipotizzato a fine fermentazione, discrepanza che può portare problemi anche legali per via delle indicazioni obbligatorie del contenuto alcolico che devono essere presenti su bottiglie/lattine e della relativa tolleranza sull’errore di questo valore.
Nell’esperimento condotto da Northern Monk sono state testate 3 birre: session IPA, IPA e Double IPA. È stato rilevato un effetto molto ridotto dell’hop creep sulla session IPA, attribuibile probabilmente alla minore densità (FG) di partenza (ridotto contenuto di zuccheri complessi) e al tasso di dry hopping più basso (anche se di poco più basso rispetto alla IPA). Le misurazioni sono state condotte sia sulla concentrazione finale di alcol, misurata con tecniche molto precise, sia sul rapporto nella concentrazione di amido rispetto agli zuccheri fermentabili. Entrambi hanno mostrato variazioni sensibili dopo l’introduzione del luppolo per il dry hopping sia nella IPA che nella Double IPA.
È interessante come in uno dei casi (session IPA) a parità di concentrazione di amido residuo, l’aggiunta di luppolo abbia aumentato la concentrazione di zuccheri semplici, poi fermentati dal lievito. Questo supporta la teoria che il dry hopping contribuisca anche con l’aggiunta di zuccheri semplici oltre che di enzimi diastatici.
Segnalo anche questo interessante podcast di Master Brewers dedicato al fenomeno dell’Hop Creep (in inglese).
E QUINDI?
È chiaro che un fenomeno del genere può avere diverse implicazioni sulle birre luppolate prodotte in casa. L’aumento del grado alcolico, che tanto preoccupa i birrifici commerciali, è per ovvi motivi meno importante a livello casalingo. Quello che potrebbe essere più pericoloso nel nostro caso è la produzione di anidride carbonica conseguente alla nuova fermentazione indotta dall’aggiunta di luppolo.
Se è da un lato è vero che parliamo di pochi punti di densità consumati dal lievito dopo il dry hopping, è anche vero che due punti di densità consumati in bottiglia aumentano la carbonazione di circa +1 volume. Quindi una birra imbottigliata con una dose di zucchero calcolata per raggiungere 2.0 volumi potrebbe arrivare a 3.0, che non sono pochi.
D’altro canto, abbiamo anche visto che il processo di riduzione delle destrine è piuttosto veloce, quindi nella maggior parte dei casi il lavoro ulteriore del lievito si esaurirà nel fermentatore durante il dry hopping. Mi viene però da pensare che chi fa dry hopping a basse temperature, diciamo sotto i 10°C per le alte fermentazioni, potrebbe riscontrare problemi di eccessiva carbonazione in bottiglia. In questo caso, infatti, il lievito potrebbe avere problemi a consumarli nel fermentatore per via delle basse temperature e finirebbe per digerirli in bottiglia durante il periodo di carbonazione.
Ma ha senso fare dry hopping a freddo? Lo vedremo magari in un prossima puntata.
Azz ero curioso di sapere se ha senso il dryhopping a freddo. Ho una AIPA in fermentazione quasi ultimata e volevo provare per la prima volta, appunto, a fare dryhopping al momento di abbassare la temperatura per la winterizzazione. So che alcuni birrifici tra cui il Birrificio di Lambrate fanno così e volevo provare
Ciao Frank. tempo fa lessi pure io qualcosa, in seguito ad carbonazione eccessiva su una parte della mia luppolata diversamente. A livello casalingo puo esser difficile trovare il colpevole pero è interessante documentarsi su queste cose. mi veniva il dubbio sulle differenze, se ve ne sono, tra luppoli in pellet e coni, cioè il pellet ha un potere diastatico inferiore oppure non si fa mensione su questa differenza?
Non saprei, ma non credo abbiano un potenziale molto diverso.
Dopo aver condotto una fermentazione co un 05 altanelante per diversi motivi tra cui le temperature, dopo aver effettuato dh, ad FG stabile di 1.026 a fronte di una prevista di 1.014, la densità è scesa di ben 6 punti.