Siamo alla seconda prova con un lievito Kveik. Sempre della Omega Yeast, azienda americana molto attiva nel rilascio di nuovi ceppi di lievito, tra l’altro in confezioni bellissime (dici: chi se ne frega della confezione – vero, ma un po’ di cura del packaging non guasta). Dei lieviti Kveik e delle loro proprietà ho già parlato abbondantemente nel post da cui ho lanciato questa linea di sperimentazione, quindi non mi soffermerò nuovamente sul tema.

Rispetto all’Hornindal (già provato qui) ma anche rispetto ad altri ceppi Kveik come il Voss (disponibile nella gamma della Lallemand in formato secco), questo Lutra dovrebbe essere particolarmente neutro. Su quanto siano caratterizzanti i ceppi Kveik dal punto di vista organolettico c’è molta discussione: se da un lato è palese e condiviso che fermentano a 30-35°C senza produrre difetti, c’è meno accordo sulla loro neutralità in termini organolettici. Da un lato perché non tutti i ceppi Kveik sono uguali, ma dall’altro potrebbe esserci un po’ di condizionamento (bias) da parte degli homebrewer che li utilizzano. Sento spesso parlare di aromi di arancia e frutta tropicale, individuati spesso – chissà come – in birre piuttosto luppolate. Per condurre un buon esperimento bisognerebbe dividere in due un batch di una birra senza luppolo in aroma: metà fermentata con un kveik e l’altra con US05, poi comparare il risultato. Non aspettatevi queste prove da me perché mi annoia farle (ma mi diverto molto a leggerle). Chiediamolo magari tutti insieme a Simone, che nella sua pagina Fail Beer sta conducendo molti interessanti esperimenti comparativi di questo tipo. Vai Simone, sfida lanciata! 🙂

Molti sono concordi nel notare invece una certa sapidità nelle birre fermentate sia con Voss che con Hornindal, aspetto che ho notato anche io nella birra fermentata proprio con l’Hornindal. Il Lutra invece dovrebbe essere davvero neutro. A tal punto che molti sostengono di averci prodotto Pilsner e Helles di tutto rispetto, fermentate a 30°C. Se da un lato è vero che isolare questi ceppi Kveik per usarli come lievito neutro snatura l’essenza stessa del ceppo, dall’altro si tratta di un aspetto tecnicamente interessante che mi ha molto incuriosito. Ho così deciso di calibrare la ricetta di una nuova pilsner utilizzando il ceppo Lutra. Ricetta che poi produrrò nuovamente con il W34/70 (spolier: la nuova versione è già nel fermentatore).

Il nome e l’etichetta sono un omaggio a una delle mie band preferite in assoluto e soprattutto al loro mitico batterista Danny Carey.

RICETTA

Come anticipavo nell’introduzione, ho colto questa occasione per provare la ricetta di una nuova pilsner che voglio produrre con le materie prime che ho in casa. Come base maltata ho ripreso quella della mia prima Pilsner, prodotta ormai diversi anni fa, che mi era piaciuta molto. Il 5% di Monaco da un tocco maltato e un po’ di colore. Per il resto solo malto Pilsner. Ho usato le rimanenze di quello sperimentale che mi ha mandato Fattoria Le Prata, coltivato e maltato in Italia, utilizzato anche nella Bojack Tripel.

Per la luppolatura mi sono posizionato principalmente in Germania, con due luppoli classici della tradizione tedesca: l’erbaceo e floreale Tettnang affiancato dall’Hersbrucker, leggermente più fruttato. In amaro ho usato lo Styrian Aurora sloveno, chiamato anche Super Styrian per i suoi aromi piuttosto intensi. Il profilo aromatico dell’Aurora viene descritto in mille modi: da semplice speziato, a fruttato con limone, lime e bergamotto; alcuni gli attribuiscono aromi tropicali di ananas e mango, o ancora anice. Viene in generale considerato come un luppolo nobile tedesco ma più intenso e con uno spettro fruttato leggermente più ampio. Se non ricordo male, lo utilizza Carrobiolo nella sua Carrobiolo Keller, una birra che mi piace moltissimo. Ho voluto provare aggiungendone un po’ anche in aroma.

Come lievito, ovviamente il Lutra. Inoculato dopo apposito starter. In molti sostengono che i Kveik necessitino di un tasso di inoculo molto più basso rispetto ai classici lieviti ad alta fermentazione (addirittura 1/10), ma l’esperienza con l’Hornindal inoculato direttamente dalla busta mi ha segnato e non ho voluto rischiare.

Acqua di base Sant’Anna, con aggiunta di sali giusto per arrivare a 50 ppm di calcio.

FERMENTAZIONE

L’idea era di provare ad avere la birra nel bicchiere il più velocemente possibile. La velocità fermentativa è un tratto distintivo dei lieviti Kveik, mi piaceva spingere su questo aspetto. Ovviamente siamo distanti anni luce dal classico processo di produzione di una Pilsner, ma come già detto siamo in ambito sperimentale. Non andate a scrivere nei commenti che “non è una vera Pilsner come la facevano in Boemia bla bla bla” perché vi banno a vita. 🙂

Starter inoculato nel mosto a 30°C, prime bolle già dopo cinque ore. Dopo tre giorni le bolle avevano già rallentato, al quinto giorno la densità era scesa a 1.010 da 1.042 con un 76% di attenuazione. Trovandomi nell’estremo inferiore del range di attenuazione di questo lievito (75%-82%) con un mash a 66°C, ho atteso qualche altro giorno dopo aver alzato la temperatura a 32°C. Nessuna bolla e densità stabile dopo altri tre giorni. Sono quindi passato al cold crash. Ho poi riportato la birra a temperatura ambiente e imbottigliato (in parte infustato, come sempre).

Nelle bottiglie ho reinoculato CBC della Lallemand per velocizzare la rifermentazione. Dopo 4 giorni a temperatura ambiente le bottiglie erano perfettamente carbonate. Ho puntato a un target di 2.5 volumi.

Riportare la birra a temperatura ambiente prima di imbottigliare aiuta in due aspetti: in primis, velocizza la rifermentazione perché lo zucchero viene inoculato con il lievito a temperatura ambiente (questo velocizza a sua volta il riassorbimento dell’ossigeno entrato in bottiglia); inoltre, la temperatura più alta favorisce la formazione della schiuma anche nella birra non carbonata, permettendomi di tappare le bottiglie sulla schiuma, riducendo l’ossigeno che rimane nel collo della bottiglia. Per chi me lo ha chiesto e per chi me lo chiederà: sì, la birra rifermenta anche se ci fosse (e non è questo il caso) zero ossigeno in bottiglia.

ASSAGGIO

La birra è stata prodotta ormai più di un mese fa. Il fustino da 5 litri è finito presto e ho consumato nel frattempo anche diverse bottiglie. Non ho tenuto sempre le bottiglie in frigo dopo la carbonazione, come faccio con birre di questo tipo che non benficiano di maturazione al caldo. Volevo verificare che non ripartisse la fermentazione in bottiglia, cosa che non è avvenuta. Immagino quindi che l’attenuazione fosse quella giusta per questo ceppo e questo mosto (per esserne sicuro avrei dovuto fare un Fast Ferment Test).

 ASPETTO  Schiuma bianca, buona persistenza, rimane un velo fino al termine della bevuta. Grana medio-fine. La birra è di colore giallo paglierino. In alcune foto appare dorata, ma il colore reale è vicino a quello della foto qui sopra. Velata, ma non torbida: qualcosa si vede attraverso. Non ha la limpidezza di una classica pilsner, ma il cold crash è stato molto ridotto e quindi ci sta.

 AROMA  Buona intensità. Avvicinando il naso al bicchiere si avvertono subito intense note agrumate che ricordano limone, cedro e un filo di mandarino. Stupisce un po’ che tutto questo agrumato provenga dai luppoli utilizzati, notoriamente erbacei con tonalità speziate. Erba tagliata ce n’è, ma i primi aromi che vengono in mente annusando questa birra sono gli agrumi, piuttosto netti. Non vorrei che il lievito ci abbia messo lo zampino, ma non potremo saperlo se non utilizzandolo nuovamente senza luppoli. In sottofondo fiori bianchi e una delicata venatura speziata di pepe. Malto ancora più nelle retrovie, con suggestioni di miele. Nel complesso aroma molto fresco e pulito. Probabile anche che l’aurora, sebbene dosato in quantità ridotta rispetto agli altri due luppoli nobili, abbia dato un significativo contributo all’aroma. Questo luppolo viene descritto infatti principalmente come erbaceo e quasi nobile, ma con una intensità superiore e nette note di lime, lemongrass e bergamotto.

 AL PALATO  Purtroppo al palato non ritroviamo la freschezza e l’intensità dell’aroma. Amaro corto, fa appena in tempo a fare capolino tra le note agrumate per poi svanire improvvisamente, lasciando spazio a un retrolfatto con spunti di cereale e mollica di pane. L’ingresso è erbaceo e agrumato, durante la bevuta spuntano note di limone e mandarino, morbide e piacevoli. Base maltata praticamente inesistente, a tratti sembra di bere una Blanche prodotta con significativa quantità di frumento. Nel complesso piacevole, senza difetti, ma il bilanciamento non è da Pilsner. L’agrumato, nuovamente, mi stupisce. Peccato davvero per la corsa gustativa molto breve, non supportata dal malto.

 MOUTHFELL  Corpo basso, quasi watery. Carbonazione medio-bassa. Molto morbida: nessuna astringenza né calore alcolico.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Tutto sommato una birra piacevole, sebbene piuttosto diversa da quello che mi sarei aspettato. Il malto, della Fattoria Le Prata, non ha brillato per intensità. Lo avevo utilizzato anche per la seconda versione della Bojack Tripel, venuta molto bene. La base maltata tutto sommato era simile, con il Carabelge al posto del Munich ma anche con una buona dose di zucchero a snellire: sebbene non svettasse per intensità, la base maltata in quel caso si sentiva. Probabilmente l’intensità aromatica sprigionata dal lievito belga in quel caso ha aiutato. Del resto si tratta dei primi batch di malto del produttore italiano Fattoria Le Prata, qualcosa da mettere a punto ancora c’è.

Il profilo aromatico di questa Kveik Inoculum invece mi piace molto, anche se non è proprio da pilsner classica: l’agrumato svetta sull’erbaceo, ma credo che con una buona base maltata sotto possa venire una birra interessante. L’amaro va aumentato: sulla carta gli IBU non sono pochi (il rapporto BU/UG è a 0,8), probabilmente uno o tutti e tre i luppoli utilizzati (crop 2019) hanno perso un po’ di Alfa-acidi. Ora che ci penso, anche la Kölsch prodotta con questo stesso Stryrian Aurora (stessa confezione) era venuta meno amara del previsto nonostante gli IBU calcolati nella ricetta: probabile sia proprio l’Aurora ad aver perso alfa acidi. Ne terrò conto per la prossima birra.

Il lievito Lutra è senza dubbio interessante: difficile affermare al 100% che il suo profilo sia completamente neutro con tutto questo agrumato al naso, ma è molto probabile che la responsabilità sia dei luppoli e in particolare dell’Aurora. Alla fine ho prodotto una simil-bassa fermentazione in 15 giorni dalla cotta al bicchiere, fermentando a 30°C. Interessante, senza dubbio. Da riprovare magari con una base da bock. Il bilanciamento al palato non è quello che mi aspettavo, ma non darei la colpa al lievito. Me la sto comunque bevendo con gusto.

Mi chiedo se la temperatura di fermentazione così alta non possa in qualche modo influire sul profilo organolettico del malto in birre così delicate. In una classica bassa fermentazione, il mosto viene sempre tenuto al di sotto dei 12-16°C, includendo anche il passaggio della pausa diacetile; in questa birra è arrivato anche a 32°C, praticamente il doppio. A temperature più alte la maturazione/invecchiamento accelera, anche molto velocemente. Inoltre, nelle prime ore di fermentazione c’era anche parecchio ossigeno nel mosto per via dell’aerazione: possibile che in un mosto a 10°C interagisca meno con gli elementi ossidabili nella birra rispetto a un mosto che si trova a 30°C. Certo, il lasso di tempo è poco prima che il lievito inizi a consumarlo ma la temperatura è alta. Devo dire che le alte temperature di fermentazione dei Kveik mi hanno sempre lasciato perplesso per il loro potenziale effetto con malto e luppolo. In una IPA con parecchio luppolo in late boil o hop stand, che inevitabilmente passa per l’intera fermentazione intorno ai 30°C, l’effetto potrebbe essere non trascurabile. Ma non è escluso che queste temperature possano avere avuto anche un effetto sul malto della Fattoria Le Prata, che di per se’ magari non è il top del top ma potrebbe aver patito le alte temperature. Lancio lì un’ipotesi senza nessuna base sperimentale, ma è un punto su cui sto riflettendo.

Nel frattempo, cheers!

13 COMMENTS

  1. Ciao, bello l’articolo e volevo fare tante domande. Quali sono i preggi maggiori di kveik Lutra, mi pare di capire che è la velocità di avere la pilsner in poco tempo, è giusto? Poi, lo fai il travaso (quello intermedio non lo fai, lo so) prima di portare a temperatura ambiente e imbottigliare? Per carbonare in fusto, usi sempre lo zucchero o forzata? Come fai a mantenere la temperatura di 30-32 gradi del fermantatore? Con cintura riscaldante o altro? Grazie come sempre per il tempo e la passione per la produzione, fonte di ispirazione per me!

    • Ciao Tzvetomira, quante domande! 🙂 Sì, il vantaggio del Lutra è la neutralità aromatica e la velocità di fermentazione. Travasi non ne faccio nemmeno con birre che tengo in fermentatore per un mese, figurati questa che c’è stata 13 giorni! 🙂 Nel fusto ho la sfera inox che pesca dall’alto, quando arrivo al fondo mi fermo oppure riempio un altro paio di bottiglie, le segno e le tengo come primi assaggi. In fusto faccio carbonazione forzata. La temperatura di fermentazione l’ho mantenuta con cintura di calore sulle pareti del frigo, in une periodo in cui comunque in casa facevano già 25-26°C.

  2. Ciao Frank, innzitutto bell articolo come sempre!
    Ormai è gia da un po che mi avventuro nel mondo dei kveik e per cercare di emulare una bassa non è cosi facile come dicono.
    In primis ci sono ceppi piu adatti che altri; i due ceppi che risultano adatti per una Keller e per una pils sono l’Oslo della Bootley yeast e il ceppo Skare (non commercializzato).
    Sono due lieviti estremamente puliti e crispy, il primo piu adatto ad una pils il secondo per una keller.
    Sono gli unici che non necessitano di grosse accortezze, e fermentano tranquillamente sopra i 30°.
    Per gli altri ceppi kveik è necessario:
    – tenere un ph di mash alto 5.5/5.8
    – t di fermentazione sotto i 30° ( attorno i 25° )
    – overpitching e nutrimenti
    Ovviamente i tempi di fermentazione si avvicinano ad una ale classica senza avere i tempi record dei kveik, ma il risultato è notevole.
    Tutti questi accorgimenti sono necessari perche il kveik non è abituato a lavorare in queste condizioni e necessita di maggior attenzione.

    • In realtà, da tutti i commenti che ho letto in giro, anche questo Lutra è molto adatto a simil-lager. Dovrei però provarlo in qualcosa di meno luppolato la prossima volta. Sugli accorgimenti: nutrienti li ho aggiunti e stavolta ho fatto anche overpitching (nonostante dicano di andare in over). Del mash a pH più alto non avevo letto: serve forse per arrivare a inoculo con pH più alto del classico 5.2-5.1? Comunque, da quello che ho capito, questi lieviti lavorano bene con OG più alte, questa era troppo bassa. Prossima volta ci faccio una doppelbock. 🙂 Grazie per i suggerimenti!

      • Purtroppo il Lutra, non l ho mai provato quindi non conosco bene come si comporta.
        I Kveik giocano molto con l abbassamanto del ph che va a determinare poi quella leggera citricita che li caratterizza un po ( soprattutto i ceppi derivanti alle regioni del Voss, gli altri come l’hornindal sono piu tendenti ad acidita legate a note di frutta tropicale matura ). partendo da un ph piu alto si bilancia il tutto.

  3. Non mi hai convinto… 🙂 Acidità c’è sicuramente nei Kviek a colutra mista, ei ceppi commerciali singoli non direi.

  4. Fantastico come sempre. Parli delle variabili introdotte dal mosto a 30° prima che parta la fermentazione, ed è un dubbio legittimo. A me viene da pensare alla tecnica del mash overnight, dove l’impasto si fa molte ore a 60+°, tecnica che ho usato molteplici volte e in cui non ho trovato un osservabile (da me) impatto nella birra finita. Ma forse non sapevo dove/cosa cercare.
    Quello che è certo è che in questo hobby è che di certo c’è assai poco, un dubbio porta ad un’altro, una domanda ad una mezza risposta ed esperimenti da fare non mancano (^^).
    Sláinte!!

  5. Ciao Frank, secondo te, riportare la birra a temperatura ambiente per imbottigliare non vanifica parzialmente il beneficio del cold crash? Parte del lievito non torna in sospensione?

  6. Bellissimo articolo Frank, come sempre. Domanda: hai mai provato a “emulare” una bassa utilizzando invece del kveik il lievito M54 della MJ? Io lo sto usando da qualche tempo (fermentazione a temperatura controllata 18 °C costanti) per pils, dunkel e doppelbock e i risultati non sono malaccio, però mi piacerebbe avere un parere da uno molto più “esperienziato” come te.
    Grazie mille e ancora complimenti.
    Antonio

  7. Sinceramente molto interessante l’ articolo ma anche i commenti sul pH.
    Avrei proprio bisogno di un paio di risposte

    Fermentando tra i 30/40 gradi si crea molta schiuma?

    Rifermentando in bottiglia a 20 gradi e poi lasciando le bottiglie a temperatura ambiente c’è risciò di ripartenze di fermentazione magari in estate?

    Leggendo dei sentori agrumari non si potrebbe utilizzare solo luppolo da amaro?

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