L’anno scorso ho provato a produrre la mia prima Altbier, con risultato piuttosto scarso. Era il periodo del primo lockdown, non avevo il lievito giusto a disposizione e non potevo ordinarlo all’epoca, così mi affidai all’S23 tenuto sul limite alto del range di fermentazione. Seguii un approccio timido con i malti, per paura di fare il “pappone”: ne venne fuori una birra al limite basso del range del colore tipico di questo stile, decisamente poco espressiva sul lato maltato. La birra si beveva, per carità, ma sembrava una sorta di keller piuttosto che una Altbier.

Delle caratteristiche dello stile ne ho scritto abbondantemente nel post precedente (link), dove trovate informazioni di dettaglio sul profilo organolettico. La mia ispirazione resta la Uerige, considerata dal BJCP quasi una Alt fuori stile, o comunque al limite: molto caratterizzata dal malto e con un amaro decisamente sopra la media per una Altbier. In questa seconda versione ho caricato quindi il malto ma soprattutto ho usato il lievito tipico dello stile. È andata decisamente meglio.  

RICETTA

Per non sbagliare nuovamente, questa volta ho deciso di fare qualche ricerca in più. Ho consultato il database delle ricette sul sito della American Homebrewers Association (bisogna essere iscritti per avere a disposizione tutte le ricette, ma ve lo consiglio vivamente), ho ripescato qualche vecchio libro come Brewing Classic Styles , consultato qualche sito di ricette online tra cui Beer & Brewing, addirittura ripescato un post sul sito di Hobbybirra. Mi sono fatto una lista di quantità e ingredienti e ho messo a confronto le percentuali dei malti nelle varie ricette.

Il risultato è stato molto interessante: ho individuato alcuni tratti comuni, come la presenza di una significativa quantità di malto Monaco (tra il 10 e il 20%) ma anche discordanze, come l’utilizzo del Caramonaco che andava da percentuali importanti (12%) fino allo 0%. Presenza fissa quella del Carafa in tutte le ricette, mentre in alcune appariva anche il Pale Chocolate. La base in genere era malto Pilsner, ma qualcuno lo aveva tagliato addirittura con l’inglese Maris Otter.

Alla luce di queste evidenze, la mia ricetta precedente mi sembrava piuttosto fuori asse. Poco malto Monaco, nessun Caramonaco e niente Carafa. Di buono ricordavo la leggerissima tostatura e secchezza nel finale, probabilmente dovuta al Pale Chocolate. In genere sono contrario alle ricette troppo complicate, ma ho capito che forse in questo caso avrei dovuto fare un’eccezione. Ho azzardato così un grist con ben 7 malti, prendendo il meglio della versione precedente e aggiungendo modifiche seguendo gli spunti emersi dall’analisi delle altre ricette che avevo selezionato. Un azzardo, ma ho voluto rischiare. È però importante ricordare che si possono produrre Altbier in stile con ricette molto diverse da questa, quindi è bene mantenere una mente aperta.

Ho cambiato anche la luppolatura, aumentando le quantità in aroma e affidandomi a un luppolo tedesco forse ancora più classico, il Tettnang.

Come anticipato, ho usato il lievito liquido Wyeast 1007 German Ale con apposito starter. Per l’acqua stavolta sono partita dalla Sant’Anna in bottiglia, aggiungendo sali per ottenere un rapporto solfati/cloruri sbilanciato sui secondi. L’altra volta avevo scelto l’approccio opposto, ma non mi aveva soddisfatto.

FERMENTAZIONE

Il range di fermentazione per questo lievito è molto ampio: la Wyeast consiglia di tenerlo tra i 12°C e i 20°C. Inizialmente mi era venuta l’idea di tenerlo basso, ma un veloce confronto con un amico homebrewer mi ha spinto a osare di più: tenerlo troppo basso avrebbe probabilmente inibito la formazione del profilo tipico di questo lievito e tipico della Altbier. Un minimo livello di esteri avrebbero invece giovato alla birra, che nasce come alta fermentazione e come tale va trattata.

Ho scelto così di partire da 16°C e alzare gradualmente fino a 18°C. La fermentazione è andata liscia, raggiungendo quasi l’attenuazione limite del lievito in una decina di giorni. A fine fermentazione ho travasato la birra in un fusto più piccolo da 10 litri, riempito prima di acqua e svuotato con CO2. La lagerizzazione è stata lunga, anche perché ho tenuto il fusto nello stesso frigo in cui tengo le birre in bottiglia e quelle in fusto collegate alla spina. Se fosse stato da solo, avrei lagerizzato tranquillamente a temperatura più bassa per velocizzare il processo. La birra ha iniziato a illimpidirsi dopo tre settimane.

A fine lagerizzazione ho attaccato la bombola di CO2 e carbonato forzatamente, attendendo di fatto un’altra settimana prima di iniziare a bere. Questa è stata la prima birra che non ho rifermentato. A un certo punto mi è arrivata l’asta cinese per l’imbottigliamento in contropressione che avevo ordinato settimane prima. Ho deciso di provarla, trasferendo 4 litri di birra già carbonata dal fustino alle bottiglie, che ho continuato a tenere sempre in frigo. Il passaggio da fusto a bottiglie è stato più semplice del previsto, ma di questo parlerò nel dettaglio in un altro post.

 ASSAGGIO

La birra nel fusto è finita presto, ma per fortuna ne ho imbottigliata una parte. Questo assaggio si riferisce alla birra in bottiglia, bevuta a circa un mese dall’imbottigliamento con le bottiglie tenute sempre in frigo.

 ASPETTO  Scende nel bicchiere formando un cappello di schiuma medio, di colore beige chiaro, con bolle medio/fini. Ottima persistenza. La birra è di colore mogano con riflessi ramati, molto limpida. Aspetto direi centrato in pieno, stavolta.

 AROMA  Aroma di malto con una buona intensità. Prevalgono le note aromatiche della reazione di Maillard che ricordano il pane tostato, la crosta appena bruciacchiata, ma anche caramello e biscotto. Nelle retrovie un lieve aroma fruttato tendente alla frutta rossa (ciliegia). Il luppolo si affaccia con note erbacee molto delicate.

 AL PALATO  L’ingresso, decisamente maltato, ripropone le note rilevate in aroma con crosta di pane, caramello, pretzel, biscotto. L’amaro, deciso, arriva in soccorso un istante prima che il tutto diventi stucchevole, accompagnando la bevuta verso un finale che vira su sfumature nocciolate, con un piacevole spunto terroso che fa capolino tra il retrolfatto di croccante alla nocciola. Il bilanciamento è decisamente riuscito: l’amaro è morbido ma ben presente, indispensabile per evitare stucchevoli derive dolciastre dovute alla significativa presenza del malto.

 MOUTHFEEL  Corpo medio, carbonazione media. Nessuna astringenza né sensazione di calore alcolico. In bocca risulta molto morbida, nonostante l’amaro deciso.

 CONSIDERAZIONI GENERALI  Sono davvero stupito dalla bevibilità di questa birra. Si potrebbe discutere sull’interpretazione dello stile che in molti esemplari mostra una componente maltata meno evidente. Tuttavia, leggendo attentamente la descrizione del BJCP e avendo fatto qualche assaggio di recente (sempre qui a Roma), mi sento di affermare con buona confidenza che questa birra si posiziona abbastanza bene nello stile di riferimento, sebbene nella parte alta del range maltato. Volendo, si potrebbe alleggerire tagliando un po’ sul Caramonaco o togliendo del tutto il Crystal, ma a me piace molto così. Credo che aver usato il lievito tipico dello stile abbia fatto la differenza, conferendole un leggerissimo tocco fruttato al naso che ben si sposa con le decise note maltate. Le scorte nel frigo si stanno esaurendo velocemente, segno che la birra è riuscita.

 

6 COMMENTS

    • Quello è un layout grafico che ho fatto su Excel, lo uso per ricopiare i dati principali della ricetta e postarli sul blog. Le ricette le scrivo con Brewfather.

  1. Ciao Frank, ma quando hai travasato la birra nel fusto più piccolo da 10 litri per poter lagerizzare, anche quest’ultimo aveva montato un galleggiante per poter pescare dall’alto?

  2. Ho un dubbio sulla carbonatazione e maturazione con k97 fermentis.
    Quanto dovrei maturare secondo te a 15 gradi per carbonare prima di maturare abbassando la temperatura a 10?

    • Questo stile beneficia di una maturazione non a 10°C, ma il più vicino possibile allo zero, per circa 20-30 giorni. Se devi rifermentare, meglio farlo dopo, lagerizzando prima nel fermentatore. Meglio riaggiungere lieviti in fase di carbonazione, perchè altrimenti potrebbe metterci molto tempo a rifermentare o non rifermentare affatto. Carbonazione e maturazione sono due cose diverse.

      Se carboni con rifermentazione prima prima di lagerizzare, aspetterai il tempo necessaria a sentirla frizzante, assaggiando.

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