Per quanto mi trovo bene ad usare i fusti Cornelius per la fermentazione, non è certo l’unico modo possibile per lavorare con la contropressione. Mi sono reso conto di non aver mai affrontato il tema a tutto tondo, raccontando anche quelle alternative che rappresentano soluzioni valide, non eccessivamente costose e piuttosto diffuse tra gli homebrewer.

Lasciando fuori dal discorso gli “unitank” troncoconici in acciaio inox, costosi e abbordabili solo per un ristretto gruppo di homebrewer, oggi volevo provare a descrivere le principali opzioni “economiche” per iniziare a lavorare con la contropressione, godendo dei notevoli vantaggi che porta la riduzione dell’ingresso di ossigeno nella birra. Traguardo che si può raggiungere anche fermentando in semplici fermentatori di plastica adattati allo scopo, come vedremo nell’articolo.

Per poter parlare di sistemi che non ho mai usato con un minimo di cognizione di causa, ho attinto alle opinioni di amici e ai numerosi video online come quelli di Davide (Rovidbeer) o Michele (Project Zero). Il post è molto lungo, ma si può leggere con calma o sfogliare per cercare la parte di interesse. Personalmente, se qualcuno mi avesse illustrato nel dettaglio le varie opzioni percorribili quando ero agli inizi, sarebbe stato tutto molto più semplice.

Nel post ci sono anche diversi rimandi ad altri articoli di approfondimento del blog o esterni. Spero il post possa essere utile a chi si avvicina al fantastico mondo della contropressione. Buona lettura!

Fermzilla All Rounder (senza valvola di spurgo)

L’opzione più economica è senza dubbio il Fermzilla All Rounder. La versione da 30 litri viene venduta a circa 60€ nella configurazione standard che lo rende un normale fermentatore: coperchio in plastica e semplice gorgogliatore. Raramente viene tuttavia utilizzato con il solo gorgogliatore, visto che è pensato per sopportare pressioni fino a 2,4 bar (circa 35 psi) e lavorare con la logica della contropressione.

Fermzilla All Rounder

È dotato di una imboccatura larga che rende semplice la pulizia interna, ma non ha rubinetto: per far uscire la birra è necessario applicare un sifone dall’alto se non si utilizza CO2 per esercitare pressione e spingere fuori la birra. Applicando il cosiddetto “pressure kit” (da acquistare a parte, altri 40€) l’All Rounder si trasforma in un fermentatore cosiddetto “unitank”. Questo significa che tecnicamente è possibile fermentare, carbonare e servire la birra dallo stesso fermentatore, senza mai spostarla. Con un centinaio di euro abbiamo quindi un fermentatore in plastica che può essere parte di un sistema in contropressione. È disponibile anche nel formato da 60 litri, ovviamente a un costo maggiore.

Il coperchio dell’All Rounder con il pressure kit applicato.

Essendo progettato per gestire pressioni fino a 2,4 bar (circa 34 psi), l’All Rounder può essere usato anche per fermentare in pressione (pratica non necessaria per lavorare in contropressione) oppure, più comunemente, carbonare la birra a fine fermentazione applicando anidride carbonica da una bombola o sfruttando gli ultimi punti di densità (questa pratica si chiama spunding). A questo punto si potrà trasferire la birra carbonata in fusto, per essere servita, o nelle bottiglie. Si può anche spillare la birra carbonata direttamente dal fermentatore applicando un rubinetto sull’uscita del liquido, in alto sul coperchio.

La birra viene pescata dall’alto, tramite il tubo in silicone e la sfera inox in dotazione con il pressure kit. Nel caso di pesante dry hopping diventa difficile prelevare campioni di birra per via del luppolo che tende a galleggiare in superficie. Per ovviare a questo problema si può praticare un abbattimento di temperatura prima di prelevare il campione (il luppolo precipita sul fondo nel giro di un paio di giorni), oppure, se proprio si ha l’ansia di misurare la densità, si può acquistare un piccolo filtro a gabbia che aiuta nel filtraggio durante il prelievo di mosto. Tuttavia, anche con il filtro applicato, il flusso può bloccarsi lo stesso nel caso di dry hopping con significative quantità di luppolo.

Sfera inox galleggiante con filtro per luppolo

Gli allacci sulla testa del fermentatore sono detti Carbonation Cap. Hanno una avvitatura con un diametro più ampio rispetto a quella degli allacci classici dei keg (come vedremo tra poco). Questo permette di usare gli allacci del Fermzilla anche, per esempio, per fare dry hopping con luppolo in pellet (parleremo dell’accessorio nel seguito). Le Carbonation Cap sono disponibili in acciaio o in plastica. Quelle in acciaio sono più belle, anche se in realtà funzionano meglio quelle in plastica: si smontano completamente (quelle in acciaio no, per pulirle bene dentro devono rimanere collegate al connettore) e non necessitano di guarnizione interna (quelle in acciaio sì, perché l’acciaio non sigilla).

Carbonation Cap in plastica e acciaio inox

Nella parte esterna delle Carbonation Cap si collegano i classici connettori Ball Lock che si usano sui fusti. In questo caso, essendo il fermentatore trasparente, non è necessario distinguere tra connettore del gas (grigio) e del liquido (nero) perché è facile individuare l’allaccio giusto semplicemente guardando dentro al fermentatore seguendo il tubo del liquido. Per questa ragione alle Carbonation Cap si collegano senza problemi entrambi i connettori classici grigio o nero, a differenza dei fusti che utilizzano due allacci diversi per gas e acqua per non sbagliare i collegamenti quando il fusto è chiuso.

Connettori di tipo Ball Lock

Tutte le filettature sul coperchio del Fermzilla All Rounder sono in plastica, occorre prestare la giusta attenzione per non rovinarle stringendo troppo. Capita che ci siano perdite, ma con un po’ di Teflon si riescono a contenere. La calotta in plastica del Fermzilla ha una scadenza, va cambiata circa ogni paio di anni al costo di 50€. Tutto sommato una spesa più che sostenibile.

Per prelevare campioni di birra in modo veloce durante la fermentazione, è utile acquistare un rubinetto in plastica tipo “party keg”. Lo si collega all’uscita della birra, all’altro connettore si collega la bombola di anidride carbonica a pressione bassissima (1-2 psi), si apre il rubinetto e si preleva il campione senza introdurre ossigeno. Il rubinetto in plastica, comprensivo di tubo e connettore da applicare al Carbonation Cap, lo si trova ad esempio qui a pochi euro.

Per la pulizia bisogna fare attenzione perché la plastica PET si può deformare se viene a contatto con acqua troppo calda (sopra i 50°C) o con detergenti caustici ad alte concentrazioni come ad esempio la Soda Caustica. Per pulire il Fermzilla All Rounder all’interno o si va di olio di gomito, oppure si usano i detergenti della KegLand o anche altri come Removil ma a concentrazioni basse e con acqua non troppo calda. Riempirlo fino all’orlo di soluzione detergente è oneroso, meglio dotarsi di un sistema lavafusti o costruirselo da se’ con una pompa a immersione da 200 L/min e un’asta che faccia l’effetto fontana all’interno del fermentatore, distribuendo la soluzione sulle pareti (tipo questa).

Le dimensioni dell’All Rounder da 30 litri permettono di inserirlo più o meno in qualsiasi frigorifero per controllare la temperatura di fermentazione. Data la capienza e la forma allargata del Fermzilla All Rounder, è bene applicare un portasonda che permetta di misurare la temperatura al centro del fermentatore attraverso una sonda. di temperatura. Grazie al coperchio in plastica, è facile praticare un foro in cui avvitare un raccordo tipo Duotight all’interno del quale far scorrere il portasonda. Raccordo e portasonda sono disponibili ad esempio qui.

Si può acquistare a parte una serpentina in inox da inserire all’interno del fermentatore dove far scorrere una soluzione raffreddante di acqua glicolata. Per gestire le tubature della serpentina si trova facilmente in vendita un altro coperchio con i fori appositi. Chiaro che in questa configurazione è necessario disporre di un frigo a parte che raffreddi la soluzione di acqua e glicole che passa nel mosto. La maggior parte degli homebrewer usa l’All Rounder da 30 Litri inserendolo semplicemente in un frigorifero con termostato per controllare la temperatura.

Coperchio del Fermzilla All Rounder con allacci per la la serpentina di raffreddamento e il portasonda

Recentemente è uscito un interessante accessorio che permette di effettuare il dry hopping nel Fermzilla da un contenitore saturo di CO2, come questo. In pratica si inseriscono i pellet nella bottiglia in plastica (una qualsiasi, tipo quella della Coca Cola), la si satura il più possibile con anidride carbonica, poi si apre la valvola e i pellet cadono nel fermentatore dall’alto riducendo il contatto con l’ossigeno durante il dry hopping. Probabilmente un approccio anche troppo maniacale, ma certamente evidenzia la flessibilità di questo tipo di fermentatore e i mille gadget che la KegLand si inventa ogni giorno.

Anche se non l’ho mai usato personalmente, dai video che ho visto e dalle informazioni raccolte da amici che lo utilizzano, il Fermzilla All Rounder rappresenta una buona soluzione per sfruttare i vantaggi della contropressione con un fermentatore non troppo costoso e molto flessibile, per il quale escono continuamente nuovi gadget. Ha anche il vantaggio di essere trasparente, il che permette di seguire la fermentazione in tutte le sue fasi. Questo, oltre ad essere educativo, rende possibile individuare eventuali problemi ed intervenire tempestivamente per risolverli. Ad esempio se non passa più birra dall’uscita del liquido, con una semplice occhiata possiamo renderci conto se il tubo è intasato dal luppolo, dal lievito o se c’è qualche altro tipo di problema.

Tra gli svantaggi, da quello che ho potuto capire, il principale sono le filettature in plastica e le guarnizioni che spesso e volentieri non tengono bene. In genere si risolve con un po’ di pratica, grasso alimentare (tipo questo, ma se ne trovano anche spray) e Teflon, oppure sostituendo le guarnizioni con altre in silicone (si trovano anche su eBay), ma qualche rogna sulla tenuta di pressione ogni tanto esce fuori.

Fermzilla (con valvola di spurgo)

Al Fermzilla con valvola di spurgo sul fondo si applicano più o meno tutte le osservazioni riportate nel paragrafo precedente. La principale differenza tra i due formati è ovviamente l’ingombro, che nel caso del Fermzilla con valvola è maggiore in altezza, rendendone difficile l’inserimento in un comune frigo (spesso viene usato un frigo vetrina che non ha lo scalino del cassetto alla base). Il vantaggio di avere una valvola di spurgo sul fondo è, chiaramente, quello di poter fare degli spurghi sia di lievito (recuperandolo per una successiva fermentazione) o di luppolo (per evitare tempi di contatto prolungati con la birra).

Quanto sono effettivamente utili questi spurghi? L’opinione ormai piuttosto diffusa e consolidata sulla rimozione del lievito è che lo spurgo verso la fine della fermentazione (o, in caso non si disponga di spurgo, il travaso da un fermentatore all’altro) non abbia particolare utilità in ambito casalingo. Ok, i birrifici lo fanno, ma il contesto è completamente diverso: la colonna di birra che pesa sul cono del fermentatore in birrificio è alta, la pressione esercitata sul lievito depositato sul fondo è maggiore. Se in birrificio esiste la possibilità di autolisi delle cellule di lievito, in casa questa evenienza è piuttosto remota. Su questo aspetto negli ultimi anni si è giunti finalmente a un accordo piuttosto ampio tra gli homebrewer. Spurgare il lievito è senza dubbio utile se lo si vuole recuperare e utilizzare in successive fermentazioni, ma in pochi seguono questa pratica. Non ha grande impatto invece sul profilo organolettico. Inoltre, dato che il cono del Fermzilla è stato reso più piatto per ridurne l’altezza, lo spurgo sembra non sia così efficace come lo era nella versione precedente (Fermentasaurus).

E lo spurgo del luppolo dopo il dry hopping? Su questo aspetto si trovano ancora opinioni contrastanti: leggendo o ascoltando pareri di esperti e birrai (ad esempio questo recente documento di Scott Janish ) sembrerebbe che un tempo di contatto prolungato tra birra e luppolo possa avere qualche effetto negativo. Si parla principalmente di perdita nella tenuta della schiuma, ma in genere non di estrazione di sentori vegetali o di composti astringenti. Su questo secondo punto la maggior parte delle ricerche (e anche delle esperienze pratiche casalinghe) sembra confermare che non ci sia alcun pericolo. Sulla tenuta di schiuma qualche problema potrebbe nascere, ma dalle mie e da diverse altre esperienze di produzione casalinghe non si sono riscontrati problemi sulla schiuma nemmeno con tempi di contatto di 10-15 giorni.

Direi quindi che lo spurgo, sia di luppolo che di lievito, in ambito casalingo non è strettamente necessario se si rimane nei classici tempi di fermentazione inferiori a un mese. Nel caso si andasse oltre, meglio travasare in un secondo fermentatore o in un keg (ovviamente, sempre in contropressione).

Come si vede dalla foto sotto, la valvola di spurgo del Fermzilla è pressurizzabile tramite collegamento con Carbonation Cap. Questo significa che si può inserire del luppolo in pellet nel barattolino, saturare di anidride carbonica e fare dry hopping dal fondo spingendo il luppolo nella birra tramite getto di anidride carbonica da sotto. Da quello che ho capito è una tecnica che non funziona sempre benissimo, ma con un po’ di esperienza si riesce. A ogni modo mi sembra molto più pratica la soluzione vista sopra, con allaccio di una bottiglia in plastica nella parte superiore del Fermzilla.

Valvola di raccolta lievito del Fermzilla

Prima di scegliere questo fermentatore rispetto all’All Rounder, bisogna considerare quindi che, oltre a essere più ingombrante a parità di litri prodotti, questa versione del Fermzilla ha molte più intercapedini da pulire, da sigillare e da controllare per eventuali perdite. A fronte di quali vantaggi? Un paio di spurghi possono valere la maggiore spesa, il maggiore ingombro e qualche rogna in più per la pulizia, l’assemblaggio e la tenuta di pressione? A voi la scelta.

Fermentare nei fusti (keg)

Volendo passare all’acciaio senza spendere un capitale, la fermentazione in fusto è la strada più indicata. Teoricamente si può fermentare birra in qualsiasi fusto in acciaio se si applicano gli opportuni raccordi, ma i fusti Jolly Keg (detti anche Cornelius o “Corny” Keg) rappresentano la soluzione più pratica grazie alla bocca larga che permette una agevole pulizia interna.

Il classico fusto Cornelius Keg con attacchi Jolly

I Corny Keg montano due filettature nella parte alta, una per l’allaccio del gas e l’altro per far uscire la birra. In quello della birra viene infilato il cosiddetto “spinone”; ovvero un tubicino lungo in acciaio che arriva sul fondo del fusto, nel centro. Lungo questo tubicino fluisce la birra che esce dal fusto, spinta dalla pressione del gas che passa per l’altro connettore distribuendosi nella testa del fusto mentre esercita pressione sulla birra dall’alto.

Fusto Cornelius con spinone che arriva sul fondo

Questo sistema di pescaggio crea seri problemi quando si conduce la fermentazione nel fusto: il pescaggio della birra si complica man mano che il lievito inizia a depositarsi sul fondo, diventando praticamente impossibile quando sul fondo finiscono anche residui di luppolo. Questo problema si risolve facilmente replicando il sistema di spillatura del Fermzilla, ovvero utilizzando un tubo in silicone con sfera inox all’estremità. La forma del fusto, allungata rispetto a quella del Fermzilla, può creare qualche problema di pescaggio alla sfera, ma si risolve tagliando il tubo in silicone alla lunghezza precisa (56 cm nel caso dei fusti Jolly Keg) e applicando eventualmente un piccolo controdado inox alla sfera per farla affondare leggermente di più. Alcuni tagliano lo spinone alla base, accorciandolo (si taglia facilmente con un Dremel) ma a mio avviso è meglio sostituirlo con un tubicino corto (come questo) a cui attaccare il tubo in silicone della sfera inox.

Sfera inox con filtro e tubo in silicone collegato a un tubicino corto, da inserire al posto dello spinone.

Sulle filettature dei fusti Jolly si avvitano le valvole Jolly, a cui si attaccano i classici connettori del gas (grigio) e del liquido (nero). In questo caso la differenza di colore è importante perché altrimenti, a fusto chiuso, non si riescono a distinguere l’uscita della birra dall’ingresso del gas. Le valvole del gas (dove si collegano i connettori grigi) si distinguono per la presenza di zigrinature sulla base. La maggior parte dei fusti Jolly in vendita sui siti di homebrewing monta gli attacchi Ball Lock, ma se ne trovano ancora in giro con attacchi leggermente diversi, detti Pin Lock. È bene verificare quale tipo monta il fusto che vogliamo utilizzare. I connettori Pin Lock sono in genere rossi e si differenziano per il colore della base, che può essere grigio o nero.

Tanto per complicarci l’esistenza, i connettori di tipo Ball Lock possono essere innestati su valvole con filettature differenti. Quelle dei fusti tipo AEB hanno all’interno un pin con molla agganciato tramite tre piedini. Non sono comodissimi da smontare e pulire, ma ci si riesce con un po’ di pazienza. Preferisco quelli con molla e valvoletta interna che si sganciano da soli quando si sfiata la valvola, molto più comodi da smontare e pulire. A entrambi si possono collegare i post grigi o neri tipo Ball Lock, ma sui fusti AEB le valvole con molla senza piedini non chiudono bene, quindi è importante acquistare le valvole in acciaio giuste. È facile distinguerle guardando la foto del fusto: quelle con pin a piedini hanno la base bassa e larga, mentre le altre con pin libero e molla hanno la base più alta e cicciotta.

Sopra le valvole tipo fusto AEB (il pin interno ha tre piedini e si sfila con difficoltà), sotto quelle con pin e molla facilmente estraibili.

Per i Jolly Keg sono disponibili anche coperchi con un terzo innesto (link), a cui si può collegare un terzo connettore, per liquido o gas. Può essere utile se si vuole disporre di un secondo ingresso del gas a cui collegare un tubo in silicone con pietra porosa che arriva sul fondo del fermentatore: questa configurazione si usa per velocizzare la carbonazione forzata con CO2 applicata dalla bombola a fine fermentazione (la pietra porosa favorisce e velocizza la solubilizzazione dell’anidride carbonica nella birra). Il connettore del gas laterale si userà per insufflare l’anidride carbonica dall’alto durante la spillatura, evitando di smuovere il fondo facendola fluire tramite la pietra porosa. Altra configurazione utile dei tre allacci può essere quella in cui su quello laterale si mantiene collegato lo spinone che arriva sul fondo: lo si può utilizzare per sparare CO2 e rimettere in sospensione lievito o luppolo nel caso di fermentazioni bloccate o per favorire l’estrazione degli oli durante il dry hopping.

Coperchio del fusto jolly senza connettore (sinistra) e con connettore (destra). L’altra uscita è la valvola di sicurezza per rilasciare CO2 in eccesso.

Il limite dei Jolly Keg è la capienza. La versione più grande è quella da 18-19 litri, in cui si riescono a fermentare al massimo 14-15 litri di birra. La forma cilindrica e alta del fusto favorisce infatti la formazione di schiuma durante la fermentazione. La materia appiccicosa può facilmente arrivare in testa ostruendo valvole e blow-off (il tubo per far uscire la CO2 che si applica al posto del gorgogliatore). Utilizzando prodotti antifoam si può riuscire a fermentare qualche litro in più, ma per esperienza diretta 12-13 litri rappresentano un volume “sicuro”. Io lo trovo un volume perfetto per produrre birra e consumarla in tempi ragionevoli, ma per molti è troppo poco. Per fortuna c’è soluzione anche a questo.

Kegmenter da 29 litri (sinistra) e Torpedo Keg da 24 (destra)

Alcuni produttori, tra cui ovviamente la Kegland, si sono organizzati per costruire fusti più grandi che funzionano con lo stesso principio dei Corny Keg. Si chiamano Kegmenter, per ora in Italia mi sembra li commercializzi solo Beer & Wine. Costano molto più dei keg da 19 litri e dei vari Fermzilla, ma durano a vita e comunque non arrivano al prezzo di un fermentatore casalingo unitank in acciaio. Per il Kegmenter siamo sui 230€, gli unitank in acciaio inox superano facilmente i 1000€ per la stessa capienza.

Il Kegmenter monta sull’imboccatura, larga come quella dei Corny Keg, un triclamp da 4 pollici (10 cm), ovvero una sorta di tappo con guarnizione che si chiude tramite farfalla, che riesce a garantire una pressione di esercizio come quella dei Fermzilla. Il bello dei raccordi triclamp è che ce ne sono di tutti i tipi, praticamente sopra al fermentatore si può assemblare qualsiasi cosa. Per farvi un’idea, vi consiglio di guardare questo video di Project Zero dove spiega e fa vedere i vari raccordi triclamp acquistati da Aliexpress (sotto al video ci sono anche i link per acquistarli). In America un’altra casa che fa keg del genere è la Torpedo, alcuni dei quali sono da 24 litri con forma e raccordi del tutto identici a quelli dei Corny Keg, ma con la possibilità di fermentare i canonici 20 litri di birra.

Come già scritto, fermentare nei Corny Keg è stata la mia scelta quando ho deciso di passare alla contropressione. Non cambierei strada, mi trovo veramente bene. Trovate altre informazioni sulla fermentazione in keg nella sezione di questo blog dedicata alla contropressione.

Contropressione con fermentatori senza tenuta di pressione

Come già accennato nell’introduzione, si può anche pensare di fermentare il mosto in un comune fermentatore, che sia di plastica o acciaio, per poi trasferire la birra in un fusto e carbonarla nel fusto. Per godere dei benefici della contropressione e per ridurre l’ingresso di ossigeno nella birra, il trasferimento deve avvenire in contropressione, ovvero la birra va spinta fuori dal fermentatore facendo entrare CO2 e non aria. Sono sufficienti pressioni minimali, 1-2 psi al massimo.

Fermentatore in plastica con applicazione di valvola jolly

Ovviamente anche il fusto ricevente deve essere saturo di anidride carbonica (basta riempirlo di acqua e svuotarlo con l’anidride carbonica dalla bombola). Teoricamente qualsiasi fermentatore con coperchio può essere adatto allo scopo, la difficoltà sta nell’adattare il coperchio agli attacchi per far entrare anidride carbonica. Il classico gorgogliatore deve sparire, al suo posto va in qualche modo installata una valvola tipo quella dei fusti Jolly o quelle del Fermzilla, a cui collegare un blow-off durante la fermentazione.

A fermentazione finita si stacca il blow-off e si collega la bombola di anidride carbonica per spingere la birra fuori dal fermentatore (attraverso il rubinetto) tramite un minimo di pressione applicata dal coperchio. Ovviamente il tutto deve avvenire senza che entri aria nel fermentatore durante le varie disconnessioni, quindi con delle valvole apposite. Su YouTube si trovano diversi modi ingegnosi per fare questi trasferimenti, tra cui questo che mi sembra particolarmente furbo.

Insomma, si può giocare con la contropressione anche usando fermentatori in plastica (o inox) che tengono appena 1-2 psi di pressione (più o meno tutti). Ovviamente poi la birra deve passare in un fusto inox che possa reggere la pressione per carbonarla, forzatamente o tramite rifermentazione. Non ha molto senso impiccarsi a trasferire la birra spinta a pressione da un fermentatore in plastica alle bottiglie, per poi rifermentarla: l’ossigeno presente in bottiglia vanificherebbe tutti gli sforzi. Tanto vale allora mantenere il metodo classico con imbottigliamento a caduta e rifermentazione in bottiglia.

25 COMMENTS

  1. Buongiorno Frank,
    post decisamente utile e interessante.
    Mette ulteriore chiarezza per chi, come me, un giorno, passerà alla contropressione.
    Mi chiedo se sarebbe ancora possibile utilizzare un iSpindel in un fermentatore in contropressione o può diventare un ostacolo?
    La lettura dell’iSpindel potrebbe essere falsata dalla pressione ricevuta?
    Non so se hai conoscenze al riguardo?

    grazie per i tuoi preziosi consigli

    • Se non fermenti in pressione (cosa non necessaria per lavorare in contropressione, anzi spesso inutile) nel Fermzilla, che ha le pareti in plastica, funziona sicuramente. Non so invece se funziona nel keg che ha le pareti in acciaio che potrebbero disturbare il segnale. Lavorando in pressione, con la CO2 che satura nella birra, sicuramente invece le misure sballano. Comunque ho usato il Tilt per un po’ di tempo, ma alla fine trovo che la misura continua ha poca utilità pratica (anche se è divertente).

      • In effetti un keg di acciaio potrebbe creare problemi di segnale a prescindere. Usando un fermentatore in acciaio inox mi sono dovuto inventare qualcosa per per contrastare l’effetto gabbia di Faraday, altrimenti l’iSpindel non riesce a comunicare con il router.
        Sapere che ci potrà essere una lettura sballata, può comunque essere utile, se questa rimane costante come la pressione data.
        Trovo una lettura continua dei valori molto appagante, ma credo che sia più importante conoscere costantemente la temperatura “reale” del mosto o quantomeno le sue variazioni, quanto poi avere una idea di essere arrivati a fine fermentazione se non ci sono variazioni di gravità, a prescindere dal varole reale.
        Nel mio caso sono lontano da dove sta fisicamente il fermentatore e non posso raccogliere campioni quando voglio.
        Sto ancora studiando e non so se avrò bisogno,in futuro, di fermentare in pressione.
        Cerco la mia via prima di lanciarmi in dispendiosi acquisti (niente di più normale se sei un HB)

  2. Buonasera Frank. Volevo chiederti una cosa. Se utilizzassi la valvola a sfera per dry hopping senza mandare in pressione nulla ( quindi bottiglietta avvitata direttamente sulla valvola) a quali conseguenze potrei andare incontro aprendola per far scendere il Luppolo? ( La mia idea è che così facendo entra meno aria rispetto ad aprire il coperchio , è un ragionamento giusto?). Inoltre volevo sapere se secondo te avere montata la valvola a sfera per il dry hopping può essere considerata una pratica sicura a livello di tenuta del fermentatore (sempre senza co2), ossia: non sfiata? Tnx , Teo

    • Non saprei valutare se entra meno aria oppure no. Ma perchè non usare la co2? Non ho capito. Se non usi la contropressione, l’ossigeno entra comunque, secondo me non ha grande efficacia mettersi a smanettare con bottiglia e valvola a sfera.

        • Ah, ok. Allora direi che non vale la pena. Tanto di ossigeno ne prendi comunque, secondo me non riduci granché. Poi puoi anche provare, non vedo problemi di tenuta se prendi la valvola a sfera giusta. Ma secondo me non vale la pena, o otterresti comunque un risultato simile buttando i pellet dentro uno dei due buchi senza aprire il tappo e senza bottiglia.

  3. Ciao Frank, ottimo articolo! Son sempre stato attirato dalla contropressione ma per quanto costa comprare tutto il necessario ho sempre rimandato. Secondo te si potrebbe usare il mio fermentatore in acciaio per la contropressione? Ho un foro nel coperchiò, un rubinetto dove potrei innestare una valvola ball lock, e una valvola di spurgo. Che mi consigli? Oppure meglio passare al farmzilla o keg? Ti giro il link del mio fermentatore https://www.klarstein.it/Grandi-elettrodomestici/Kit-birra-artigianale/Gaerkeller-Pro-paiolo-di-fermentazione-30-litri-valvola-di-sfogo-per-lievito-acciaio-inox-304-Con-valvola-di-sfogo-per-lievito.html?userInput=Ferm&ignoreForCache%5B%5D=userInput&queryFromSuggest=true&ignoreForCache%5B%5D=queryFromSuggest

    • Sì, probabilmente 1 o 2 psi li regge. Certo se trasferissi poi in fusto sarebbe il top, ma anche in bottiglia, rifermentando, la situazione potrebbe un po’ migliorare in termini di ossidazione se trasferisci in contropressione. E poi è sempre un primo passaggio, piano piano puoi fare upgrade. Magari prima provi un fustino da 5 litri e via così.

      • Io ho il brewmonk che è identico, confermo che fino a 1/1,5 psi li regge, se alzi di più la pressione sfiata leggermente, ma per i trasferimenti basta e avanza, ho messo la valvola per l’attacco ball look nel coperchio al posto del gorgogliatore mentre sul rubinetto ho applicato un connettore john guest, in questo modo trasferisco nei keg e poi faccio o rifermentazione oppure carbonazione forzata.
        Il connettore nel rubinetto mi è anche utile per sparare co2 da sotto per smuovere luppolo o lievito nel caso ce ne fosse bisogno.

    • Intendevo quello da 5 litri in inox, non questi in alluminio. Per anche questi possono andare, ma devi rifermentare lì dentro perché non riesci a carbonare forzatamente e hanno anche un limite basso di tenuta di CO2.

  4. Ottimo articolo. Personalmente uso un semplice tronco conico da 23 litri che ho dotato di un carbonation cap, utilizzato sia come gorgogliatore che come valvola gas al momento del trasferimento in contropressione in un jolly da 19 litri. In questo effettuo la carbonazione forzata.
    Volendo guardare avanti, penso che il kegmenter sia l’investimento più intelligente sia nell’ottica dell’incremento del litraggio (visti i limiti imposti dal fusto jolly) che in ottica risparmio CO2.

  5. Ottimo articolo!! Finalmente qualcuno che parla di contropressione con fermentatori da Homebrewer entry level 😄😄😄

  6. Ciao Frank,alla fine dici non ha molto senso trasferire in bottiglia,ora ma se io imbottiglio con beergun birra non carbonata e attacco la bombola alla beergun e saturo la bottiglia di CO2 prima di riempire di birra,allora a quel punto avrò benefici ?

  7. Sì, certo: con la Beergun la situazione migliora. Io mi riferivo a un trasferimento a spinta di CO2 senza Beergun, che a quel punto ha senso a mio avviso solo se la birra finisce in un fusto saturato con CO2.

  8. Ciao Frank, complimenti per i consigli super utili. Sono ancora lontano dalla contropressione e mi piacerebbe arrivarci per gradi. Come primo passaggio verso l’uso di fustini, può aver senso, post fermentazione primaria, invece che in bottiglia iniziare a rifermentare una parte in un fusto inox jolly da 5LT che mi starebbe in frigo? ? Se rifermento nel fustino jolly con attaccata cartuccia Co2 e un rubinetto potrei poi spillare direttamente da lì. Può aver senso o non funziona secondo te? Grazie

  9. ciao Frank Dove si può trovare la pompa a immersione ? Hai percaso un link di qualche modello?grazie mille

  10. Ciao frank scuss la domAnda,ipotizzando di usare quella valvola a sfera sul rounder per fare dh,poi dopo come si va ad infustare la birra in assenza di ossigeno se uno dei due carbonation cap e’occupato dalla bottiglia 3 l altro dalla sfera galleggiante?

    • Tutta quale? A parte che la bottiglia dovrebbe già essere pena di CO2 dalla fase in cui hai aggiunto il luppolo. Ma, anche se non lo fosse, a saturare una bottiglia di quel tipo con una decina di psi ci vogliono 3 secondi.

  11. Si si ci vuole poco,ma si riesce a saturare una bottiglia senza sfiato?cioe l ossigeno che rimane dentro va poi a finite nel fermentatore con il lupoolo, o mi sfugge qualcosa?

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