Le Belgian Dark Strong Ale, birre afferenti alla categoria BJCP che accoglie molteplici variazioni sullo stile, per molto tempo non sono rientrate nell’orizzonte delle mie preferenze. Del resto, a differenza di molti altri bevitori e appassionati, il Belgio ho imparato ad apprezzarlo piuttosto recentemente. Di conseguenza, anche le mie abilità nella produzione degli stili del Belgio si stanno progressivamente affinando. In alcuni casi sono ancora a livelli molto scarsi. Dopo aver sbattuto per un po’ la testa su Saison e Tripel, trovando alla fine una sorta di quadratura, mi sto attualmente concentrando sulle Belgian Dark Strong Ale. Stile ancora più ostico, a mio avviso, per via dei lunghi tempi di maturazione che questo stile richiede per affinarsi e dei mesi che devono quindi necessariamente passare tra la cotta e l’assaggio. La base maltata complica il tutto a causa degli zuccheri semplici scuri che si utilizzano in ricetta, di cui ne esistono diverse forme e versioni (e che non danno mai alla birra un colore coerente con gli EBC in etichetta, ma questa è un’altra storia).
Il primo tentativo lo feci diversi anni fa, “obbligato” dal concorso Brassare Romano che per l’ultima tappa della stagione richiedeva proprio la produzione di una BDSA. Per evitare problemi mi tenni sul conservativo, cercando di non osare troppo per non compromettere la birra e la posizione in classifica. La birra venne piuttosto blanda ma non spiacevole (link), tuttavia sufficientemente pulita da classificarsi al quarto posto in quella tappa e portare Brewing Bad alla vittoria del concorso. Correva l’anno 2014, dopodiché mi dedicai ad altri stili. Fino a Maggio 2021, quando ho deciso di rimettermi al lavoro su questo complesso stile belga.
Il nome della birra, come facilmente intuibile, è dedicato alla serie Dark che ho apprezzato moltissimo.
IL LIEVITO
Mi trovo spesso a discutere con homebrewer – a volte anche con degustatori – sul profilo aromatico di queste birre. Gli esempi classici del Belgio a cui in genere ci si ispira sono la Westvleteren 12, la Rochefort 10 (ma anche la 8) e la St. Bernardus Abt 12. Esempi che ho avuto occasione di assaggiare e “analizzare” diverse volte con molto interesse. Le discussioni vertono quasi sempre sul profilo fenolico di queste birre, che a mio avviso è spesso piuttosto blando se non completamente assente. Il BJCP dice espressamente: “Spicy phenols may be present“. Tuttavia non sono richiesti né sempre presenti. Per come la vedo io, e per come mi è capitato di sperimentare negli esempi assaggiati, al naso predomina la componente fruttata che può spaziare dalla frutta secca dolce come prugna, dattero e uvetta fino alla ciliegia o alle amarene sotto spirito. Questo contributo può derivare in parte dagli esteri del lievito, in parte anche dai malti scuri o dagli zuccheri semplici utilizzati in ricetta, che completano il bouquet organolettico con note di caramello, caramello tostato, toffee e in generale una profonda complessità che si articola nelle diverse sfumature del caramello.
Per me, in queste birre, i fenoli speziati sono praticamente assenti nella maggior parte dei casi. Se qualche speziatura “piccante” fa capolino al naso, spesso deriva dai polialcoli, raramente dai fenoli.
Andando a cercare in letteratura tra i lieviti belgi adatti allo stile, spesso viene citato il ceppo Rochefort. Non a caso la Rochefort produce tre birre scure, e non a caso questo ceppo, ovvero il Belgian Abbey II della Wyeast, sembrerebbe essere POF-, cioè non in grado di produrre fenoli speziati. Da poco la Rochefort ha lanciato sul mercato la sua Tripel, che a detta di molti non è al livello delle scure della casa. Non ho ancora avuto occasione di assaggiarla, ma mi viene il sospetto che, se prodotta con lo stesso ceppo delle Rochefort scure, probabilmente non ha quel taglio speziato che dovrebbe esserci in una Tripel. Ma questa è solo un’ipotesi. E anche un’altra storia.
Il fatto che alcuni lieviti utilizzati in Belgio siano POF- non deve stupire. Anche il BE-256 della Fermentis, consigliato per birre in stile “Abbey” è POF-, ma estremamente fruttato. Sembra, ma qui è tutto da verificare, si tratti di ceppi originari dell’Inghilterra, poi trasferiti in Belgio. Indicati, a mio modesto avviso, per BDSA e al limite per Dubbel. Meno – o per nulla – per Tripel o birre più alcoliche chiare, sempre belghe.
Ho scelto quindi di provare questo Belgian Abbey II (Wyeast 1762), teoricamente originario della Rochefort. Del resto anche la Wyeast, nella descrizione, non nomina aromi speziati. Il suo corrispettivo della White Labs, che dovrebbe essere l’Abbey IV, è dato come STA-, ovvero non diastatico. Il che rafforza l’idea che non si tratti di un lievito di origine Belga, visto che quasi tutti i ceppi Belgi hanno un certo carattere super-attenuante legato spesso al gene STA, che li rende appunto diastatici.
RICETTA
Le ricette per produrre questo stile possono essere piuttosto variegate, lasciando ampio spazio all’interpretazione. Alcuni tendono a restare sul minimale, usando solo malto Pilsner e uno sciroppo o zucchero scuro. Altri mettono dentro 90 malti in piccole dosi.
Un elemento critico a mio avviso è comunque l’utilizzo di zuccheri semplici, che siano chiari o scuri o entrambi, perché queste birre, al contrario dei Barley Wine o delle Imperial Stout, hanno bisogno di essere molto attenuate. Se una birra del genere chiude a FG di 1.020, è davvero difficile bilanciarla solo con l’amaro. La FG deve essere bassa, e partendo da OG alte l’unico modo è aggiungere zuccheri semplici al grist. Anche perché, e qui torno sul lievito, spesso si utilizzano ceppi non diastatici e quindi non particolarmente attenuanti.
Per quanto riguarda il tipo di zucchero, si può usare liquido o in cristalli. Visto il costo del liquido, è probabile che i birrifici trappisti utilizzino il classico zucchero in cristalli. A ogni modo io ho voluto provare il famoso D-180 della Candy Syrup, prodotto in America e venduto come lo zucchero originario dei frati trappisti. Se sia vero non lo so (probabilmente no), quello che è so è che costa un botto, ma per i miei volumi (10 litri) il costo non è un problema. Credo tuttavia sarebbe inutilizzabile in birrificio, a meno di non vendere la bottiglia da 33 cl a 20€.
Per il resto del grist ho aggiunto Special B, che secondo me in questo stile ci sta tutto per i richiami alla frutta rossa, un po’ di Monaco alla base per arricchire (non necessario), un mix Pale e Pilsner (che potrebbe anche essere tutto Pale) e una spruzzata di Carabelge perché una cosa a caso che ti è rimasta in dispensa ogni tanto tocca metterla nel grist.
Sugli zuccheri ci sono andato pesante, un 18% in totale. Forse valore al limite, ma non assurdo. Una parte dello zucchero chiaro l’ho aggiunta dopo la tumultuosa, per evitare di alzare troppo la OG e dover fare troppi starter consecutivi. L’aggiunta successiva limita in parte anche la produzione di polialcoli, teoricamente, visto che il mosto si mantiene su OG più bassa.
FERMENTAZIONE
Non volevo tenermi troppo basso con la temperatura di fermentazione, per non mutilare eccessivamente l’espressività del lievito. Ho mantenuto quindi un compromesso, mantenendo i 21°C per buona parte della fermentazione. C’à stata fuoriuscita dal blow-off nonostante l’ampio spazio di testa. Ho alzato la temperatura solo dopo diversi giorni di fermentazione, per favorire l’attenuazione.
Dopo una quindicina di giorni ho travasato in un fustino da 10 litri dove ho lasciato la birra a maturare a temperatura ambiente per un mesetto, per poi imbottigliarla con la Beergun aggiungendo T-58 bottiglia per bottiglia. Con le birre belghe preferisco non utilizzare F2 o simili ma un lievito belga in rifermentazione, trovo che mantenga meglio il profilo aromatico della fermentazione primaria. Ho puntato a una carbonazione sostenuta, circa 2.8 volumi.
ASSAGGIO
Di questa birra ho fatto diversi assaggi in momenti diversi della maturazione. Trattandosi di uno stile che beneficia di un periodo medio-lungo di maturazione, mi aspettavo una evoluzione costante, cosa che in effetti si è verificata. Produrla a fine marzo non è stata una grande idea, perché si è fatta i primi mesi di maturazione sugli scaffali dello sgabuzzino a temperature via via crescenti. Qui a Roma da maggio inizia a salire il termometro, si arriva facilmente a 28°C già a giugno e oltre i 30°C durante l’estate. Per fortuna ad Agosto avevo uno dei due frigoriferi sgombro, così ho potuto tenere questa birra e la Flanders Red a 18°C, almeno durante il mese di Agosto. Insomma, la maturazione non è avvenuta a temperature ideali, ma questo passa il convento.
La bottiglia che descrivo in questo assaggio ha circa sei mesi sulle spalle, quindi un tempo minimo di maturazione accettabile.
ASPETTO Nella bottiglia, a temperatura ambiente, la birra è limpidissima. Purtroppo con il freddo del frigo si manifesta una significativa chill haze, che non riesco molto a spiegarmi visto che di luppolo ce n’è pochissimo e anche i malti base sono piuttosto modificati. Ho usato circa 400 gr di un Pilsner coltivato e maltato in Italia, residuo di magazzino che non ho segnato in ricetta: non credo che in quantità così modeste possa aver contributo alla chill haze, ma è un’ipotesi. La birra si presenta piuttosto velata nel bicchiere, forma un bel cappello di schiuma ampia, a bolle fini con qualche bolla più grande per via della vivace carbonazione. La schiuma è di colore beige, si dissipa piuttosto velocemente ma un velo persiste sulla birra per tutta la bevuta. Il color è mogano, più chiaro di quello stimato dal software ma quando si usano sciroppi scuri, non so perché, i software sballano sempre sul colore. Comunque in stile, anche se a mio gusto la avrei preferita un filo più scura.
AROMA L’aroma ha una buona intensità. Colpisce subito il naso con un mix di frutta secca dolce, come prugna e uvetta, insieme a frutti rossi, in particolare ciliegie sotto spirito. Leggerissima la frutta matura che si integra bene, senza strafare. Avverto note di pera e banana, ma ben amalgamate con il resto. Speziato praticamente assente. Forse una suggestione di pepato, ma probabile venga dagli alcoli superiori che lasciano anche un velo di floreale (rosa, pot-pourri) nelle retrovie. Quando si scalda emergono anche le note caramellose dei malti e dello sciroppi con una discreta intensità, ma senza sovrastare il resto. Un aroma profondo, complesso, devo dire molto in stile. Mi piace. All’inizio le note di frutta matura erano eccessive, ma si sono integrate con il tempo. Per fortuna.
AL PALATO Anche qui l’intensità non è male. L’ingresso è piuttosto intenso, ritorna la frutta rossa che passa subito il testimone alle note di caramello, avvolgenti, leggermente sciroppose. Il sorso è opulento, ma tende troppo al dolce. Non arriva alla stucchevolezza, si sorseggia con piacere, ma per una birra di stampo belga è troppo piena. Il bilanciamento non è azzeccatissimo per lo stile, per fortuna sul finale del sorso viene in soccorso la carbonazione che aiuta la bevuta con una spruzzata di acidità. Interessante, ma straorda dai canoni dello stile.
MOUTHFEEL Corpo medio-pieno, viscosità eccessiva per lo stile. La carbonazione medio-alta aiuta la bevuta, l’alcol dona una piacevole sensazione di piccantezza sul finale. Va snellita, troppo piena.
IMPRESSIONI GENERALI Come si può intuire dalla descrizione, la birra non è malaccio. Non è centrata al palato né al mouthfeel, ma ha un aroma che mi soddisfa molto. Confermo, a naso, l’assenza di fenoli e la natura POF- di questo lievito, che però rilascia un fruttato molto interessante che si integra bene con la dorsale maltata, banana inclusa. Ho avuto occasione di far assaggiare questa birra a diversi amici homebrewer, che hanno avuto le mie stesse sensazioni: dolcezza sopra le righe, complessità maltata un filo invadente e finale troppo dolce. Concordano tuttavia nell’apprezzare il profilo di fermentazione, che anche secondo me è piuttosto azzeccato. La FG non è nemmeno così alta, forse avrei potuto spingere di più sull’amaro. O forse ridurre il Candy Syrup e aumentare magari lo special B. Ho come l’impressione che questo D-180 sia molto intenso e spinga molto sul caramello, cosa che non mi entusiasma. Ma non è detto: magari è proprio colpa di quello sputo di Carabelge che ho buttato dentro per svuotare la dispensa 🙂
Una seconda versione di questa birra è comunque già in fermentazione, ma è stata fermentata con il ceppo Chimay (WLP 500). Non era disponibile l’Abbey II e ho pensato che valeva la pena sperimentare un ceppo diverso, anche per vedere cosa viene fuori con un ceppo presumibilmente fenolico. Ci vorrà un po’ di tempo ancora, ma arriveremo al confronto tra qualche mese. Spoiler: stavolta ho utilizzato zucchero in cristalli ma nuovamente è venuta più chiara di quel che mi aspettassi (anche più chiara di questa). Intanto lascio maturare un altro po’ questa versione, cercando di non finirla prima che la nuova birra sia pronta!
Ciao Frank, quindi volendo riprodurre questa tua ricetta, usando un lievito secco sconsigli di usare il BE 256?
Mi farei i conti con brewer’s friend in base a OG e litri, e poi considererei 100 mld di cellule per ogni bustina di lievito secco.
Buonasera Frank. È la prima BDSA che brasso , dopo tre settimane sembra non iniziare la rifermentazione. Premetto che le bottiglie stazionano a temperatura di 3 gradi superiore a quella massima di fermentazione e non ho inoculato lievito per la rifermentazione. All’assaggio è come se desse una nota acidula. Potrebbero essere i malti speciali? ( Ne ho assaggiata solo una per vedere se aveva ricarbonato ). Ho alzato la temperatura di 1,5 gradi. Il lievito usato per la cotta è il BE-256. Dove sbaglio? Tnx.
Ahi, avresti dovuto aggiungere lievito da rifermentazione. La nota acidula possono essere i malti speciali. Attendi ancora e incrocia le dita.
Immaginavo… Vi sono degli standard nei quali aggiungere i lieviti per la rifermentazione? ( Tipo per birre molto alcoliche , per i lieviti belgi o che so io ) . Sto incrociando le dita ed ho alzato la temperatura. Speriamo bene! Tnx Frank
Io ormai li aggiungo sempre, tanto con una bustina (che conservo in frigo sottovuoto una volta aperta) ci faccio diverse birre e poi devo buttarla comunque perché non riesco a finirla in tempi brevi con un dosaggio di 0.04 g/L. In teoria è utile nelle birre molto alcoliche o che hanno lagerizzato a lungo, ma anche in altri casi velocizza la rifermentazione. In birre sotto i 6% ABV che non sono state in fermentatore per più di un mese in genere non serve.
Grazie Frank , ho avuto modo di approfondire anche sul libro nel paragrafo dedicato… 😉 Btw volevo chiedere: se volessi aggiungere direttamente il lievito da rifermentazione nelle bottiglie come potrei organizzarmi? Avevo pensato di sciogliere seguendo le istruzioni e poi , anziché buttare tutto nel fermentatore , dividere il liquido acquoso col lievito all’interno per tutte le bottiglie da riempire. Quali potrebbero essere le controindicazioni? Ci sono metodi ( bottiglia per bottiglia ) consolidati? Inoltre ( scusate il papiro ) come posso riciclare la bdsa in caso non ricarbonasse?! Ahhaahha! Tnx
Come non detto… Ho trovato un articolo che spiega alla perfezione quello che volevo sapere! Posso mettere il link?!
https://brewingbad.com/2017/11/imbottigliamento-con-priming-in-bottiglia/#:~:text=Imposto%20la%20tara%20in%20modo,di%20soluzione%20in%20ciascuna%20bottiglia.
Eh, te lo stavo per linkare infatti 🙂
Ciao Frank, Che ne pensi del WLP540 ABBEY IV ALE al posto del 500 Chimay?
Altrimenti andrei di BE256 per non incasinarmi troppo con i liquidi.
E inoltre cosa ne pensi dell’utilizzo dello zucchero candito Bruno invece dello sciroppo liquido o del destrosio (visto anche il problema di colore che hai avuto)?
Il WLP 540 non l’ho mai usato, quindi non saprei. BE 256 può andare bene per una Quadrupel, non ha fenoli ma per lo stile ci sta (a meno che, mi dicono ma non ho mai provato, non lo si stenga molto molto alto di temperatura). Sugli zuccheri il discorso è complicato, bisogna provare di persona e soprattutto provare il colore prima di usarlo, sciogliendolo in acqua. Nell’ultima BDSA che ho fatto (sta rifermentando ora) ho usato il Cassonade ma invece di regolarmi sull’EBC dichiarato, l’ho provato prima in acqua e mi sono regolato di conseguenza. È andata decisamente meglio.
Buongiorno Frank, sabato proverò a brassare questo stile. Alla fine ho optato per il WLP530 e per zucchero candito scuro e barbabietola perché non sono riuscito a trovare né altro lievito né tanto meno il candi syrup nei vari store online.
Durante la fermentazione hai aggiunto destrosio, io andrei ad aggiungere zucchero di barbabietola; ma come lo hai aggiunto? Hai sciolto il destrosio come fosse per il priming e versato nel fermentatore?
(Ps: sto a rota di MashOut! Spodscast! Complimenti ragazzi! )
Sì, esattamente come per il priming