Pur non essendo un amante folle dello stile, mi piace ogni tanto produrre una birra luppolata in casa, specialmente ora che mi sono dotato di impianto in contropressione posso spillare la birra direttamente dal fusto dal (secondo) frigo che ho in cucina. Così, finita la – breve – pausa estiva, ho rimesso mano al pentolone e ho tirato giù una ricetta con le ultime materie prime che mi erano rimaste in casa, prima di fare il nuovo ordine per le produzioni di fine 2021. In particolare, avevo nel congelatore due luppoli mai utilizzati prima, gli americani Triumph e Zappa, una bustina di lievito secco Vedant IPA della Lallemand e una di BRY-97, sempre della Lallemand. Ho deciso così di mettere il tutto insieme in una IPA dalla ricetta semplice, da bere alla spina nel giro di due/tre settimane. Il risultato non è stato affatto male.

RICETTA

La base maltata è molto semplice, come in quasi tutte le mie IPA: malto base molto chiaro e un tocco di malto crystal a basso EBC. A volte combino malto Pilsner e Pale al 50%-50% senza aggiunta di alcun crystal, ma in questo caso ho lavorato con gli avanzi che avevo in casa. Il Carabelge dovrebbe aggiungere una punta di miele e di dolcezza, senza strafare a percentuali così basse.  Sono stato in dubbio fino all’ultimo se alzare un po’ il grado alcolico con una manciata di zucchero semplice, ma alla fine ho desistito: faceva ancora caldo agli inizi di settembre a Roma, ho preferito sorseggiare una birra più “easy”.

I luppoli, come anticipato nell’introduzione, li avevo in frigo ancora sigillati. Non conoscevo queste varietà (mi erano arrivate come omaggio in un ordine molto grande), quindi sono andato a informarmi. Il Triumph è un luppolo sviluppato in America che deriva da varietà nobili europee. Esprime note resinose e agrumate, ma la base è “spicy” ed erbacea. A Da alcuni birrifici americani viene utilizzato anche nelle basse fermentazioni. La varietà Zappa invece è originaria del Messico, ma da quello che ho capito viene coltivata in America. Più tropicale rispetto al Triumph, è caratterizzato anche questo da note speziate, in qualche modo riconducibili a luppoli nobili. Il confronto tra i profili aromatici (dal tool di Beer Maverick) evidenzia una certa complementarità tra le due varietà.

Anche con il lievito mi sono divertito, dando fondo alle scorte. Siccome una bustina sola di BRY-97 mi sembrava al limite per fermentare 12 litri di birra con OG 1.062 (anche se sarei stato comunque nel range di 1 g/L consigliato dalla Lallemand), ho deciso di affiancarle un’altra bustina, ma di un lievito diverso. Mi era rimasto il Verdant IPA, sempre della Lallemand, e l’ho inserito nel mix. In teoria sarebbe stata più che sufficiente una bustina e mezzo di lievito, ma per non complicarmi troppo la vita a pesare ce le ho buttate dentro entrambe, passando per la reidratazione in acqua a temperatura ambiente.

L’acqua è leggermente sbilanciata sui cloruri pur essendo una IPA, perché mi piace ridurre il taglio amaro quando possibile. Nulla di eclatante, comunque.

FERMENTAZIONE

Nonostante il Bry-97 abbia in genere un lag time piuttosto lungo (a volte passano anche 24 ore prima di vedere qualche bolle), in questo caso ho iniziato a sentire il primo gorgoglio dopo poco più di 6 ore dall’inoculo. Probabilmente il Verdant IPA è partito prima, ma non lo sapremo mai.

La fermentazione è proseguita senza intoppi, procedendo con bolle sostenute per qualche giorno. Non misuro più la densità prima di una decina di giorni, ma a giudicare dal ritmo di formazione delle bolle nel blow-off, la dinamica fermentativa è stata abbastanza veloce nei primi giorni, per rallentare e quasi esaurirsi al sesto giorno. Come sempre ho alzato la temperatura dopo qualche giorno per stimolare l’attenuazione.

Ho aggiunto tutto il luppolo a fermentazione finita, quando il gorgogliatore era fermo. Ho collegato la bombola di CO2 all’allaccio con lo spinone che arriva sul fondo del keg e ho impostato il riduttore di pressione al minimo (circa 1 psi). Mentre dalla bombola sparavo anidride carbonica sul fondo del keg ho aperto il coperchio, inserito il luppolo in pellet e richiuso. Ho lasciato andare la bombola per un altro minuto, lasciando uscire la CO2 dal blow-off. In questo modo dovrei aver ridotto sensibilmente l’ingresso si ossigeno.

Per i primi due giorni ho fatto bubbling di 30 secondi per un paio di volte al giorno, sempre tramite l’allaccio dello spinone che arriva sul fondo, per rimettere in circolo il luppolo. Per questi collegamenti utilizzo il coperchio del keg con il terzo allaccio, in modo da avere sempre un allaccio per prelevare la birra, uno per il blow-off e un terzo per insufflare CO2 sul fondo tramite lo spinone.

Ho tenuto il luppolo nella birra per 5 giorni a 20°C, poi ho abbattuto per altri 6 giorni a 2°C e successivamente travasato in due fustini da 5 litri, dove ho anche carbonato forzatamente la birra. I fustini sono stati tenuti nel frigo dove ho le spine.

ASSAGGIO

Non ho fatto bottiglie stavolta, quindi l’assaggio si riferisce alla birra nel fustino. In particolare, a quella nel secondo fustino, che ho aperto e consumato a una distanza di circa 15 giorni dal primo. La birra ha via via acquisito limpidezza, come si vede dalle varie foto: dopo il cold crash era ancora molto velata (sebbene non proprio torbida), arrivati agli ultimi assaggi (foto sotto) si è pulita molto.

 

 ASPETTO  Nel bicchiere forma un bel cappello di schiuma bianca, a bolle fini, con ottima persistenza e buona aderenza alle pareti del bicchiere. Devo dire che da quando lavoro in contropressione riducendo l’ossigeno disciolto, le birre chiare mantengono sempre colori brillanti. In questo caso un giallo dorato acceso e intenso. Come anticipato nell’introduzione all’assaggio, la limpidezza non era granché inizialmente, ma è andata migliorando passando da una velatura sostenuta a una buona limpidezza con solo un leggero accenno di velatura.

 AROMA  Piuttosto intenso, prevalgono note agrumate che ricordano il limone, il cedro, a tratti lo zenzero. Tropicale quasi assente, fa capolino giusto qualche nota di ananas nelle retrovie. Piuttosto marcate invece le note erbacee (con punte di resina) e speziate che ricordano il pepe bianco. Nel complesso non un mostro di complessità, ma molto pulita. L’aroma potrebbe addirittura ricordare lontanamente una Imperial Pilsner. Come IPA americana non la trovo particolarmente contemporanea, ma nel complesso l’aroma è fresco e brillante. Mi piace.

 AL PALATO  Arriva sul palato con un amaro deciso, non eccessivo, che supporta bene la bevuta. Si ripropongono le note agrumate dell’aroma, con una virata netta verso il pompelmo, probabilmente esaltato dall’amaro concomitante che accompagna il sorso. Mi sembra di percepire un resinoso leggermente più intenso rispetto al naso, con piccoli sconfinamenti nell’erbaceo. Nel retrolfatto fa capolino un piacevole aroma di miele. Finale abbastanza secco.

 MOUTHFEEL  Carbonazione medio-bassa, come piace a me nelle birre luppolate. Astringenza sotto controllo, forse spunta qui e là una leggera impressione di radice di liquirizia, non fastidiosa. Alcol ben gestito. Rotonda.

 IMPRESSIONI GENERALI  Nel complesso una birra che mi sono davvero goduto e che ho bevuto con piacere. Averla disponibile alla spina per farsi una pinta prima di cena è impagabile, devo dire. Non credo farebbe una enorme figura in una competizione per homebrewer a causa via del naso poco “americano” e per nulla ruffiano, ma per il resto mi sembra riuscita piuttosto bene. Sinceramente non sono in grado di valutare se una parte del contributo aromatico sia dovuto al lievito Verdant IPA, che tende a rilasciare note fruttate. Anche la velatura potrebbe essere attribuibile in parte a questo lievito, ma è difficile da affermare con certezza. La resa del dry hopping da 8 g/L mi è sembrata molto buona, probabile che il bubbling e la rimessa in circolo aiutino sotto questo aspetto. Non noto segni di ossidazione, ma la birra è durata effettivamente poco (un mesetto in tutto) e i fusti sono stati tenuti sempre in frigo.

5 COMMENTS

    • È un approccio che adottano in molti (specialmente negli ultimi anni), per ottenere un mouthfeel meno tagliente e in generale più rotondo. Diciamo che è un approccio più “moderno” rispetto a quello dello sbilanciamento sui solfati, espressione di una tipologia di IPA leggermente diversa.

  1. Ciao Frank, per quanto riguarda l’inserimento dei luppoli a fermentazione finita.. io non avendo il fermentatore pressurizzabile.. mi consigli di inserire il luppolo prima? Perché altrimenti l’ossigeno che porto dentro con i luppoli mi distrugge la birra
    Grazie mille

    • Ora: “distrugge” la birra non esageriamo, ma sicuramente fare dry hopping quando manca ancora qualche punto di densità da consumare può aiutare. Anche perchè non è che quando si faccia dry hopping nei fermentatori “evoluti” non entri ossigeno, eh. Si fa un poì di bubbling, ma a a entrare entra comunque.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here