Nonostante ormai siano passati più di due anni da quando ho abbracciato la contropressione, saltuariamente continuo a utilizzare secchi in plastica come fermentatori alternativi ai keg jolly. Li impiego soprattutto per gestire fermentazioni di birre inglesi o belghe: birre che solitamente rifermento in bottiglia, ma non sempre.

La principale motivazione per utilizzare fermentatori in plastica è la loro forma: sono più larghi dei keg e si aprono facilmente, lasciando ampio spazio di testa quando sono aperti. Questo, oltre ad evitare fuoriuscita di krausen durante la fermentazione, in particolare quando si utilizzano lieviti molto esuberanti come il Trappist High Gravity, può aiutare anche la fermentazione, facendo lavorare il lievito in condizioni leggermente migliori.

Ultimamente, mi capita infatti spesso di lasciare il fermentatore aperto durante i primi giorni di fermentazione, proprio per facilitare la vita al lievito. Apro quando inizia a fare le prime bolle dopo l’inoculo, chiudo dopo un paio di giorni. Spesso aggiungo anche una minima quantità di luppolo in dry hopping nel corso della fermentazione.

Per saperne di più sulla fermentazione aperta e sulle dinamiche che ne scaturiscono, consiglio di ascoltare questa puntata di Mashout! Podcast.

Fermentare in plastica e poi trasferire in fusto può essere anche utile per avvicinarsi alla contropressione, come abbiamo raccontato in quest’altra puntata di Mashout! Podcast, senza necessariamente dover cambiare i fermentatori. Con un po’ di pratica, si può infatti trasferire il mosto dal fermentatore in plastica a un fusto saturo di anidride carbonica senza particolari problemi, riducendo quasi a zero il contatto con l’ossigeno.

Vediamo come.

SATURARE IL FUSTO DI CO2

Per prima cosa, occorre saturare il fusto di anidride carbonica. Esistono diversi metodi per farlo, tra cui quello di insufflare CO2 dal fondo. Difficile capire però quando fermarsi, ragion per cui preferisco riempire il fusto di acqua del rubinetto dopo averlo sanitizzato, per poi svuotarlo tramite spinta di CO2.

In questo modo si riesce a far uscire tutta l’acqua, sostituendola con la CO2. Se rimane un po’ di acqua sul fondo basta mettere il fusto in pressione, capovolgerlo e aprire la levetta di sfiato per far uscire le ultime gocce di acqua.

Non uso acqua pre-bollita né sanitizzata. L’acqua di rubinetto è più che adatta allo scopo, non ho mai avuto problemi di contaminazioni. C’è chi riempie il fusto di acqua e Starsan anziché di sola acqua, per poi svuotarlo sempre con la CO2. La semplice acqua è secondo me più che sufficiente, si spreca anche meno Starsan (per sanitizzare il fusto basta mettercene dentro un fondo e scuotere per bene).

Una volta svuotato il fusto dall’acqua, lo metto a una pressione di circa 20 psi e ne verifico la tenuta spruzzando un po’ di soluzione saponosa (o Starsan e acqua) sulla base dei vari connettori. Se non vedo bollicine, dovrebbe essere tutto a posto.

FERMENTATORE IN PLASTICA 2.0

Per utilizzare il fermentatore in questo modo, occorre prepararlo adeguatamente. Tramite connettori DuoTight presi su Beer & Wine (vanno bene anche i John Guest) ho applicato un tubo di blow-off con rubinetto, che lascio aperto durante la fermentazione quando rimetto il coperchio sul fermentatore, dopo qualche giorno di fermentazione.

Nel momento in cui devo spostare la birra in fusto, a fermentazione finita, chiudo il rubinetto e stacco il blow-off. Sposto il fermentatore e lo metto in alto sul piano della cucina.

Consiglio, prima di avviare le operazioni di trasferimento, di applicare un po’ di scotch sul coperchio del fermentatore, in modo che non salti se per errore applicassimo troppa pressione. Al limite sfiata, il che non è un problema, ma una volta mi è saltato lasciando entrare aria.

A questo punto si collega il DuoTight del fermentatore a cui prima era applicato il blow off all’uscita del gas del keg che riceverà la birra. È importantissimo applicare un secondo rubinettino al tubo che va al keg, in modo da poterlo inizialmente tenere chiuso durante la connessione. Aprendolo poco poco si fa uscire CO2 per spurgare il tubo, lasciando aperto anche mentre si aggancia al connettore sul fermentatore, a valle del quale c’è il secondo rubinetto che va tenuto chiuso (altrimenti passa tutta la CO2 dal fusto in pressione al fermentatore e salta il coperchio). In questo modo si toglie aria dal circuito prima di collegarlo.

A questo punto va collegato il rubinetto del fermentatore all’ingresso della birra nel keg, partendo sempre dal rubinetto chiuso. Ho creato l’accrocchio in foto, ma si può sicuramente collegare in modo più elegante.

Per svuotare dall’aria il tubo in cui passerà la birra, è sufficiente aprire il rubinetto e fare pressione sul pirulino nel connettore nero che andrà applicato all’ingresso del keg. Si fa uscire un po’ di birra finché non si riempie il tubo, dopodiché si richiude. Siamo pronti al trasferimento.

Prima di procedere con le operazioni è importante assicurarsi che nel keg non sia rimasta pressione. Altrimenti, se il keg è rimasto in pressione, non appena si apre il rubinetto alla base del fermentatore in plastica, invece di scendere birra a caduta nel keg, salirà la CO2 dal keg verso il fermentatore facendo saltare il coperchio e riportando il lievito in sospensione (sì, mi è successo una volta).

Per scaricare il fusto dalla pressione è sufficiente aprire la valvola di sfiato, facendo attenzione a non far entrare aria alla fine dello sfiato.

IL TRASFERIMENTO

Una volta che il keg ricevente è intorno a zero psi, colleghiamo il connettore della birra che parte dal rubinetto del fermentatore in plastica al connettore di ingresso del fusto, con il rubinetto in uscita del fermentatore ancora chiuso. Non dovrebbe succedere nulla.

A questo punto, nell’ordine:

  1. apriamo il rubinetto del fermentatore
  2. apriamo i rubinettini sopra al blow-off del fermentatore

Inizierà a scendere birra nel keg, spingendo fuori la CO2 che a sua volta entrerà dall’alto nel fermentatore, spingendo fuori la birra e così via.

In alternativa, o se qualcosa si blocca durante il processo (come è successo a me per via di pezzetti di pellet che sono entrati nel rubinetto), si può collegare direttamente la bombola di CO2 al fermentatore mettendo a pressione bassissima, in modo che non salti il coperchio del fermentatore (si può fare qualche prova aprendo e chiudendo lentamente i rubinetti).

Per risolvere il problema del prelievo dal fondo del fermentatore, con rischio di trasferire troppo lievito o pezzi di pellet se si fa dry-hopping, si può comprare un filtrino antisedimento come quello nella foto sotto.

Purtroppo, come è successo a me oggi, girando il rubinetto il filtrino si è messo di lato, iniziando a pescare luppolo in pellet e lievito. Il flusso è rallentato fino a fermarsi, ho dovuto spingere staccando il circuito chiuso e spingendo piano piano con la pressione della bombola, mentre il fusto sfiatava da un blow-off che finiva in un sechcio di starsan per evitare che entrasse aria (foto sopra).

Per ovviare a questo problema, mi sono costruito l’aggeggio nella foto qui sotto, collegando la sfera inox del Fermzilla al filtro antisedimento, dopo averne segato l’estremità. Un accrocco che si può fare in tanti altri modi probabilmente più eleganti, ma se funziona come penso sarà la svolta. Pescando dall’alto si evita del tutto il problema del sedimento.

Questo metodo di trasferimento non è certo dei più semplici da gestire, ma con un po’ di pratica si riesce a calibrare. Per imbottigliare con classica asta senza saturare prima di CO2 le bottiglie è abbastanza inutile, visto che l’ossigeno in bottiglia rimarrebbe comunque, ma per trasferire in un fusto saturo di CO2 secondo me è ottimo.

Nel fusto poi si può rifermentare (aggiungendo la soluzione di priming con l’aiuto delle carbonation cap) oppure, più praticamente, carbonare forzatamente e poi trasferire in bottiglie in contropressione. O ancora spillare direttamente la birra dal fusto.

2 COMMENTS

  1. Bella l’idea del rubinettino nel tubo del blow off per controllare meglio l’avvio del trasferimento, grazie!

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